Quante imposte si pagano per l’acquisto di una casa all’asta
Partecipare ad un’asta giudiziaria può essere un’ottima occasione per acquistare un bene di qualsiasi genere ad un prezzo particolarmente conveniente. Non fanno eccezione gli immobili che finiscono all’asta a causa del mancato pagamento di debiti contratti da proprietari privati cittadini, a seguito del fallimento di società, o nel caso in cui un ente pubblico decida di vendere un edificio garantendo la massima trasparenza.
Per cogliere tale opportunità non bisogna solo possedere specifiche conoscenze sul funzionamento della vendita degli immobili all’asta, ma è necessario essere consapevoli di tutte le spese da dover affrontare. L’errore più comune commesso in questi casi è quello di preoccuparsi unicamente del prezzo di acquisto, sottovalutando i costi obbligatori e quelli eventuali. Per comprendere la rilevanza di quest’aspetto basti pensare che gli oneri da aggiungere sul valore dell’immobile sono, mediamente, nell’ordine del 20-25% rispetto al prezzo di acquisto.
La vendita all’asta è senza dubbio uno strumento con enormi potenzialità, ma solo per chi lo sa utilizzare con intelligenza. È fondamentale muoversi con una certa attenzione ed effettuare i controlli preventivi sull’immobile prima di proporre la propria offerta di acquisto: ad esempio, la presenza di una sanatoria urbanistica e catastale potrebbe rendere l’affare tutt’altro che vantaggioso. Solo agendo con circospezione si potrà avere la certezza che l’investimento possa risultare proficuo evitando inaspettate cattive sorprese.
In quest’articolo ci soffermeremo sull’argomento oneri, così da scoprire quali imposte si dovranno versare, in primo luogo, nelle casse dell’Erario e ogni possibile costo fisso e variabile che andrà ad incidere sul costo dell’immobile acquistato all’asta.
Indice:
Asta immobiliare: quali imposte si devono versare?
Da questo punto di vista non esistono particolari differenze tra l’acquisto tradizionale e all’asta di un immobile: le imposte indirette da sborsare al Fisco saranno le medesime, nel dettaglio:
- imposta di registro;
- imposta ipotecaria;
- imposta catastale;
- imposta sul valore aggiunto (IVA), qualora fosse dovuta.
I suddetti tributi hanno valori che dipendono, oltre che dalla rendita catastale, anche dal fatto che l’immobile risulti destinato a prima o seconda casa e dalla vendita effettuata da un privato o da una società.
Per l’acquisto come prima casa le imposte catastali e ipotecarie hanno un valore fisso pari a 50 euro, mentre la tassa di registro varia in base alla scelta dell’acquirente di applicare il metodo del prezzo-valore ma, in ogni caso, l’ammontare minimo è di 1.000 euro. Dal 2014, l’imposta di registro è stata fissata al 2% se il soggetto privato effettua l’acquisto come prima casa, mentre la trattenuta sale al 9% qualora il nuovo proprietario utilizzasse l’unità abitativa come seconda casa.
Se l’immobile viene venduto a seguito del fallimento di una società soggetta ad IVA, ad esempio una ditta costruttrice, la legge prevede l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nella misura del 4% (prima casa), 10% (seconda casa) o 22% (immobile di lusso). In questi casi, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono sempre da versare nella misura fissa di 200 euro per cadauna imposta.
Calcolo delle imposte: il criterio del prezzo-valore
Il metodo del prezzo-valore è un sistema ideato per calcolare l’imposta di registro prendendo come base imponibile non il costo di cessione, ma il valore catastale dell’immobile destinato ad uso abitativo. Un’agevolazione che viene applicata solamente per le vendite in cui l’acquirente è una persona fisica e in presenza di determinati requisiti. Nello specifico è necessario che:
- l’acquirente non risulti in possesso di un altro immobile acquistato applicando la stessa agevolazione. In caso contrario, dovrà provvedere alla vendita della “vecchia” unità immobiliare entro 12 mesi dal nuovo acquisto;
- l’immobile deve trovarsi nel medesimo Comune di residenza dell’acquirente oppure nel Comune dove intende trasferire la residenza, comunque non oltre i 18 mesi dall’acquisto;
- l’immobile non può appartenere alle categorie catastali A1 (abitazione di tipo signorile), A8 (villa) e A9 (castello, palazzo o edificio di grande valore storico e artistico);
- se l’immobile è destinato a prima casa, l’agevolazione del prezzo-valore non sussiste qualora l’acquirente possegga già un immobile nello stesso Comune, anche se acquistato senza alcun benefit.
Al fine di calcolare la base imponibile è sufficiente moltiplicare la rendita catastale per uno specifico coefficiente e precisamente:
- 115,50 per gli immobili destinati a prima casa;
- 126 se l’immobile verrà classificato come seconda casa.
Per conoscere la rendita catastale è necessario richiedere la visura catastale, all’interno della quale si potranno trovare tutti i dati che identificano l’immobile quali:
- proprietario;
- estensione superficiale in metri quadri;
- rendita catastale.
Per capire il funzionamento facciamo un semplicissimo esempio. Supponiamo che l’immobile acquistato come prima casa abbia un prezzo di 150.000 euro e una rendita catastale di 750 euro. Per il calcolo della base imponibile è sufficiente applicare la seguente formula:
- base imponibile = rendita catastale x 115,50 = 750 x 115,50 = 86.625 euro.
Di conseguenza, l’imposta di registro sarà pari al 2% di 86.625 euro, ovvero 1.732,5 euro. A tale importo va poi aggiunta l’imposta ipotecaria e quella catastale nella misura fissa di 50 euro.
Se invece l’immobile è relativo all’acquisto di una seconda casa, la base imponibile risulterà di:
- 750 x 126 = 94.500 euro.
L’imposta di registro è del 9% con un esborso di 8.505 euro, a cui aggiungere sempre le solite imposte ipotecarie e catastali pari a 50 euro per cadauna.
Quando si deve versare l’IVA?
L’imposta sul valore aggiunto è dovuta solamente se l’immobile viene venduto da un’impresa costruttrice o da una società titolare di partita IVA. Riguardo la vendita da costruttore o da impresa di ristrutturazione c’è però la differenza a seconda se siano o meno trascorsi 5 anni dall’ultimazione dei lavori.
Nel caso in cui l’immobile risulti venduto, ad esempio, da un’impresa costruttrice o di ristrutturazione entro 5 anni dal termine dei lavori, si dovrà corrispondere l’IVA. La normativa prevede l’applicazione delle seguenti aliquote in base alla destinazione d’uso e categoria catastale:
- soggetto privato che acquista l’immobile come prima casa, deve versare il 4% di IVA calcolato sul prezzo di vendita;
- soggetto privato che acquista l’immobile come seconda casa, deve versare il 10% di IVA sul prezzo pagato.
- per immobili di lusso appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, è previsto il versamento del 22% di IVA anche se destinati a prima casa.
Quindi se, ad esempio, l’immobile è costato 200.000 euro, l’acquirente verserà 8.000 euro ai fini IVA per l’acquisto di una prima casa, 20.000 euro se destinato a seconda casa. L’imposta sul valore aggiunto salirà a 44.000 euro per un immobile di lusso.
Se al contrario la casa è venduta, sempre da un’impresa di costruzione o ristrutturazione, trascorsi oltre 5 anni dal termine dei lavori, è facoltà dell’impresa stessa decidere se assoggettare l’operazione ad IVA, oppure applicare l’imposta di registro.
La parcella per il professionista delegato
Nelle aste giudiziarie, a seguito di procedure esecutive immobiliari, il tribunale competente nomina un professionista delegato (avvocato o commercialista) il quale si occupa delle incombenze relative al trasferimento del bene. In taluni casi potrebbe anche essere lo stesso giudice ad occuparsi direttamente delle operazioni di vendita, al fine di tutelare gli interessi delle parti coinvolte. In base a quanto stabilito dall’articolo 2 D.M. Giustizia del 15 ottobre 2015, spetta all’acquirente il versamento della metà del compenso riconosciuto al professionista delegato e computato basandosi sul valore dell’immobile. Per il calcolo dell’ammontare si devono considerare i seguenti limiti del prezzo di aggiudicazione:
- pari o inferiore a 100.000 euro, l’acquirente dovrà versare un compenso di 550 euro;
- compreso tra 100.000 euro e 500.000 euro, l’acquirente dovrà versare un compenso pari a 825 euro;
- superiore a 500.000 euro, l’acquirente dovrà corrispondere un compenso di 1.100 euro.
Tali importi rappresentano una regola generale ma potrebbero subire variazioni a seguito delle diverse disposizioni prese dal giudice. Quindi, è sempre una buona regola controllare nell’ordinanza di vendita eventuali diverse determinazioni. Inoltre, bisogna anche considerare anche l’applicazione dell’IVA se prevista dal regime fiscale del professionista delegato e, in aggiunta, il 4% per i suoi contributi previdenziali.
Le spese vengono calcolate dallo stesso professionista delegato e aggiunte al prezzo di cessione. A seconda del Tribunale di competenza, il conteggio definitivo potrebbe essere comunicato dal professionista, o in alternativa, potrebbe essere richiesto il pagamento di un importo forfettario. In quest’ultima evenienza verrà rimborsata successivamente la cifra eccedente una volta effettuato il computo definitivo.
Le spese inaspettate sull’acquisto di una casa all’asta
Abbiamo appena visto che la maggior parte degli oneri da versare in caso di acquisto di immobili all’asta sono obbligatori e, conoscendo le regole e tutte le informazioni sull’unità immobiliare che ci si accinge ad acquistare, non nascondono alcuna brutta sorpresa. Esistono però altre spese che possono risultare completamente inaspettate ed incidere, anche con un certo peso, sulla convenienza dell’investimento.
A riguardo sono due le voci più importanti che si manifestato piuttosto frequentemente:
- una eventuale sanatoria urbanistica e catastale: ogni immobile dev’essere conforme alla normativa edilizia in base ai regolamenti comunali. La regolarità catastale rappresenta la corrispondenza tra lo stato effettivo della casa e i dati catastali. La regolarità urbanistica è invece molto più importante poiché da essa dipende la correlazione tra lo stato di fatto e il titolo abitativo rilasciato dal Comune per realizzare l’immobile. In presenza di difformità, o abusi edilizi, messi in opera dal precedente proprietario, spetta al nuovo acquirente porvi rimedio. Di conseguenza, si dovranno effettuare tutti i lavori richiesti per sanificare l’immobile. È piuttosto evidente che tali spese potrebbero risultare più o meno elevate a seconda della gravità delle violazioni presenti, quindi è altrettanto chiara l’importanza di effettuare i controlli preventivi prima di partecipare all’asta o presentare un’offerta. Nelle situazioni meno gravi possono bastare piccole modifiche interne o esterne alle unità, ma in altri casi potrebbe mancare addirittura il titolo abitativo che per essere concesso necessita di un eventuale condono edilizio, oppure, quando possibile, di un esborso piuttosto ingente in termini di sanatoria per regolarizzare la situazione. Altro particolare di grande importanza da non trascurare, è l’impossibilità di eseguire una sanatoria in particolari circostanze come, ad esempio, in presenza di immobili situati in aree vincolate;
- sgombero dell’immobile: queste spese potrebbero essere a carico del tribunale ma, il più delle volte, spettano al nuovo proprietario che si è aggiudicato la casa all’asta. Non bisogna dimenticare che, in questi casi, per procedere allo sgombero è opportuno affidarsi ad un avvocato così da rispettare tutto l’iter burocratico previsto dalla legge. Quindi, oltre ai costi per lo svuotamento della casa, c’è da aggiungere la parcella del professionista e, spesso, anche la sostituzione della serratura della porta di ingresso.
È necessario sottolineare come in presenza di eventuali difformità catastali, oppure abusi edilizi, i costi per la sanatoria risultano, solitamente, indicati nella perizia rilasciata dal C.T.U (consulente tecnico d’ufficio). Perciò, sarà sufficiente consultare il documento per avere un’idea precisa dell’ammontare delle spese da sostenere per la regolarizzazione dell’immobile.
Spese condominiali
Acquistando un’unità immobiliare di un complesso abitativo, non è affatto raro doversi sobbarcare anche tutte le spese condominiali arretrate. Del resto, un appartamento venduto tramite asta giudiziaria presume una situazione debitoria del vecchio proprietario che, verosimilmente, avrà lasciato insolute le spese dovute annualmente all’amministratore.
L’incombenza di sanare questa situazione sarà quindi a carico del nuovo proprietario. Purtroppo tali oneri non sono sempre indicati all’interno della perizia redatta dal consulente tecnico d’ufficio nominato dal tribunale e qundi, in questo caso è facile trovarsi con delle bruttissime sorprese…
Spese per interventi di ristrutturazione
Altro aspetto di una certa rilevanza sono gli eventuali lavori di ristrutturazione necessari per rendere la casa abitabile o comunque per poterla rivendere ottenendo un buon guadagno.
In questo caso è consigliabile affidarsi ad un geometra, un architetto oppure un’impresa edile per avere un’idea piuttosto precisa di quali interventi effettuare, costi da sostenere e offrire così una cifra che renda l’investimento vantaggioso.
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...
Guccione Aldo
Giugno 29, 2022 @ 17:22
Ottimo il sunto fornito per approciarsi all’acquisto di un immobile in Asta Giudiziale. Grazie per l’aiuto fornito.