Tassazione dei dividendi di provenienza estera
Quando un soggetto che ha costituito una società all’estero, oppure riceve dividendi da società di persone o di capitali straniere, deve pagare le tasse, sorgono spesso parecchi dubbi su quante e quali imposte debba sborsare all’Italia e quante al Paese in cui ha sede l’impresa dalla quale provengono i dividendi incassati.
Sia nel caso di dividendi provenienti da società di persone non residenti che da società di capitali, o ancora, nel caso in cui il soggetto sia persona fisica o impresa, cambia il modo in cui verranno considerate e, di conseguenza tassate tali somme.
Di seguito proveremo ad analizzare i diversi casi di tassazione di dividendi provenienti da società estere (trasparenti e non) e percepiti da soggetti persone fisiche o imprese, e cercheremo di fare chiarezza su un argomento spesso nebuloso anche per gli addetti ai lavori.
Indice:
Come vengono tassati i dividendi provenienti da società di capitali estere
I dividendi di provenienza estera derivanti da utili di partecipazione in società di capitali percepiti dalle persone fisiche italiane, devono essere considerati come redditi di capitale a tutti gli effetti.
Nel caso in cui, invece, il soggetto che percepisce l’utile proveniente da società di capitali estere sia un’impresa (trasparente o non trasparente), tale reddito dovrà essere sommato agli altri redditi di impresa.
Partiamo dalla considerazione che se il soggetto percettore del dividendo estero sia una persona fisica, sconterà la medesima tassazione (26%) di quanto incassato, indipendentemente dal fatto che la sua partecipazione sia:
- qualificata: quando il socio detiene più del 25% delle quote societarie;
- non qualificata: quando il socio detiene meno del 25% delle quote societarie.
Trattando, nello specifico, il caso dei dividendi percepiti da società di capitali non residenti, è utile sottolineare come tali importi erogati, normalmente subiscono una ritenuta alla fonte in tutti quei Paesi ove la normativa lo preveda.
In alcuni Paesi con la quale l’Italia ha firmato particolari convenzioni contro le doppie imposizioni potrebbero esserci delle riduzioni o, addirittura, l’esenzione… La regola di base resta comunque quella di una ritenuta impositiva alla fonte e, pertanto:
- La persona fisica che incassa un dividendo da società estera subisce una ritenuta alla fonte nel Paese di residenza della società che stacca il dividendo, al netto di eventuali agevolazioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con l’Italia;
- La stessa persona fisica subisce poi, una ulteriore tassazione del 26% nel nostro Paese, su quanto effettivamente incassato.
Una doppia tassazione alla quale è possibile scampare solo nel caso di convenzioni tra il Paese in cui risiede l’impresa e l’Italia attraverso il metodo dell’esenzione ed il metodo del credito d’imposta:
- metodo dell’esenzione: il diritto alla tassazione di un determinato reddito viene riconosciuto ad un solo Stato come accade, ad esempio, ai redditi immobiliari che vengono tassati in via esclusiva nello Stato in cui si trova l’immobile o, sui dividendi percepiti da società di persone estere come vedremo successivamente;
- metodo del credito d’imposta: che ha lo scopo di evitare la doppia imposizione su interessi, canoni e dividendi riconoscendo al percettore di tali redditi un credito di imposta per quanto pagato a titolo di ritenuta alla fonte nel Paese di erogazione delle somme.
Dividendi esteri incassati da imprese residenti
Riguardo i dividendi incassati da società, o persone fisiche operanti in regime di impresa, che detengono quote societarie di aziende straniere, il Fisco, tende a considerare come base imponibile per il calcolo delle imposte, solo il netto percepito, decurtato quindi dalle imposte già eventualmente pagate nel Paese di origine, come un “Reddito di impresa“.
La tassazione di tali dividendi è regolamentata dall’art. 89 del DPR 917/86, norma che prevede l’assoggettamento a tassazione nella misura del 5% di quanto realmente percepito dall’impresa residente. Questo sta a significare che su tali tipologie di reddito, solo ed esclusivamente, se provengono da imprese situate in Nazioni in “White List” è prevista l’esclusione dalla base imponibile del 95% dei dividendi percepiti.
Nel caso di dividendi percepiti da società situate in Nazioni Black List, gli stessi concorreranno al 100% alla formazione della base imponibile dell’IRES.
Come vengono tassati gli utili provenienti da società di persone estere
Partendo dal presupposto che una società di persone non abbia personalità giuridica in Italia, né tantomeno in uno Stato estero, in quanto prevale l’elemento soggettivo rappresentato dai soci piuttosto che quello societario, per quanto riguarda l’aspetto tributario, essa dovrebbe essere considerata come un “ente trasparente“.
Tale classificazione dovrebbe imporre che il reddito generato dalla società non venga tassato in capo alla società stessa ma considerato come interamente distribuito ai soci e, di conseguenza, tassato direttamente in capo a loro (così come accade per le SAS o per le SNC italiane o alle SRL in regime di trasparenza fiscale).
Abbiamo visto però, che nel caso di dividendi distribuiti da società di capitali estere (non trasparenti) a soggetti persone fisiche o giuridiche, residenti nel territorio italiano, tali somme, già tassate alla fonte, verrebbero considerate dal percettore come un reddito di capitale già decurtato delle imposte pagate nello Stato estero.
La normativa di riferimento tende a considerare allo stesso modo i redditi esteri provenienti da società trasparenti e non, pertanto anche quanto incassato dal socio italiano, ed erogato da una società di persone straniera, dovrà essere considerato come un reddito di capitale.
Resta da chiarire un punto, ovvero la sostanziale differenza tra un utile distribuito (effettivamente) da una società di capitali e l’utile che si considera “sempre distribuito sulla carta” ma non per questo necessariamente incassato dai soci di società trasparenti.
Considerare i due redditi alla stregua l’uno dell’altro, metterebbe in una condizione di disparità il socio della società trasparente estera che si troverebbe a pagare le imposte, in Italia, anche sugli utili non realmente incassati ma a lui attribuiti, per l’appunto, per trasparenza all’estero.
La normativa di riferimento ha, pertanto, previsto: sì la qualificazione di tali importi come redditi di capitale ma tassati, in Italia, “per cassa” ovvero, solo ed esclusivamente quando tali somme vengono effettivamente erogate al socio, in totale antitesi con la disciplina della competenza economica dei redditi provenienti da società trasparenti.
La conseguenza di questo orientamento fiscale è che, allo stesso modo, eventuali perdite patite dalla società di persone estera non potranno mai essere imputate al socio “per trasparenza“.
Questo orientamento del Fisco, volto a considerare “non trasparenti” tutte le società non residenti, siano esse società di capitali o di persone, e indipendentemente dal regime impositivo applicato nel Paese di residenza, fa sì che qualunque reddito di fonte estera venga considerato:
- Reddito di capitale, se percepito da una persona fisica;
- Reddito d’impresa, se percepito da una società di capitali.
Questo significa, che anche i redditi provenienti da società estera di persone, considerata per il fisco italiano “non trasparente”, dovranno essere tassati in capo al socio, sia nel Paese di residenza della società come reddito prodotto da “società trasparente” che in Italia, per cassa, come reddito prodotto da “società opaca estera“.
Questo sistema creerebbe sulla carta una sorta di disparità di trattamento tra il socio di una società estera di capitali e il socio di società estera di persone, vediamo il perchè:
- Socio di società estera di capitali: riceve un dividendo netto, già tassato alla fonte, in quanto la società di capitali estera pagherebbe, al proprio Erario, una ritenuta su quanto erogato al socio italiano e su quel dividendo, il socio italiano dovrebbe poi calcolare l’imposta da pagare all’Italia (26%) solo sul netto percepito;
- Socio di società estera di persone: sulla quota di utile a lui computabile, dovrebbe pagare, personalmente, le imposte su reddito delle persone fisiche nel Paese di residenza dell’impresa e la ritenuta del 26% anche allo Stato italiano sul reddito lordo.
Una situazione che, vista così sembrerebbe scoraggiare gli investimenti di questo tipo all’estero, in primo luogo per l’effettiva doppia imposizione patita in entrambi i casi, ancor più sfavorevole per i soci di società estere trasparenti che vedrebbero calcolata l’imposta sull’utile attribuito loro che, come da regola relativa alle società di persona, è sempre lordo.
Come detto in precedenza, gli accordi contro le doppie imposizioni hanno stabilito che le imposte pagate nel Paese di residenza dell’impresa (sia trasparente che non trasparente) possano essere scomputate dalla ritenuta dovuta allo Stato italiano.
In particolare, riguardo i redditi dei soci di società di persone estere, le imposte pagate dal socio allo Stato di residenza dell’impresa per tale reddito, verranno scomputate dall’utile lordo su cui, per logica, si sarebbe dovuto calcolare anche l’imposta del 26% da pagare allo Stato italiano, consentendo al percettore di poter calcolare la ritenuta solo su quanto effettivamente percepito.
Per chiarire ancora un ultimo punto circa la tassazione degli utili provenienti da società di persone estere e, in particolare, riguardo alle competenze e i tempi con cui il socio percettore dovrà pagare le imposte allo Stato Italiano, abbiamo più volte sottolineato che, nel caso di redditi di provenienza estera da società di persone, in riferimento all’imposta del 26% da pagare al nostro erario si fa riferimento principio di cassa.
Questo comporta, per il socio, che se una società di persone non residente, chiuda con un utile “n”, ma la stessa decida di non distribuirlo ai soci, lo stesso non dovrà pagare all’Italia alcuna imposta. Gli resteranno da pagare, solamente, le imposte allo Stato di residenza dell’impresa calcolate secondo il regime impositivo locale.
Pagherà le imposte allo Stato italiano solo quando incasserà effettivamente quei denari e, visto che si porrebbe un problema relativo alla competenza degli utili distribuiti nel corso degli anni, si farà riferimento sempre ai più datati.
Come dichiarare i dividendi esteri
Qualunque attività finanziaria detenuta all’estero comporta la compilazione nella dichiarazione dei redditi annuale del quadro RW. Partecipazioni al capitale di società estere rappresentano senza ombra di dubbio delle attività finanziarie che comportano per il socio italiano quest’onere.
La presenza di questa tipologia di attività finanziaria da parte del contribuente determina infatti l’onere del monitoraggio fiscale. In pratica, questo vuol dire che vi è obbligo di segnalazione dell’attività finanziaria nel quadro RW del modello Redditi PF anche per il calcolo del pagamento dell’eventuale IVAFE.
Nei casi in cui l’IVAFE non sia dovuta e il contribuente non sia tenuto alla redazione del quadro RW ai soli fini del monitoraggio, tale quadro potrà anche non essere redatto.
In particolare, non devono essere assoggettate all’IVAFE le seguenti attività :
- finanziamenti;
- valute estere;
- quote di SRL;
- quote di società di persone;
- metalli preziosi;
Conclusioni
Se la detenzione di quote in società di capitali non residenti è una pratica assai diffusa, anche e non solo come forma di investimento da persone fisiche e aziende, il possesso di quote di società di persone è meno sviluppato anche se, tuttavia, questa tipologia di forma giuridica viene spesso utilizzata dai grandi gruppi ai fini della segregazione patrimoniale.
Capita non di rado di vedere una holding estera costituita come società di persone che rappresenta la cassaforte di famiglia, questo per una più snella gestione e ottimizzazione di complessi schemi aziendali creati con lo scopo di proteggere i grandi patrimoni altrimenti a rischio in Italia.
Come abbiamo visto, la tassazione degli utili di queste società cosiddette “non residenti” è influenzata da svariati fattori quali:
- la tipologia di società (società di capitali o società di persone);
- da chi ne detiene le quote societarie (impresa o privato cittadino);
- dallo Stato in cui ha sede l’impresa non residente (in white list o in black list).
In virtù di queste differenze risulta fondamentale, ogni qualvolta si percepiscano dividendi provenienti dall’estero, verificare con attenzione il regime di tassazione dello stesso, alla luce di quel che ho scritto in questo articolo e, in caso di ulteriori dubbi, facendosi assistere da un consulente esperto di fiscalità internazionale.
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...
Adriano SERENO
Settembre 13, 2021 @ 14:36
Sono socio (persona fisica residente fiscale in Italia) maggioritario di una SAS francese. Sui dividendi percepiti mi viene applicata la ritenuta alla fonte del 12,80% in Francia e poi in Italia del 26% sul “netto frontiera”. Le imposte totali ammontano quindi al 35,47%. Si tratta evidentemente di una doppia imposizione: non sarebbe più corretto poter portare in deduzione l’imposta pagata in Francia in modo che l’imposta totale sia allineata su quanto pagherei se i dividendi fossero di provenienza di una società italiana? Grazie
Francesco
Ottobre 27, 2020 @ 15:53
Una domanda: nel caso la società di persone estere decida di non distribuire gli utili, il socio dovrebbe comunque includere la sua pare di utile nel quadro RW o lo includerà solo quando lo incasserà? Grazie