Sopravalutazione delle rimanenze di magazzino

Tra le operazioni particolarmente rilevanti che devono essere effettuate a fine anno merita una citazione particolare la valutazione delle “rimanenze di magazzino” e dei cosiddetti “lavori in corso su ordinazione“. Sono due operazioni piuttosto complesse e delicate che richiedono una discreta mole di lavoro suddiviso in vari procedimenti separati e distinti:

  • accertamento fisico delle quantità presenti in magazzino;
  • attribuzione di un valore a queste disponibilità.

Detenere la contabilità del magazzino è obbligatorio al superamento di determinate soglie di ricavi e di rimanenze finali per due periodi di imposta consecutivamente:

  • ricavi: 5.164.568,99 €
  • valore rimanenze finali del magazzino: 1.032.913,80 €

Esprimendo il concetto di rimanenze di magazzino, in termini contabili, rappresentano i costi sostenuti per l’acquisto o la produzione di determinati beni, che saranno realizzati, come ricavi soltanto nel corso dell’esercizio successivo e che, in base al principio di competenza, dovranno essere rinviati.

Indice:

 

Quali beni costituiscono giacenze di magazzino

Le rimanenze di magazzino sono quei beni come materiali di consumo, materie prime, merci e semilavorati che sono stati acquistate nel corso di un periodo fiscale, per comodità diciamo nel corso di un anno, e che restano inutilizzate, o invendute, anche nel caso in cui abbiano già subito alcune lavorazioni intermedie, o addirittura siano a magazzino pronte per essere vendute nell’anno successivo.

Le rimanenze di magazzino possono essere raggruppate in categorie omogenee:

  • Per natura: organizzandole in categorie merceologiche della stessa tipologia;
  • Per valore: dividendoli in fasce di valore (beni tra 10-12 euro, beni tra 12- 14 mila euro, ecc.)

Nel dettaglio, costituiscono rimanenze di magazzino le seguenti tipologie di bene:

  • materie prime: materiali acquistati che verranno trasformati e saranno la base di partenza per il futuro prodotto finito;
  • materiale di consumo: materiali che servono per trasformare la merce e che poi vengono buttati;
  • merci: sono beni che saranno destinati alla rivendita senza ulteriori lavorazioni;
  • prodotti in corso di lavorazione: sono quei beni che hanno iniziato e non terminato il processo lavorativo di trasformazione che dovranno subire prima di essere rivenduti;
  • semilavorati: prodotti che hanno già subito delle trasformazioni pur non avendo terminato il ciclo ma che possono già avere una identità fisica definita;
  • lavori in corso su ordinazione: si tratta di opere e lavorazioni di una certa entità ordinate da un committente con contratti di durata normalmente medio lunga che scavalla al termine del periodo di imposta e non completamente finite al termine dell’esercizio:
  • Prodotto finito: beni pronti ma non ancora venduti.

 

Come le rimanenze di magazzino influenzano il bilancio

Senza descrivere nel dettaglio come debbano essere valutate le rimanenze di magazzino, ovvero in base al costo:

  • di acquisto, in caso di merci, materie prime e semilavorati;
  • di produzione, per semilavorati prodotti, beni in corso di lavorazione e prodotti finiti.

E per quanto riguarda il calcolo del costo dei beni la normativa prevede che esso possa essere effettuato col metodo:

  • FIFO: della media ponderata (primo entrato, primo uscito);
  • LIFO: della media ponderata (ultimo entrato, primo uscito);

Senza ombra di dubbio è chiaro che fare una valutazione del magazzino resta comunque un aspetto non oggettivo ma che, essendo valutativo, può offrire dei risultati diversi a seconda del metodo e dei criteri utilizzati.

La maggior parte degli imprenditori, pensa che sia semplice e conveniente alterare i dati del magazzino per aggiustare il bilancio a fine anno.

Sembra semplice, ed apparentemente lo è: se serve un bilancio più bello ed un utile più alto per farsi belli con il direttore della propria banca che deve rinnovare il fido, allora si tende a sovrastimare le rimanenze andando ad incrementare la quantità dei beni di consumo, ad esempio, o sopravvalutando il valore delle lavorazioni in corso su ordinazione.

Se invece il problema è il Fisco e serve un utile più basso, sottostimare il valore delle rimanenze di magazzino può tornare utile per avere un utile più umano e pagare meno tasse.

La sottovalutazione può essere eseguita in due modi:

  • dichiarando quantità inferiori rispetto alla giacenza effettiva dei beni presenti in magazzino;
  • sottovalutando l’ammontare dei lavori infrannuali che verranno poi fatturati nel periodo di imposta successivo.

Sembrerebbe un’operazione apparentemente legale, si parla di stima e non di valore reale oggettivo, se pur fatto con determinati canoni e regole ben precise.

E’ chiaro che agli occhi di un esperto, l’aver in qualche modo modificato a proprio piacimento e necessità i dati del magazzino, risulta essere una pratica facilmente individuabile, anche guardando i bilanci precedenti e tutti gli altri dati forniti. Ergo, difficilmente, al giorno d’oggi, sarà possibile far fessi gli istituti bancari andando a portare un bilancio positivo ma con una stima del magazzino gonfiata a dismisura!

Discorso analogo per la pratica inversa effettuata per ragioni fiscali: sottostimare troppo il valore delle rimanenze di magazzino, inserendo dei valori che si discostano in modo considerevole dal prezzo del venduto, potrebbe far scattare fin da subito dei campanelli di allarme, addirittura in automatico, in quanto esistono dei software a disposizione dell’Agenzia delle Entrate che sono in grado di verificare la congruità dei dati delle rimanenze in relazione alle vendite e agli acquisti.

Alterare il magazzino è quasi impossibile, se non per piccoli importi,  per le aziende che fanno del commercio la loro attività primaria, nel senso che se, normalmente si hanno dei margini del 20% tra il costo di acquisto e la rivendita dei prodotti, ecco che tutto quello che c’è in magazzino avrà un valore già stimato calcolato sul ricarico che normalmente si utilizza.

Un po’ più di margine in più c’è per le lavorazioni artigianali, ma alterare il magazzino per far quadrare i conti non è mai una buona soluzione anche se adottata dalla maggior parte degli imprenditori che sono convinti che questa sia una delle pratiche più semplici per aggiustare il proprio bilancio.

Ad un controllo del Fisco, risulterà semplicissimo scovare i furbetti che hanno pasticciato le rimanenze di magazzino in aumento o in diminuzione e allora, visto che esistono dei metodi ben precisi per effettuarne il calcolo, sarà molto complesso riuscire a giustificare eventuali anomalie che gli agenti del Fisco contesteranno al malcapitato di turno.

 

Simulazione di furto di beni dal magazzino

Come sempre tra gli evasori esistono i moderati e i più facinorosi. Ecco parliamo ora di quelli che non si accontentano di limare, in qualche modo, l’utile di esercizio ma lo vogliono abbattere facendo il cosiddetto “olin“, o la va o la spacca, simulando un furto di merci dal proprio magazzino.

Per come contabilmente viene gestito, un “furto di merce” può rappresentare una ingente fonte di perdita per le imprese che fanno investimenti per dotare il proprio magazzino dei prodotti da lavorare o da rivendere.

Se il furto di un cespite comporta l’imputazione a perdita solo dell’onere del costo che non si è riusciti ad ammortizzare, per quel che riguarda la merce, il furto non va inserito come una perdita nel conto economico che deve tenere conto della previsione del costo d’acquisto o di fabbricazione del materiale rubato, ma comporta una variazione in diminuzione delle giacenze.

In caso di simulazione di furto, ci si ritroverebbe ad avere in magazzino delle giacenze superiori rispetto ai dati contabili dell’inventario. Ovviamente, cosa fanno i furbetti? Rivendono in nero la merce oggetto del furto simulato.

Resta inteso, oltretutto, che le aziende possono dedurre i costi derivanti dal furto o presunto tale in caso di simulazione, dalla base imponibile IRPEF o IRES.

Come costi del furto sono da considerare soltanto eventuali spese sostenute per recarsi a sporgere la denuncia contro ignoti per il furto, come la nota spese presentata dal magazziniere al ritorno dai Carabinieri nella quale chiede il rimborso dei biglietti per il mezzo pubblico ad esempio.

Non deve essere indicata alcuna sopraevenienza passiva in quanto il costo di acquisto della merce rubata è già stato inserito in contabilità tramite la fattura di acquisto relativa.

Se l’impresa adotta la contabilità di magazzino, ovviamente, nelle singole schede andrà annotato il decremento per furto.

 

E’ conveniente alterare il valore delle rimanenze di magazzino?

Lo abbiamo detto più volte nel corso dell’articolo, agire e taroccare in qualche modo i dati sulle rimanenze di magazzino e relativi alle lavorazioni in corso su ordinazione è apparentemente semplice, partendo dal presupposto che il magazzino contiene dei dati di tipo valutativo.

Se il tutto viene fatto seguendo una certa logica, in particolare quella imposta dall’Agenzia delle Entrate, non sarà difficile confrontarsi col Fisco per dimostrare loro la bontà dei calcoli fatti ma, se il dato viene inserito senza alcun criterio e senza una vera e propria logica, solo per mettere a posto il bilancio, basterà una prima verifica del Fisco per trovarsi in una situazione piuttosto scomoda e difficile da gestire.

Alterare il dato del magazzino è una pratica obsoleta e oggigiorno controproducente perchè, per evitare guai non è possibile modificare più che tanto questo dato in modo da poter ottenere dei benefici fiscali oppure in termini di rinnovo dei fidi: il direttore di banca si accorgerà a colpo d’occhio della manomissione e chiederà ulteriori spiegazioni e, comunque, non è mai affidabile l’azienda che presenta un bilancio con metà degli utili derivanti dalle rimanenze di magazzino.

Dall’altro punto di vista, sottostimare il magazzino per risolvere i problemi fiscali potrebbe diventare un’arma a doppio taglio in caso di controlli. L’amministrazione finanziaria tende a considerare inattendibile l’intera contabilità in caso di una non corretta stima del magazzino e questo porta il malcapitato ad essere soggetto ad accertamento di tipo induttivo assai penalizzante per la sua impresa.

Non spreco nemmeno parole per chi simula un furto di materiale del magazzino per poi rivendersi la merce in nero. Meglio evitare…

   

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