Quando serve il permesso di costruire e come richiederlo
Per edificare una nuova costruzione, oppure effettuare interventi di ristrutturazione edilizia è necessario, nella maggior parte dei casi, richiedere un titolo abilitativo che autorizzi il cittadino ad avviare l’esecuzione dei lavori.
Si tratta del cosiddetto permesso per costruire, vale a dire un nullaosta rilasciato dal Comune quando l’opera che si vuole andare ad edificare sia prevista dai regolamenti locali e venga eseguita nel rispetto delle leggi vigenti a livello nazionale, regionale e comunale.
Indice:
Cos’è il permesso di costruire
Il permesso di costruire è un titolo abilitativo che il Comune rilascia su istanza del cittadino che intende eseguire determinate opere di trasformazione edilizia e urbanistica. In origine, il nullaosta si chiamava licenza edilizia, per poi essere sostituita dalla concessione edilizia introdotta dalla Legge Bucalossi del 28 gennaio 1977. L’attuale permesso per costruire è entrato in vigore dopo l’approvazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, ovvero il Testo Unico che disciplina le disposizioni legislative e i regolamenti del settore edile.
Il rilascio del permesso prevede il versamento di un contributo di costruzione. La cifra totale è composta da una quota commisurata agli oneri di urbanizzazione (stabiliti dal Comune) e da una parte che dipende dal costo di costruzione per nuovi edifici (determinato dalla Regione).
Quando serve il permesso per costruire?
Ai sensi dell’articolo 10 del Testo Unico dell’Edilizia, il permesso di costruire è obbligatorio per lavori di:
- costruzione di nuovi immobili;
- ristrutturazione urbanistica;
- ristrutturazione edilizia: in questo caso gli interventi devono portare alla totale o parziale modifica del fabbricato originale e comportare il cambiamento della volumetria complessiva dell’edifico o del prospetto. Solo per immobili appartenenti alle zone omogenee A (ubicati in centri storici, oppure in aree urbane caratterizzate da un particolare pregio di natura artistica, storica e ambientale) serve il permesso se i lavori partano ad un mutamento della destinazione d’uso. È altresì previsto il titolo abilitativo a seguito della modifica della sagoma o della volumetria totale di un edificio o prospetto di un immobile sottoposto a tutela ai sensi del DL n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
All’istanza sarà necessario allegare la documentazione che dimostra la conformità del progetto agli strumenti urbanistici, nonché a regolamenti e normative edilizie vigenti. È opportuno non dimenticare che ogni Regione ha facoltà di stabilire leggi proprie atte a individuare quali lavori devono o meno rispettare l’obbligo di permesso per costruire.
È sempre necessario il permesso per costruire?
Esistono molti lavori che possono essere eseguiti senza richiedere alcun titolo abilitativo al Comune. Si tratta degli interventi classificati in edilizia libera, ovvero facenti parte dell’elenco messo a punto dal Ministero delle infrastrutture e stabilito dal Decreto del 2 marzo 2018. Nello specifico, non è necessario richiedere il permesso per costruire nel caso in cui si debba:
- riparare, sostituire o rifare pavimenti, rivestimenti, intonaci, serramenti, cancelli e inferiate, nonché canali e grondaie;
- riparare, integrare o rinnovare impianto elettrico, igienico e idro-sanitario, per la distribuzione del metano, di climatizzazione e per l’espulsione fumi della caldaia;
- installare un impianto a pannelli fotovoltaici;
- installare un impianto mini-eolico;
- realizzare gazebo removibili, pergolati e strutture per ospitare animali domestici;
- realizzare, riparare o sostituire serre mobili stagionali.
Inoltre, sono esenti da permesso anche i lavori per arredare il giardino e la manutenzione degli impianti di irrigazione e drenaggio.
Come richiedere il permesso per costruire
Per ottenere il permesso serve un’apposita istanza da presentare al Comune dov’è ubicato l’immobile oggetto di ristrutturazione, o l’area su cui si intende edificare la nuova abitazione. E’ possibile consegnare la richiesta recandosi di persona presso lo Sportello Unico Edilizia (SUE), oppure inviarla all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio protocollo comunale.
Insieme all’istanza è obbligatorio allegare:
- attestazione riguardante il titolo di proprietà;
- elaborati progettuali (planimetria generale, calcoli plano-volumetrici, ecc);
- documenti richiesti solo per determinate tipologie di interventi;
- asseverazione del tecnico abilitato con cui dichiara che il progetto risulta conforme agli strumenti urbanistici, nonché ai regolamenti edilizi vigenti e specifiche direttive;
- ricevuta di pagamento dei diritti di segreteria.
Il rilascio del permesso compete al responsabile o dirigente dello sportello unico. In caso di immobilità dell’addetto comunale, il richiedente può rivolgersi direttamente al titolare del potere sostitutivo la cui nomina spetta alla Regione di riferimento.
Il permesso per costruire è riconosciuto al proprietario / comproprietario dell’immobile, a colui che possiede un diritto reale sul terreno o sull’edificio e chiunque abbia un titolo valido per richiederlo. Anche un condominio può presentare l’istanza qualora fosse in possesso del consenso dell’assemblea condominiale. Il titolo abilitativo può essere trasferito ai successori e non modifica, in alcun modo, il diritto di proprietà o altri diritti reali sull’immobile.
Quanto tempo occorre per ottenere il permesso?
Una volta presentata la domanda, il SUE ha 10 giorni di tempo per comunicare al richiedente il nome del responsabile che seguirà la pratica. Quest’ultimo dispone di 60 giorni per formulare la proposta di provvedimento; inoltre, entro il medesimo termine, ha facoltà di richiedere (una sola volta) l’integrazione di altri documenti o la modifica del progetto. Il titolare dell’istanza deve assolvere alle richieste entro 15 giorni e nel frattempo la proposta di provvedimento risulta sospesa.
L’istante riceve il permesso per costruire entro 30 giorni dall’emissione della proposta di provvedimento. Il termine può allungarsi di ulteriori 10 giorni nel caso in cui il dirigente o responsabile dello sportello unico abbia comunicato al richiedente i motivi che impediscono l’accoglimento dell’istanza. Dopo l’emissione, il permesso viene pubblicato presso l’Albo pretorio, mentre in cantiere dovrà essere esposto un apposito cartello con indicati gli estremi della concessione.
Un aspetto molto importante è il principio del silenzio-assenso applicato se il provvedimento non viene emesso o in mancanza di un rifiuto motivato. In tali frangenti l’istanza può essere considerata comunque accolta, dando così inizio ai lavori.
Il suddetto principio non trova applicazione qualora l’immobile risulta sottoposto a vincoli di natura ambientale, paesaggistica e culturale. In queste situazioni vige, invece, il principio del silenzio-rifiuto, pertanto la richiesta si intende respinta.
Può capitare che durante i lavori sia necessario effettuare cambiamenti rispetto al progetto originale. Se le variazioni non alterano i parametri urbanistici, non modificano volumetria, destinazione d’uso, sagoma dell’immobile o categoria catastale, nonché rispettano le prescrizioni previste dal permesso di costruire, è possibile presentare al Comune solo la SCIA.
Durata e decadenza del permesso
I termini per iniziare e ultimare gli interventi sono indicati nel permesso per costruire. La data di inizio lavori non può andare oltre un anno da quando è stato rilasciato il titolo abilitativo. Per quanto riguarda l’ultimazione delle opere, la data non può superare 3 anni dall’inizio dei lavori.
Alla scadenza dei termini, la concessione comunale decade e, di conseguenza, eventuali opere incompiute non possono essere ultimate. L’unica eccezione è prevista qualora, prima della scadenza, il proprietario abbia richiesto e ottenuto una proroga. Il Comune concede di prorogare il permesso di costruire solo al manifestarsi di valide motivazioni, ovvero:
- fatti sopravvenuti e indipendenti dalla volontà del titolare della concessione;
- alla luce dell’evidente mole dei lavori e di particolari caratteristiche costruttive;
- in presenza di accertate difficoltà tecnico-esecutive, le quali si sono manifestate solo dopo l’inizio dei lavori;
- per opere pubbliche finanziate in più esercizi;
- l’autorità giudiziaria ha impedito l’avvio o la conclusione dei lavori, ma le iniziative si sono dimostrate ingiustificate.
È importante specificare che i lavori vengono considerati iniziati quando:
- il cantiere risulta organizzato;
- sono stati eseguiti gli scavi per la posa delle fondamenta;
- sono stati realizzati elementi portanti;
- sono stati edificati muri.
Ne consegue che la sola recinzione del terreno e l’apposizione del cartello con i dati del permesso e della pratica edilizia, non sono sufficienti per ritenere i lavori avviati.
Ricordiamo che il permesso, a patto che i lavori non siano già iniziati e conclusi entro 3 anni, potrebbe decadere a causa di un nuovo piano regolatore istituito dal Comune.
Sanzioni e violazioni
Le violazioni più ricorrenti riguardano lavori effettuati in totale difformità dal permesso o, addirittura, in mancanza dello stesso.
A seconda dei casi, il Comune può disporre la demolizione dell’edificio o solo di una parte di esso, nonché la rimozione degli interventi di ristrutturazione realizzati. Il proprietario deve rispettare l’ordinanza comunale, altrimenti potrebbe andare incontro a:
- confisca dell’immobile;
- sanzione amministrativa variabile da un minimo di 5.164 euro ad un massimo di 51.645 euro;
- azioni penali con arresto fino a 2 anni.
Se gli interventi abusivi o difformi dal titolo abilitativo rispettano la normativa edilizia nonché i regolamenti locali, il proprietario può applicare una sanatoria richiedendo uno specifico permesso. Anche in questo caso va presentata istanza all’ufficio preposto del Comune e attendere che il responsabile, entro 60 giorni, conceda il permesso. La sanatoria va comunque richiesta prima che siano accertate violazioni o applicate ammende.
Infine, il mancato pagamento del contributo di costruzione prevede sanzioni amministrative variabili in base ai diversi regolamenti regionali.
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