La prescrizione civile: principi generali
Si fa un gran parlare, in questi giorni, di prescrizione e della riforma operata dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, cosiddetta “Spazzacorrotti”, entrata in vigore lo scorso 1° gennaio 2020.
Il provvedimento è intervenuto sugli artt. 159 e 160 del codice penale facendo sì che a partire dal 1° gennaio 2020, e per i fatti commessi da tale data in poi, il corso della prescrizione del reato rimanga sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna fino alla data in cui la sentenza che definisce il giudizio diventa esecutiva o il decreto di condanna diviene irrevocabile. Nonostante la definizione normativa, non si tratta a ben guardare di sospensione della prescrizione bensì di vera e propria abolizione di essa, atteso che il termine, una volta sospeso dopo la sentenza di primo grado o il decreto di condanna, non potrà mai riprendere a decorrere: il che significa, dunque, che – dopo il primo grado di giudizio – i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 sono diventati non estinguibili col decorso del tempo e, quindi, imprescrittibili.
Questa breve dissertazione per introdurre la prescrizione, istituto che impedisce la conservazione di un fatto giuridico (reato) o di una situazione giuridica (diritto) qualora sia trascorso il periodo di tempo stabilito dalla legge dalla commissione del fatto stesso senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna (nel caso del reato) o dal giorno in cui il diritto poteva esser fatto valere senza che il titolare di esso vi abbia provveduto (nel caso del diritto).
Nel diritto civile la prescrizione è definita all’art. 2934 c.c., a norma del quale il mancato esercizio di un diritto da parte del suo titolare per un lasso di tempo determinato dalla legge comporta l’estinzione di quel diritto.
Esempio: Tizio vende un bene a Caio senza, però, riscuoterne il prezzo al momento della consegna; se Tizio lascia decorrere il tempo stabilito dall’ordinamento (10 anni, in questo caso) senza far valere nei confronti di Caio il proprio diritto di credito, tale diritto si estinguerà e nulla potrà più essere richiesto al debitore Caio, il quale – se convenuto in giudizio da Tizio per ottenere il pagamento – potrà eccepire l’avvenuta prescrizione del diritto azionato e andare assolto da ogni pretesa.
Attenzione però, perché la prescrizione non opera automaticamente, ma deve invece essere opposta dalla parte che intenda valersene: la parte interessata (il debitore Caio, nell’esempio proposto sopra) o, nell’inerzia di questa ed anche qualora essa vi abbia rinunciato, i creditori o chiunque vi abbia interesse. La prescrizione non è dunque rilevabile d’ufficio dal giudice (art. 2938 c.c.), ciò che significa che il debitore Caio dell’esempio, per ottenere la declaratoria di intervenuta prescrizione del diritto di credito fatto valere contro di lui da Tizio, dovrà formulare apposita eccezione di prescrizione, allegando l’inerzia del titolare del diritto azionato (Caio) per il tempo determinato dalla legge e manifestando l’intenzione di profittare dell’effetto estintivo del diritto a causa della detta protratta inerzia; competerà poi al giudice identificare il diritto e stabilire il regime prescrizionale applicabile.
Sempre per il fatto che la prescrizione opera solo in quanto opposta, se il debitore non si avvede della compiuta prescrizione e paga spontaneamente il debito non può, poi, richiedere al creditore la restituzione di quanto pagato (art. 2940 c.c.): come chiarito nella Relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile del 4.4.1942, “non può dirsi che l’accipiens [colui che riceve il pagamento] abbia ricevuto un pagamento non dovutogli. I motivi soggettivi per cui il debitore omise di eccepirla [la prescrizione] non possono nella specie aver rilevanza, dovendosi aver riguardo al fatto oggettivo che essa non fu opposta”.
Per la Cassazione, presupposto dell’irripetibilità è l’autonoma iniziativa dell’adempiente, intesa come spontaneità del pagamento quale sintomo di una tacita rinuncia del debitore ad avvalersi della prescrizione (Cass., sez. lavoro, n. 3636/96).
Il motivo per cui il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere che tutti i diritti – ad eccezione di quelli indisponibili e degli altri diritti indicati dalla legge – si estinguano per prescrizione può ravvisarsi nell’esigenza tanto di garantire la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici (la prescrizione non fa che privare del diritto il titolare che non lo ha esercitato per un certo lasso di tempo dimostrando, così, di non avere interesse a mantenerne la titolarità), quanto di dirimere le liti tra le parti di determinati rapporti obbligatori (è il caso delle prescrizioni presuntive, a mezzo delle quali taluni diritti, decorso il lasso di tempo prescritto dalla legge, si presumono estinti per intervenuto adempimento, salvo prova contraria).
Si tratta, dunque, di un istituto che persegue finalità di ordine pubblico: ecco perché la disciplina legale della prescrizione non può essere modificata pena la nullità dell’eventuale patto modificativo stipulato tra le parti (art. 2936 c.c.), perché non è consentito rinunciare preventivamente alla prescrizione se non quando essa si sia compiuta (art. 2937 c.c.) e perché sono imprescrittibili sia i diritti indisponibili (quali, ad es., i diritti della personalità come il diritto al nome ed all’immagine, gli status familiari, i diritti patrimoniali derivanti da rapporti familiari come l’usufrutto legale e il diritto agli alimenti), sia quegli “altri diritti indicati dalla legge” (ad es. il diritto di proprietà, che non si estingue per effetto del decorso del tempo ma solo nel caso in cui sullo stesso bene venga acquistato da un terzo, contemporaneamente, un altro diritto di proprietà per effetto dell’usucapione; il diritto del lavoratore alla retribuzione nonché nei – limiti derivanti dall’art. 2103 c.c. – all’irriducibilità della stessa, alla sede ed alle mansioni; l’azione di petizione dell’eredità ex art. 533, comma 2, c.c.; il diritto alla prestazione previdenziale ed a quella assistenziale garantita dall’art. 38 Cost. in quanto connesso allo status di cittadino: non così, però, i singoli crediti periodicamente risorgenti che maturano per mese o alla scadenza di periodi più lunghi, cd. ratei).
La prescrizione – se non viene sospesa o interrotta – si compie col decorso di 10 anni (prescrizione ordinaria) o di periodi di minor durata (5 anni o meno: prescrizioni brevi; su questo sito, un caso di prescrizione biennale in Bollette acqua, luce e gas: ritardi di fatturazione e prescrizione); si vedano anche le prescrizioni presuntive (fondate non già sull’inerzia del creditore per un certo tempo, bensì sulla presunzione che il pagamento sia avvenuto nel breve termine previsto) ed il computo dei termini. E’ istituto diverso dalla decadenza e si oppone attraverso l’eccezione di prescrizione.
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