Quando è possibile far ricorso al Consiglio di Stato e come funziona la procedura
La giustizia amministrativa è una materia senza dubbio non molto conosciuta e certamente non al pari di quella penale che, quasi tutti i giorni, è argomento dei principali notiziari. Il concetto noto alla maggior parte dei cittadini è la presenza di tre gradi di giudizio per le cause penali. Si parte con il processo svolto in tribunale oppure di fronte al giudice di pace che, dopo aver ascoltato le parti coinvolte, emette la prima sentenza.
L’imputato ha diritto di ricorrere in appello per chiedere il riesame (magari disponendo di nuove prove a suo favore) della prima sentenza e nel caso ha facoltà di avvalersi del terzo grado di giudizio dinnanzi alla Corte di Cassazione, la quale mette fine alla disputa confermando le precedenti decisioni oppure ribaltando l’esito della causa.
Sicuramente sono molto meno numerose le persone che sanno dell’esistenza di due gradi di giudizio anche per i processi civili: il primo grado è rappresentato dal Tribunale amministrativo regionale meglio conosciuto con l’acronimo TAR, mentre il secondo spetta al Consiglio di Stato.
Scopo di quest’articolo è proprio capire come funziona il ricorso al Consiglio di Stato e quando si può richiedere. Possiamo già anticipare che si tratta di un’opportunità ammessa in presenza di una sentenza del Tar ritenuta dalla parte soccombente viziata oppure ingiusta. Inoltre è necessario considerare che il diritto processuale amministrativo, solitamente, concede di impugnare una decisione del tribunale scegliendo uno dei seguenti tre rimedi: appello (metodo ordinario), ricorso per revocazione e opposizione di terzo (metodi straordinari).
Indice:
- Consiglio di Stato: come funziona
- Consiglio di Stato: la composizione
- Quando è concesso ricorrere al Consiglio di Stato?
- I poteri del Consiglio di Stato
- Ricorso al Consiglio di Stato: quali sentenze si possono impugnare
- Chi può impugnare la sentenza del TAR
- Quali decisioni può prendere il Consiglio di Stato
Consiglio di Stato: come funziona
Il Consiglio di Stato lo possiamo definire come l’organo di consulenza amministrativa che viene interpellato come ultimo grado di giudizio a seguito di una sentenza, o ordinanza, pronunciata dal TAR e impugnata dalla parte soccombente. Il suo scopo primario è quello di verificare se un atto amministrativo emanato dal Governo centrale e dalle Regioni risulti legittimo e formalmente corretto, a seguito di un’iniziativa di un privato cittadino che si considera parte lesa. L’effetto dell’intervento del Consiglio di Stato è l’accoglimento, oppure il rigetto del ricorso introduttivo.
Le funzioni del Consiglio di Stato e la sua composizione sono stabilite dall’articolo 100 della Costituzione che sancisce anche la posizione estranea e priva di interessi comuni nei confronti della Pubblica Amministrazione, ovvero la cosiddetta posizione di terzietà.
La decisione sulla sentenza viene presa in sede giurisdizionale da cinque magistrati, uno dei quali rappresenta il Presidente di sezione, mentre gli altri membri sono i Consiglieri di Stato. Nel caso in cui il presidente non fosse in grado a presiedere la seduta, il suo posto è preso dal consigliere con la qualifica di maggior anzianità.
Il Consiglio di Stato si riunisce nella cosiddetta Adunanza Plenaria allo scopo di compiere funzioni nomofilattiche finalizzate all’applicazione uniforme del diritto da parte dei giudici amministrativi. Nello specifico, interviene nel caso sussistano questioni di diritto che danno origine a contrasti giurisprudenziali di grande rilievo. All’Adunanza Plenaria partecipano il presidente generale e dodici consiglieri, ovvero 4 magistrati per ogni sezione giurisdizionale.
Anche in questo caso, se il presidente del Consiglio di Stato è impossibilitato a svolgere le proprie funzioni, viene sostituito dal presidente di sezione più anziano nella qualifica. Allo stesso modo anche i consiglieri, qualora necessario, possono essere sostituiti dal magistrato di maggior anzianità di ruolo appartenente alla medesima sezione.
Consiglio di Stato: la composizione
Il Consiglio di Stato è composto dal Presidente generale, dal Presidente aggiuntivo, dai Presidenti delle 15 sezioni e ben 72 Consiglieri di Stato. Tutti i membri sono nominati tramite decreto del Presidente della Repubblica, mentre la sede istituzionale si trova a Roma presso il Palazzo Spada.
Spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri scegliere il Presidente generale del Consiglio di Stato, concordando la decisione con il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa.
I posti che completano il Consiglio di Stato sono assegnati:
- per la metà rimanente a consiglieri del TAR che hanno presentato la richiesta e con almeno 4 anni di esperienza;
- un quarto spetta a professori di facoltà universitarie che insegnano materie economiche-giuridiche e avvocati con iscrizione all’Albo delle giurisdizioni superiori. I professionisti sono tutti nominati per mezzo di un decreto firmato dal Presidente della Repubblica, fermo restando l’assenso del Presidente del Consiglio e del Consiglio di presidenza amministrativa;
- un quarto tramite reclutamento dei membri attraverso concorsi pubblici.
In quest’ultimo caso al concorso possono prendervi parte solo:
- chi è giudice del TAR con almeno un anno di anzianità;
- chi è giudice ordinario e magistrato militare con almeno quattro anni di anzianità;
- i magistrati della Corte dei Conti;
- gli avvocati dello Stato che hanno maturato un anno di anzianità;
- funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, sempreché abbiano almeno quattro anni di anzianità.
Quando è concesso ricorrere al Consiglio di Stato?
Come abbiamo già detto, il presupposto per ricorrere al Consiglio di Stato è la sussistenza di una sentenza pronunciata da uno dei venti Tribunali amministrativi regionali ritenuta viziata o ingiusta. In tali circostanze il privato cittadino, parte lesa, può procedere al ricorso entro 60 giorni dalla data di notifica della sentenza. In questo modo potrà accedere al secondo grado di giudizio chiamando a decidere il Consiglio di Stato.
Il termine dei 60 giorni rappresenta la regola generale ma, in taluni frangenti, la legge dimezza il tempo a disposizione per presentare ricorso. Qualora si verificasse un’erronea notificazione della sentenza sarà possibile ricorrere in appello entro 6 mesi.
Il metodo ordinario per impugnare la sentenza pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale è l’appello e provoca il riesame della decisione da parte del Consiglio di Stato. Per analizzare la controversia, l’organo di consulenza amministrativa procede con l’iniziale fase definita rescindente, in cui annulla la sentenza di primo grado. Successivamente, passa alla fase rescissoria durante la quale il collegio giudicante prende una decisione in merito alla questione, senza disporre nessun rinvio.
I poteri del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato detiene il medesimo potere decisionale e di cognizione del giudice di primo grado al fine di stabilire l’esito della controversia.
Quindi l’impugnazione non si limita alla revisione di un solo atto, bensì prende in esame l’intera sentenza o ordinanza del TAR. Inoltre, la proposizione di appello non fa decadere l’esecutività della sentenza, tuttavia il Consiglio di Stato ha il potere di sospenderla emanando un’apposita istanza cautelare, qualora ritenesse la sussistenza di gravi o irreparabili danni.
Ricorso al Consiglio di Stato: quali sentenze si possono impugnare
In generale una sentenza può essere impugnata dinnanzi al Consiglio di Stato se si ritengono presenti errori e vizi di forma, oppure perché ingiusta.
La legge consente di impugnare di fronte all’organo di consulenza amministrativa di secondo grado:
- le sentenze definitive di rito o di merito, ossia che hanno portato alla conclusione del rapporto processuale di primo grado;
- le sentenze parziali che hanno preso una decisione solo su un singolo aspetto della controversia.
Il Consiglio di Stato può esaminare anche un’ordinanza di carattere decisorio e una sentenza relativa ad un ricorso per l’ottemperanza del giudicato.
È molto importante sottolineare come durante il giudizio di secondo grado non è concesso produrre nuove prove e nuovi documenti, tranne quando il collegio giudicante ritenga l’ammissione indispensabile per la decisione finale. Sono invece ammessi motivi aggiuntivi qualora la parte lesa venga a conoscenza di documentazione non presentata al TAR e dalla quale emergono vizi degli atti.
Infine, è bene sapere che durante il ricorso in appello non sono ammesse nuove domande, ma è comunque possibile richiedere interessi e accessori maturati e l’eventuale risarcimento per danni subiti a seguito della sentenza impugnata.
Chi può impugnare la sentenza del TAR
Le parti coinvolte nel procedimento di primo grado hanno facoltà di appellarsi al Consiglio di Stato per impugnare la sentenza, o l’ordinanza emessa dal Tar. Tuttavia, è necessario che i richiedenti siano portatori di un interesse legittimo da cui deriva un vantaggio di natura sostanziale. In caso contrario non è possibile impugnare l’atto e al giudice non rimane che dichiarare l’improcedibilità.
L’atto di appello deve essere notificato a tutti soggetti coinvolti dinnanzi TAR e al ricorso sarà necessario allegare la sentenza impugnata.
Quali decisioni può prendere il Consiglio di Stato
In presenza di una richiesta di ricorso, il Consiglio di Stato ha facoltà di:
- annullare la sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale, quindi accogliere il ricorso presentato dal cittadino;
- rigettare la richiesta di appello, nel caso la ritenesse infondata.
L’annullamento della sentenza avviene sole se l’organo di consulenza amministrativa riscontra la sussistenza di una delle seguenti condizioni:
- errore di procedura;
- vizio di forma nella decisione presa in primo grado;
- erronea declaratoria di incompetenza;
- difetto di giurisdizione da parte del Giudice Amministrativo.
Ricordiamo che appellarsi al Consiglio di Stato non comporta la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata emessa dal TAR. Perché ciò avvenga dev’essere formulata un’apposita istanza cautelare e lo stesso collegio giudicante deve ritenere presenti due condizioni: il fumus boni iuris (si presume l’esistenza di presupposti tali per poter applicare un istituto giuridico) e il periculum in mora (rischio di subire un danno grave e irreparabile).
Dinanzi a una sentenza di appello del Consiglio di Stato ritenuta viziata da un errore di fatto, è possibile sfruttare il ricorso per revocazione. Tale strumento è però ritenuto inammissibile qualora non vi sia presenza di un errore revocatorio, ma solo una sentenza del Giudice di appello considerata errata dal cittadino. Ricordiamo che per applicare il ricorso per revocazione è necessario notificarlo entro 30 giorni. Nel caso non fosse possibile adottare tale strumento si può procedere con il ricorso per Cassazione, ma solo per motivi attinenti alla giurisdizione.
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