Quante e quali tasse e imposte si devono pagare in Italia

Nel seguente articolo andremo a trattare un argomento “tanto caro” ad ogni contribuente, ovvero quante e quali tasse si devono pagare allo Stato.

Se dovessimo chiedere ad un qualunque lavoratore dipendente, pensionato, libero professionista o imprenditore cosa pensi del sistema tributario italiano, di certo l’opinione unanime punterebbe il dito sulla soffocante pressione fiscale.

Ma, è proprio così vero che, nel nostro Paese, lavoratori ed imprese sono costretti a versare una salatissima percentuale di imposte?

Partiamo col dire che Europa non siamo nemmeno la Nazione messa peggio, ma secondi solo a Germania, Francia, Belgio e Norvegia che sottopongono i loro contribuenti ad un prelievo fiscale superiore al 50%. Una magra consolazione visto che in Italia ci attestiamo su valori ormai prossimi al 45%, vale a dire che ogni cittadino versa, mediamente, 8.000 euro all’anno nelle voraci casse dell’Erario. Oltretutto, ciò che impressiona, è il considerevole numero di tasse suddivise tra imposte dirette e indirette, e redditi spesso tassati sia in capo alle persone fisiche che alle imprese.

Altro aspetto da sottolineare sono i continui cambiamenti e la perenne evoluzione dello scenario politico-economico che portano a sopprimere un’imposta, facendo credere al contribuente di aver tagliato la pressione fiscale, e nel contempo, ad introdurre nuovi tributi sotto altre forme che spesso la inaspriscono ulteriormente

Resta il fatto che le tasse, sebbene a nessuno piaccia pagarle, sono indispensabili per finanziare i servizi essenziali destinati alla comunità. Inoltre, il non versare i tributi dovuti, oltre che essere un reato, comporta il contrarre un debito con lo Stato, e avere il Fisco come creditore non è affatto una buona idea.

Se da una parte pagare le imposte sia un dovere di ogni cittadino, dall’altra risulta sotto gli occhi di tutti il sacrifico richiesto ai contribuenti per ottenere in cambio, molto spesso, servizi pubblici inadeguati.

Indice:

 

La classificazione delle imposte

Prima di analizzare nel dettaglio le singole imposte, vediamo di capire come queste risultino suddivise per avere un quadro generale di partenza. Tutti i tributi vengono classificati in base alle seguenti modalità:

  • soggetto, ovvero chi deve pagare l’imposta: che può essere una persona fisica, oppure una persona giuridica
  • tipo di imposta: imposte dirette o indirette. Le imposte dirette vanno colpire le ricchezze possedute dal contribuente e generate dal suo reddito. Quelle indirette gravano sul consumo, gli scambi e i trasferimenti di beni e servizi.
  • metodo di pagamento: ormai le tasse si pagano solo in moneta, mentre è in totale disuso il versamento in natura;
  • metodo di riscossione contingente o per quotità: nel primo caso è lo Stato a stabilire il gettito complessivo in base ai suoi fabbisogni, con le regioni che si accordano per calcolare la quota di spettanza che si basa su elementi quali la popolazione residente e la redditività patrimoniale. A loro volta gli enti locali e i comuni stabiliscono con le regioni la loro parte di carico da richiedere ai contribuenti. Le imposte per quotità vengono invece computate in modo individuale sul reddito imponibile stabilendo specifiche aliquote.

Resta il fatto che la principale suddivisione è sia quella tra imposte dirette e indirette. Le prime colpiscono maggiormente aspetti rilevanti della capacità contributiva quali reddito e patrimonio, mentre le seconde riguardano manifestazioni più marginali come consumi, scambi e trasferimenti. Le imposte indirette offrono una certa elasticità e trovano meno resistenza da parte del contribuente, essendo già incluse nel prezzo di acquisto di beni e servizi. I tributi diretti invece sono più rigidi, incidono con una certa rilevanza sulle finanze di lavoratori e imprese e trovano maggior riluttanza nel pagamento, stimolando frequenti tentativi di evasione fiscale.

Un’ulteriore suddivisone è tra imposte fisse, vale a dire immutabili al variare del reddito e caratteristiche del contribuente, proporzionali con aliquota costante riferita alla base imponibile, regressive con aliquota decrescente all’aumentare dell’imponibile e progressive quando, invece, l’aliquota aumenta al crescere dell’imponibile.

 

Tasse e imposte a debito delle persone fisiche

Iniziamo questa lunghissima carrellata di tributi partendo dalle imposte che tutti i privati cittadini devono versare ogni anno nelle casse dello Stato.

 

– IRPEF

L’imposta sul reddito delle persone fisiche è, in assoluto, il tributo più conosciuto e odiato dai contribuenti. Tutti i redditi prodotti dal contribuente devono essere dichiarati e subire un prelievo fiscale in base ad un sistema costituito da 5 scaglioni con aliquote fisse e progressive. Si parte dalla prima fascia per redditi compresi tra 0 e 15mila euro a cui viene applicata un’aliquota del 23%, fino ad arrivare al 5° scaglione destinato ai contribuenti con reddito oltre i 75mila euro e aliquota del 43%.

Visto così, sembrerebbe un metodo molto semplice ma i problemi riguardano, soprattutto, il calcolo della base imponibile. Infatti, a tale scopo, è necessario considerare ogni reddito percepito dal soggetto nel periodo d’imposta, da cui sottrarre eventuali oneri deducibili come spese mediche, assegni di mantenimento, fondi pensione, ecc.

 

– Addizionali comunali e regionali:

Sono tributi da corrispondere agli enti locali, i quali stabiliscono le aliquote rispettando un tetto massimo del 3,3% per le regioni e dello 0,8 % per i comuni calcolati sulla stessa base imponibile dell’IRPEF.

 

– IVA

L’imposta sul valore aggiunto è una imposta indiretta inclusa nel prezzo di beni e servizi. Si può quindi definire un tributo sui consumi che grava, esclusivamente, sui fruitori finali che rappresentano l’ultimo anello della catena commerciale. Infatti, un’azienda acquista materie prime e altri beni per la produzione versando l’IVA ai fornitori, tuttavia può recuperare l’imposta attraverso la vendita della merce ai suoi clienti.

L’aliquota ordinaria di base per l’applicazione dell’IVA è stata alzata nel corso degli anni, arrivando all’attuale 22%. Ci sono però delle riduzioni stabilite in base al tipo di merce venduta o servizio prestato che nello specifico riguardano:

  • 4% per prodotti alimentari di prima necessità (latte, burro, formaggio, riso, ortaggi, ecc.);
  • 5% per prestazioni medico sanitarie;
  • 10% per prodotti che non rientrano nella lista di quelli di prima necessità.

 

– Imposta sul consumo per particolari prodotti

In aggiunta all’IVA, in alcuni casi e per alcuni prodotti specifici, lo Stato applica un ulteriore balzello sul prezzo finale di acquisto. Gli esempi più diffusi sono la tassa sui tabacchi, sugli alcolici, sui distillati, su birra e sigarette elettroniche, ecc.

 

– Canone RAI

La comune definizione “canone RAI” farebbe pensare ad un’imposta versata per il solo fatto di fruire dei servizi della televisione pubblica. In realtà, è una tassa per il possesso di un apparecchio atto a ricevere segnali televisivi. Un tempo si pagava autonomamente dando origine ad un altissimo tasso di evasione fiscale: da diversi anni, i 90 euro dell’imposta, sono stati inseriti direttamente nella bolletta della fornitura elettrica e, pertanto, è un po’ più difficile sfuggire al pagamento di questo “fastidiosissimo” onere.

 

– Tasse sull’istruzione

Allo scopo di garantire a tutti il diritto all’istruzione, la scuola dell’obbligo è completamente gratuita (quantomeno a livello tributario). Discorso diverso quando lo studente passa agli istituti superiori che, invece, richiedono un sacrificio economico alle famiglie costrette a dover versare una serie di tributi e precisamente:

  • tassa d’iscrizione da pagare una sola volta;
  • tassa di frequenza da versare ogni anno;
  • tassa di ammissione all’esame finale;
  • tassa per il ricevimento del titolo di studio.

Per chi decide di continuare gli studi e frequentare l’università, dovrà mettere in conto il versamento di una quota d’iscrizione decisamente più salata rispetto a quella per le scuole superiori. Inoltre non bisogna dimenticare la tassa per il diritto allo studio universitario richiesta all’inizio di ogni anno accademico e versata alle regioni in base ai singoli regolamenti regionali.

 

– Imposta di soggiorno

La tassa di soggiorno è un tributo di carattere locale applicato a carico dei visitatori che trascorrono brevi periodi in strutture ricettive di località turistiche e città d’arte. L’ospite dovrà pagare l’imposta direttamente alla struttura, con importo variabile in base a:

  • comune in cui è ubicata la struttura;
  • numero di giorni di permanenza;
  • tipologia della struttura ricettiva.

L’imposta è disciplinata da regolamenti comunali, quindi può subire modifiche nelle modalità di applicazione. Ad esempio, in alcuni casi si paga solo per le prime 5 notti e in altri è prevista l’esenzione per gli under 14 e per gli over 65.

 

– Tassa su giochi e lotterie

Lo Stato ricava ogni anno grosse entrate dalle imposte applicate su giochi e lotterie svolti sul territorio italiano e organizzati da enti pubblici o privati. Risultano tassate alla fonte le vincite di:

  • Lotto, Enalotto, lotterie e concorsi a premi;
  • Totip, Totocalcio e scommesse;
  • giochi di abilità (ad esempio competizioni sportive o prove in spettacoli radio-televisivi);
  • premi derivanti dalla partecipazione a particolari concorsi legati a meriti artistici, scientifici e sociali.

Anche le vincite del casinò sono tassate alla fonte con aliquota del 25% per cifre superiori a 100 euro e qualora la società risulti autorizzata dall’Aams (Agenzia delle dogane e dei Monopoli).

Non sono invece tassate le vincite derivanti da giochi o iniziative svolte in ambito familiare, privato o in circoli riservati ai soli soci.

 

Tasse applicate su auto e trasporti

Altro settore particolarmente tartassato dal Fisco è quello dei trasporti, sempre soggetto a nuove iniziative per cercare di aumentare il gettito. Ecco le tasse che dobbiamo versare ogni anno relative ad automezzi e veicoli su strada.

 

– Bollo auto

Altro non è che la tassa di possesso dell’auto o, in generale, di un mezzo di trasporto. Di conseguenza, tutti i titolari di un autoveicolo o motoveicolo iscritto al registro del PRA (in assenza fa testo l’Archivio nazionale veicoli della motorizzazione civile), devono versare un determinato importo con scadenza annuale. L’imposta spetta al proprietario (anche usufruttuario o colui che detiene il mezzo tramite contratto di leasing o patto di riservato dominio) e non al conducente o chi utilizza abitualmente il veicolo. Inoltre, il pagamento è dovuto anche se il mezzo rimane custodito e non circola su strada. L’ammontare varia in base alla potenza del motore (espressa in kW o cavalli), l’impatto ambientale (classe euro indicata nel libretto di circolazione) e la regione di residenza dell’intestatario. Per conoscere l’importo da versare è sufficiente accedere al sito dell’ACI e inserire, nell’apposita sezione, la tipologia e la targa del veicolo.

Alcune categorie possono risultare esenti dal pagamento del bollo auto come, ad esempio, i proprietari con gravi disabilità fisico-mentali nonché ridotta o impedita capacità motoria, veicoli storici immatricolati da oltre 30 anni (è prevista una tassa provinciale di 28,40 euro per le auto e 11,36 euro per le moto se ancora circolanti su strada) e alcune categorie di veicoli ecologici (dipende dai regolamenti regionali e comunque l’esenzione vale solo per un limitato numero di anni).

 

– Tassa per auto con potenza superiore ai 185 kW

In aggiunta al bollo auto, i proprietari di un veicolo con potenza superiore ai 185 kW sono tenuti a pagare un’ulteriore tassa nella misura di 20 euro per ogni kW oltre il suddetto limite.

 

– Accise sul carburante

L’accisa è una tassa straordinaria che lo Stato applica al fine di recuperare, in tempi brevi, risorse necessarie per fronteggiare una mancanza di liquidità o situazioni di grave emergenza. I carburanti sono tra le fonti preferite per applicare tali imposte che contribuiscono ad aumentare sensibilmente il costo commerciale di benzina e gasolio. Ad oggi, sono applicate ben 19 accise partendo dalla tassa per finanziare la guerra d’Etiopia del 1935-1936, fino ad arrivare all’ultima introdotta nel 2014 a seguito del decreto Nuova Sabatini. In realtà, nel 1995 il Governo Dini ha riunito tutti gli aumenti storici, eliminando i giustificati da tempo obsoleti e quasi ridicoli. Tuttavia, è rimasto il problema di fondo: le accise da straordinarie si sono trasformate in ordinarie, trascinandosi così negli anni, e arrivando ai giorni nostri.

 

– Imposta provinciale di trascrizione

La cosiddetta IPT è una tassa da dover pagare nel momento dell’immatricolazione o passaggio di proprietà di un veicolo. La tassa viene versata a favore della provincia di residenza dell’intestatario.

 

– Imposta sull’assicurazione RC Auto

Un tributo applicato alle polizze assicurative di tutti i veicoli inscritti al PRA e anche sulle macchine agricole. La legge ha stabilito un’aliquota del 12,5%, dando facoltà alle province di aumentare o diminuire la trattenuta fino ad un massimo del 3,5%.

Altra imposta applicata sulle polizze assicurative di auto e moto è il Contributo Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Il gettito è utilizzato dallo Stato come copertura delle spese mediche per i feriti e le vittime di incidenti stradali.

 

– Ulteriori tasse applicate su auto e trasporti

Quelle fino ad ora descritte sono le più comuni e diffuse tasse per auto e trasporti che quasi tutti i contribuenti pagano abitualmente. Esiste poi una lunga lista di altre imposte più specifiche, tra le quali segnaliamo:

  • tassa regionale sul carburante per autotrazione;
  • tassa su oli lubrificanti e derivati;
  • imposta erariale su aeromobili privati e voli in aerotaxi;
  • tassa erariale applicata sulle merci imbarcate e sbarcate nei porti oppure trasportare per via aerea;
  • tassa portuale per ogni merce imbarcata o sbarcata nei porti appartenenti allo Stato italiano;
  • imposta annuale imbarcazioni da diporto (con motore oppure vela e lunghezza superiore ai 14 metri).

 

Casa e immobili: quante e quali tasse si pagano?

Una fetta consistente dell’ammontare delle imposte versate riguarda le tasse applicate sulle proprietà immobiliari. Ci sono tributi come IMU e TASI che si devono versare a prescindere dalla destinazione d’uso, dovute sia dalle persone fisiche che dalle società. Vediamo nel dettaglio quali sono.

 

– IMU

L’Imposta Municipale Unica rappresenta la principale tassa patrimoniale applicata sulla componente immobiliare. Tale imposizione quindi presuppone il possesso di un immobile; è stata introdotta dal Governo Berlusconi nel 2011 nell’ambito del cosiddetto federalismo fiscale e inizialmente non prevedeva l’applicazione dell’imposta sulla prima casa. Tuttavia, fu subito modificata dal subentrante Governo Monti che, invece, decise di estenderla anche all’abitazione principale. Un’imposta spesso al centro di controversie politiche e soggetta a emendamenti che hanno portano innumerevoli cambiamenti della normativa. Fatto sta che a partire dal 2014 sono nuovamente esentati dal pagamento i possessori della prima casa, escludendo solo i proprietari di immobili appartenenti a classi catastali di pregio.

 

– TASI

Il Tributo per i Servizi Indivisibili viene incassato dal Comune di residenza del contribuente. Il gettito ricavato viene utilizzato per finanziare le spese di servizi quali la manutenzione delle strade, l’illuminazione pubblica e la cura delle aree verdi. La TASI viene applicata su ogni immobile comprese le prime case e sono soggetti al pagamento tanto i proprietari quanto eventuali affittuari, comunque con una quota minore. Con la Legge di Bilancio 2020 – Legge 27 dicembre 2019, n. 160, la TASI è stata abrogata ed è stata istituita la nuova IMU 2020.

 

– TARI

Anche la TARI, come la TASI, è entrata in vigore nel 2014 e rappresenta la tassa sui rifiuti; serve per coprire i costi sostenuti dalle amministrazioni comunali per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. L’imposta è dovuta dai proprietari o chi detiene a qualsiasi titolo un immobile oppure aree scoperte che producono rifiuti. L’ammontare è calcolato con aliquote stabilite dai comuni e variabili in base ai metri quadri dell’immobile e dalla tipologia dell’utenza (domestica o commerciale).

 

– Tassa sugli affitti

Chi concede in locazione un immobile deve dichiarare il reddito percepito. Il proprietario può scegliere, in base alle sue particolari esigenze, tra la tassazione IRPEF, oppure regime della cedolare secca. Nel primo caso il canone di locazione, ossia la base imponibile, può subire delle riduzioni se il contratto risulta a canone libero o concordato, oppure se l’immobile è riconosciuto di valore storico o artistico.

Optando per la cedolare secca viene applicata un’imposta sostitutiva nell’ordine del 21% del totale del canone libero, oppure il 10% in caso di canone concordato. A tutto ciò bisogna aggiungere le tasse indirette quali l’imposta di bollo per ogni copia del contratto e l’imposta di registro.

 

– Ulteriori tributi applicati sugli immobili

Altre diffuse tasse sulle proprietà immobiliari riguardano:

  • imposta ipotecaria dovuta per operazioni di trascrizione, iscrizione, rinnovazione o cancellazione dai pubblici registri immobiliari;
  • imposta di registro per registrare determinati atti (ad esempio il contratto di affitto o per il trasferimento di immobili);
  • imposta catastale a seguito di volture per cessione, successione, donazione, nonché costituzione di ipoteche e diritti reali;
  • contributo per concessioni edilizie da versare quando viene accetta la domanda per consentire la costruzione su un terreno edificabile;
  • contributo per consorzi di bonifica riservato ai proprietari di terreni sottoposti ad opere di manutenzione e bonifica atte a tutelare il patrimonio ambientale e agricolo.

 

Imposte sulle attività finanziarie

L’ordinamento tributario prevede un prelievo fiscale per i redditi da capitale e su ogni plusvalenza ottenuta da attività finanziarie e di trading. Nello specifico vengono applicate:

  • aliquota del 26% sul capital gain generato dalla vendita di strumenti finanziari (azioni, obbligazioni di società private, ecc.);
  • aliquota del 12,5% per le plusvalenze ottenute da Titoli di Stato italiani o di paesi esteri non inseriti nella black list;
  • Tobin Tax, ovvero imposta sulle transazioni finanziarie per trasferimento di azioni, derivati, strumenti finanziari partecipativi e operazioni ad alta frequenza;
  • imposta sostitutiva sul risparmio gestito;
  • addizionale su compensi ricevuti a titolo di bonus e stock option del settore finanziario.

 

Tasse per atti legali, amministrativi e procedimenti giudiziari

Esistono diverse imposte da dover pagare in base alle situazioni in cui è coinvolto un contribuente e precisamente:

  • tassa sulla successione e donazione;
  • imposta di bollo;
  • tassa sulle Concessioni governative (TCG), versata allo Stato da chi beneficia di determinati provvedimenti amministrativi e atti (ad esempio un’autorizzazione, concessione o licenza);
  • diritti archivi notarili;
  • contributi unificati per iscrizione a ruolo o processo tributario.

 

Tasse per imprese e associazioni

Passiamo ora alle imposte riguardanti le persone giuridiche ovvero società di capitali, associazioni e cooperative. Anche in questo caso la pressione fiscale è davvero molto alta, a cui aggiungere un notevole impiego di ore per rispettare tutti gli adempimenti fiscali e relativi iter burocratici.

 

– IRAP

L’imposta regionale sulle attività produttive è stata introdotta con il Dlgs n. 446 del 15 dicembre 1997 dall’allora Governo Prodi. Rappresenta una delle tasse più diffuse poiché coinvolge ogni soggetto titolare di partita IVA e il 90% del gettito viene affidato alle regioni. Il calcolo del tributo non si basa sull’utile di esercizio, bensì applicando un’aliquota del 3,9% sul fatturato generato nel periodo d’imposta stornato di alcuni oneri aziendali deducibili. Le regioni hanno diritto di modificare la percentuale aumentandola di un massimo pari allo 0,92% e facendo anche differenziazioni tra categorie di contribuenti e attività.

 

– IRES

L’imposta sul reddito delle società viene versata annualmente applicando un’aliquota del 24% (valore diminuito di 3,5 punti grazie alla Legge di stabilità del 2016) sulla base imponibile scaturita dalla differenza tra ricavi e costi deducibili. I soggetti passivi IRES sono le società di capitali, enti pubblici e privati nonché società residenti all’estero con o senza personalità giuridica. Sono invece esonerate le società di persone e le ditte individuali.

 

– Maggiorazione IRES

Una maggiorazione IRES nella misura del 10,5% è prevista per le sole società di comodo, ovvero soggetti con personalità giuridica costituiti con l’unico fine di tutelare il patrimonio personale dei soci.

 

– Ritenute sugli utili societari

Alla chiusura del bilancio di esercizio, una società di capitali che abbia prodotto un utile può decidere di lasciarlo in seno alla società stessa, oppure distribuirlo ai soci. In quest’ultimo caso, i dividendi sono soggetti ad un prelievo fiscale con base imponibile e aliquota variabili a seconda delle diverse situazioni. Solitamente viene applicata una trattenuta alla fonte pari al 26%.

 

– Diritto camerale

Ogni società, iscritta o annotata nel Registro delle Imprese, ha l’obbligo di versare un tributo annuale alla Camera di Commercio. L’importo da corrispondere è costituito da una quota fissa di 50 euro per le ditte individuali, mentre per tutte le altre varia in base al fatturato.

 

– IAS

L’imposta per l’adeguamento dei principi contabili è un tributo da versare all’Organismo Italiano di Contabilità, ma solo qualora ci fosse la necessità di adeguare i bilanci agli standard internazionali (IAS).

 

– Imposta sostitutiva rivalutazione beni d’impresa

Le società hanno la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni immobilizzate durante la fase del bilancio di esercizio, in modo da adeguare il loro valore alla crescita aziendale. Con la Legge di Bilancio 2020 l’aliquota per il calcolo dell’imposta sostitutiva è stata fissata al 10% per i beni non ammortizzabili, crescendo al 12% per quelli invece ammortizzabili.

 

– Regime forfettario per titolari di partita IVA

Tutti i titolari di partita IVA con fatturato annuo inferiore a 65.000 euro (in realtà si devono rispettare anche altri requisiti) possono applicare un regime di tassazione agevolato, vale a dire un’aliquota al 15% in qualità d’imposta unica sostitutiva. Nel caso dell’apertura di start up, oppure attività ritenute “nuove” e non la mera prosecuzione di un’attività svolta in precedenza, l’imprenditore potrà beneficiare di un’imposizione con aliquota al 5% per i primi 5 anni. Al termine di tale periodo il soggetto dovrà applicare la tassazione al 15%, fermo restando il rispetto dei requisiti richiesti per mantenere il regime forfettario.

 

– Tassa d’iscrizione all’Albo professionale

Molti liberi professionisti hanno l’obbligo di iscriversi al relativo Albo per poter svolgere regolarmente la loro attività. In alcuni casi sono previsti anche percorsi formativi ma, comunque, è sempre necessario pagare una tassa d’iscrizione.

 

Altre imposte

Concludiamo questo viaggio nel sistema tributario con una corposa lista di imposte, per così dire minori, ma comunque da non dimenticare. Tra queste troviamo anche alcune tasse versate dalle persone fisiche sebbene i ricavi principali derivino da persone giuridiche.

  • tassa annuale sui registri contabili: è un tributo spettante a tutte le aziende che hanno l’obbligo di tenere libri contabili.
  • contributo ambientale Conai: è un tributo che devono assolvere solo le aziende che fanno parte del Consorzio Nazionale Imballaggi e che si occupano, appunto, di produrre o utilizzare imballaggi. Lo scopo della tassa è finanziare le spese per la raccolta differenziata sostenute dal consorzio.
  • dazi doganali: importando merce da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea, è necessario versare tributi all’Agenzia delle dogane. L’importo non è fisso ma varia in base al valore indicato in fattura o nei documenti di trasporto e dalla tipologia della merce. Tra i prodotti soggetti a maggiori dazi ci sono alcolici, tabacchi, oli minerali, derivati del petrolio, plastiche non biodegradabili e fiammiferi.
  • diritti di magazzinaggio: è previsto il versamento di una tassa qualora si dovesse lasciare ferma la merce in attesa dello sdoganamento.
  • addizionale comunale diritti d’imbarco dei passeggeri: i vettori aerei devono applicare e riscuotere un somma pari a 2 euro per passeggero. Spetta ai gestori dei servizi aeroportuali comunicare all’INPS gli importi totali che ogni compagnia aerea deve corrispondere. Il gettito è destinato ai comuni sedi di aeroporti o confinanti.
  • imposta riserve matematiche di assicurazione: è un obbligo spettante esclusivamente a società ed enti che operano nel settore assicurativo. La legge impone il versamento dello 0,45% delle riserve matematiche di ogni ramo vita iscritto a bilancio.
  • imposta sulle concessioni statali e beni demaniali: rappresenta il contributo che un soggetto privato deve versare alla relativa Regione a seguito del permesso di sfruttare un bene demaniale. Il tipico esempio sono le spiagge concesse ai proprietari degli stabilimenti balneari;
  • tassa occupazione suolo pubblico (TOSAP): un’imposta da versare al Comune nel caso in cui si utilizzi suolo pubblico per lo svolgimento di una determinata attività. Il soggetto dovrà presentare apposita domanda e pagare una quota proporzionale al suolo occupato e durata dell’attività. Un esempio sono bar e ristoranti che sfruttano il suolo pubblico per posizionare sedie e tavolini.
  • diritti erariali su pubblici spettacoli: si tratta di un’imposta che colpisce i ricavi derivanti da alcune attività del settore dello spettacolo, degli intrattenimenti e dei giochi.
  • diritti SIAE: ovvero una quota da corrispondere per i diritti d’autore alla Società Italiana Autori ed Editori al fine di tutelare il copyright di un’opera di ingegno.
   

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