Come pagare meno INPS o sospenderne il pagamento
Quando si prende la decisione di aprire un’attività autonoma, oltre a preoccuparsi di come impostare il lavoro, dove svolgerlo, di quali mezzi di produzione saranno necessari, di quanti collaboratori sarebbe utile coinvolgere e altre questioni tecniche, sarebbe utile preoccuparsi dell’aspetto fiscale di quella che sarà la tua nuova impresa.
Tra i vari parametri che caratterizzano il carico fiscale di un imprenditore, meritano una citazione particolare i contributi previdenziali che sono dovuti, normalmente, all’Inps. Impostando correttamente, dal punto di vista fiscale, la tua attività potrai risparmiare, e non poco, anche sui contributi previdenziali.
La prima cosa da tenere in considerazione è che, quando si apre una partita IVA, è obbligatorio iscriversi all’Inps come artigiano o commerciante oppure come libero professionista nella gestione separata (lavoratori autonomi senza cassa).
Considerando artigiani e commercianti come una unica categoria, avendo la stessa gestione con aliquote differenti, è bene concentrarci sulle differenze tra la gestione separata e l’iscrizione come impresa commerciale che sono molte e sostanziali e che, se sfruttate nel modo giusto, possono portare a risparmi di migliaia di euro.
Con l’iscrizione all’Inps come impresa commerciale o artigiana sarai obbligato a corrispondere, per i contributi previdenziali, almeno 3.620,00 euro come percipiente di reddito minimale annuo che l’Inps calcola in 15.548 euro per il 2016 a cui viene applicata l’aliquota del 23,19%.
Questo significa che pagherai la stessa cifra, in termini di contributi previdenziali, anche con un reddito annuo inferiore 15.548 euro. Si hai capito bene, se anche a fine anno dichiarerai 7.500 euro, o ancor peggio dovessi chiudere in perdita, saresti costretto a pagare 3.600 euro per i contributi Inps!
Una follia per redditi così bassi, derivante dal fatto che l’iscrizione alla sezione artigiani e commercianti comporta un fisso annuale calcolato sul reddito minimale stabilito ogni anno dall’Inps stesso.
Iscrivendoti invece all’Inps, come libero professionista, lavoratore autonomo nella gestione separata, non esiste alcun contributo fisso da pagare; i contributi saranno infatti calcolati in percentuale sulla base dei tuoi guadagni.
Ogni anno l’Inps, come per artigiani e commercianti, stabilisce l’aliquota per la gestione separata, che per il 2016 è del 27,72% per i lavoratori con partita IVA iscritti. Purtroppo però, per il prossimo anno (2017), scatterà un aumento di 2 punti percentuali che porterà l’aliquota al 29,72% e per il 2018 un ulteriore aumento farà ancora salire l’aliquota al 33,72% ovvero equiparata a quello dei collaboratori senza partita IVA.
Pagano un’aliquota inferiore i titolari di partita IVA iscritti alla gestione separata che sono anche titolari di pensione, o i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie, che vedranno ridotto il contributo al 24%.
Se lo stesso soggetto iscritto alla gestione artigiani o commercianti con un reddito di 7.500 € annui, fosse iscritto come libero professionista alla gestione separata dovrebbe pagare il 27,72% del reddito dichiarato a titolo di contributi previdenziali ovvero € 2.079 nel 2016, € 2.279 nel 2017 ed € 2.529 dal 2018, anziché il minimale stabilito dall’Inps di 3.600 euro.
Confrontando quindi i due esempi (quello relativo all’iscrizione come artigiano o commerciante e quello relativo alla gestione separata), salta subito all’occhio come per i redditi modesti sia molto più conveniente la seconda opzione rispetto alla prima, anche tenendo conto degli aumenti delle aliquote previsti per i prossimi anni.
In linea di massima, se la previsione di guadagno è inferiore ai 10.000 euro l’anno, tra le due opzioni è conveniente l’iscrizione alla gestione separata come libero professionista, piuttosto che come impresa commerciale.
Tutto così semplice? Niente affatto, perchè non tutti possono iscriversi all’Inps come liberi professionisti, infatti, questa opzione è condizionata dal tipo di attività che si vuole svolgere. Chi è titolare di un negozio che vende articoli al dettaglio, ad esempio, non può sfruttare questa opzione. In questo caso è ovvia l’iscrizione come impresa commerciale.
Secondo il codice civile, infatti, l’attività di impresa (ditta individuale o società), consiste nell’esercizio professionale di un’attività economica organizzata al fine di produrre e vendere beni o servizi. Le operazioni devono essere esercitate da un soggetto, il titolare, che può avvalersi dell’ausilio di collaboratori o dipendenti. Infine, tutte le operazioni dell’impresa stessa devono essere svolte abitualmente o periodicamente e non occasionalmente o saltuariamente.
Il lavoratore autonomo, invece, è colui che esercita un’attività che ha come caratteristica principale la prevalenza del suo lavoro rispetto all’organizzazione e al capitale investito come nelle imprese. I professionisti, oltre ad aprire la partita IVA, sono tenuti ad iscriversi all’albo di appartenenza (avvocati, commercialisti, medici, geometri, notai, psicologi, ingegneri, architetti, ecc.) e, da un punto di vista previdenziale, alla propria Cassa di appartenenza (Cassa forense, Epap, Cassa nazionale del notariato, Inarcassa, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti, ecc.). I liberi professionisti “senza ordine” devono aprire semplicemente partita Iva ed iscriversi alla gestione separata dell’Inps.
Da un punto di vista fiscale, la differenza fondamentale sta nel fatto che la contabilità dei professionisti segue il principio di cassa: la tassazione dei compensi e la deduzione dei costi vengono calcolate su quanto è stato effettivamente incassato o pagato.
La contabilità delle imprese segue il principio di competenza: nel bilancio finale, costi e ricavi vengono considerati a prescindere dall’effettivo incasso o pagamento, ma in relazione alla data di emissione o ricezione della fattura relativa al servizio.
Nel caso in cui ci si trovi nella posizione di poter scegliere tra l’impresa commerciale e l’essere un libero professionista, da un punto di vista previdenziale, è bene tenere in considerazione l’aspetto appena descritto che può consentire di risparmiare parecchi euro in termini di contributi.
Una situazione che può consentire di risparmiare il 100% dei contributi previdenziali, si verifica quando decide di aprire un’attività commerciale, chi è già un lavoratore dipendente a tempo indeterminato e full time.
In questo caso, sarà il datore di lavoro a pagare i contributi previdenziali e non sarà necessaria l’iscrizione alla sezione artigiani o commercianti dell’Inps. Pertanto, il lavoratore dipendente full time (almeno 26 ore settimanali) che avvia un’attività di impresa commerciale, e, se l’attività di impresa non diventerà prevalente rispetto al lavoro dipendente in termini di guadagni, sarà esentato dal pagamento dei contributi previdenziali come artigiano o commerciante.
Sembrerebbe un paradosso poter fare attività di impresa e nello stesso tempo essere lavoratore dipendente full-time, ma esistono molte persone esercitano abitualmente attività extra-lavorative, come:
- attività di e-commerce;
- sviluppatori di app o gestione portali e siti web;
- consulenza in genere;
- informatica;
- riparazione e installazione pc;
- gestione di blog o attività di SEO;
- manutenzioni;
organizzate come impresa per arrotondare corposamente il loro stipendio senza l’intralcio della doppia contribuzione previdenziale.
Attenzione però, questa opzione è valida soltanto per chi, essendo lavoratore dipendente a tempo indeterminato e full time, decide di iniziare una nuova attività di impresa, non vale per i liberi professionisti.
Il lavoratore dipendente che decide di avviare una nuova attività come libero professionista dovrà necessariamente iscriversi alla gestione separata dell’Inps e versare un contributo ridotto al 24% sui redditi dichiarati dalla nuova attività, oltre ai contributi che il suo datore di lavoro già paga per l’attività di lavoratore dipendente.
Un’altra opzione che può consentire all’imprenditore un sostanziale risparmio in termini di contributi previdenziali, è l’adesione al Regime Forfettario che, fino al 2015 prevedeva l’esonero del pagamento dei contributi sul reddito minimale da parte dei soggetti iscritti alla gestione artigiani e commercianti, ma che dal 2016, ha sostanzialmente variato il bonus. Da quest’anno infatti, è prevista una riduzione del 35% sulla contribuzione dovuta a fini previdenziali, quindi, sia sul minimale che per i redditi eccedenti il minimale.
Sospensione del pagamento dei contributi previdenziali
In un periodo di crisi come quello attuale, spesso, pagare i contributi per gli imprenditori iscritti alla gestione Inps Artigiani e Commercianti, quel fisso di circa 3.620,00 euro suddiviso in 4 rate, può diventare un salasso enorme che non tutti riescono ad onorare.
Sono costrette al pagamento del minimale all’Inps le aziende con redditi inferiori ai 10.000 euro l’anno, ma anche aziende in perdita per le quali è ancora più complicato reperire quelle somme, specie se le perdite dovessero ripetersi per più anni consecutivamente.
Se la perdita dovesse protrarsi per troppi anni consecutivamente, come unica soluzione ci sarebbe ovviamente la cessazione definitiva dell’attività con annessa chiusura della posizione Inps e conseguente soppressione anche della partita IVA.
Quando però, la sofferenza economica è soltanto temporanea, per non versare i contributi Inps, esiste l’opzione della sospensione dell’attività per una durata massima di 6 mesi che deve essere comunicata attraverso la “Comunicazione Unica” ed interrompe automaticamente l’obbligo del versamento dei contributi alla gestione artigiani o commercianti.
E’ utile sottolineare che, per essere esentati dal pagamento dei contributi artigiani e commercianti per il periodo richiesto, la sospensione delle attività di impresa dev’essere totale, sia da un punto di vista lavorativo che amministrativo. E’ altresì possibile interrompere la contribuzione all’Inps in caso di congedo parentale, attività stagionale o servizio militare.
Pertanto la sospensione è prevista ad ogni ipotesi, purché manchi l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa, unico presupposto legislativo che comporta l’obbligo contributivo.
Sospensione pagamento dei contributi per i liberi professionisti
Per i professionisti iscritti alla gestione separata dell’Inps, il problema non sussiste, infatti i contributi saranno dovuti soltanto sui guadagni a consuntivo. Se il professionista non fattura, nulla è dovuto all’Inps.
Per i professionisti iscritti ad altre casse specifiche (notai, commercialisti, ingegneri, ecc.) bisogna analizzare la normativa interna, nel senso che alcune di esse prevedono un contributo minimo a prescindere da quello che si fattura e altre no.
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...
Varolo Gabriele
Maggio 14, 2021 @ 16:01
Buongiorno.ho 66 anni sono autonomo e pensionato .
Continuando a lavorare devo versare comunque INPS considerato che in 5 anni ho versato 18.000,00 euro e l’adeguamento è stato di circa 50,00 euro mensili.
Per non pagare più INPS,devo x forza smettere l’attivita (Agente di commercio)
Grazie
ALESSIO
Novembre 18, 2020 @ 17:21
salve soono un manutentore occasionale vorrei aprire p.iva ma senza i contributi previdenziali cosi alti, cos suggerite iscrizione cassa gestione separata?
Omar Cecchelani
Novembre 24, 2020 @ 09:17
Così su due piedi la forfettaria con riduzione dei contributi al 35%
Massimo
Ottobre 12, 2020 @ 16:41
Buongiorno e complimenti per l’articolo.
Gradirei avere una opinione sul mio caso:
dopo 29 anni di lavoratore dipendente, sono attualmente in regime di Naspi.
Come Architetto iscritto all’albo, il prossimo mese aprirò una partita iva in regime forfettario e mi chiedo a chi dovrò pagare i contributi previdenziali. Inps? Inarcassa?
La ringrazio find’ora per la sua cortese risposta!
Massimo
Giuseppe
Maggio 4, 2020 @ 19:35
Buonasera
ho la partita IVA come lavoratore autonomo ed iscrizione a gestione separata.
Quest’anno sono stato assunto da una ditta e probabilmente nel corso dell’anno avrò emesso una sola fattura.
Posso evitare di versare gli acconti INPS sul calcolo del precedente anno versando esclusivamente la percentuale sull’unica fattura emessa? Grazie
Omar Cecchelani
Luglio 27, 2020 @ 09:35
Potrebbe parlarne con il suo commercialista e sfruttare il calcolo dell’acconto col metodo previsionale anziché analitico…
Domenico
Ottobre 22, 2018 @ 04:45
Grazie molto utile
Lella
Luglio 22, 2018 @ 09:29
Buongiorno, vorrei sapere se posso interrompere il versamento dei contributi volontari Inps a causa di difficoltà economiche sopraggiunte. Grazie
Salvatore
Febbraio 26, 2018 @ 15:56
Salve,ho letto attentamente il suo articolo,il quale prevede l’esonero momentaneo per l’attività stagionali nella quale rientra anche la mia(stabilimento balneare).In merito,malgrado la mia temporanea sospensione dell’attività durante il periodo invernale, l’inps non è accetta la sospensione contributiva,salvo essere assunti presso terzi.Potrebbe gentilmente chiarire? La ringrazio per l’attenzione ed il contributo esaustivo che vorrà apportare.
Salvatore.
teache84
Febbraio 17, 2018 @ 19:50
Salve,
Mia moglie ha un attività commerciale ( ditta individuale in regime dei minimi )mentre io sono un impiegato statale.
Mia moglie è soggetta al pagamento dei contributi INPS e per evitare il pagamento di quest’ultimi stavamo pensando di cambiare da ditta individuale in società senza rischiare la il nostro patrimonio (casa auto ecc.).
Sì può fare qualcosa in modo da pagare le tasse solo su quello che si guadagna realmente ?
Grazie
Ric
Gennaio 3, 2018 @ 15:55
Buonasera,
avrei una domanda che non sono riuscito a soddisfare.
Ho una P.IVA, da quasi due anni, come produzione software non connesso all’edizione (come attività principale) e recupero dati (come attività secondaria).
Sono in regime dei minimi (forfettario) ed inscritto come artigiano, pagando i famosi 3600€ l’anno. Ho anche la tassazione agevolata per i primi tre anni (o almeno mi sembra di ricordare che i primi 3 sia il 5% e poi passi al 15%).
Incassando (ancora) una miseria, l’INPS mi sta letteralmente strozzando… posso passare, ora, alla gestione separata?
Grazie!
Omar Cecchelani
Gennaio 6, 2018 @ 19:37
Con il suo tipo di attività prevalentemente di tipo intellettuale potrebbe lavorare come professionista e iscriversi alla gestione separata risparmiandosi i contributi sul reddito minimale dell’ INPS…
Ne parli con il suo commercialista perchè ci sono parecchi imprenditori nella sua condizione che si registrano come liberi professionisti anzichè come artigiani e/o commercianti…
Giuseppe
Settembre 20, 2017 @ 14:52
Buonasera,
svolgo attività prevalente come consulente finanziario e in modo complementare e alternativo anche l’attività di geometra, quindi mi ritrovo iscritto alla gestione obbligatoria Inps dei commercianti; in più pago i contributi integrativi (ma obbligatori) all’Enasarco, e anche la CIPAG.
ho chiesto se potevo pagare una sola contribuzione ma entrambi gli enti hanno risposto di no.
Oggi (2017) I versamenti minimi per l’INPS sono 3.682,99€ e quasi 5.000€ per la CIPAG, in pratica se lavoro o no, spendo 723€ al mese.
C’è un modo per evitare questo esborso enorme, continuando a svolgere entrambe le professioni?
Omar Cecchelani
Settembre 21, 2017 @ 19:32
Se lei svolgesse entrambe le attività sotto forma di impresa potrebbe risolvere il problema della doppia contribuzione
Marco
Luglio 21, 2017 @ 21:36
Salve, articolo interessante.
Manca credo una nota fondamentale, come ci si comporta con l’anticipo, del 100% per i contributi e dell’80% per le
tasse?
Sono un libero professionista senza cassa in regime dei minimi (non forfettario). Quest’anno sto pagando circa 7000€ tra inps e tasse, su 11.5k di guadagno.
Omar Cecchelani
Luglio 19, 2019 @ 19:27
Buongiorno, il problema degli acconti è, a mio avviso, una delle piaghe maggiori del nostro sistema fiscale e trovo abbastanza paradossale che nessuno ne parli… In effetti, se la vediamo dal punto di vista dei flussi di cassa, escludendo per un attimo la competenza annuale, spesso ci si ritrova a guadagnare 100 e pagarne 85-90 tra imposte, contributi, addizionali, saldi e acconti… Per molti un vero salasso contro il quale si può solo cercare di calcolare nel modo più conveniente possibile l’importo degli acconti da versare… A tal proposito le consiglio di leggere questo articolo:
Come risparmiare sugli acconti fiscali (IRPEF, IVA, IRAP ed IRES)
Sperando che possa esserle di aiuto…
Chiara
Aprile 2, 2017 @ 19:33
Buonasera, innazitutto complimenti per l’articolo, l’ho trovato molto interessante e ben fatto.
Avrei però un paio di domande per chiarirmi dei dubbi:
1) per prima cosa non ho capito se svolgendo un’attività, come ad esempio venditore di panini ambulante, posso scegliere di registrarmi come libero professionista e quindi pagare i contributi previdenziali solo su ciò che fatturo oppure se devo per forza registrarmi come artigiano o commerciante e perciò pagare i 3600 euro fissi;
2) la seconda domanda è conseguenza della prima, dato che presumo che la risposta sia l’impossibilità, per un’attività del genere, di registrarsi come libero professionista e, conseguentemente, la necessità di farlo come artigiano o commerciante e quindi pagare i suddetti 3600 euro fissi di contributi previdenziali, ed è la seguente: è mai possibile che se volessi svolgere un’attività del genere (venditore di panini ambulante) debba per forza pagare così tanti contributi?
Se così fosse si costringerebbe chi ha un intento simile a lavorare giorno e notte cercando di massimizzare i profitti, per giungere ad una cifra che gli permetta di pagare i 3600 euro annui di contributi previdenziali, col rischio addirittura di pagare più di quanto guadagna (nel qual caso vendesse pochi panini).
Perciò Le chiedo, gentilmente, per capire (e con questo non ho davvero altre domande), non vi è una possibilità che preveda di svolgere in maniera meno “fissa” quest’attività?
Ad esempio se volessi vendere panini solo nel fine settimana, per arrotondare, è mai possibile che debba comunque essere soggetta al versamento dei 3600 euro di contributi previdenziali e che non vi sia un’alternativa?
Oppure mi chiedo, non esiste un’alternativa per quei lavoratori che purtroppo vendono prodotti dal carattere squisitamente stagionale?
Mi sembra assurdo che se volessi vendere il coccobello sulla spiaggia per 3 mesi all’anno io debba pagare la bellezza di 3600 di contributi annui, quando in realtà ho lavorato per 3 mesi!
Ecco questo mi piacerebbe chiarlo e spero che una persona competente come lei sappia darmi delle risposte, cordialmente le auguro buona serata e la ringrazio.
Omar Cecchelani
Aprile 4, 2017 @ 07:45
Le rispondo molto velocemente, dicendole che è tutto vero quello che scrive ed è molto complesso e circostanziato l’argomento… Ha provato a chiedere al suo commercialista se possa avvalersi del regime forfettario? Provi a dare un occhiata qui: https://www.pagaremenotasse.com/requisiti-nuovo-regime-forfettario/
E, inoltre, la rimando a questa circolare dell’INPS che parla di casi simili al suo:
https://www.inps.it/circolari/Circolare%20numero%20147%20del%202-11-2004.htm
Cristian
Settembre 2, 2017 @ 16:54
Salve, ho letto il link sul nuovo regime forfettario,
tutto chiaro tranne……
ad oggi 2017 posso effettuare una sospensione P.IVA ?
ho una ditta individuale e svolgo lavoro di commercio ambulante su aree pubbliche.
Il mio commercialista è riuscito nel 2014 ad effettuare una sospensione di 3 mesi, ma ad oggi mi comunica che non è più possibile.
Potrebbe aiutarmi a comprendere meglio?
Grazie mille per l’impegno nella divulgazione di preziose informazioni !
Cristian
Omar Cecchelani
Settembre 4, 2017 @ 19:21
Salve Cristian, tecnicamente, a detta dell’INPS non sarebbe possibile sospendere la partita IVA e, conseguentemente non pagare i contributi previdenziali per un certo periodo… ma… una sentenza della Cassazione del Tribunale di Firenze – Sentenza del 31.03.2011, dando ragione ad un contribuente, ha stabilito che:
“Nei casi di sospensione volontaria dell’esercizio dell’attività d’impresa, risulta idonea a far venir mene il presupposto dell’obbligo contributivo di cui all’art. 1 L. 233/1990, solamente la sospensione della totalità dell’attività aziendale, ovvero tanto dell’attività di carattere esecutivo quanto di quella amministrativa, di organizzazione e direzione della Società.
Di conseguenza, dal momento della dichiarazione di sospensione dell’attività aziendale e per tutto il periodo di durata della stessa, l’INPS non può pretendere il pagamento del predetto obbligo, a meno che esso non abbia provato, nel giudizio di accertamento sulla fondatezza della pretesa retributiva, la sussistenza in concreto dei presupposti per l’insorgenza del credito, ossia lo svolgimento da parte dell’assicurato di un’attività lavorativa necessaria alla conduzione della Società.
nfatti, le tre ipotesi di sospensione dell’obbligazione contributiva previste nella Circolare INPS n. 147 del 2 Novembre 2004 (servizio militare, congedo parentale e attività stagionali), si ritiene che non possano considerarsi tassative, in virtù della circostanza per cui manca un’apposita previsione normativa che le configuri quale numerus clausus.
Pertanto nei casi di sospensione volontaria dell’esercizio dell’attività d’impresa, per motivi diversi da quelli previsti nella circolare n. 147/2004, occorrerà stabilire, in via interpretativa, se per la durata di detta sospensione, si possa ritenere che sia venuto meno il presupposto dell’insorgenza dell’obbligazione contributiva in capo all’assicurato. “