Teste di legno e prestanomi: a cosa servono e cosa rischiano
Il prestanome, un tempo, era sinonimo di delinquente, truffatore o comunque di personaggio legato al mondo della criminalità. Oggi quella che viene anche chiamata testa di legno, è diventata paradossalmente una vera e propria figura professionale pur rimanendo, nella maggior parte dei casi, illegale.
Nell’ambiente grigio degli affari tutti gli imprenditori che vogliono mettere in atto truffe ai danni dei consumatori, frodi finanziarie o semplici evasioni fiscali, fanno sempre più spesso affidamento ad un prestanome. Sono soggetti che dietro lauto compenso, decidono di assumere la rappresentanza legale di una società.
L’identikit dell’imprenditore che fa ricorso ad una testa di legno è un soggetto quasi sempre con grossi debiti accumulati, fallimenti alle spalle, condanne per reati fiscali, o persone che con il loro nome non potrebbero mai più aprire una nuova società.
Dall’altra parte c’è il prestanome: un individuo solitamente nullatenente, che può essere anche un anziano, una persona che versa in condizioni economiche precarie o alla ricerca di facili guadagni. Ciò che li accomuna è che, fondamentalmente, non hanno nulla da perdere.
Indice:
Prestanome e amministratore di fatto: le differenze
Per affrontare la questione della testa di legno è essenziale stabilire con chiarezza la differenza che intercorre tra un amministratore di fatto e il prestanome di una società. Per un osservatore esterno non sussiste alcuna diversità, ma in realtà le due figure ricoprono all’interno dell’azienda due ruoli che sono agli antipodi.
- L’amministratore di fatto è colui che si occupa di tutte le attività di gestione della società. Svolge quelle funzioni che derivano dalla qualifica di amministratore di diritto. Queste operazioni sono esercitate dal soggetto nonostante non sia stato investito formalmente con la carica di amministratore societario. il L’amministratore di fatto è, solitamente, il vero proprietario dell’impresa;
- Il prestanome è invece la figura diametralmente opposta. È un soggetto che ufficialmente è stato investito della carica di amministratore della società, ma di fatto non svolge alcun tipo di attività gestionale. Quello che conta è solo il suo nome e non partecipa in alcun modo alla vita aziendale, né divide gli utili a fine anno. Percepisce un compenso dalla reale proprietà dell’azienda per la sua attività di prestanome, stipendio che è, solitamente, commisurato ai rischi che corre.
Prestanome: quali responsabilità?
Chissà quante volte sul giornale o durante i notiziari in Tv è capitato di sentire notizie di società di comodo intestate ad una testa di legno. Il nome fa certo sorridere; purtroppo dietro a tanta simpatia si cela un vero e proprio meccanismo truffaldino che sempre più spesso viene messo in atto da amministratori e imprenditori senza scrupoli.
A dire il vero il prestanome non è necessariamente una figura illegale. La legge offre la possibilità di usufruire dei suoi servizi, ovviamente però, rispettando le modalità e le norme che disciplinano il rapporto tra colui che concede la propria identità e il titolare di diritto. L’uso di un soggetto che concede l’uso della propria identità, è consentito solo per scopi non illeciti o elusivi. Ad esempio, una persona che non vuole apparire in pubblico come possessore di immobili, può decidere di scegliere un soggetto con cui firmare un particolare contratto. In questi casi si parla di simulazione che è pratica consentita dalla legge.
In altri casi in cui la scelta di un prestanome ha chiare finalità illecite, cosa rischia effettivamente la testa di legno?
La Suprema Corte ha sentenziato che un soggetto che accetta la carica di rappresentante legale, si deve assumere anche le eventuali responsabilità penali, amministrative e fiscali. Quindi, in linea di massima, un prestanome può subire tutte le sanzioni previste dalla legge allo stesso livello di un amministratore di fatto. Nella realtà le cose non vanno sempre così e vediamo il perché.
La Cassazione, a tale riguardo, si è pronunciata già diverse volte. Si è stabilito che un prestanome, non svolgendo nessuna attività di gestione e non potendo presentare una dichiarazione dei redditi (non dispone della documentazione contabile), non può essere ritenuto responsabile e condannato per evasione fiscale. Nella sostanza una testa di legno, pur essendo il formale legale rappresentante, non avendo la facoltà di compiere il reato tributario e risultando completamente estraneo alle attività di gestione della società, non può essere ritenuto responsabile.
La stessa Cassazione, in altre occasioni, si è espressa sulla questione in altro modo. Il prestanome e l’amministratore di fatto sono stati ritenuti entrambi direttamente responsabili e messi esattamente sullo stesso piano. Questo per evitare che le responsabilità possano ricadere solo sul soggetto di comodo a cui verrebbero sottoscritte tutte le omissioni sia di carattere civile che penale, lasciando esente da ogni responsabilità l’amministratore di fatto, cioè colui che effettivamente presenterà o ometterà di presentare la dichiarazione dei redditi della società.
Alla fine, quello che conta è l’effettiva origine delle scelte aziendali. Siccome nella maggior parte dei casi un prestanome è completamente all’oscuro di qualsiasi decisione che riguardi la società, non può essere ritenuto responsabile di azioni che non ha compiuto né tanto meno organizzato.
La morale è che l’autore principale del reato rimane l’amministratore di fatto.
Alla giustizia non resta che stabilire se anche il prestanome ha delle responsabilità. Il maggior rischio che corre una testa di legno è quello di essere ritenuta complice perché ha assunto consapevolmente la carica di rappresentante legale, diventando un parafulmine per le azioni illecite compiute dell’amministratore di fatto.
Prestanome: responsabile solo se ci sono le prove della sua ingerenza
Il prestanome non risponde delle trasgressioni in materia di omessa dichiarazione fiscale se non viene dimostrata la sua ingerenza nella gestione della società. Questo è quello che ha stabilito, non molto tempo, fa un giudice del Tribunale di Firenze, affrontando il caso di un legale rappresentante di una società accusato di omessa dichiarazione fiscale.
Al soggetto di comodo, per accertare la sua innocenza, non rimane altro da fare che dimostrare la propria mancanza di potere decisionale. Tuttavia, per poterlo fare deve esibire prove documentali e testimoniali. Se tale soggetto non riesce a fornire prove chiare ed esplicite di una sua non ingerenza nelle decisioni societarie, risponde penalmente per i reati commessi.
Truffa ai consumatori
Una truffa messa in atto con il meccanismo delle teste di legno è quella ai danni dei consumatori. È un tipo di raggiro che ha avuto un notevole incremento grazie al grande sviluppo dell’e-commerce. Solitamente viene organizzata da società di vendita online che hanno una buona storia commerciale alle spalle e godono di una certa fiducia da parte del pubblico. La truffa riguarda la fase di cessazione dell’attività sfruttando un meccanismo tanto semplice quanto efficace.
Prendiamo l’esempio di una realtà che commercializza hardware o software su importanti piattaforme come Amazon o Ebay. Sono attività che esistono magari da svariati anni e che nel corso del tempo hanno acquisito grande fiducia da parte della clientela, grazie a numerosi feedback positivi e recensioni entusiastiche. Arrivati ad un certo punto i titolari possono decidere di cessare l’attività. È in questa fase che inizia la truffa.
L’amministratore intesta la società ad un prestanome nullatenente; prima di farlo cerca di acquisire un grande numero di ordini con politiche commerciali aggressive, prezzi super scontati e offerte imperdibili, sapendo che tutti gli ordinativi non verranno mai evasi.
Gli ignari clienti che hanno regolarmente pagato la merce, o almeno un acconto al momento dell’ordine, non riceveranno mai il prodotto ordinato. Dopo qualche tempo non avendo più nemmeno alcun riscontro da parte del venditore, capiranno di essere stati coinvolti in una truffa. In questi casi sarà necessario sporgere regolare denuncia penale nei confronti della società e di chi la rappresenta. È importante avere cura di allegare alla denuncia anche una visura camerale della società coinvolta e, se possibile, indicare alle forze dell’ordine, il nominativo degli amministratori di fatto.
Reati fiscali
Intestare una società ad un prestanome permette di mettersi al riparo da eventuali denunce penali. Quale miglior soluzione per tutti gli imprenditori disonesti che intendono evadere le tasse senza rischiare di essere condannati con sanzioni che spesso prevedono la detenzione in carcere.
Molti reati ai danni dell’Erario, soprattutto quando si parla di grande evasione, prevedono, non solo grosse sanzioni amministrative, ma pene detentive importanti. Per fare un esempio, una delle imposte maggiormente evase dalle imprese è l’IVA. Per cifre superiori a 30.000 euro scatta la possibilità di reclusione da un minimo di 1 anno e sei mesi fino a 6 anni nei casi più gravi.
Stesso discorso vale per il mancato versamento delle imposte sui lavoratori dipendenti, i contributi previdenziali e l’evasione di Irap e Irpef. In questi casi, quando l’Agenzia delle Entrate attesta le irregolarità, per prima cosa viene chiamato a risponderne l’amministratore di diritto, ovvero, il prestanome.
Il medesimo meccanismo fraudolento viene spesso applicato per evasioni di minor entità come il bollo auto, i pedaggi autostradali, le multe per violazioni del codice delle strada e le spese per la fornitura di energia elettrica e gas.
Uno dei metodi preferiti per evadere le tasse è utilizzare conti correnti privati per operazioni svolte da una società. Il meccanismo è semplicissimo e consiste nell’impiegare un conto intestato ad un prestanome (in molti casi può essere un amico o un parente) per versare parte dei ricavi in modo da evitare la fatturazione e ridurre notevolmente il carico fiscale in capo alla società. I soggetti a cui è intestato il conto, ovviamente, non dichiareranno nulla all’Erario non avendone alcun titolo per farlo.
Altra frode fiscale che negli ultimi anni ha avuto un grande incremento, è l’utilizzo di carte elettroniche. Il suo successo è dovuto alla scarsa tracciabilità e al fatto che le carte possono tranquillamente essere intestate a prestanome di comodo totalmente ignoti al Fisco.
Imprenditore occulto e fallimento societario
Una tipica situazione che coinvolge un prestanome è il caso dell’imprenditore occulto. È interessante valutare la situazione nel caso in cui la società venga dichiarata fallita. L’imprenditore occulto è colui che investe, prende le decisioni e incassa gli utili, mentre il prestanome è un soggetto nullatenente che esegue gli ordini altrui e riceve un compenso.
Finché tutto fila liscio non ci saranno grossi problemi ma in caso di fallimento societario le cose si fanno serie. Gli eventuali creditori cercheranno di recuperare ciò che ancora spetta loro, rifacendosi nei confronti del prestanome (nullatenente) e credendolo il vero proprietario.
La corte di Cassazione ha stabilito che l’imprenditore occulto non risponde dei debiti che si sono creati durante l’amministrazione dell’imprenditore apparente.
Questa decisione è stata presa sostenendo la tesi di molti giuristi che si sono avvalsi di un motivo giuridico stabilito dall’art. 1707 del Codice Civile. Tale articolo stabilisce che un creditore del mandatario non si può soddisfare sul mandante, nemmeno se era a conoscenza della sua esistenza. È esattamente il caso dell’imprenditore occulto del quale il creditore del prestanome ne ignora completamente l’esistenza.
Chi si offre per fare da prestanome
Come abbiamo visto, quando si parla di prestanome il limite tra legalità e criminalità è molto sottile. Ci muoviamo in una zona grigia dove ormai si possono trovare persone di qualsiasi genere e categoria. È logico subito pensare a furfanti e delinquenti che vendono la propria identità in cambio di un facile guadagno.
In passato era senza dubbio così, e il prestanome proveniva quasi sempre da ambienti malavitosi. Oggi non esiste più l’identikit del tipico soggetto che vende la propria identità. La recente crisi economica non ha fatto altro che amplificare questo fenomeno a cui si sono avvicinate categorie d persone in apparenza insospettabili; è facile trovare invischiati in avvenimenti di questo genere ex studenti ancora disoccupati, piccoli imprenditori che la crisi ha messo con le spalle al muro o una serie di persone in grave difficoltà economica disposte a fare qualsiasi cosa pur di risollevarsi.
Anche internet ha contribuito a far espandere il fenomeno. Girovagando in siti come Subito.it o Bakeca.it, è facile trovare, tra l’annuncio di vendita di un aspirapolvere o di una bicicletta, inserzioni di persone che offrono in maniera più o meno esplicita la propria identità per coperture ai limiti della legalità.
Purtroppo, queste situazioni già di per se disperate, molto spesso degenerano, lasciando questi soggetti pieni di debiti e minacciati da criminali senza scrupoli. Quello che era partito come un modo per racimolare qualche soldo sfocia spesso in una vera e propria tragedia.
Conclusioni
Dopo questa lunga disamina, quello che appare chiaro è, come la figura del prestanome abbia, nella maggior parte dei casi, una connotazione molto negativa. È altrettanto chiaro come a livello giuridico la legge non sia cristallina nel giudicare le responsabilità di una testa di legno.
Spesso la linea che separa l’essere responsabili o meno di una determinata azione è assai sottile e la stessa figura potrà apparire colpevole, così come completamente scagionata anche per situazioni analoghe a seconda del criterio decisionale del giudice che emetterà la sentenza.
Quello che deve essere CHIARO è che vendere la propria identità comporta dei rischi, a volte anche molto alti. Non parlo solo di condanne civili o penali, ma anche della possibilità di finire in situazioni pericolose o essere risucchiati in vortici da cui è difficile trovare una via d’uscita.
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Sara
Maggio 12, 2020 @ 00:53
A seguito di denunce da ex dipendi ora il mio capo vuole che io mi dimetta dalla sua srl per farmi riassumere da un’altra srl ma assunta da una testa di legno nulla tenente. Il mio ruolo non cambierebbe, nemmeno il luogo di lavoro, cambierà solo il tipo di società più consona al tipo di mansioni che svolgo. Tuttavia, nonostante la figura di questo cosiddetto “rappresentante legale”, io immagino lui sia ugualmente amministratore…c’è un modo per verificarlo?
Grazie in anticipo
Omar Cecchelani
Maggio 14, 2020 @ 09:50
Si basta andare in Camera di Commercio e farsi fare una visura camerale della ditta nuova
ugo
Luglio 31, 2019 @ 18:55
molto chiaro ed esaustivo ma la domanda è: prendiamo una srls pertanto socio unico facente funzioni anche di amministratore, poi questi chiama una persona e lo fa diventare amministratore , perché questo? perché lui ha fatto un illecito pertanto per salvare la srls nomina un nuovo amministratore, il quale amministra regolarmente pagando tutte le bollette ecc. ma prima ancora che che arrivino le scadenze della dichiarazione dei redditi e pertanto commettere un primo illecito scoppia la bolla, ossia il socio unico ed ex amministratore è lui che ha dei problemi e di conseguenza viene attaccata anche la srls, ma, la domanda è questa il “nuovo amministratore” in tutto questo non avendo commesso nessun reato cosa gli si può incolpare?
Marie
Aprile 11, 2019 @ 08:29
Mi hanno chiesto di fare da prestanome per un debito di 10.000€. In caso di insolvenza da parte di chi me l’ha chiesto, io cosa rischio?
Omar Cecchelani
Aprile 11, 2019 @ 09:30
Semplice, che vengano da lei a chiedere i soldi che il reale debitore non ha pagato
Stefano
Agosto 2, 2019 @ 16:22
che ti resti il debito da pagare!!!
Liliana
Gennaio 3, 2019 @ 17:20
Ho bisogno urgentissimo di trovare un prestanome per un prestito di 50.000 in 120 mesi