Le plusvalenze nel calcio: cosa sono, come si calcolano e reati annessi
Il calcio è lo sport più seguito al mondo ma, mentre un tempo faceva notizia solo per le gesta tecniche dei suoi protagonisti, oggi salta agli onori delle cronache, spesso più per questioni economico/finanziarie che per i goal e le vittorie sul campo. Puntualmente, all’inizio di ogni finestra di mercato, su siti specializzati e trasmissioni TV non si fa che parlare di plusvalenze, minusvalenze, bilanci e fair play finanziario. Argomenti che sono ancor più rilevanti da quando la pandemia ha causato, prima la sospensione del campionato e poi la ripresa con stadi chiusi al pubblico. Una situazione che ha assestato un duro colpo ai bilanci dei club, peraltro già compromessi da gestioni, per così dire, poco oculate.
Il calcio moderno è ormai solo un vecchio e sbiadito ricordo di quella versione romantica fatta di calciatori che trascorrevano la carriera indossando una sola casacca e presidenti che stipulavano rinnovi di contratto con una stretta di mano. Oggi, le una porta di calcio principali società sono quotate in borsa, altre vengono gestite da fondi di investimento speculativi e altre ancora sono state acquistate da oligarchi russi, sceicchi e facoltosi imprenditori asiatici. Nel corso degli anni gli stipendi dei giocatori hanno subito crescite esponenziali raggiungendo cifre stratosferiche, così come le assurde commissioni richieste dai procuratori. Il tutto senza badare alla crisi economica e altre situazioni contingenti, come se il calcio vivesse in un’altra dimensione.
Cerchiamo però di capire il funzionamento del contorto meccanismo delle plusvalenze nel calcio e come vengono utilizzati i guadagni (spesso fittizi) per far quadrare i bilanci sempre più in rosso a causa del costante aumento delle spese a fronte di ricavi inadeguati.
Indice:
- Cos’è la plusvalenza
- Come calcolare l’ammortamento del cartellino di un giocatore
- Le plusvalenze fittizie nel calcio
- Difficoltà nell’accertamento delle plusvalenze fittizie
- Le plusvalenze fittizie contestate alla Juventus
- L’emblematico scambio Pjanic – Arthur
- Cosa rischiano le società eventualmente condannate?
- Il fair play finanziario esiste ancora?
- Il sistema calcio è ancora sostenibile?
Cos’è la plusvalenza
In economia, con il termine plusvalenza si indica l’utile derivante da una vendita di un prodotto finanziario o di un immobile, ovvero la differenza positiva tra prezzo di acquisto e quello di vendita.
Facciamo un semplice esempio: supponiamo di avere in portafoglio 1.000 azioni con prezzo di carico pari a 10 euro e di averle vendute a 15 euro. In questo caso abbiamo ottenuto una plusvalenza di 5.000 euro (15.000-10.000). Al contrario se dalla vendita viene generata una perdita, questa prende il nome di minusvalenza.
Pertanto la plusvalenza è un elemento estremamente positivo poiché rappresenta la conseguenza di un’operazione finanziaria portata a termine con profitto.
Nel calcio, una plusvalenza si manifesta nel momento in cui la società cede un suo calciatore ad un prezzo superiore a quello risultante a bilancio. Di conseguenza costituisce una delle principali fonti di entrate insieme ai diritti televisivi, contratti pubblicitari, vendita biglietti e merchandising. Gli atleti tesserati dalla società rappresentato assets alquanto preziosi da valorizzare al massimo. Un calciatore viene acquistato ad una determinata cifra stabilita in fase di trattativa e, successivamente, il suo cartellino può aumentare di valore a seguito delle sue ottime prestazioni. Tuttavia, potrebbe anche capitare il contrario a causa, ad esempio, di frequenti infortuni o aspettative non mantenute.
Ad ogni buon conto, qualora una società durante le finestre di mercato riuscisse a cedere un tesserato ad un costo superiore al valore della quota rimanente del costo storico, otterrebbe una plusvalenza da mettere a bilancio. Per tale calcolo è necessario tenere in considerazione un elemento fondamentale, vale a dire l’ammortamento.
Come calcolare l’ammortamento del cartellino di un giocatore
L’ammortamento è un aspetto di grande rilevanza quando si parla di plusvalenze legate alle società di calcio. L’atleta tesserato, come detto, costituisce il più importante asset per il club e il suo valore viene espresso dal cosiddetto “costo del cartellino”. L’ammortamento rappresenta la quota rimanente dell’investimento iniziale. Anche in questo caso, per capire come funziona, facciamo un esempio.
Immaginiamo che la Fiorentina abbia acquistato nell’estate del 2020 il giocatore X per 20 milioni di euro e firmato un contratto della durata di 5 anni con stipendio lordo di 2 milioni di euro. A bilancio non viene registrata la cifra per la sua interezza, ma questa viene spalmata in base agli anni di contratto stipulato.
Quindi, per il 2020 il suddetto acquisto ha avuto un impatto a bilancio di 4 milioni di euro (20 milioni diviso 5 anni di contratto) a cui aggiungere 2 milioni di stipendio lordo, per un totale di 6 milioni. Al termine della stagione 2020 il valore a bilancio del giocatore risulta pari a 16 milioni (20 milioni meno 4 milioni della prima quota di ammortamento), a fine 2021 di 12 milioni e così via fino alla scadenza del contratto. Supponiamo che il club riceva a gennaio 2022 un’offerta di acquisto pari a 25 milioni e decida di cedere il giocatore. L’operazione genererà una plusvalenza di 13 milioni di euro, ovvero 25 milioni del prezzo del cartellino da cui sottrarre i 12 milioni della quota a bilancio.
Questa procedura è ormai da anni la normale prassi per tutte le società di calcio professionistiche sia italiane che estere. Se a prima vista non sembra esserci nulla di strano, in realtà, più volte tali operazioni sono finite sotto la lente di ingrandimento degli organi di controllo. In ordine di tempo l’ultima inchiesta è stata avviata lo scorso anno ed è tutt’ora aperta. Le autorità contestano l’utilizzo di plusvalenze fittizie generate da valori pompati dei cartellini allo scopo di sistemare i bilanci mascherando le perdite.
Le plusvalenze fittizie nel calcio
La plusvalenza fittizia è un guadagno gonfiato ottenuto alterando il valore reale dei calciatori. Uno stratagemma che, purtroppo, viene spesso utilizzato nel calcio e prende anche il nome di doping amministrativo. Lo scopo è far apparire la situazione economica del club migliore rispetto a quella reale. L’obiettivo viene raggiunto attraverso la cessione, o lo scambio, di giocatori con cartellini opportunamente maggiorati, così da mettere a bilancio valori patrimoniali superiori a quelli reali. Tale sistema si dimostra molto efficace poiché porta un immediato beneficio economico e permette al club di aggiustare in modo “artificioso” i bilanci.
Queste operazioni border line, il più delle volte, coinvolgono anche giocatori provenienti dai settori giovanili. Il club, molto probabilmente, non ha sborsato nemmeno un euro per l’acquisto del giovane “talento” e non ha messo alcun costo a bilancio. Inoltre, generalmente si tratta di calciatori di secondo piano il cui valore non è ancora riconosciuto a livello ufficiale. Di conseguenza, le società possono attribuire ai cartellini costi piuttosto elevati, effettuare scambi a suon di milioni di euro e generare sempre sostanziose plusvalenze.
La libertà di stabilire il valore del giocatore rappresenta l’elemento attorno a cui orbita questo meccanismo. Per le autorità è alquanto difficile dimostrare con assoluta certezza che il tesserato “Pinco Pallino” venduto, ad esempio, per 7 milioni di euro ne valga effettivamente soltanto 1. Il prezzo rimane un valore soggettivo fissato dal club in base a proprie considerazioni sulle capacità tecniche dell’atleta, prospettive future e via discorrendo.
Oltretutto, nessun organo ufficiale può stabilire il prezzo dei calciatori prendendo come riferimento specifici parametri. Ad oggi, ad esempio, esistono solo siti che offrono il costo in tempo reale del cartellino analizzando età e prestazioni del giocatore (partite giocate, numero di assist, gol segnati, ecc.). Tuttavia sono dati frutto di considerazioni personali di pseudo esperti, il che li rende inattendibili come prova da presentare di fronte al tribunale per contestare il valore attribuito ad un calciatore.
Difficoltà nell’accertamento delle plusvalenze fittizie
La dimostrazione di quanto sia complicato dimostrare le presunte irregolarità contabili dei club, sta nel fatto che ad oggi le uniche società punite per plusvalenze fittizie sono state Chievo Verona e Cesena nel 2018. Un’indagine della Procura federale è riuscita a ricostruire una serie di illeciti dal 2015 al 2018 che vide coinvolti i due club allo scopo di generare plusvalenze fittizie per falsificare i bilanci e avere così le carte in regola per ottenere la Licenza Nazionale e potersi iscrivere ai relativi campionati. Il processo si chiuse con la condanna di colpevolezza di ambedue le società.
Al Chievo Verona fu concessa la permanenza in A con soli 3 punti di penalizzazione, mentre il presidente Luca Campedelli subì tre mesi di inibizione e una sanzione amministrativa di 200mila euro. Per il Cesena, invece, non furono presi provvedimenti per intervenuta revoca dell’affiliazione a seguito dell’istanza di fallimento avanzata dalla Procura della Repubblica di Forlì.
Altri club di primissimo livello quali Milan e Inter finirono sotto esame nello stesso periodo. In particolar modo, gli inquirenti esaminarono i numerosissimi scambi avvenuti tra le due società milanesi negli anni 2000 riguardanti, per lo più, calciatori cresciuti nei rispettivi settori giovanili. Si trattava di tesserati di secondo piano i cui scambi, tuttavia, hanno generato plusvalenze per 14 milioni di euro nelle casse della società nerazzurra. Allo stesso modo anche il Milan, grazie a quattro cessioni all’Inter di giocatori pressoché sconosciuti, poté iscrivere a bilancio guadagni per quasi 12 milioni di euro.
Tutte operazioni che insospettirono la Procura di Milano, la quale aprì un’indagine per falso in bilancio nei confronti delle società e degli allora amministratori delegati Adriano Galliani e Massimo Moratti, nonché dei dirigenti interisti Rinaldo Ghelfi e Mauro Gambaro. Il tutto si concluse con un nulla di fatto e il proscioglimento di tutti gli indagati.
Le plusvalenze fittizie contestate alla Juventus
A fine 2021 l’argomento delle plusvalenze è tornato perentoriamente alla ribalta visto il coinvolgimento della “vecchia signora”. Il nocciolo della questione rimane sempre lo stesso, ovvero il presunto utilizzo di guadagni fittizi per aggiustare i bilanci. In questo caso, sarebbero addirittura 42 le operazioni di mercato che, secondo la Procura di Torino, necessitano di un approfondimento.
Il realtà, le prime a muoversi per segnalare una situazione poco chiara sono state la Consob (il club torinese è infatti quotato in borsa) e la Covisoc (Commissione di vigilanza società di calcio), portando all’apertura di un fascicolo da parte della Procura della Federcalcio.
I dati contestati sono quelli riportati a bilancio dalla Juventus sotto la voce proventi da gestione diritti calciatori. Le cifre in ballo riguardano plusvalenze per un ammontare di 131,6 milioni di euro per il solo bilancio 2018-2019 e di 119,1 milioni di euro per la stagione 2020-2021.
L’emblematico scambio Pjanic – Arthur
Lo scambio avvenuto nel 2020 tra il giocatore Miralem Pjanic della Juventus e Arthur Henrique Ramos de Oliveira Melo del Barcellona, rappresenta un lampante esempio di come funzioni oggi il mondo del calcio.
I due club si accordano per lo scambio, e fin qui nulla di starno, ma ciò che fa subito storcere il naso a giornalisti e addetti ai lavori sono i costi delle operazioni. La Juve valuta il giocatore bosniaco ormai trentenne e in fase calante (le scarse prestazioni degli ultimi due anni in maglia bianconera ne sono un’evidente prova) ben 60 milioni di euro più gli immancabili bonus.
Dall’altra parte il Barcellona risponde con una valutazione di 70 milioni più 5 di bonus per l’ex centrocampista brasiliano del Gremio. Arthur è sicuramente un giocatore più giovane, essendo un classe 1996, ma comunque fuori dal progetto della squadra catalana e spesso relegato in panchina. Entrambe le valutazioni lasciano gli esperti di calciomercato piuttosto perplessi.
Sembrerebbe palese che lo scopo principale di questo scambio di giocatori, oltre che tecnico-sportivo, abbia avuto anche luogo per ragioni di bilancio, infatti le due società, a caccia di plusvalenze, hanno potuto mettere a referto in bilancio due sostanziose plusvalenze. Uno scambio che, in un periodo di pandemia, con momentanea sospensione delle regole del fair play finanziario, ha permesso a Juve e Barcellona di ridurre le sostanziose perdite.
Nello specifico, il giocatore bosniaco è stato acquistato dalla Roma per una cifra di 35 milioni di euro nel 2016, calcolando l’ammortamento, a bilancio risultava a circa 13 milioni. Di conseguenza, la plusvalenza per le casse della società bianconera è stata di 45/50 milioni di euro. Circa lo stesso risultato conseguito dal club spagnolo che aveva pagato Arthur nel 2018 30 milioni più 9 di bonus.
Sebbene tale operazione sembrerebbe avere la chiara finalità di sistemare i bilanci, sarà molto complicato per le autorità stabilire che i due club abbiamo volontariamente gonfiato i prezzi dei cartellini. Quindi, salvo clamorosi colpi di scena, ben difficilmente anche l’ultima inchiesta porterà a dei risultati.
La Guardia di Finanza, inoltre non si è limitata a richiedere documenti alla Juventus ma ha allargato l’indagine alla maggior parte delle squadre di serie A, ribadendo come la tecnica delle plusvalenze fittizie sia ormai all’ordine del giorno.
Cosa rischiano le società eventualmente condannate?
Il discorso non è così semplice poiché potrebbe intervenire sia la giustizia ordinaria che quella sportiva. Inoltre, bisogna considerare se la società risulta o meno quotata in borsa. Qualora venissero accertate plusvalenze fittizie, il reato contestato sarebbe quello di falso in bilancio. Per quanto riguarda la giustizia sportiva abbiamo già il precedente del Chievo Verona che fu solamente penalizzato di 3 punti, anziché i 15 chiesti dalla Procura della Federcalcio. Quindi, in ambito puramente sportivo i club rischiano una penalizzazione in classifica, più o meno pesante, da scontare nel campionato in corso, o in quello a venire. I dirigenti ritenuti responsabili possono subire un deferimento e multe pecuniarie.
Nel caso di società quotate in mercati regolamentati come la Juventus, si manifesterebbe il reato di false comunicazioni e false fatturazioni per società quotate in borsa. In questo caso, il presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved e l’ex direttore sportivo Fabio Paratici potrebbero rischiare pene secondo quanto stabilito dagli articoli 2621 e 2622 del Codice Civile, in misura correlata alla gravità delle violazioni.
Il fair play finanziario esiste ancora?
Il fair play finanziario è un progetto avviato nel 2009 dalla UEFA ed entrato in vigore nel 2011. L’obiettivo è quello di provare a tenere sotto controllo l’indebitamento dei club che nel corso degli anni ha raggiunto valori esorbitanti. Il motivo è stata la forsennata corsa all’acquisto dei calciatori migliori a cifre via via sempre più alte, così da rafforzare le rose e aumentare la competitività. Lo scopo primario del fair play è regolare il sistema finanziario delle società di calcio cercando di stimolare l’auto-sostenibilità. Di conseguenza, i club dovrebbero investire maggiormente nei settori giovanili per crescere i futuri top player in casa, anziché acquistarli a costi astronomici.
Il fair play impone al club il rispetto di una serie di regole: innanzitutto non avere debiti arretrati verso altre società e dipendenti (calciatori, amministratori delegati, direttori sportivi, ecc.); in secondo luogo, un deficit massimo di 30 milioni per le tre stagioni precedenti a quella in corso, nonché comunicare le informazioni finanziarie per investimenti futuri.
In caso di violazioni sono previste sanzioni quali multe pecuniarie, decurtazioni di punti, esclusione dalle sessioni di mercato e dalle competizioni europee. La UEFA procede ad analizzare gli ultimi tre bilanci che devono rispettare i requisiti richiesti per consentire la partecipazione alle manifestazioni.
Sulla carta sembrerebbe un meccanismo perfetto, ma nella realtà ha portato solo a qualche sanzione verso club minori, mentre le società più spendaccione e ricche hanno subito ben poche conseguenze. Ad esempio, il Manchester City venne pesantemente sanzionato dall’UEFA con l’esclusione per due anni dalle coppe europee (stagioni 2020/2021 e 2021/2022). Tuttavia, l’appello presentato dal club inglese al Tribunale Arbitrale per lo sport ha prontamente annullato il provvedimento.
Con lo scoppio della pandemia, il fair play finanziario è stato modificato per venire incontro alle esigenze dei club, i cui bilanci sotto stati fortemente provati dalle restrizioni attuate nei vari Paesi e dalla conseguente vertiginosa caduta degli introiti. Al fine di agevolare i conti delle società, l’UEFA ha deciso di accorpare i bilanci delle stagioni 2019/20 e 2020/21 e allargare il periodo di riferimento a quattro anni precedenti la stagione in corso, anziché tre.
Certo la situazione è alquanto complessa e confusa: basti pensare a ciò che sta accadendo in Italia a Inter e Juventus, entrambe alle prese con situazioni debitorie molto alte (non che le altre squadre di vertice se la passino meglio). Il club nerazzurro è stato costretto a richiedere un oneroso prestito di 275 milioni di euro, concesso dalla società d’investimento statunitense Oaktree Capital Group; ha poi dovuto emettere un bond da 415 milioni di euro con scadenza 2027. Dal canto invece, suo la società bianconera ha effettuato un aumento di capitale di 366,9 milioni di euro.
Il sistema calcio è ancora sostenibile?
Alcuni club di calcio sono sempre stati trattati avendo più di un occhio di riguardo. In tal senso, ricordiamo il decreto spalma debiti 2004 attuato dal Governo Berlusconi per consentire a Roma e Lazio di iscriversi al campionato nonostante i conti in profondo rosso. I fallimenti non sono certo mancati, tuttavia riguardano solo società non di primissimo piano come Fiorentina, Parma, Torino, Vicenza, Bari, Catania, Avellino e Pisa solo per fare alcuni nomi. Club che hanno comunque militato nella massima serie ma, evidentemente, non meritevoli come altri di interventi statali.
Con le plusvalenze fittizie potrebbe capitare la stessa cosa, visto che ad oggi sono state incriminate solo Chievo Verona, che ha un seguito di poche migliaia di tifosi, e il Cesena dichiarato fallito e ritornato al professionismo nel 2019. Senza compromessi e leggi ad personam la maggior parte dei club di serie A sarebbero falliti, o comunque impossibilitati ad iscriversi al campionato.
Per anni hanno cavalcato l’onda dell’insostenibilità economica fatta di acquisti a prezzi folli e accumulando debiti per via di monte ingaggi spropositati e commissioni faraoniche ai procuratori. Visto che ben difficilmente tale sistema potrà continuare ancora per molto, è auspicabile che UEFA, FIFA e Federazioni prendano presto seri provvedimenti per non far implodere lo sport più amato al mondo.
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