I patti di famiglia per la tutela della continuità aziendale
Tra gli aspetti più importanti relativi alla cosiddetta, continuità di impresa, assume una posizione di rilievo la pianificazione del passaggio generazionale, un tema piuttosto complesso anche alla luce del fatto che nel nostro Paese sono considerati nulli i, cosiddetti, Patti successori.
I Patti successori fanno parte i quelle categorie di contratti o atti unilaterali che si riferiscono alla successione di una persona non ancora defunta, che vincolano la persona a disporre a favore dell’uno o dell’altro discendente, nonché ogni accordo relativo a diritti in caso derivanti dalla futura successione di un terzo e ogni atto di rinunzia a successioni non aperte. Nella legislazione italiana, come detto, l’art. 458 del Codice civile sancisce la nullità di tali accordi
Per ovviare a questo problema, il legislatore ha dato la possibilità all’imprenditore di gestire il passaggio generazionale della propria azienda, attraverso il trasferimento dell’azienda stessa, o di quote del capitale della società di famiglia, ad uno o più discendenti (scelti dall’imprenditore), evitando così contrasti futuri per la eventuale spartizione dell’eredità.
I Patti di famiglia sono una importantissima novità in un Paese caratterizzato dalla massiccia presenza di aziende familiari che, troppo spesso, incappano in problemi, spesso irrisolvibili, alla morte del titolare, allorché gli eredi si trovano costretti a prendere in mano le redini dell’impresa.
Come noto, infatti, non tutti hanno la volontà, la stoffa e l’entusiasmo per portare avanti il lavoro dei genitori e, proprio per evitare contrasti, o peggio, il disgregamento dell’impresa, questo istituto nasce per conciliare il diritto dei legittimatari e, allo stesso modo, le esigenze dell’imprenditore che intende garantire un futuro alla propria impresa attraverso una successione mirata a favore di uno o più discendenti, a seconda della loro volontà e propensione al proseguimento dell’attività.
All’interno di un quadro legislativo, quello italiano, che in materia di successioni ha messo dei paletti piuttosto stretti e non consente, ad esempio, di stipulare atti e/o contratti che abbiano ad oggetto una futura successione, che impegnino a favore di uno o più eredi parti del patrimonio, non tenendo conto della quota di legittima dovuta per legge a tutti i discendenti e che non può essere intaccata da donazioni o altre disposizioni che ledano gli interessi dei soggetti interessati, la trasmissione delle quote di una eventuale impresa di famiglia, con la finalità che la stessa possa continuare l’attività e prosperare anche in futuro, rappresenta un problema estremamente sentito.
Premesso che il divieto dei patti successori rispecchia in pieno i principi giuridici sopra esposti, pone però dei grossi limiti al modello imprenditoriale italiano basato principalmente sull’impresa familiare, al punto che da più di un decennio, e anche su esplicita richiesta dell’Unione Europea, si sta cercando di porre rimedio a questa anomalia, attenuando, in qualche modo, tale divieto per le questioni dei passaggi generazionali delle imprese.
Per andare ancora maggiormente nel dettaglio del problema, quando si pensa ad un passaggio generazionale e l’imprenditore ha più discendenti restano due nodi fondamentali da sciogliere:
- individuare, tra gli eredi, dell’imprenditore quello più idoneo a prendere il posto dello stesso nella gestione dell’impresa;
- la spartizione in modo equo dell’intera eredità, accontentando anche chi verrebbe, in qualche modo, escluso dall’assegnazione di quote societarie.
I patti di famiglia, così come modificati nel 2006, hanno in qualche modo risolto questo problema dando la possibilità all’imprenditore di decidere chi proseguirà l’attività di impresa, evitando così successive contestazioni relative alle quote di legittima, accontentando quindi anche chi verrebbe escluso dall’impresa stessa rispettando in pieno la legittima.
Indice:
A cosa servono i Patti di famiglia
Il fine ultimo di questo istituto, come già anticipato, è quello di permettere agli imprenditori di garantire il passaggio generazionale della propria impresa nelle mani dei discendenti, solo ed esclusivamente, nell’interesse della continuità aziendale evitando la frammentazione della titolarità che avverrebbe con il naturale passaggio attenendosi alle regole della legittima, stipulando un vero e proprio contratto con tutti gli eredi.
E’ l’articolo 768-bis del Codice Civile a darci una definizione esatta di Patto di famiglia “È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.”
Questa normativa è l’unica che consente, in qualche modo, di bypassare il divieto dei Patti successori, ed è finalizzata ad anticipare le disposizioni successorie quando il titolare dei beni è ancora in vita.
L’elemento fondamentale che consente il superamento del divieto dei Patti successori è l’oggetto del trasferimento, ovvero, l’azienda; pertanto è possibile stipulare questo tipo di contratto, solo ed esclusivamente, per il trasferimento di aziende o partecipazioni societarie che consentano il controllo di esse: senza questo tipo di oggetto, o per altri beni, il patto di famiglia risulta essere non valido in quanto in esplicita violazione del divieto dei Patti successori.
Non sarà possibile, ad esempio, stipulare un Patto di famiglia per il trasferimento ad uno o più eredi della casa al mare, o di qualsiasi altra proprietà immobiliare estranea all’attività di impresa.
Come deve essere stipulato il Patto di famiglia
Il Patto di famiglia per essere considerato valevole e per veder realizzato quanto stabilito al suo interno, deve essere redatto tramite atto pubblico tra i seguenti soggetti:
- il cedente (imprenditore);
- i discendenti assegnatari dell’azienda;
- i discendenti non assegnatari;
I discendenti possono essere: la moglie, se ancora in vita, i figli naturali e adottivi, i nipoti dell’imprenditore se i loro genitori non sono più in vita, e tutti i legittimatari. E’ fondamentale che alla stipula del Patto di fronte al notaio siano presenti tutti, perchè la sola assenza di uno di questi soggetti comporterebbe l’impugnabilità del contratto da parte del soggetto escluso, che porterebbe all’annullamento di tutti gli accordi e le disposizioni in esso contenute.
Qualora uno dei legittimatari fosse minorenne sarà necessaria l’autorizzazione preventiva del giudice tutelare, che verrà concessa solo in funzione di una evidente utilità o necessità per il minore del Patto stesso, e che consentirebbbe al minore stesso di essere rappresentato dalla figura dell’altro genitore (lo zio, ad esempio), qualora non sia ravvisabile dal giudice un possibile conflitto di interessi.
E’ inoltre utile sottolineare che il Patto di famiglia non rappresenta una disposizione testamentaria, pertanto, gli accordi sottoscritti al suo interno hanno efficacia immediata, il che comporta il passaggio della proprietà dell’impresa dall’imprenditore cedente agli assegnatari appena dopo la firma in calce dal notaio.
Come funziona il Patto di famiglia
Abbiamo visto che il Patto di famiglia si basa sul principio del mantenimento di una certa continuità aziendale consentendo all’imprenditore cedente di scegliere gli assegnatari, o l’assegnatario, dell’azienda o della maggioranza delle quote di partecipazione in essa ad uno o più discendenti da lui selezionati, escludendone però altri.
In questo modo verrebbero bypassate tutte le normative relative alla legittima, in quanto, tali accordi verrebbero stipulati in modo da rispettare, comunque, i diritti di tutti i legittimatari… Ma in che modo?
Molto semplicemente, trasferendo la partecipazione dell’impresa ai discendenti prescelti che dovranno, a loro volta, liquidare gli altri familiari che non continueranno l’attività aziendale attraverso una compensazione che potrà avvenire in denaro o in natura, salvo l’esplicita rinunzia degli stessi da dichiarare con atto separato. In questo caso parliamo di patto di famiglia orizzontale.
Nel caso in cui sia lo stesso imprenditore cedente a trasferire la proprietà dell’impresa ad alcuni discendenti assegnatari e liquidare i restanti, direttamente con il proprio patrimonio, con il fine di rispettare, comunque, le quote di legittima, parleremo di patto di famiglia verticale.
Alla morte dell’imprenditore cedente pertanto, quanto ceduto attraverso il Patto di famiglia non entrerà a far parte dell’asse ereditario in quanto tutti i legittimatari sono già stati soddisfatti, dall’imprenditore stesso o dagli assegnatari dell’impresa, con la liquidazione del controvalore.
Nel caso in cui, dopo la stipula del patto, subentrassero altri legittimatari, come ad esempio, nuovi figli che potrebbe avere l’imprenditore, o un’altra moglie, è prevista per questi ultimi la possibilità di chiedere ai beneficiari del Patto una somma pari alla loro quota non percepita. In caso di rifiuto, o eventuali controversie relative a questo ultimo punto, sarà possibile per i nuovi legittimatari l’impugnazione del Patto di famiglia, a suo tempo, stipulato.
Impugnazione del Patto di famiglia
Nel caso di controversie future relative al Patto di famiglia stipulato sarà necessario, prima di adire alle vie giudiziarie, rivolgersi preventivamente ad un organismo di conciliazione stragiudiziale previsto dalle normative in tema di diritto societario. Una mediazione dinnanzi, ad esempio, ad un ente che abbia ottenuto il riconoscimento dal Ministero della Giustizia, con la necessaria presenza di un avvocato.
Tra i motivi di una possibile impugnazione del Patto di famiglia, oltre alla stipula senza la presenza di un soggetto legittimatario, possiamo rilevare, ad esempio, un eventuale “vizio del consenso“, riscontrabile quando uno dei firmatari del Patto sia stato costretto con la violenza o con l’inganno a sottoscrivere l’accordo.
In tutti i casi, l’annullamento può essere richiesto entro un tempo particolarmente ristretto: un solo anno.
Nel caso di decesso dell’imprenditore cedente, qualora alcuni legittimatari fossero stati esclusi dalla stipula del Patto, potranno chiedere agli assegnatari dell’azienda, in alternativa all’annullamento tramite impugnazione del Patto stesso, la liquidazione di quanto spettante per la loro quota di legittima. In caso di mancato pagamento o rifiuto, sempre entro il termine di un anno, potranno procedere all’impugnazione del Patto di famiglia.
Come si può sciogliere o modificare il Patto di famiglia
Il Patto di famiglia redatto per atto pubblico può essere sciolto soltanto attraverso un ulteriore atto pubblico, nello specifico da:
- un nuovo Patto di famiglia;
- una dichiarazione di recesso o scioglimento dei partecipanti certificata da un notaio.
Ovviamente, affinché i due atti successivi abbiano validità è resa necessaria la presenza di tutti i partecipanti alla costituzione del Patto di famiglia originario, se ancora in vita.
Neutralità fiscale del Patto di famiglia
Il trasferimento a titolo gratuito dell’impresa di famiglia dell’imprenditore cedente ad uno o più legittimatari, non comporta alcuna imposizione fiscale su chi acquisisce le quote né su chi le cede, in quanto, tale trasferimento non realizzerebbe una plusvalenza nel caso in cui i destinatari proseguano l’attività agli stessi valori riconosciuti in capo al genitore cedente.
L’unico caso in cui tale trasferimento potrebbe essere oggetto di tassazione sarebbe quello di un passaggio di proprietà con finalità diverse dalla mera continuazione dell’esercizio di impresa.
I Patti di famiglia sono esclusi anche dal pagamento di imposte indirette come, ad esempio, le tasse di successione o quelle sulle donazioni se rispettano le condizioni previste dall’art. 3 D.Lgs. 346/90 comma 4-ter:
- gli assegnatari dell’azienda devono dichiarare, in una parte specifica dell’atto stipulato dinnanzi al notaio, la volontà di proseguire l’attività aziendale o la continuazione del controllo della stessa per almeno 5 anni;
- nel caso di trasferimento di quote di partecipazione di società di capitali, quelle trasferite attraverso il Patto di famiglia, per godere della neutralità fiscale, dovranno consentire al destinatario il controllo assoluto della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria della società.
Se non venissero soddisfatte queste due condizioni sarà dovuta l’imposta sulle donazioni sul valore delle quote ricevute.
Perchè il Patto di famiglia è poco utilizzato
Abbiamo visto come i Patti di famiglia vengano in soccorso agli imprenditori che desiderino garantire la continuità aziendale anche dopo la loro dipartita, dando loro la possibilità di organizzare al meglio il passaggio delle quote ai discendenti più meritevoli e desiderosi di proseguire l’attività di impresa del padre.
La situazione a cui si è cercato di porre rimedio attraverso i Patti di famiglia è nota a tutti: quando le aziende passano ai figli, con molta frequenza si vengono a creare i problemi più disparati che portano alla disgregazione dell’impresa entro pochi anni. Più della metà delle aziende non superano il primo passaggio generazionale, mentre non più del 15% supera il secondo passaggio.
Ciononostante, una soluzione di questo genere che potrebbe in qualche modo favorire la continuità aziendale anche dopo la morte dell’imprenditore titolare stenta a prendere piede per alcuni motivi fondamentali, primo fra tutti, la poca propensione da parte degli imprenditori a spossessarsi dei loro beni, ma in particolare perchè parrebbe non tutelare sufficientemente i non assegnatari delle quote societarie che potrebbero apparire in qualche modo svantaggiati.
Da un punto di vista strettamente legato alle disposizioni legislative, infatti, il Patto di famiglia non ha regole precise che vincolano particolarmente tale passaggio, e proprio questa carenza normativa lo rende uno strumento che fa storcere il naso agli “esclusi”. Infatti, se da una parte i figli assegnatari delle quote societarie dovrebbero accettare con entusiasmo e competenza la nuova responsabilità conferitagli dal padre imprenditore, anche gli esclusi dovrebbero, in qualche modo fidarsi delle disposizioni del padre in tema di suddivisione del patrimonio. Cosa non semplice con la carenza di normative specifiche al riguardo.
D’altra parte l’istituzione del Patto di famiglia è stata fatta per superare le restrizioni presenti nel nostro ordinamento dettate dai Patti successori, provando ad agevolare il passaggio generazionale delle imprese e lasciando libertà di formalizzare gli accordi per il trasferimento delle quote societarie ai discendenti assegnatari senza troppi paletti secondo il principio che l’assenza di vincoli avrebbe, in qualche modo, “salvato” più imprese liberandole dalle limitazioni, spesso soffocanti, del diritto ereditario.
Tutto questo può essere vero ma è altresì vero che la carenza normativa in materia, e la troppa libertà di poter decidere da parte dell’imprenditore, potrebbe in qualche modo danneggiare i discendenti non assegnatari che, per l’appunto, non sempre sono così propensi ad accettare di buon grado la sottoscrizione di tali accordi che li priverebbero di una parte, legittima, della loro futura eredità.
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