I soldi in una cassetta di sicurezza sono al sicuro?

Scritto da Omar Cecchelani in Famiglia

La cassetta di sicurezza è uno strumento utilizzato da moltissime persone per custodire al sicuro, lontano da casa propria, denaro contante e documenti, nonché altri beni di valore e qualsiasi oggetto ritenuto prezioso.

È il metodo tutt’oggi più semplice per disporre di uno spazio lontano dalle mura domestiche al riparo da ladri e malintenzionati e, al contempo, godere di un adeguato livello di privacy.

Quella che sembra essere stata studiata come una soluzione utile a proteggere il patrimonio liquido del cittadino che troppo spesso rischia anche la vita detenendo ori, oggetti preziosi e banconote presso la propria abitazione, a volte però viene abusata per nascondere beni all’Erario e aggirare i controlli fiscali dell’Agenzia delle Entrate.

A tal proposito, la domanda che molti si pongono è se il contenuto di una cassetta di sicurezza può essere considerato al sicuro dagli occhi vigili del Fisco. In realtà, se un tempo l’anonimato bancario poteva mettere al riparo dalle pretese erariali dello Stato, oggi la situazione è del tutto cambiata. Il Fisco si è fatto decisamente più astuto e concetti quali quello del “segreto bancario” e “anonimato della cassetta di sicurezza” o il classico “libretto al portatore“, in pratica non esistono più.

Poco importa che i beni siano depositati all’estero infatti, l’Amministrazione Finanziaria dispone di tutte le informazioni dei rapporti bancari continuativi del cliente anche con istituti di credito stranieri e può ottenere da un Giudice il diritto di accedere a qualunque cassetta di sicurezza ubicata in un Paese estero fuori dalla Black List.

Indice:

 

Cassetta di sicurezza: uno strumento per mettere al sicuro beni rifugio

La cassetta di sicurezza altro non è che uno spazio fisico (un box) concesso da un istituto bancario ad un proprio cliente per consentirgli di depositare: denaro, gioielli, documenti e oggetti ritenuti di valore. I box si trovano nel luogo più sicuro della banca, ovvero all’interno del caveau o comunque in locali blindati per impedirne l’intrusione a malviventi o soggetti senza credenziali.

Lo scopo della cassetta di sicurezza è quello proteggere i cosiddetti “beni rifugio” come oro, pietre preziose, denaro contante e quant’altro sia possibile inserirvi, da furti e rapine, garantendo al contempo un adeguato livello di privacy al titolare. Quest’ultimo può accedere alla propria cassetta in completa autonomia, controllarne il contenuto e depositarvi altri oggetti: il tutto lontano da occhi indiscreti e senza dover dichiarare la natura dei beni contenuti al suo interno.

 

Funzionamento cassetta di sicurezza

Di solito la cassetta di sicurezza deve essere richiesta dal cliente alla banca, la quale concederà il servizio previo il pagamento di una quota annuale. Bisogna comunque dire che ogni istituto di credito mette in atto politiche diverse e, in alcuni casi, concede l’apertura di una cassetta senza alcun costo aggiuntivo ai migliori clienti. Anche le regole di accesso possono risultare differenti e prevedere specifiche procedure che variano a seconda della banca scelta.

Il titolare della cassetta sottoscrive, a tutti gli effetti, un contratto con l’istituto di credito. Il documento riporta le condizioni di utilizzo e le commissioni applicate per godere del servizio. Il cliente dovrà anche depositare la propria firma per l’autorizzazione ai futuri accessi. Siccome la cassetta di sicurezza può essere visionata, non solo dal titolare, ma anche da soggetti con delega, anche questi ultimi sono tenuti a depositare la firma.

Al termine della procedura di registrazione la banca consegna la chiave numerata per aprire il box. Quando il cliente decide di accedere alla cassetta, un addetto dell’istituto provvede ad accertarne l’identità e a controllare che la firma corrisponda a quella depositata al momento della sottoscrizione del contratto. Dopo aver registrato l’accesso, il funzionario accompagna il cliente al caveau e dispone di una chiave universale da utilizzare, insieme a quella in possesso del titolare, per aprire la cassetta. A questo punto, l’addetto si allontanerà per lasciare la dovuta privacy al cliente che, in taluni casi, può anche appartarsi in apposite salette.

A grandi linee, questa è la procedura che possiamo ritenere standard per aprire ed accedere ad una cassetta di sicurezza, tuttavia potrebbe subire delle variazioni in base ai diversi regolamenti interni di ogni singola banca.

 

La cassetta di sicurezza e completamente anonima?

Come abbiamo appena visto descrivendo la procedura di richiesta, l’istituto di credito non pone alcuna domanda sul contenuto della cassetta di sicurezza. Il cliente non è quindi tenuto a dichiarare quali oggetti sta depositando al suo interno, né la prima volta né, tantomeno, per i successivi accessi. La banca si limita a registrare il giorno e la data in cui il titolare ha visionato il deposito.

La finalità principale di una cassetta di sicurezza è quella di proteggere i beni dal rischio di furto, ma l’aspetto maggiormente apprezzato dai clienti è l’assoluto anonimato. Di fatto, solo il titolare può essere a conoscenza della natura del contenuto, avendo la garanzia che nessun altro possa venirne informato. In realtà, questo è vero ma non vale per tutti i soggetti terzi, infatti lo Stato e, nello specifico l’Agenzia delle Entrate, possono richiedere l’apertura di una cassetta ai fini di controlli e accertamenti fiscali.

Il motivo ci riporta ai soliti discorsi sull’evasione fiscale ed elusione di beni che, invece di essere dichiarati pagando le dovute imposte, vengono nascosti in una cassetta di sicurezza e sottratti, nel vero senso del termine al Fisco e, perchè no, anche ai creditori in caso di debiti non saldati.

L’Amministrazione Finanziaria però, in applicazione alla normativa antiriciclaggio, obbliga gli istituti di credito a dichiarare al Fisco i nominativi di tutti i clienti che hanno sottoscritto un contratto per aprire una cassetta di sicurezza.

“Morale della favola…”

Il tanto agognato anonimato è relativo e soltanto apparente, specie se l’obiettivo dell’apertura di una cassetta di sicurezza è quello di nascondere soldi derivanti da evasione fiscale o traffici illeciti. Tra l’altro, è anche utile sottolineare che per aumentare la copertura assicurativa per eventuali furti sarà necessario dichiarare il valore del contenuto all’interno di ogni cassetta (praticamente il valore di quanto inserito nel box di competenza diventa un dato da fornire obbligatoriamente alla Banca stessa per pararsi il fondo-schiena da eventuali altri problemi).

Ricordo altresì che la cassetta di sicurezza va dichiarata anche nel momento in cui si deve richiedere l’ISEE per beneficiare di un’agevolazione fiscale o di specifici sconti o detrazioni: in caso contrario, eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate potrebbero contestare il fatto di aver nascosto beni in reale possesso o, addirittura rendere nullo l’ISEE stesso.

 

Costo di una cassetta di sicurezza e polizza assicurativa

Il costo per aprire una cassetta di sicurezza non è particolarmente oneroso, questo perché l’istituto di credito non ha un particolare ritorno economico da questo tipo di operazione. E’, più che altro, un servizio bancario aggiuntivo fornito con lo scopo di fidelizzare il cliente. L’esborso varia in base alle dimensioni della cassetta e alle politiche interne della banca e può partire da una quota annua di 50/60 euro fino a superare i 1000 euro. Non è raro che clienti con patrimoni più ingenti ricevano il servizio gratuitamente.

Un costo aggiuntivo al canone annuo potrebbe essere l’eventuale estensione assicurativa. Una situazione piuttosto comune visto che la copertura per furto della polizza standard, firmata insieme al contratto, si aggira su cifre comprese tra 2.500 e 5.000 euro. Considerando che il limite massimo di deposito in una cassetta di sicurezza è di ben 100.000 euro e che il valore del contenuto supera normalmente i 5.000 euro, è frequente la condizione di dover stipulare contratti assicurativi supplementari per godere di maggiori coperture.

Se il valore dei beni da depositare è piuttosto elevato, un’intelligente soluzione per evitare il pagamento di un alto premio assicurativo potrebbe essere aprire più cassette di sicurezza in diverse banche.

 

Cosa succede in caso di furto o manomissione?

L’intrusione nel caveau di una banca è ormai più un’azione da film che non una reale possibilità, tuttavia non è un’eventualità da escludere completamente. Come abbiamo detto, l’istituto di credito offre una copertura assicurativa al cliente e ha l’obbligo per legge di risarcire il valore del contenuto, naturalmente entro il massimale stabilito dalla polizza. Il rimborso può essere totale solo nel caso in cui la colpa del furto risulti imputabile solamente alla banca e a misure di sicurezza che si sono dimostrate inadeguate.

Se invece il titolare si accorge che la cassetta ha subito una manomissione o, comunque ne è stata compromessa l’integrità, ha diritto a rescindere il contratto e chiedere il risarcimento di eventuali danni patiti. In tali circostanze è però necessario agire celermente, far subito presente all’istituto quanto accaduto e provvedere all’apertura della cassetta di sicurezza di fronte ad un funzionario dell’istituto. Sarà necessario anche redigere un verbale in cui si dichiarano i beni presenti nella cassetta e quelli mancanti. Se invece è la banca ad accorgersi di una manomissione dovrà avvertire IMMEDIATAMENTE il titolare tramite raccomandata e provvedere all’apertura in sua presenza per constatare eventuali danni.

Queste appena descritte sono tutte situazioni piuttosto delicate poiché rimane il nodo della prova del danno, ovvero dimostrare l’entità del furto. L’anonimato e la segretezza di certo non aiutano, per cui risulta una buona idea fare delle foto del contenuto per averne, in caso di necessità, un riscontro oggettivo. La banca non possiede alcun registro dei beni e non ne tiene traccia, perciò non è raro che cliente ed istituto finiscano in tribunale per risolvere questioni del genere di fronte ad un Giudice. Problemi non sussistono quando l’intestatario estende la copertura assicurativa e deve dichiarare il contenuto della cassetta di sicurezza per quantificarne il valore.

 

Quando può essere forzata l’apertura della cassetta di sicurezza?

Ci sono casi in cui è consentita l’apertura forzata della cassetta di sicurezza. Bisogna dire però, che la normativa in merito è alquanto complicata e articolata e risulta spesso complicato divincolarsi tra i mille commi e regole da rispettare. Molte volte, la decisione dell’apertura forzata viene lasciata al libero arbitrio del Giudice. Ecco di seguito le situazioni più comuni che possono portare a questo tipo di provvedimento:

  • contratto scaduto: nel momento in cui il contratto stipulato tra il cliente e l’istituto di credito risulta cessato da almeno 6 mesi, e il titolare non abbia provveduto alla restituzione della chiave, la banca può chiedere al Tribunale competente di forzare la cassetta di sicurezza. Tuttavia, prima di procedere, sarà necessario avvisare l’intestatario attraverso l’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno;
  • morte del titolare: questa situazione è tutt’altro che semplice e si verifica al decesso dell’intestatario. Per l’apertura forzata è necessario l’accordo tra gli eredi aventi diritto rispettando eventuali modalità stabilite dall’autorità giudiziaria. Potrebbe anche capitare che nel contratto siano previsti cointestatari, cosa che non facilita di certo le cose e costringe, eredi e cointestatari stessi, a rivolgersi ad un avvocato per capire come procedere. Anche la titolarità dei beni contenuti al suo interno non è affatto una questione di facile risoluzione, soprattutto quando ci sono diversi eredi che hanno diritto ai valori depositati. La legge ha provato a fare un po’ di chiarezza con l’articolo 48 del Dlgs n 346/90, secondo cui dopo la morte del titolare, la cassetta può essere aperta solo alla presenza di un funzionario dell’Amministrazione Finanziaria, oppure di un notaio. Inoltre, spetterà ad uno dei suddetti soggetti stilare l’inventario del contenuto. Tale verbale ha una finalità puramente fiscale per certificare l’effettivo valore dei beni contenuti nella cassetta, stabilire l’attivo ereditario e l’eventuale imposta di successione;
  • fallimento del titolare: in tal caso spetterà al curatore fallimentare acquisire i diritti e gli obblighi dell’intestatario e procedere secondo le disposizioni giudiziali;
  • mancato pagamento del canone: anche in questo frangente l’apertura forzata è stabilita da un Giudice e dovrà avvenire in presenza di un notaio. Sarà lo stesso Tribunale a decidere come conservare i beni e se gli stessi potranno essere pignorati per consentire alla banca di recuperare il danno economico subito. Tale situazione si può verificare anche qualora il titolare fosse in ritardo col pagamento della quota annuale dopo una serie di solleciti non andati a buon fine;
  • presenza di pericolo: l’apertura forzata può essere disposta nel momento in cui la banca ha il forte sospetto che il contenuto della cassetta di sicurezza rappresenti un pericolo per addetti e clienti;
  • accertamenti fiscali: come approfondiremo tra poco, l’Agenzia delle Entrate può richiedere al Giudice il permesso per l’apertura forzata di una cassetta di sicurezza. Oltre alla verifica del contenuto, l’Amministrazione Finanziaria può disporre il pignoramento dei beni per recuperare debiti erariali;

Esistono altre situazioni in cui è possibile forzare l’apertura della cassetta come in caso di pignoramento diretto o presso terzi, sequestro da parte di un giudice penale, diritto di un soggetto a recuperare beni di sua proprietà e rifiuto di un cointestatario nel collaborare all’apertura della cassetta.

 

La cassetta di sicurezza può subire un controllo fiscale?

Ad oggi la risposta a tale quesito è: assolutamente si. Fino a qualche anno fa la cassetta di sicurezza rappresentava uno spazio inviolabile in cui il titolare poteva depositare beni preziosi e documenti nel totale anonimato, anche nei confronti del Fisco.

Il fatto di non dover dichiarare a nessuno il contenuto, ha portato molte persone a sfruttare tale strumento come efficace mezzo per eludere beni mobili all’Erario. Una situazione che ha spinto le autorità ad intervenire per contrastare l’occultamento di beni provenienti, soprattutto, da fonti illecite.

Pertanto, l’anonimato rimane solo nei confronti di soggetti terzi privati, mentre Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza possono invece chiedere l’apertura di una cassetta di sicurezza durante un qualsiasi accertamento fiscale. Spetterà al Giudice valutare la richiesta e accettarla per dare la possibilità alle autorità di accedere al contenuto. Vediamo di entrare più nel dettaglio e capire quali possano essere i motivi per cui l’Amministrazione Finanziaria potrebbe richiedere ad un Tribunale il permesso di aprire una cassetta di sicurezza.

 

Casetta di sicurezza: come contrastare riciclaggio ed evasione fiscale

La situazione è profondamente cambiata a partire dal 2013, anno in cui la Banca d’Italia ha emesso un provvedimento per obbligare gli istituti di credito a comunicare i dati sui rapporti continuativi intrattenuti. Tra queste informazioni rientrano anche i nominativi dei titolari di una cassetta di sicurezza. L’obiettivo di tale iniziativa è piuttosto evidente, ossia cercare di contrastare coloro che utilizzano l’anonimato di uno spazio all’interno di un caveau per nascondere beni e denaro di dubbia provenienza. In particolare, si fa riferimento a due specifiche situazioni:

  • riciclaggio di denaro da fonti illecite;
  • evasione fiscale.

L’Agenzia delle Entrate, dal 2013, ha istituito un database con tutti i nominativi dei soggetti titolari di una cassetta di sicurezza, non pretendendo di avere alcuna informazione circa il contenuto della stessa. Quindi, nel momento in cui un cliente decide di sottoscrivere il contratto per disporre di una cassetta di sicurezza, la banca deve inviare all’Amministrazione Finanziaria le seguenti informazioni:

  • dati anagrafici dell’intestatario del contratto;
  • numero di accessi effettuati in un anno dal titolare o da un cointestatario;
  • importo massimo assicurato nel caso in cui l’intestatario abbia provveduto ad estendere l’assicurazione.

 

Una cassetta di sicurezza all’estero assicura l’anonimato nei confronti del Fisco?

Per aggirare la questione della segretezza e dell’anonimato nei confronti del Fisco, una facile soluzione potrebbe essere quella di aprire una cassetta di sicurezza all’estero. Vista la vicinanza con la Svizzera, perché non recarsi presso un istituto di credito elvetico e depositare i beni preziosi nel loro caveau? Il ragionamento non, di per se, fa una piega, e l’operazione risulterebbe assolutamente legale, il problema è che nemmeno l’apertura di una cassetta di sicurezza in Svizzera, così come in nessun Paese che non sia in Black-List, offre alcuna privacy nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

E’ previsto, infatti, attraverso l’accordo internazionale chiamato Common Reporting Standard, uno scambio automatico di informazioni finanziarie e fiscali per promuovere il rispetto globale delle leggi tributarie. Sono circa 120 i paesi sparsi in tutto il mondo che hanno aderito a tale iniziativa, con il principale scopo di contrastare l’evasione fiscale a livello planetario.

Le banche dei Paesi aderenti hanno l’obbligo di comunicare, alle rispettive autorità fiscali, le informazioni dei correntisti e soggetti che intrattengono rapporti continuativi, e quindi anche i titolari delle cassette di sicurezza aperte oltreconfine.

Per farla breve, se un cittadino italiano si reca, ad esempio, a Lugano e decide di aprire un conto corrente e una cassetta di sicurezza, l’istituto di credito comunicherà ogni informazione all’Amministrazione Finanziaria elvetica che, a sua volta, invierà i dati a quella italiana. In questo modo l’Agenzia delle Entrate verrà messa a conoscenza che tale soggetto ha instaurato un rapporto continuativo con una banca svizzera e risulta titolare di una cassetta di sicurezza.

 

Quando l’Agenzia delle Entrate può forzare l’apertura della cassetta di sicurezza?

Arrivati a questo punto, è piuttosto chiaro che possedere una cassetta di sicurezza in Italia, oppure in un Paese estero, non assicura alcun anonimato nei confronti del Fisco. Tuttavia, nonostante l’Agenzia delle Entrate disponga di informazioni bancarie alquanto dettagliate, non può di sua iniziativa procedere all’apertura di una cassetta di sicurezza durante un normale controllo fiscale.

Questo è un punto molto importante da evidenziare per poter capire che l’Amministrazione Finanziaria deve essere in possesso, se non di prove inconfutabili, quantomeno di forti indizi che facciano sospettare reati di evasione fiscale, oppure riciclaggio di denaro da parte del contribuente oggetto dell’accertamento. Solo in tali circostanze può richiedere al Tribunale il permesso per l’apertura forzata della cassetta di sicurezza.

Se invece i controlli si basano solamente sui dati raccolti attraverso il redditometro e qualora fossero accertate gravi incongruenze nella dichiarazione dei redditi o, ancor peggio una totale omissione della dichiarazione reddituale, l’autorità finanziaria avrà tutto il diritto di rivolgersi al Giudice per avere accesso ai dati bancari e avviare l’apertura forzata di una cassetta di sicurezza. E’ anche vero che, in questo caso, il correntista avrà tutto il tempo di recarsi, prima del provvedimento, a svuotare la cassetta. Comunque, dopo la verifica del contenuto, l’Agenzia delle Entrate avrà la facoltà di pignorare i beni trovati nella cassetta per recuperare eventuali somme dovute.

 

Cassetta di sicurezza privata ed anonima in Svizzera

Nel Canton Ticino, da qualche anno, sono nate società che, affiancandosi in prima istanza ad imprese che si occupavano di spedizioni e traslochi, hanno cominciato a fornire anche il servizio di custodia di beni mobili (contanti, gioieli, metalli prezioni, documenti importanti, ecc.) al pari di una vera e propria cassetta di sicurezza bancaria.

Parlando però di società private, e favorite da un evidente vuoto legislativo, queste imprese hanno potuto, e possono a tutt’oggi, effettuare il servizio di custodia e deposito di beni altrui senza troppi controlli e a costi contenuti garantendo “privacy assoluta e discrezione” per il loro servizio, specificando inoltre di “non essere assolutamente soggetti a nessun tipo di scambio di dati e informazioni con altri Paesi“.

Insomma, un affare per tutti: per queste nuove imprese che forniscono un servizio utile a prezzi relativamente contenuti, che variano da 500 Franchi e 3.200 Franchi l’anno, e per tutti quelli che cercano totale riservatezza e tutela circa i valori custoditi all’interno delle loro cassette di sicurezza private.

Tra l’altro, si tratta di un’offerta assolutamente legale ma molto diversa da quella che possono offrire gli istituti bancari che pongono in essere specifiche regole dettate dai recenti accordi contro il riciclaggio e l’evasione fiscale internazionale. Le banche, infatti, normalmente offrono il servizio di custodia di beni mobili all’interno delle cassette di sicurezza, previa l’apertura di un conto corrente alla quale verrà legato il box, più tutti gli obblighi con le istituzioni citati nei paragrafi precedenti.

Queste società, non potendo fornire servizi bancari consentono di poter sfruttare i loro caveau e le loro cassette di sicurezza senza l’apertura di nessun tipo di altro rapporto bancario e non dovendo rispettare alcuna regola specifica, se non quelle relative all’antiriciclaggio come custodi di beni e denaro altrui.

Il vuoto legislativo che non prevede ancora una specifica autorizzazione per i soggetti che offrono questo tipo di servizio, consente che questa specie di “zona franca” possa ancora esistere e, diciamo così, sul filo della legalità fare affari e garantire la massima privacy e riservatezza per i fruitori.

Le cassette di sicurezza private in Svizzera sono del tutto indipendenti dal sistema bancario e garantiscono pertanto maggior discrezione e sicurezza per il deposito e l’assicurazione di metalli preziosi come oro e argento, denaro contante e documenti importanti.

Solitamente queste società hanno la sede e i depositi in luoghi extra urbani e lontani dai grandi centri, spesso in località montane facilmente raggiungibili tramite la rete autostradale. Tra i servizi offerti segnaliamo, oltre alla custodia:

  • la possibilità di assicurazione completa, in forma anonima e senza comunicare all’assicurazione i dati personali del cliente;
  • nessuna dichiarazione circa il contenuto e nessuna comunicazione alle agenzie governative
  • nessuna registrazione del reale beneficiario;
  • nessun obbligo di apertura di un conto bancario in Svizzera a cui legale la cassetta di sicurezza.

 

Cassetta di sicurezza: ancora oggi gode di grande successo

Nonostante tutti i possibili problemi legati a controlli e accertamenti fiscali, la cassetta di sicurezza rimane ancora uno strumento alquanto diffuso tra i risparmiatori italiani. Se una persona non ha nulla da nascondere al Fisco e vuole tenere oggetti di valore in un luogo molto più sicuro delle mura domestiche, la cassetta di sicurezza rappresenta una soluzione economica capace di garantire un discreto anonimato verso i soggetti terzi privati ed evitare spiacevoli inconvenienti.

Tra gli aspetti da tenere in considerazione c’è il limite massimo di deposito che è di 100.000 euro, e l’opportunità (non l’obbligo) di sottoscrivere un’estensione della polizza assicurativa nel caso in cui il valore di quanto contenuto all’interno della cassetta di sicurezza superi la copertura garantita dalla banca che di solito è di 5.000 euro.

Anche se i beni depositati risultano tutti di lecita provenienza, è opportuno sapere che un’anagrafe tributaria sempre più dettagliata è ormai in grado di raccogliere informazioni fiscali e finanziarie anche dai Paesi esteri, non garantisce una completa privacy e/o anonimato e, pertanto, sarebbe consigliabile fare molta attenzione quando si pensa di custodire denaro o altri oggetti di dubbia provenienza presso il caveau di una banca.

Di fatto, chi firma il contratto con un Istituto bancario per l’apertura una cassetta di sicurezza lo comunica anche all’Agenzia delle Entrate che comunque, per procedere ad una eventuale apertura forzata della stessa, dovrà portare al Giudice valide motivazioni. Non basta l’esigenza di un normale accertamento fiscale per poter consentire al Fisco il lusso di aprire le cassette di sicurezza.

Questo comporta che, se a prima vista risulta evidente che una cassetta di sicurezza non possa garantire il totale anonimato nei confronti del Fisco e delle Autorità Giudiziarie, consente comunque una discreta garanzia di riservatezza e, visto i tempi lunghi e le formalità burocratiche da rispettare per forzarne l’apertura, anche la possibilità di svuotarla prima che l’Agenzia delle Entrate passi all’incasso.

   

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