Tasse sugli affitti: quali tasse paga il proprietario immobiliare?

Scritto da Omar Cecchelani in Immobili

Possedere un immobile è senza dubbio un ottimo investimento, ma sappiamo bene i costi che è necessario sostenere per il suo mantenimento e le imposte che si devono versare al Fisco per il solo fatto di possederlo o addirittura se questo ci procura un profitto.

Infatti, proprio in caso di vendita o affitto, il proprietario dovrà pagare all’erario una percentuale sul ricavato:

  • Quante e quali tasse sono previste sui contratti di locazione?
  • Come si calcolano e che aliquote vengono applicate?

Di seguito cercheremo di dare una risposta a tutte queste domande per eliminare ogni possibile dubbio sulla tassazione che grava sui proprietari degli immobili concessi in locazione a terzi.

Indice:

 

La tassazione dei contratti di locazione

Qualora si decida di dare in affitto un qualsiasi locale, casa o appartamento, sarà necessario versare al Fisco italiano una percentuale sul ricavato. Il proprietario ha la possibilità di scegliere tra due diversi tipi di tassazione: ordinaria o con cedolare secca.

 

Tassazione ordinaria degli affitti

Scegliendo tale regime, si decide di dichiarare ai fini Irpef, il ricavato derivante dal contratto di locazione. L’imposta sul reddito delle persone fisiche si calcola applicando un’aliquota progressiva in base a ciò che viene dichiarato dal contribuente.

A formare il reddito imponibile concorrono tutte le somme di denaro percepite dal soggetto durante l’anno fiscale tra cui, naturalmente, le rendite derivanti dalla locazione di immobili che andranno, quindi, a sommarsi gli altri percepiti.

L’Irpef è un’imposta diretta di tipo progressivo con aliquote crescenti. Il sistema tributario prevede 5 scaglioni con le relative tassazioni così suddivise:

  • primo scaglione con aliquota del 23% e un reddito compreso tra 0 e 15mila euro;
  • secondo scaglione con aliquota del 27% e un reddito compreso tra 15.001 e 28mila euro;
  • terzo scaglione con aliquota del 38% e un reddito compreso tra 28.001 e 55mila euro;
  • quarto scaglione con aliquota del 41% e un reddito compreso tra 55.001 e 75mila euro;
  • quinto scaglione con aliquota del 43% e un reddito oltre 75mila euro.

È importante sapere che dal secondo scaglione, l’aliquota prevista è applicata solo sulla parte eccedente di reddito. Questo significa che se un soggetto dichiara, per esempio 30mila euro, l’imposta dovuta sarà così calcolata:

  • 23% su 15mila euro;
  • 27% su 18mila euro;
  • 38% su 2mila euro.

Come detto, tutti i redditi derivanti da contratti di locazione di un qualsiasi immobile di proprietà contribuiscono a determinare e aumentare il reddito imponibile ai fini Irpef.

 

Come si calcola il reddito fondiario imponibile

Per il calcolo del reddito fondiario ai fini Irpef, si deve considerare il maggior importo tra:

  • rendita catastale con rivalutazione del 5%;
  • canone di affitto annuo scontato del 5%.

Ci sono però alcuni casi particolari in cui il calcolo prevede:

  • 50% della rendita catastale rivalutata e canone annuo scontato del 35%, per gli immobili di interesse storico e artistico;
  • canone annuo scontato del 25% per tutti i fabbricati ubicati nel centro storico di Venezia e nelle isole di Giudecca, Murano e Burano;
  • canone annuo scontato del 30% per i contratti di locazione a canone concordato per immobili situati in comuni ad alta densità abitativa. Se il fabbricato è anche situato in un centro storico, il canone da considerare ai fini Irpef sarà scontato del 65%.

 

Come si paga l’imposta ordinaria sugli affitti

L’imposta sul canone di locazione viene pagata attraverso la dichiarazione dei redditi. La somma percepita dovrà essere indicata nel quadro B del modello 730 o nel quadro RB del modello unico.

Un aspetto da non trascurare, riguarda i contratti di locazione non percepiti a causa di morosità da parte dell’inquilino. In questi casi il reddito va comunque dichiarato e contribuisce a determinare l’imponibile ai fini Irpef.

Solo se è stato concluso il procedimento di convalida dello sfratto, il proprietario può evitare di inserire i canoni non percepiti tra i redditi imponibili, tuttavia, deve essere dichiarata la rendita catastale dell’immobile.

È bene ricordare che chi sceglie questo regime contributivo, deve anche mettere in conto il pagamento dell’imposta di registro del 2% sul canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità. Tale tributo deve essere versato al momento della registrazione del contratto e in caso di proroga.

 

Tassazione degli affitti con cedolare secca

La cedolare secca è il metodo di tassazione per i canoni di locazione alternativo al regime contributivo ordinario. Chi decide di affittare un immobile optando per la cedolare secca, non è tenuto a dichiarare il reddito ai fini Irpef e al pagamento di ulteriori imposte per i guadagni derivanti dall’immobile; non è, altresì, obbligato a versare l’imposta di registro e di bollo per la registrazione, proroga o risoluzione del contratto d’affitto.

La tassazione viene calcolata applicando semplicemente un’imposta sostitutiva con aliquota pari al 21% sul canone di locazione annuo. È anche prevista un’aliquota agevolata al 15% (ridotta al 10% per il periodo 2014/2017) per i contratti a canone concordato relativi ad immobili situati in comuni con carenze abitative, ad alta tensione abitativa o in stato di emergenza a seguito di calamità.

La cedolare secca può essere scelta solo da persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di reale godimento dell’immobile (come nel caso di usufrutto). Sono esclusi tutti gli esercizi di attività d’impresa, arti o professioni. L’opzione per accedere alla tassazione tramite cedolare secca può essere esercita al momento della registrazione del contratto ma anche successivamente; ha validità per tutta la durata dell’accordo e in caso di proroga automatica sarà necessario confermare la scelta.

 

Cedolare secca a chi conviene?

Questo tipo di tassazione risulta particolarmente vantaggioso per chi possiede molti immobili in affitto oppure un reddito imponibile particolarmente elevato. Optando per la cedolare secca, il proprietario rinuncia al diritto di aggiornare il canone di locazione (compresi eventuali adeguamenti Istat) e non può beneficiare di eventuali deduzioni e detrazioni per tutta la durata del contratto, tuttavia, il risparmio relativo all’aliquota di imposizione è davvero considerevole, ed aumenta progressivamente con l’aumentare del reddito imponibile del proprietario.

Per rendersi conto dei reali vantaggi che può avere un proprietario immobiliare con diversi immobili  rispetto ad un soggetto con un unico contratto di locazione, basta fare un semplice esempio.

  • Consideriamo che il Sig. Rossi possieda un solo appartamento e lo affitti a 1.000 euro al mese per un reddito annuo totale di 12mila euro.
  • Dall’altra parte invece il Sig. Bianchi che possiede 10 appartamenti, li concede in locazione sempre a 1000 euro al mese cadauno, quindi con una rendita annua di 120mila euro.

Se il Sig. Rossi applicasse la cedolare secca al 21%, dovrebbe versare un’imposta sostitutiva di 2.520 euro. Se invece avesse optato per una tassazione ordinaria, calcolando l’aliquota del 23% più la tassa di registro del 2%, la cifra da versare sarebbe esattamente 2862 euro. A conti fatti la cedolare secca porterebbe ad un risparmio del 12%.

Valutando invece il caso del Sig. Bianchi, con la cedolare secca dovrebbe pagare il 21% di 120mila euro, vale a dire 25.200 euro. Se invece decidesse di dichiarare il reddito immobiliare ai fini Irpef, rientrerebbe nell’ultimo scaglione con l’aliquota applicabile del 43% sul reddito eccedente che, sommato all’imposta di registro del 2%, porterebbe ad un’imposizione totale di 44.590 euro. Il risparmio con la cedolare secca sarebbe del 43,5%.

I numeri non mentono e parlano da sé: per redditi molto bassi il risparmio è minimo, ma per quelli alti la cedolare secca, quasi dimezza la tassazione ordinaria.

 

Tassazione e regole per gli affitti a studenti

Per chi possiede proprietà immobiliari in città universitarie, la possibilità di affitto agli studenti è un’ottima fonte di reddito resa ancor più ghiotta dall’opportunità di sfruttare importanti agevolazioni fiscali.

La legge 431 del dicembre 1998 prevede un particolare contratto transitorio per studenti universitari. Questa tipologia di contratto di locazione offre da una parte delle agevolazioni sulla tassazione per il proprietario, dall’altra detrazioni per l’inquilino. Il contratto ha una durata che va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 3 anni. Alla prima scadenza il rinnovo è automatico con la stessa durata.

Il vantaggio fiscale per l’affittuario è notevole potendo optare per una cedolare secca con aliquota al 10%. Il risparmio è evidente, sia rispetto alla tassazione ordinaria che alla cedolare secca al 21% per normali contratti di locazione.

Il proprietario può godere di ulteriori vantaggi e precisamente:

  • il reddito imponibile degli immobili in locazione può essere ridotto del 30%. Questo a condizione che il soggetto che intende godere delle agevolazioni, nella dichiarazione dei redditi, indichi gli estremi di registrazione del contratto, il Comune dov’è situato l’immobile e l’anno di presentazione della dichiarazione IMU.
  • riduzione dell’aliquota comunale per IMU e TASI del 75%.

Per gli studenti inquilini c’è il beneficio della detrazione Irpef pari al 19% per i canoni di locazione pagati, con un limite di 2633 euro all’anno e un risparmio massimo di 500 euro.

Per poter sottoscrivere un contratto transitorio per studenti universitari, è necessario rispettare tre requisiti:

  • la residenza dello studente inquilino deve essere diversa da quella dov’è situato l’immobile da affittare;
  • la residenza dello studente inquilino deve essere esplicitamente indicata nel contratto di affitto transitorio;
  • nel Comune dov’è ubicato l’immobile deve essere presente un’università o una sede distaccata.

 

Affitto di un immobile: ottima fonte di reddito, ma attenzione a scegliere la giusta tassazione

Affittare uno o più immobili è senza dubbio un’ottima fonte di reddito. L’unico aspetto da valutare è che tipo di tassazione scegliere. Come abbiamo visto nel paragrafo dedicato, la cedolare secca è in linea di massima il metodo contributivo più conveniente.

Avendo la fortuna di possedere un grosso numero di immobili, la possibilità di usufruire dell’aliquota fissa al 21% offre, a conti fatti, un risparmio di quasi il 50% sul sistema contributivo ordinario. Per un singolo appartamento in affitto, la tassa si riduce di poche centinaia di euro.

In questo caso, tenendo conto che la cedolare secca mette nell’impossibilità di aggiornare il canone di locazione per tutta la durata del contratto, il risparmio iniziale si potrebbe tradurre, sul lungo periodo, in uno svantaggio.

Altri aspetti da non sottovalutare sono le agevolazioni sui contratti di affitto per immobili a canone concordato e la locazione per gli studenti universitari: tutte situazioni che offrono notevoli sconti fiscali al proprietario.

   

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1 Comment
Sabina

Settembre 15, 2019 @ 02:16

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Buon articolo e ottimo il suo libro! Da avere… Complimenti

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