Come vengono tassati i proventi di forex e trading online

Grazie al grande sviluppo di internet, operare sul forex (Foreign Exchange Market) non è più, da diversi anni, un’attività svolta dalle sole banche, società di investimenti ed operatori professionali, ma rappresenta un’opportunità per molti piccoli e medi risparmiatori.

L’estrema facilità con la quale si possono effettuare transazioni sul mercato finanziario, anche da parte di privati cittadini che si avvicinano al forex con la speranza di un rapido e semplice guadagno, fa spesso passare in secondo piano l’aspetto fiscale: ovvero la tassazione sulle eventuali plusvalenze.

In questa guida cercheremo di focalizzare l’attenzione proprio su quest’ultimo aspetto, cercando di capire come calcolare e pagare i tributi dovuti, e se gli stessi devono essere inseriti o meno nella dichiarazione dei redditi.

Indice:

 

Cos’è il trading online?

Prima di affrontare il discorso sulla tassazione dei guadagni derivanti da operazioni eseguite sui mercati finanziari, è opportuno aver ben presente in cosa consiste il trading online.

Un tempo che sembra ormai lontanissimo, quando un privato risparmiatore aveva intenzione di effettuare una compravendita di titoli azionari, valute estere o qualsiasi altro strumento finanziario quotato sul mercato valutario nazionale ed internazionale doveva, per forza di cose, rivolgersi a professionisti del settore.

Nella maggior parte dei casi si faceva riferimento alla propria banca, che metteva a disposizione un broker, il quale si occupava di svolgere tutte le transazioni in nome e per conto del cliente. Ciò comportava una comunicazione non certo delle più rapide (quasi sempre per via telefonica) e con un certo lasso temporale per portare a termine le varie operazioni.

Con l’avvento di internet e il frenetico aumento della velocità di comunicazione, si sono aperte innumerevoli possibilità: una di queste è il trading online. Il termine inglese è spesso indicato con il solo acronimo TOL e rappresenta una negoziazione, appunto online, di titoli finanziari o di qualsiasi altro prodotto quotato.

Le operazioni avvengono sempre attraverso intermediari (broker online) che, nel caso del mercato italiano, sono autorizzati dalla CONSOB (Commissione nazionale per le società e la Borsa). Può capitare che i broker siano registrati presso organizzazioni estere come la CySEC: società di vigilanza cipriota che, da quando il paese è entrato a far della comunità europea, ha fatto registrare un notevole numero degli intermediari che hanno richiesto ed ottenuto l’autorizzazione ad operare sul forex.

I broker mettono a disposizione del cliente privato alcune piattaforme online, più o meno complesse e professionali, in base al livello di conoscenza del soggetto e alle sue esigenze. L’investitore pagherà un abbonamento annuale per sfruttare l’interfaccia grafica e tutti i software annessi, dovrà aprire un conto dove movimentare il denaro, e potrà operare in totale autonomia direttamente dal PC di casa.

Con estrema facilità avrà a disposizione le quotazioni in tempo reale dei titoli presenti sui mercati di tutto il mondo e potrà decidere di acquistare e vendere ciò che desidera con pochi e semplici click.

Naturalmente, l’intermediario, che può essere una banca oppure una società del settore, per ogni operazione effettuata dal cliente richiede il versamento di una commissione, il cui valore varia a seconda del tipo di prodotto finanziario trattato e del costo totale. In molti casi, le stesse piattaforme impiegate per l’home-banking consentono anche di operare sui mercati finanziari.

Sono, comunque, strumenti con funzioni abbastanza limitate che, quasi sempre, permettono di trattare strumenti quotati solo sul mercato azionario italiano. Anche le commissioni non sono particolarmente vantaggiose e per questo vengono sfruttati da soggetti che acquistano e vendono titoli con bassa frequenza.

Chi decide di seguire il forex con assiduità o, addirittura, sceglie di fare il trader di professione, deve, necessariamente, rivolgersi ad intermediari di un certo livello, in grado di mettere a disposizione piattaforme complete, continuamente aggiornate e con la possibilità di richiedere l’affiancamento di esperti del settore.

 

Come dichiarare i proventi da trading online

Lo scopo del trading online è ovviamente quello di guadagnare denaro attraverso operazioni di compravendita di strumenti finanziari. C’era un tempo molto felice (fino al 31/12/2011) in cui tali guadagni erano tassati con una leggerissima aliquota pari al 12,5%.

Col passare degli anni però, le cose sono cambiate, anche molto velocemente, e tali introiti hanno subito un regime tributario sempre più  aggressivo fino all’attuale normativa che prevede una tassazione mediante imposta sostitutiva fissa del 26%.

Tale valore è stato innalzato, rispetto al precedente 20%, dal decreto 66/2014 inserito nella manovra finanziaria dall’allora Governo presieduto da Matteo Renzi. Va inoltre aggiunto che tutti i guadagni generati da operazioni di trading possono essere inseriti in dichiarazione dei redditi attraverso il modello Unico e le imposte pagate tramite il relativo modello F24.

A tal proposito è importante sottolineare che esistono due diversi regimi da dover distinguere e, precisamente:

  • il regime sostitutivo: si applica in maniera completamente automatica nel momento in cui il trader realizza una plusvalenza. L’imposta dovuta al Fisco sarà direttamente calcolata e versata dalla società intermediaria, con il contribuente che non dovrà preoccuparsi di nulla e sarà esentato da qualsiasi altro obbligo di natura tributaria;
  • il regime dichiarativo: come già si intuisce dalla dicitura, questa casistica rappresenta l’esatto opposto rispetto al regime sostitutivo. In questo caso, il contribuente dovrà preoccuparsi di calcolare, dichiarare e pagare l’imposta dovuta a seguito di plusvalenze registrate durante l’attività di trading online. Il soggetto ha l’obbligo di specificare l’ammontare dei proventi all’interno della dichiarazione dei redditi, esattamente come per il versamento di un normale tributo.

 

Base imponibile sulla quale applicare l’imposta sostitutiva

Un elemento molto importante e da non trascurare, soprattutto per chi sceglie il regime dichiarativo, è il calcolo della base imponibile su cui sarà applicata l’imposta sostitutiva fissa del 26%. L’importo soggetto a tassazione è dato dalla somma algebrica di tutte le plusvalenze e minusvalenze che si sono generate nel corso dell’attività di trading. Al totale ottenuto vanno aggiunti eventuali altri proventi percepiti, deducendo tutti gli oneri inerenti (sono esclusi gli interessi passivi) che sono stati sostenuti nel corso dell’anno solare.

In pratica, si devono sommare i guadagni e sottrarre le eventuali perdite di ogni singola operazione effettuata, ricordandosi di dedurre le spese sostenute e le commissioni versate: il tutto riferito all’anno di imposta. Se la somma algebrica porta ad un risultato positivo, su tale valore si dovrà versare l’imposta con aliquota del 26%, mentre se è negativo non si deve pagare alcun contributo.

In quest’ultimo caso, la legge prevede il cosiddetto zainetto fiscale, ovvero la possibilità di scorporare le perdite dai futuri redditi per un tempo massimo pari ai successivi quattro anni. È, quindi, importante ricordarsi di presentare sempre la dichiarazione dei redditi anche per evidenziare, anche soltanto le minusvalenze, in modo da poterle dedurre dagli eventuali guadagni successivi della medesima natura.

 

Forex broker nel ruolo di sostituti di imposta

Come abbiamo già evidenziato nel paragrafo riguardante le modalità di dichiarazione dei proventi derivanti da operazioni di trading online, il contribuente può scegliere se versare in prima persona l’imposta dovuta oppure lasciare che sia il broker ad adempiere a tutti gli oneri fiscali.

E’ senza dubbio molto più comodo che la società intermediaria assuma la posizione di sostituto d’imposta, occupandosi di tutti i calcoli e versando direttamente i contributi nelle voraci casse dell’erario. C’è però da fare una considerazione a proposito dei forex broker presenti sul mercato italiano in grado di operare come sostituti d’imposta.

Un tempo erano per lo più società autorizzate dalla CONSOB e con sede sul territorio nazionale ma, col passare degli anni, molte si sono registrare in altri paesi per ottenere vantaggi fiscali. Hanno iniziato ad operare non rispettando i criteri di trasparenza e la regolamentazione previsti dai vari istituti nazionali che si occupano della certificazione e rilasciano le regolari licenze agli intermediari finanziari.

Sta di fatto che la Banca d’Italia ha fatto un bel po’ di pulizia chiudendo moltissime società, in modo da tutelare trader, investitori e risparmiatori. Alla fine, sono rimasti solo alcuni forex broker sostituti d’imposta.

Tuttavia, nonostante il repulisti, non tutti convincono ancora pienamente ed è bene valutare con estrema attenzione a chi rivolgersi. Per evitare problemi futuri con il Fisco italiano, non è una cattiva idea decidere di svolgere tutte le operazioni di persona: farsi i calcoli e pagare le tasse.

E’ sufficiente fare attenzione al calcolo della base imponibile, compilare correttamente il modulo Redditi per il periodo di imposta e, in  caso di difficoltà, rivolgersi a un bravo commercialista.

Avendo scelto un broker finanziario internazionale è consigliabile optare per il regime di tipo dichiarativo, non lasciando a lui l’onere di pensare alle nostre tasse.

Inoltre, non bisogna dimenticare che le eventuali plusvalenze maturate e trasferite sul conto online saranno considerate come capitali depositati all’estero. Di conseguenza, sarà necessario rispettare la tassazione prevista per questi casi, ossia il pagamento dell’imposta IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero).

 

Plusvalenze e Minusvalenze

Due concetti fondamentali quando si parla di trading online e di forex, riguardano plusvalenze e minusvalenze. Le prime, nel linguaggio economico, stanno ad indicare un aumento di valore di un qualsiasi strumento finanziario entro un determinato lasso di tempo. In parole molto semplici, rappresentano l’effettivo guadagno e, come abbiamo già visto, sono soggette a tassazione e devono essere dichiarate dal contribuente.

Il discorso è decisamente più interessante per quel che riguarda invece le minusvalenze, spesso definite anche capital loss. In economia rappresentano semplicemente un minor valore acquisito da un bene rispetto a quello che aveva in origine al momento del suo acquisto. La perdita si verifica solo quando il possessore decide di vendere lo strumento finanziario ad un valore più basso di quello con cui è in carico.

L’aspetto da evidenziare è che le minusvalenze, avendo natura contabile e rappresentando una diminuzione di redditività, possono essere portate a compensazione di eventuali plusvalenze realizzate in periodi successivi. A tal proposito è bene fare alcune doverose precisazioni:

  • la compensazione delle perdite può avvenire solo con eventuali guadagni di pari natura;
  • il credito d’imposta deve essere fatto valere entro il quarto anno rispetto alla data in cui si è generata la perdita;
  • vengono portate a compensazione solo le minusvalenze generate dalla vendita di strumenti di natura finanziaria che producono redditi diversi.

 

Campi da compilare nel modello Redditi

Scegliendo il regime dichiarativo e dovendo inserire i proventi derivanti dall’attività di trading online nella dichiarazione dei redditi, è molto utile conoscere con esattezza come compilare i vari campi nel caso si impieghi il “modello Redditi”.

All’interno della documentazione è stato inserito il quadro RT da compilare per poter dichiarare le plusvalenze di natura finanziaria. Nello specifico, è necessario inserire l’ammontare dei guadagni nel rigo RT41 presente nella sezione 11-B. La cifra inserita rappresenta tutti i ricavi ottenuti dall’insieme delle operazioni di trading online svolte nel corso dell’anno solare.

Giusto per fare chiarezza, nella suddetta sezione si possono inserire solo i redditi diversi di natura finanziaria ed in particolare:

  • attività di trading online;
  • contratti future e contratti forward (compravendita a termine);
  • option.

Nel caso in cui i flussi di denaro siano stati gestiti tramite un forex broker italiano con registrazione presso la CONSOB e abilitazione rilasciata dalla Banca d’Italia, è sufficiente compilare il quadro RT come abbiamo indicato.

Se invece i guadagni sono relativi ad attività con società intermediarie estere, sarà necessario inserire i valori nell’apposito quadro RW. Quest’operazione è, però, obbligatoria solo se l’importo totale è superiore al limite di 10mila euro nel periodo di imposta per cui si presenta la dichiarazione. Nel caso in cui il soggetto presenti il modello 730 dovrà integrarlo con il quadro RT/RW e con il frontespazio opportunamente compilato del modello Redditi.

Infine, ricordiamo che le eventuali minusvalenze dovranno essere conteggiate ed indicate nel rigo RT45.

 

Quando pagare con il modello F24?

Il trader che decide di optare per il regime dichiarativo può pagare l’imposta del 26% utilizzando il modello F24 e compilando la sezione dedicata alle plusvalenze come spiegato nel precedente paragrafo. Il versamento di quanto dovuto avverrà contemporaneamente al pagamento degli altri tributi, compreso gli importi elargiti a titolo di acconto (30 giugno: saldo anno precedente e primo acconto per l’anno in corso – 30 novembre: secondo acconto per l’anno in corso).

E’ possibile posticipare di un mese il pagamento di saldo e primo acconto pagando, a titolo di interesse, una maggiorazione dello 0,40%.

 

Perché conviene pagare le tasse sul forex?

Credo che a nessun contribuente piaccia pagare le tasse, né tanto meno a chi opera sui mercati valutari. Innanzitutto, proviamo a mettere da parte tutta quella serie di discorsi e considerazioni di carattere moralistico che puntualmente vengono tirati in ballo quando si parla di evasione fiscale o di pressione fiscale troppo elevata che induce i contribuenti ad evadere il Fisco.

Certo… l’aliquota sulle plusvalenze da Forex si è alzata progressivamente, arrivando ad un non certo trascurabile 26% e la tentazione di sottrarre almeno una parte di imposta all’erario rimane forte, ma specie se si sceglie il regime dichiarativo e si lavora con broker esteri.

Infatti, l’Agenzia delle Entrate non ha nessun modo diretto per appurare quello che si sta guadagnando con un forex broker estero ma questo non dovrebbe indurre nessuno a non pagare le tasse, infatti, da questo genere di attività potrebbero derivare anche decine di migliaia di euro al mese (e vi assicuro che con il forex non è così difficile come si pensa), e questo, portare i fortunati “risparmiatori” ad effettuare investimenti sempre più ingenti anche immobiliari e sul territorio nazionale, ad acquistare auto di lusso, un conto corrente sempre pieno e vacanze ogni mese.

Tutti comportamenti che accendono più di una lampadina nei sofisticati sistemi di controllo dell’Agenzia che attraverso il controllo dei conti correnti, delle spese e degli acquisti e incrociando le diverse banche dati con il reddito dichiarato ci metterà poco a trovare le anomalie e chiedere conto al trader evasore fiscale: perciò tanto vale versare il dovuto e dormire sonni tranquilli.

   

Pagare Meno Tasse

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