Quando non si applicano le sanzioni tributarie anche in caso di irregolarità?

I mezzi informatici e i controlli incrociati hanno semplificato e velocizzato i compiti del Fisco italiano, che oggi fa meno fatica a intercettare eventuali irregolarità e trasgressori. Violazioni tributarie a cui fanno seguito le applicazioni delle relative sanzioni, a volte anche piuttosto salate. In Italia poi, la normativa fiscale è molto vasta, spesso discussa e oggetto di modifiche importanti.

Uno scenario legislativo che non facilita l’interpretazione delle norme fiscali stesse, principalmente da parte di coloro che non conoscono bene la materia e non sono dei professionisti del settore. Una situazione che genera confusione e pratiche complesse, con il serio rischio di accertamenti e sanzioni non sempre chiarissime. A tal proposito, l’oggettiva incertezza riguardo all’interpretazione di alcune disposizioni fiscali fa sì che si possa evitare di pagare le sanzioni, anche nelle ipotesi di controlli fiscali con riscontrate irregolarità da parte delle Finanze o dell’Agenzia delle Entrate.

A supporto di questa tesi esiste anche lo Statuto dei Contribuenti, che riporta i casi di non applicazione delle sanzioni tributarie. Ad esempio, i contribuenti sono giustificati nelle ipotesi in cui le violazioni tributarie siano originate da situazioni di incertezza relativamente alla portata e all’entità delle normative.

L’incertezza normativa fiscale è riferita a circostanze in cui è obiettivamente impossibile l’identificazione della disposizione giuridica applicabile allo specifico caso. I fattori che possono determinare un’incertezza normativa sono diversi: la difficoltà nel risalire alla disposizione di legge, oppure una contraddizione tra le indicazioni della giurisprudenza e le notizie diffuse dall’Agenzia delle Entrate.

Un’incertezza però non attribuibile alle capacità dei contribuenti né a quelle dei consulenti fiscali ma esclusivamente al giudice, l’unico tenuto ad esprimersi in materia. Quest’ultimo, appunto, è il solo soggetto con il dovere e il potere di esaminare la ragionevolezza di una specifica interpretazione dei regolamenti.

Quindi, le violazioni tributarie possono ovviamente dare origine alle sanzioni, ma nel caso in cui una disposizione normativa è di complicata e di incerta interpretazione è possibile lo sgravio.

Ma quando non si applicano le sanzioni tributarie anche in caso di irregolarità e come è possibile agire contro un’ingiusta sanzione?

Per saperne di più è importante dedicare qualche minuto alla lettura dei paragrafi seguenti.

Indice:

 

Cosa significa non applicare le sanzioni tributarie?

I contribuenti possono evitare le sanzioni, ciò però non vuol dire affatto non pagare i tributi. Tradotto in altre parole, le disposizioni di legge perdonano la violazione tributaria non applicando le sanzioni, non con il condono anche delle imposte e delle tasse che invece vanno sempre versate.

Se a seguito di una dichiarazione annuale dei redditi, sbagliata a causa di una regola poco chiara, l’Agenzia delle Entrate applica una sanzione e l’interessato vince il ricorso, quest’ultimo ha il dovere comunque di pagare l’IRPEF derivante dalla dichiarazione corretta, senza però versare le sanzioni tributarie precedentemente inflitte. Il contribuente coinvolto, per far valere le proprie ragioni in merito alla norma poco chiara, deve però ricorrere al parere di un giudice.

 

Nessuna sanzione se norma fiscale di difficile e incerta interpretazione

La difficile interpretazione delle norme fiscali è stata oggetto del parere della Cassazione. In merito a una situazione di incertezza sui contenuti, sui destinatari o sull’oggetto della disposizione tributaria, la Cassazione ha chiarito come la circostanza costituisca motivo di esenzione dei contribuenti dalla responsabilità amministrativa. Come detto, il giudice ha il compito dell’accertamento e della valutazione di un’eventuale obiettiva incertezza normativa. Un’incertezza rilevabile tramite alcuni fatti indice come:

  • la difficoltà nell’individuare i regolamenti normativi, magari imputabili al difetto di previsioni legislative esplicite;
  • la difficoltà nel determinare il significato della formula dichiarativa identificata;
  • la contraddittorietà o la carenza di notizie amministrative;
  • la mancanza di prassi amministrative o di giurisprudenziali precedenti;
  • i contrastanti orientamenti giurisprudenziali;
  • il contrasto fra l’orientamento giurisprudenziale e la prassi amministrativa o fra le opinioni dottrinali.

Inoltre, la stessa Cassazione ha precisato come in fatto di responsabilità amministrativa tributaria, l’inevitabile condizione di incertezza normativa sui contenuti, sui destinatari o sull’oggetto della disposizione tributaria, consista in un’impossibilità oggettiva che soltanto il giudice può accertare. Invece, rimane assolutamente irrilevante la soggettiva incertezza originata dall’ignoranza degli interpreti o dalla loro sbagliata interpretazione giuridica. In parole più semplici, l’incertezza deve riguardare il giudice e non i contribuenti.

Il parere della Cassazione sull’argomento in questione è quindi chiaro, così come il potere decisionale esclusivo del giudice sull’incertezza interpretativa della norma fiscale. Chiarimenti che sciolgono ogni dubbio su chi può accertare eventuali incertezze normative sui contenuti, sui destinatari o sull’oggetto di una norma tributaria.

 

Senza risparmio fiscale per i contribuenti nessuna sanzione

Quando gli errori dei contribuenti non comportano vantaggi fiscali, per legge non sono previste sanzioni. Il concetto è chiaro, nel caso in cui il contribuente versa a titolo di imposte una somma identica a quella che avrebbe dovuto pagare in mancanza di errori o, versa un importo superiore, nessuna sanzione verrà applicata a suo carico.

Una circostanza del genere può manifestarsi all’atto della dichiarazione dei redditi, con un errore che non incide sull’importo dovuto per l’IRPEF e da pagare allo Stato. In questa ipotesi, per la violazione non sono previste sanzioni tributarie perché l’errore commesso con la dichiarazione dei redditi non arreca alcun danno al Fisco.

 

Nessuna sanzione tributaria se l’errore è imputabile all’amministrazione finanziaria

In questo caso il discorso è piuttosto semplice, i contribuenti non sono responsabili quando rispettano le indicazioni date dall’amministrazione finanziaria. A prevedere l’inapplicabilità delle sanzioni tributarie in queste circostanze è lo Statuto dei Contribuenti. Il discorso non cambia neanche quando le indicazioni fornite vengono modificate in seguito dalla stessa amministrazione finanziaria. Allo stesso tempo non è prevista nessuna sanzione nei casi in cui i comportamenti dei contribuenti siano stati condizionati da errori, omissioni o ritardi dello stesso ente.

A confermare quest’ultimo aspetto è stata una sentenza della Cassazione, con la quale è stato riconosciuto ai contribuenti il diritto ai risarcimenti nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate quando i funzionari agli sportelli forniscono notizie sbagliate. Informazioni errate che possono condizionare negativamente i comportamenti dei contribuenti, favorendo così inconsciamente qualche errore di questi ultimi. Questa è un’altra situazione che libera i contribuenti dalla responsabilità di un eventuale errore e che, quindi, li esonera dal pagamento della sanzione tributaria.

 

Nessuna sanzione per dolo del consulente o per causa di forza maggiore

La condotta del commercialista ritenuta criminosa non comporta alcuna sanzione fiscale per il malcapitato contribuente. In linea di massima i contribuenti rispondono delle violazioni dei propri commercialisti, ma non quando le violazioni commesse sono imputabili a qualche reato dei professionisti.

In caso di reato da parte del commercialista e, successiva querela presso le autorità competenti (carabinieri, polizia, etc.), infatti è lo stesso professionista a risponderne, mentre il contribuente non è tenuto a pagare le sanzioni. In queste circostanze l’importante è presentare la denuncia al più presto, prima di qualche sanzione da parte dell’Agenzie delle Entrate.

Altro caso per non pagare alcuna sanzione tributaria è riconducibile alla causa di forza maggiore, cioè quando i contribuenti non hanno nessuna colpa rispetto alle violazioni fiscali. Provare a pagare per tempo l’IRPEF con il modello F24, ma non riuscirci per il malfunzionamento dei terminali bancari e, quindi, versare quanto dovuto allo Stato in ritardo, risulta un impedimento legato a una causa di forza maggiore. Pertanto, di fronte a una situazione inevitabile e tantomeno prevedibile, si può chiedere lo sgravio della multa. Una circostanza da dimostrare anche con il supporto della banca, che deve attestare il disservizio che ha impedito di pagare l’IRPEF entro i termini stabiliti dalla legge.

 

Di fronte a un’ingiustizia o presunta tale le possibilità per non pagare le sanzioni tributarie quindi sono concrete, la stessa Cassazione si è espressa sulla questione chiarendo alcuni aspetti essenziali in modo esplicito. Come analizzato, è possibile infatti non pagare le sanzioni fiscali quando una norma tributaria, su accertamento di un giudice, viene ritenuta di incerta oggettiva interpretazione, quando da un eventuale errore non è scaturito alcun risparmio per il contribuente, nel caso in cui l’errore è imputabile all’amministrazione finanziaria, per colpa di un reato commesso dal commercialista o per causa di forza maggiore.

Tutte ipotesi in cui i contribuenti possono agire contro il pagamento delle sanzioni tributarie, che altrimenti vanno pagate nel rispetto della normativa in materia. Casistiche su cui informarsi bene proprio per impugnare un’eventuale multa inflitta dal Fisco e della quale il contribuente non si ritiene direttamente responsabile.

Prima di concludere è bene però ribadire che, quando invece la colpa di un errore o anche di un’omissione è attribuibile ai comportamenti dei contribuenti, c’è ben poco da fare nei confronti del Fisco. Questo perché né l’ignoranza in materia, né ovviamente un comportamento fraudolento possono comportare la cancellazione di una multa.

   

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