Cos’è e come funziona l’IRI? Imposta sul reddito Imprenditoriale

Scritto da Omar Cecchelani in Imprese

Si chiama IRI la nuova imposta sul reddito di impresa che offre la possibilità alle società di persone e ditte individuali di selezionare un modello di tassazione molto più simile alla società di capitali con l’Ires, ovvero di veder tassato separatamente il reddito di impresa da quello personale dei soci.

Questa nuova imposta, introdotta con la Legge di Stabilità per il 2017, prevede che il reddito di impresa venga escluso dalla tassazione Irpef relativa alle persone fisiche (l’imprenditore individuale o i soci delle società di persone), con la possibilità di richiedere un regime agevolato con una sorta di Flat-Tax sui redditi di impresa all’aliquota fissa del 24% (la stessa dell’Ires da gennaio 2017).

La condizione fondamentale per poter accedere a questa opzione è quella di passare alla contabilità ordinaria, in definitiva lo Stato ha optato per una specie di sconto per le imprese che decidono di intraprendere una strada di maggior trasparenza, con una gestione più professionale e meno casalinga.

I soggetti che possono scegliere l’Iri sono:

  • Imprenditori individuali;
  • Società in nome collettivo (Snc);
  • Società in accomandita semplice (Sas);
  • S.r.l. a ristretta base che potevano optare per il regime di trasparenza fiscale.

 

Come viene tassato il reddito per chi sceglie di applicare l’IRI

È molto semplice ed è una tassazione riconducibile all’IRES per le società di capitali, nel senso che, sia gli imprenditori individuali che i soci delle società di persone che quelli delle società di capitali, che opteranno per l’Iri, saranno tassati in questo modo:

  • reddito di impresa tassato al 24%;
  • tutti gli altri redditi, compreso gli emolumenti percepiti, assoggettati all’Irpef;

La scelta dell’opzione dell’Iri deve essere effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta a cui si riferisce l’opzione, ad esempio per il 2017, l’opzione Iri andrà indicata nell’UNICO 2018 relativo si redditi del 2017, quindi la scadenza sarà il 30 giugno 2018.

L’opzione, una volta scelta deve essere mantenuta, ed è vincolante, per almeno 5 periodi di imposta salvo poi la possibilità di rinnovare l’opzione.

Parallelamente all’opzione dell’Iri al 24% per artigiani e commercianti, la Legge di Bilancio per il 2017 prevede anche il regime di cassa, ovvero la rilevazione dei costi e ricavi per la tassazione al momento dell’incasso.

La nuova flat-tax con aliquota al 24% verrà applicata solo sui redditi lasciati in azienda e quindi reinvestiti e, tale aliquota per quei redditi, andrà a sostituire le aliquote progressive dell’Irpef dal 23% al 43% a cui verranno invece  assoggettati gli altri redditi percepiti dall’imprenditore, compreso l’utile percepito.

A partire dall’anno di imposta 2017 le imprese che opteranno per l’Iri dovranno determinare il loro reddito di impresa non secondo il criterio di competenza utilizzato fin’ora ma in base al criterio di cassa.

In definitiva, le imprese pagheranno le tasse al momento dell’incasso delle fatture e non più solo per il fatto di aver emesso il documento. Con il regime di cassa, per determinare il reddito d’impresa, assumeranno rilevanza i ricavi effettivamente percepiti e le spese sostenute.

In questo modo, oltre a mitigare le aliquote e, di conseguenza, la pressione fiscale sulla piccola e media impresa, con l’introduzione del regime di cassa, tali imprese, potranno determinare il loro reddito sulla base di quanto effettivamente incassato così come avviene per i liberi professionisti.

 

Abrogazione dell’IRI

Con la Legge di Bilancio del 2019 e grazie all’introduzione del nuovo regime forfettario con aliquote al 15% sui redditi da lavoro autonomo, cessa di avere i suoi effetti, ed è stata quindi abrogata l’opzione di aderire all’IRI per tutte le imprese.

L’opzione avrebbe permesso a imprese individuali, società in accomandita, in nome collettivo e semplice, in regime di contabilità ordinaria, e società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria che aderivano al regime di trasparenza, di applicare una tassazione separata del reddito di impresa con aliquota fissa (la stessa dell’IRES), per i redditi lasciati in azienda e reinvestiti.

A causa dei vari rinvii e di questa abrogazione datata 2019 possiamo dire che l’IRI è semplicemente rimasta un’idea nella penna del legislatore in quanto mai ha potuto esplicitare i suoi effetti.

 

Quali sarebbero stati i vantaggi dell’IRI

L’IRI venne pensata per differenziare e premiare, in qualche modo, quelle imprese che decidevano di reinvestire i propri utili in azienda, sviluppandola, creando tecnologia e, soprattutto, nuovi posti di lavoro. In questo modo, si poteva creare una sorta di regime premiale per quelle imprese che non spartivano ricchezza destinandola ai soci, ma pensavano in primo luogo alla propria impresa, dando un forte stimolo allo sviluppo artigianale, commerciale e industriale al pianeta Italia.

I suoi effetti si sarebbero dovuti far sentire con la dichiarazione dei redditi del 2019. Da quell’anno quindi, chi nel 2018 aveva optato per questo regime di tassazione avrebbe visto il proprio reddito frazionato in 2, con due tipologie di tassazione differenze:

  • la parte di utile che non viene distribuita al socio o al professionista tassata ad un’aliquota fissa del 24% come per l’IRES;
  • la parte di utile distribuita a soci e professionisti tassata in capo al socio in base all’aliquota progressiva IRPEF del destinatario.

Ma passiamo ora, discorso del tutto ipotetico perchè, come detto, l’IRI non è mai nata effettivamente, a vedere quali vantaggi avrebbe potuto portare a chi sceglieva quell’opzione:

  • attraverso questa opzione il reddito imprenditoriale relativo alle società di persone e imprese individuale che viene, normalmente, tassato per trasparenza, quindi senza alcuna distinzione circa la destinazione dello stesso, sarebbe stato suddiviso e, la parte reinvestita nell’impresa, evidenziata rispetto a quanto percepito effettivamente dal socio, imprenditore individuale o professionista;
  • si sarebbe poi applicata una diversa imposta alle due parti di reddito frazionato: l’IRI sulla parte di reddito lasciato in azienda, l’IRPEF all’aliquota progressiva al socio in base a quanto effettivamente percepito, sommato agli altri suoi eventuali redditi;
  • la nuova IRI, con un’aliquota fissa più vantaggiosa rispetto a quelle progressive dell’IRPEF applicate alle persone fisiche, si sarebbe applicata a tutte le attività di impresa e professionali, a prescindere dalla forma giuridica e da quanto fosse effettivamente distribuito al socio/professionista;
  • che decideva di lasciare in azienda l’utile maturato, poteva accedere ad una sorta di regime premiale, pagando su quegli utili un’aliquota fissa al 24% per i redditi di impresa non distribuiti;
  • nell’ottica della convenienza fiscale dell’IRI, è utile sottolineare che, tra le altre cose, per la parte di utile assoggettata ad IRI, il socio, imprenditore individuale o professionista, avrebbe risparmiato anche le addizionali comunali e regionali dell’IRPEF.

In ogni caso si parla esclusivamente di ipotesi, in quanto tale imposizione, alla fine, non ha mai preso quota.

   

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