Come gli italiani evadono le tasse…

Premetto che ho deciso, dopo lunghe notti trascorse a valutare se fosse il caso o meno di scrivere questo capitolo, di inserirlo pur sottolineando prima ancora di cominciare a scrivere, che questo non vuol essere un incentivo ad evadere le tasse, tanto meno voglio dare dei suggerimenti su come eludere il fisco ad imprenditori, liberi professionisti e gente comune.

Evadere il fisco è illegale, pericoloso e, se nel breve periodo potrebbe portare dei benefici, alla lunga, ti mette in una condizione molto pericolosa, ovvero il rischio che un eventuale frode fiscale scoperta dalla polizia tributaria, dall’Agenzia delle Entrate, o dalla Guardia di Finanza possa portare al rischio, non solo di pagare salatissime sanzioni amministrative ma che possa addirittura comportare reati penali o la reclusione.

Indice:

  • Periodo di reclusione per gli evasori: tempi duri per chi evade il fisco che con le nuove leggi potrebbe vedersi crollare addosso sanzioni molto più gravi che nel passato. Per i reati di frode fiscale infatti, potrebbero scattare gli arresti fino a 3 anni di carcere. La trasmissione di atti falsi o di comunicazioni all’amministrazione finanziaria con notizie non rispondenti al vero diventano un vero e proprio rischio per i contribuenti;
  • Reati penali: sottolineo per prima cosa che possono dar luogo a sanzioni che sfociano nel penale, non soltanto i comportamenti volutamente illeciti, ma anche gli errori più comuni nella compilazione delle dichiarazioni fiscali. Va da se che l’emissione di fatture false, la deduzione di costi inesistenti per abbattere l’utile, lo sfruttamento di agevolazioni non dovute potrebbe portare a reati che sfociano nel penale per i responsabili legali delle società che utilizzano questi stratagemmi e ovviamente per le persone fisiche “pinzate”. Per una sola  fattura falsa, gli evasori possono rischiare da 6 mesi a 2 anni di reclusione.
  • Pene accessorie: nei casi di reati penali a fronte di frodi fiscali, oltre alla pena reclusiva comminata, potrebbero scattare, nei casi più gravi,  le cosiddette sanzioni accessorie come l’interdizione ai pubblici uffici per un periodo di almeno 6 mesi e ancora l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria.
  • Mancata dichiarazione: anche nel caso in cui si ometta, volutamente o non, la dichiarazione dei redditi, le sanzioni applicate possono essere salatissime. Nei casi di evasione di imposta superiore ai 30.000 euro la norma prevede una reclusione fino a 3 anni per il “furbetto” che se ne rende protagonista. Tra l’altro, nei casi di mancata dichiarazione, il reddito sarà calcolato sulla base delle presunzioni fatte dagli enti preposti al controllo fiscale: credetemi che non è assolutamente conveniente che siano loro a determinare il vostro reddito, infatti le sentenze finora emesse hanno sempre accertato redditi imponibili decisamente più alti di quelli che avrebbero dichiarato le parti accertate. Questo modus operandi  fa si che nella maggior parte dei casi, l’evasore si sia visto applicare sanzioni decisamente più elevate, anche più del doppio.

Restando sempre nell’ambito dell’evasione fiscale, vediamo infine quali condotte prefigurano un reato penale con le relative sanzioni.

  • Dichiarazione fraudolenta: nei casi in cui vengano inseriti in dichiarazione costi inesistenti per abbassare il reddito imponibile, attraverso fatture false o tramite alterazione delle scritture contabili, sussiste un reato se l’imposta evasa supera i 30.000 euro e se i redditi non dichiarati superano il 5% o 1,5 milioni di euro. La sanzione penale varia da 1 anno e 6 mesi a 6 anni di reclusione.
  • Dichiarazione infedele: si tratta di dichiarazioni fiscali non veritiere laddove però non venga dimostrato un impianto fraudolento volto all’evasione fiscale ma comunque consapevole e volontario. Sussiste reato penale se l’imposta evasa è superiore a 150 mila euro, oppure i redditi non dichiarati superano il 10% di quelli accertati o comunque i 3 milioni. La sanzione penale varia da 1 a 3 anni di reclusione.
  • Omessa dichiarazione: la non presentazione delle dichiarazioni fiscali obbligatorie (redditi, IVA, 770), dopo i 90 giorni dai termini, da luogo ad un reato penale se l’imposta evasa supera i 50 mila euro. La sanzione penale varia da 1 a 3 anni di reclusione.
  • Emissione di fatture false: emettere fatture per operazioni inesistenti con lo scopo di consentire ad altri contribuenti di abbassare il loro reddito imponibile e detrarre l’IVA, comporta sempre una sanzione penale a prescindere dagli importi di tali fatture false. La pena varia da 1 anno a 6 anni di reclusione.
  • Distruzione o occultamento di documenti contabili: anche l’occultamento o la distruzione di documenti, la cui conservazione è obbligatoria, che non consentirebbe alle autorità preposte di risalire al reddito o al volume d’affari, comporta di per se un reato penale con pene che variano da 6 mesi a 5 anni di reclusione.
  • Compensazioni di crediti fraudolente: sono previste sanzioni penali anche in  caso di compensazioni fraudolente effettuate per eludere il fisco sopra i 50 mila euro. Ad esempio, se si indicano crediti inesistenti, si potrebbe incorrere nella reclusione fino a 1 anno e 6 mesi. Per chiarire meglio questo punto è utile sottolineare che, laddove si verifichi una compensazione maggiore rispetto al credito esistente, la sanzione sarà la solita, ovvero al 30% più interessi dell’imposta non pagata. Quando invece le compensazioni vengono effettuate con un credito inesistente del tutto, senza che sia presente alcun elemento probatorio a conferma della buona fede della compensazione effettuata, si entra nell’ambito delle compensazioni fraudolente e, ovviamente, nel caso di accertamento, spetterebbe al contribuente produrre qualche elemento documentale che provi il fatto che la compensazione, seppur erroneamente effettuata, sia stata effettuata in buona fede.

NB. Non esiste sospensione condizionale della pena se l’imposta evasa è maggiore del 30% del volume d’affari o se supera i 3 milioni di euro.

 

Come evitare le sanzioni penali in caso di evasione fiscale accertata

Se dovessi essere scoperto, ovvero, qualora a fronte di un accertamento risultassi essere passibile di punibilità per omesso versamento delle imposte, dell’IVA, delle ritenute d’acconto, ecc., potresti salvarti dalle sanzioni penali, qualora fossi in grado di pagare completamente il tuo debito tributario comprensivo di sanzioni e interessi prima del dibattimento. Diciamo che sarebbe paragonabile ad una sorta di cauzione per salvarti da guai peggiori.

Stesso discorso qualora decidessi di avvalerti del ravvedimento operoso nei casi di omessa dichiarazione o dichiarazione infedele, entro il termine di presentazione della relativa dichiarazione per il periodo di imposta successivo a quello “incriminato”.

 

Come fanno gli italiani ad evadere le tasse?

Con questa introduzione all’argomento, spero di averti scoraggiato in qualche modo, ad intraprendere pratiche illegali per non pagare le tasse, perchè, come vedi, le sanzioni sono pesantissime e soprattutto incorrere in un processo penale significa rischiare condanne, ma soprattutto, oltre alle sanzioni amministrative che sarai costretto a saldare, perchè il debito con fisco non si estingue solo con la sanzione penale, ti troverai a dover pagare cifre piuttosto elevate di spese legali e avvocati. Io al tuo posto preferirei andare a dormire sereno e tranquillo la notte…

Detto questo, però, ho deciso di pubblicare un elenco di stratagemmi utilizzati dai fantasiosi italiani per ridurre “in qualche modo” il loro carico fiscale, allo scopo di metterti in guardia a non imitare questi “furbetti”, pur essendo consapevole del fatto che la crescente pressione fiscale in concomitanza con la crisi, quasi incentivano e rendono allettanti questi metodi.

E la cosa più sorprendente è che non sono solo imprenditori e liberi professionisti ad evadere le tasse, come i benpensanti sostengono, ma, da una recente indagine della Banca d’Italia, è emerso che i tassi di evasione in Italia sono così ripartiti:

  • 83% per i proprietari di terreni e immobili;
  • 56% per i lavoratori autonomi e gli imprenditori;
  • 44% per i dipendenti o pensionati che svolgono un secondo lavoro.

Come a dimostrare che gli italiani sono “tutti sulla stessa barca” e “remano” nella stessa direzione per evitare di essere lasciati in mutande dal fisco.

Io condanno ogni forma di evasione fiscale, anche se, interfacciandomi con tantissimi contribuenti, sento parlare troppe volte di “rapina fiscale” e spesso l’evasione viene considerata come una sorta di protezione.

Io preferisco invece incentivare tutti i contribuenti ad imparare le regole fondamentali del fisco e sfruttarle a loro favore per ridurre il carico fiscale in modo lecito.  No evasione, no trucchetti per abbassare il reddito, perchè le persone oneste pagano le tasse e vivono serenamente la loro vita lavorativa e familiare.

Conoscere il fisco ti consente di sfruttarlo come un tuo alleato per pagare meno tasse evitando di incorrere in  sanzioni e controlli da parte della Guardia di Finanza, ma soprattutto di pagare solo quanto effettivamente dovuto e nulla di più come almeno l’80% degli italiani sistematicamente fa.

Ma in Italia purtroppo, sono ancora troppi, quelli che trovano più comodo utilizzare degli stratagemmi illegali che qui andrò a riassumere:

 

1) SOCIETA’ NO PROFIT E SOCIETA’ SPORTIVE DILETTANTISTICHEè ormai prassi comune di molti imprenditori e liberi professionisti, per abbassare l’utile imponibile, dedicarsi alle attività benefiche o ludiche, regalando i loro soldi, spinti dal “buonismo tipicamente italiano“, alle ONLUS, o per il sostengo delle attività di qualche associazione sportiva dilettantistica che opera nelle vicinanze.

Perchè questa generosità in periodi in cui spesso si fa fatica a pagare i fornitori, le tasse e i dipendenti?

La risposta è semplice: perchè nella maggior parte dei casi, gli importi versati a queste associazioni risultano essere molto più elevati rispetto a quelli che le associazioni effettivamente trattengono. Succede infatti che a fronte di “donazioni” o “sponsorizzazioni“, le fatture emesse dalla ONLUS o dalla A.S.D., siano, per così dire, un po’ gonfiate, sfruttando il fatto che le associazioni paghino le imposte sui ricavi al 4%, a differenza degli imprenditori che mediamente pagano il 30%. Fare beneficenza, o sostenere le associazioni sportive, facendo il “gioco delle 3 carte“, potrebbe far risparmiare agli imprenditori più del 20% di tasse, pagando le “salatissime” fatture alle associazioni e vedendosi poi tornare indietro una fetta sostanziale di quanto pagato, in in contanti dentro una valigetta.

Ma i più ingegnosi si sono fatti essi stessi promotori di qualche causa benefica, aprendo una ONLUS, oppure dando vita a società sportive dilettantistiche che sfruttano come “macchine” per detassare buona parte dei loro utili, infatti i redditi di impresa, generosamente devoluti alla Onlus o alla A.S.D., subiranno un prelievo fiscale notevolmente più basso rispetto a quelli che dichiarerà l’impresa, secondo la semplice equazione “più doni, più detrai“.

 

2) MANCATA EMISSIONE DELLO SCONTRINO FISCALE:  è risaputo che il modo più classico di evadere sia quello di non battere lo scontrino fiscale. E succede molto più spesso di quanto si possa immaginare, in un mondo frenetico, spesso, quando si prende un caffè e si scappa via lasciando l’euro accanto alla tazzina, capita molto raramente che il barista ci fermi dicendoci “ehi lo scontrino!“.

Sono tantissimi gli esercizi commerciali che, quando possono, evitano di battere lo scontrino, ed è facile intuirlo dalle numerazioni di quelli emessi: quante volte vi è capitato, a metà giornata, di ricevere uno scontrino e buttare l’occhio sul numero? Ecco, prestando maggior attenzione al numero di scontrino emesso rispetto all’orario in cui è stato emesso potrete fare delle valutazioni sul modus operandi del commerciante.

Tra gli esercizi commerciali più avvezzi a questa brutta abitudine troviamo:

  • ambulanti di ogni tipo;
  • negozi di abbigliamento;
  • bar;
  • ristoranti e pizzerie;
  • panetterie.

Sembra che i più onesti siano invece alberghi, discoteche e lavanderie e che la regione con il più alto numero di violazioni di questo genere accertate sia la Campania.

 

3) FATTURE FALSE PER OPERAZIONI INESISTENTI: rappresenta uno dei sistemi più antichi e più utilizzati per evadere il fisco, ovvero l’inserimento tra i costi di esercizio di fatture per operazioni che non sono mai esistite. Un giochetto abbastanza semplice che consente ai titolari di impresa di abbassare il reddito imponibile aumentando a dismisura i costi di esercizio. E’ piuttosto ovvio che essendo operazioni inesistenti, spesso tali fatture restano impagate, anche se i più “precisini“, effettuano il pagamento tramite bonifico bancario o assegno, e quel che è stato pagato, al netto dell’IVA e di una piccola percentuale per il “favore” che resta alla società che ha emesso la fattura, gli viene restituito in contanti.

C’è da dire che i controlli sempre più serrati sui conti correnti bancari e il limite all’utilizzo del contante, hanno in qualche modo reso più difficili questi “magheggi“, ma è altresì vero che la buona e vecchia abitudine di iscrivere a bilancio costi per operazioni inesistenti è talmente ghiotta che difficilmente passerà mai di moda.

Ci sono tantissime ditte che riescono a vendere i loro prodotti senza fattura e hanno quindi rimanenze di magazzino da vendere (solo sulla carta), e quindi possono fatturare questi prodotti ad aziende anche hanno necessità di abbassare il loro utile. E da questa “operazione” ne trarranno beneficio entrambi, perchè l’imprenditore che riceverà la fattura potrà inserire a bilancio dei costi inesistenti per abbassare il proprio reddito imponibile, mentre chi emette la fattura, ovviamente, riceverà un piccolo compenso (10-15%) del totale della fattura, come “regalino” per il favore fatto al finto cliente.

 

4) FATTURE FALSE DA SOCIETA’ “CARTIERE”:  anche questo metodo, strettamente legato al precedente, rappresenta uno dei più utilizzati dagli imprenditori italiani per abbattere il proprio reddito imponibile attraverso la registrazione a bilancio di fatture false per operazioni inesistenti. Quello che però rende ancor più grave, rispetto al precedente, questo modus operandi, è che la società che emette la fattura è una cosiddetta “cartiera“, che non svolge una vera e propria attività, ma ha soltanto lo scopo di produrre false fatture, permettendo a chi le riceve di ridurre il proprio utile.

Va da sè, che queste cosiddette “società cartiere”, spesso non registrano nemmeno le fatture emesse, o se lo fanno, non versano nè IVA, nè le tasse a fine anno, e vengono messe in liquidazione entro poco tempo. Normalmente sono intestate a “prestanomi“, nullatenenti e difficilmente perseguibili dal fisco.

Anche in questo caso la stretta dell’Agenzia delle Entrare e gli elenchi clienti, hanno in qualche modo contrastato questo fenomeno che è comunque ancora in voga. L’imprenditore riceve la fattura, la paga e riceve dalla cartiera una busta con l’equivalente in contanti dell’imponibile pagato. L’IVA normalmente non viene restituita perchè rappresenta il “compenso” per la società cartiera che chiaramente non sarà mai versata al fisco. Spesso oltre all’importo dell’IVA la “cartiera” trattiene anche una piccola percentuale sull’imponibile (5-10%).

 

5) SOVRAFATTURAZIONE DEI COSTI SOSTENUTI: questo metodo rappresenta un surrogato dei precedenti, ma è molto più difficilmente individuabile attraverso i controlli della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate. E’ una pratica che viene utilizzata all’interno di veri e propri rapporti commerciali tra due società operative, o con professionisti, che registrano regolarmente le fatture e pagano tasse ed IVA.

Comporta l’indicazione in fattura di costi relativi ad operazioni realmente poste in essere, notevolmente maggiorati per permettere al committente di inserire a bilancio dei costi maggiori rispetto a quelli realmente sostenuti. Ovviamente, solo chi riesce a vendere parte dei propri prodotti o servizi senza emissione di fattura (in nero), potrà permettersi di emettere fatture con importi più elevati rispetto alle prestazioni effettivamente svolte, come ad esempio le aziende che vendono o lavorano sia con il pubblico, che spesso per risparmiare non vuol sentir parlare di fatture o ricevute, che con altre aziende, oppure le Onlus e le ASD che hanno la “fortuna” di avere un regime fiscale particolarmente agevolato.

Non credo ci sia bisogno di dirti che quello che viene fatturato in più, rispetto a quanto effettivamente svolto, viene solitamente restituito in contanti al committente.

 

6) SOTTOFATTURAZIONE DELLE OPERAZIONI: questa pratica va “a braccetto” con la mancata emissione dello scontrino fiscale, o fattura quando previsto, per le prestazioni effettuate. Sai bene quanto sia pericoloso, per chi è titolare di un esercizio commerciale, lasciare uscire dal proprio negozio un cliente senza scontrino. Fuori dal negozio potrebbe esserci la Guardia di Finanza che sanzionerebbe sia il cliente che il negoziante.

E allora come fanno i “furbetti” per aggirare l’ostacolo? Semplice, è sufficiente emettere uno scontrino con importi più bassi di quelli effettivamente incassati, partendo dal presupposto che il cliente lo butterà non appena uscito dal negozio e senza nemmeno guardarlo, e se dovesse anche accorgersene…: “mi scusi signora, ho sbagliato… sono mortificato, se vuole gliene faccio uno per la differenza…”

Pratica del tutto assimilabile alla sottofatturazione delle operazioni che consiste nell’emettere una fattura più bassa rispetto a quanto effettivamente si incassa, se il pagamento avviene a mezzo contante, specie se vengono emesse a clienti privati che non possono dedurne il costo. Vogliamo parlare anche dei medici che a fronte di un piccolo sconto del 20% non rilasciano alcuna ricevuta? Direi che è meglio glissare…

 

7) UTILIZZO DELLE CARTE ELETTRONICHE DI PAGAMENTO: è un boom di questi ultimi anni che ha in qualche modo sostituito il pagamento attraverso il denaro contante, un po’ scomodo, specie per le transazioni a distanza.

Data la scarsa tracciabilità dei movimenti su carte di credito ricaricabili e la facilità con le quali vengono concesse, è prassi comune, a fronte di prestazioni lavorative effettuate o per l’acquisto di beni e servizi a distanza, per evitare che le transazioni vengano tracciate facilmente, fare una ricarica alla carta di credito prepagata, magari di un prestanome.

Infatti,  tali operazioni, specie per importi inferiori a 1000 euro non sono soggette a grandi controlli, e in tal caso i prestanome, a volte titolari di decine di carte, possono aiutare gli imprenditori a “distrarre” parecchie somme di denaro incassate.

 

8) FRODI CAROSELLO:  è un sistema utilizzato dagli evasori che sfruttano il meccanismo per cui non si paga l’IVA negli scambi intracomunitari. Il furbetto, in questo modo, evade l’IVA attraverso la creazione di società fittizie “cartiere“, intestate a prestanome,  che fanno da tramite tra le aziende comunitarie e le aziende italiane che vendono sul territorio nazionale e non. E’ un procedimento piuttosto complesso che proverò a sintetizzare in poche righe. Supponiamo di avere 3 società:

  • Società A: Fornitore comunitario
  • Società B: Società Cartiera con sede in Italia
  • Società C: Cessionario nazionale

Ipotizzando che il fornitore comunitario venda fittiziamente un bene per un valore di 100 € alla società cartiera, non verrà addebitata alcuna somma in termini di IVA, in quanto si tratta di cessione Intra UE (operazione non imponibile). A questo punto, la società B venderà fittiziamente lo stesso bene al cessionario nazionale (società C) sul quale verrà però addebitata il 22% di IVA in quanto la vendita avviene tra due soggetti italiani. Questo comporterebbe un esborso da parte della società C di € 122 verso la società cartiera, ovvero 100€ di imponibile + 22 di IVA. L’operazione si conclude con la rivendita, da parte della società C alla società A estera al prezzo di 100, senza addebito di IVA, trattandosi di operazione Intra UE.

Facendo questa operazione, neutra da un punto di vista economico, ogni soggetto paga il medesimo bene sempre 100 €, ma,  la società C, però, ha pagato apparentemente anche 22 € di IVA alla società cartiera,  che essendo solo una società di comodo, intestata ad un prestanome, non versa all’erario, spesso perchè non incassa nemmeno quella somma. Di conseguenza la società B potrà portare in detrazione un credito IVA di 22% che moltiplicato per tutte le operazioni fittizie messe in essere ogni anno, può davvero arrivare a “risparmiare” IVA per svariate migliaia di Euro.

In questa “complessa” triangolazione ovviamente non c’è spostamento di merci, ma soltanto un “giro di carta” utile a far maturare un credito IVA alla società C. La cartiera, essendo solo una società di comodo, avrà vita breve, normalmente 1 anno, ed essendo intestata a prestanomi, non perseguibili dal fisco perchè nullatenenti, scomparirà nel nulla, così come le operazioni fraudolente sapientemente messe in atto. La società cartiera infatti, di norma:

  • non svolge alcuna attività commerciale;
  • non istituisce alcuna scrittura contabile obbligatoria;
  • non presenta dichiarazioni fiscali;
  • non possiede alcun locale commerciale;
  • ha una vita di pochi mesi prima di esser messa in liquidazione.

In alcuni casi di frodi più sofisticate, viene infrapposta una società filtro tra la cartiera e la società C. Questa società riceve la fattura dalla cartiera e a sua volta fattura, con un minimo di ricarico, al successivo anello della catena. La società filtro viene utilizzata allo scopo di creare una sorta di schermo tra la cartiera e la società C. La società filtro, a differenza della cartiera e una società che istituisce e conserva scritture contabili, registra le fatture, compila e presenta le dichiarazioni fiscali, paga l’IVA e possiede una sede e una struttura, anche minima, per esercitare una propria attività.

 

9) SOTTOVALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI MAGAZZINO: rappresenta uno dei sistemi più facili da mettere in pratica, anche perchè non coinvolge soggetti terzi, ovvero quello di indicare a bilancio nelle voci “rimanenze di magazzino” e “lavori in corso su ordinazione”, importi notevolmente inferiori rispetto a quelli reali.

E’ utile sottolineare come queste due voci a bilancio, possono influenzare in modo rilevante la determinazione del reddito ai fini fiscali e la loro “alterazione” può davvero consentire un risparmio fiscale significativo..

La sottovalutazione può essere eseguita in due modi:

  • dichiarando quantità inferiori rispetto alla giacenza effettiva dei beni presenti in magazzino;
  • sottovalutando l’ammontare dei lavori infrannuali che verranno poi fatturati nel periodo di imposta successivo.

Paradossalmente, sistemi come quello appena descritto, vengono utilizzati spesso “al contrario” in periodi di crisi come questo, per alzare l’utile di esercizio di aziende che sono costrette a presentare in banca dei bilanci sennò deficitari, per il rinnovo dei fidi.

 

10) VERSAMENTO SU CONTI CORRENTE DI FAMILIARI, O PRESTANOME: capita non di rado, che professionisti o imprenditori, per eludere i controlli del fisco circa i pagamenti ricevuti in nero attraverso il contante, lo versino nei conti correnti di insospettabili come quello della nonnina pensionata che difficilmente verrà mai controllata o sospettata dal fisco.

I limiti all’utilizzo del contante di questi ultimi anni, hanno frenato un po’ questa tendenza, che resta però ancora molto attuale e utilizzata. Ovviamente bisognerebbe evitare di far confluire troppi soldi, o comunque non con cadenza sistematica nello stesso conto, perchè eventuali anomalie, anche sul conto della nonnina potranno essere segnalate al fisco dagli istituti bancari.

 

11) SOVRA-UTILIZZO DELLA SCHEDA CARBURANTI: molti imprenditori, utilizzano la cara e vecchia scheda carburanti, per dedurre i costi della benzina utilizzata dalle loro autovetture private. E’ necessario, possedere uno o più autocarri, e caricare sulla loro scheda carburanti anche la benzina utilizzata per l’auto privata. Se non si esagera è possibile indicare sulla scheda carburante un chilometraggio che non dia troppo nell’occhio a fronte di eventuali controlli, anche se non tutto quel che si acquista viene utilizzato effettivamente dall’autocarro.

 

12) UTILIZZO DI PRESTANOME O “TESTE DI LEGNO”: anche questo stratagemma risulta tra i maggiormente utilizzati, specie quando si aprono società con l’obbiettivo di mettere in pratica attività illecite o comunque di evadere il fisco senza rischiare, praticamente, nulla.

Chi trova un amico gli intesta una società“: secondo questo principio, molti imprenditori si sono serviti di parenti, amici o conoscenti, ovviamente nullatenenti, per intestar loro società, eleggendoli ad amministratore di diritto della società stessa, ovvero colui che risponde di tutte le obbligazioni assunte dalla “sua” azienda.

Chiaramente, l’amministratore di diritto è solitamente una persona appositamente assodata da chi effettivamente, da dietro le quinte, gestirà la società. Queste aziende normalmente vengono appositamente aperte per il compimento di atti illeciti e reati particolarmente gravi, come falso in bilancio, fatture false, reati fiscali e fallimentari, ecc. Le società cartiere, di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti, ad esempio, sono gestite da prestanome, ovvero persone che se anche venissero mai “pinzate” dal fisco, non avrebbero nulla da perdere.

Un’espediente, quello della “testa di legno“,  che va sempre di moda perchè risulta davvero difficile risalire ai veri e propri amministratori di fatto che stanno “dietro” alla testa di legno, perchè logicamente, i veri fautori di queste “truffe”, non compaiono in alcun documento societario. Di conseguenza gli amministratori di fatto resteranno impuniti, mentre a pagare saranno sempre i prestanome che però essendo nullatenenti, non avranno nulla da temere.

 

13) LA DOMICILIAZIONE SOCIETARIA: questo stratagemma consente stabilire una sede legale per una società, avendo a disposizione anche uno spazio fisico ad adibire a sede sociale.

La domiciliazione societaria è un servizio offerto da numerose agenzie che, a fronte del pagamento di un canone, permettono di stabilire la sede sociale presso uno degli indirizzi a loro disposizione. Tale indirizzo potrà essere inserito nell’atto costitutivo e comunicato all’Agenzia delle Entrate e alla Camera di Commercio. Tra i servizi compresi c’è anche quello della domiciliazione postale. Qualsiasi documento, postale o fiscale, giungerà all’indirizzo “domiciliato”, garantendo agli amministratori discrezione e riservatezza. Raccomandate, atti e qualsiasi altro documento recapitato a quell’indirizzo, verrà ritirato e consegnato al titolare.

La caratteristica fondamentale di questo servizio è la totale riservatezza che viene garantita ai clienti, ovvero quelli che gestiscono la società e che, per qualche svariato motivo, hanno la necessità di operare in maniera discreta. Va da se che molte società aperte per motivi più o meno leciti, si avvalgano di questi sistemi per evitare di fornire una sede fisica per poter essere rintracciati.

 

14) IL CONTO CIFRATO: un sistema che sta ormai tramontando e che garantiva un soglia di riservatezza piuttosto elevata se aperto in paesi protetti dal segreto bancario. Una volta era la Svizzera a farla da padrona per questo tipo di rapporti bancari. Si andava oltreconfine, in una qualsiasi banca e si apriva un conto bancario con la caratteristica fondamentale di avere solamente un numero per essere identificato, in nome e in luogo del reale intestatario che restava ignoto.

Aprire un conto un Svizzera garantiva la riservatezza del segreto bancario suggellata dalle leggi dello stato, pertanto, la maggior parte di questi rapporti veniva utilizzato per conservare soldi in nero, con la tranquillità che nessuno avrebbe fornito al fisco le generalità dei titolari di tali rapporti.

Utilizzando questi conti bancari, i documenti delle transazioni, estratti conto e ricevute bancarie non riporteranno alcun intestatario, ma soltanto il numero di identificazione del conto, nulla verrà spedito al titolare residente all’estero per garantire la totale riservatezza del rapporto. Tutta la documentazione prodotta dalla banca, solitamente viene conservata in una cassetta di sicurezza a disposizione del titolare del conto, che può consultare solo presso la sede della banca. Una volta consultati i documenti, vengono distrutti a cura della banca stessa, non lasciando traccia alcuna del rapporto in essere.

Le cose sono cambiate negli ultimi anni, infatti la Svizzera, per non restare nella black-list dei paesi a fiscalità privilegiata, ha stipulato un accordo con il fisco italiano che prevede la fine del segreto bancario dal 2017.  Solo dopo questa data il fisco italiano potrà richiedere informazioni bancarie in riferimento ai cittadini italiani che hanno avuto rapporti con le banche svizzere. Le informazioni però non riguarderanno il quinquiennio 2005-2009.

Il segreto bancario, quindi, offerto in Europa dalla Svizzera, è ormai storia vecchia, come per il Liechtenstein, e per il resto dei Paesi Ue, in seguito all’accordo firmato per lo scambio “automatico” dei dati bancari e che entrerà ‘a regime’ dal 2017.

 

15) PERSONE TOTALMENTE SCONOSCIUTE ALL’ERARIO: ogni anno la Guardia di Finanza scova più di 5.000 individui che, senza partita IVA, senza nessuna registrazione contabile e di conseguenza senza pagare un solo euro di tasse al fisco, gestiscono società fittizie con giri di affari anche elevati. Si tratta di “non contribuenti”, ovvero persone totalmente sconosciute al sistema tributario nazionale, che lavorano in nero, comprano e vendono in nero, e chiaramente, non dichiarano nulla al fisco italiano. Soggetti che risultando “disoccupati” e hanno però un tenore di vita da nababbi. D’altra parte se mai nulla si dichiara all’erario, nemmeno la propria identità, è molto più difficile essere scovati piuttosto di chi, regolarmente registrato, non paga le tasse o prova ad evadere il fisco.

 

16) I LAVORATORI IN NERO: altro sistema vecchio come mio nonno, quello dello sfruttamento dei lavoratori in nero. Molte aziende per evitare di essere salassate dagli elevatissimi costi per il personale dipendente, specie in materia di contributi, ricorrono ai lavoratori in nero, che spesso sono persone in difficoltà che sfruttano a loro piacimento, facendo leva sui problemi di chi fa fatica ad arrivare a fine mese.

Ma in altri casi, si da lavoro ai pensionati che per “arrotondare”, offrono la loro professionalità, ovviamente in nero, ad aziende disposte a risparmiare soldi in contributi, assicurandosi spesso delle professionalità piuttosto elevate.

Ma le irregolarità poste in essere circa il personale che le aziende utilizzano, non riguardano soltanto i cosiddetti “lavoratori in nero”, infatti, spesso si utilizzano i titolari di partita IVA come se fossero dei veri e propri dipendenti, costringendoli però ad emettere fattura a fine mese. Un comportamento illecito, specie perchè, in molti casi, in questo tipo di rapporto si cela palesemente un rapporto di lavoro subordinato che però consente all’imprenditore di risparmiare parecchi euro di contributi, ferie, permessi, TFR, tredicesima, ecc.

 

17) I FALLIMENTI PROGRAMMATI E LE SCATOLE CINESI: va di moda, in questi tempi di globalizzazione, creare una serie di aziende controllate e controllanti, dentro e fuori dall’Italia, che concorrono per la realizzazione degli stessi obbiettivi e spesso gestite in modo occulto dalla stessa persona o dallo stesso gruppo. Un vero e proprio sistema di “scatole cinesi”, gruppi in cui è difficile capire quale sia la controllata, quale la controllante, e tra le varie aziende si verifichino ovviamente operazioni contabili, fatte con la sola finalità di alzare o abbassare il reddito imponibile dell’una o dell’altra.

Ma il “colpo grosso” avviene quando in un gruppo di aziende ben consolidato, viene costituita una nuova controllata, una s.r.l. intestata ad una “testa di legno”, destinata ad incorrere entro breve ad un “fallimento programmato“. Nel periodo di tempo in cui la società è operativa, acquista a credito beni a destra e a manca, si fa concedere fidi (cosa non semplice ma in qualche modo ancora possibile), e chiaramente, non paga alcuna fattura. Nel frattempo, emette fatture per prestazioni inesistenti alla società capofila che quindi potrà scaricare dal proprio bilancio dei costi per fatture che mai pagherà o che salderà vendendosi poi restituire gli importi in una valigetta in contanti.

Al momento del fallimento, i soci della s.r.l., non subiranno alcun danno patrimoniale se non quello relativo alla quota effettivamente conferita. E la situazione si ingarbuglia ancora di più quando ci si imbatte in rapporti tra aziende italiane ed extra UE.

 

18) LE CONTROLLATE ALL’ESTERO: come detto nel paragrafo precedente, è prassi comune, creare dei veri e propri sistemi di aziende, fatti da controllate e controllanti. A tal proposito vengono costituite delle strutture operative composte da una società madre e alcune società controllate. La società madre normalmente ha la sede fiscale in Italia mentre le controllate risiedono in qualche paradiso fiscale o comunque in paesi con una tassazione assai più leggera. E’ intuitivo comprendere come in queste complesse “collaborazioni”, si faranno confluire la maggior parte dei costi sull’azienda madre residente in Italia, mentre i ricavi saranno appannaggio delle aziende locate negli stati con una tassazione più favorevole.

 

19) RESIDENZA PRESSO LA SECONDA CASA: è prassi comune tra i coniugi, intestare la seconda casa a quello che dei due non è ancora proprietario di alcuna abitazione. E’ tipico il caso di coppie che vivono nell’abitazione di proprietà di uno dei due, e che l’altro sposti la sua residenza nella seconda casa per usufruire degli sconti per l’acquisto della “prima casa” che consentono di risparmiare il 6% relativamente alla tassa di registro e ancora parecchi soldi in termini di IMU visto per che la prima casa non si paga.

 

20) IL COMODATO IN AFFITTO: dal 2006 è possibile, per chi riceve in comodato gratuito un bene, percepirne un canone di locazione se lo stesso bene viene concesso in affitto ad un terzo. Il comodatario sarà obbligato a comunicare al fisco il ricavo conseguente dalla locazione di tale bene.

Questo permette ai proprietari di seconde case, aventi già un reddito, di concedere in comodato gratuito l’abitazione, ad esempio, ad un famigliare eventualmente senza reddito, che a sua volta potrà stipulare a suo nome il contratto di affitto con il locatario.

Il vantaggio fiscale di far diventare locatore del bene un famigliare senza reddito è ovviamente palese visto che, dichiarando a fine anno un reddito minino derivante solamente dalla locazione del bene, potrebbe consentire un risparmio ingente, specie se il vero proprietario percepisce altri redditi.

 

21) GLI AFFITTI IN NERO: sempre in tema di contratti di locazione, la cosa più semplice e diffusa, è quella dei contratti di locazione in nero. Sono migliaia i contratti di affitto “fantasma” attualmente in essere nel nostro paese. Nelle grandi città i più soliti fruitori di questo genere di contratto sono gli studenti universitari che, per risparmiare qualche euro, accettano di pagare in contanti al locatore l’affitto senza alcun tipo di registrazione. Stesso discorso per le case concesse agli immigrati, che, nella maggior parte dei casi, vengono affittate attraverso contratti irregolari o inesistenti.

Ma l’ultima frontiera è quella delle locazioni turistiche che col tempo sta avanzando in maniera esponenziale. «Fate un contratto?». «Per carità, io vado sulla fiducia. La parola conta più di tutto…». In questo modo, il magma sotterraneo degli appartamenti in affitto per qualche settimana di vacanza, quasi sempre senza contratto né ricevuta, concorre in modo cospicuo ad incrementare l’evasione fiscale in Italia. I proprietari delle abitazioni, situate in località turistiche, normalmente affittate per la villeggiatura estiva ad altrettanti inquilini provenienti da tutta Italia, non si sognano minimamente di inserire nelle rispettive dichiarazioni fiscali i canoni di locazione percepiti ricevendo i relativi compensi in contanti o attraverso vaglia postali per non lasciare traccia su conti correnti bancari.

 

22) LA SEDE SECONDARIA DELLA DITTA A CASA DEL TITOLARE: per poter scaricare dalle tasse, secondo le percentuali previste dalle leggi fiscali relative, le utenze della propria abitazione, viene indicata come sede secondaria dell’azienda la residenza privata di uno o più soci in modo da intestare alla ditta anche le relative utenze. Procedimento semplice e indolore, per questo particolarmente sfruttato.

 

23) PUOI DEDURRE QUALSIASI COSA SE SAI COME FARLO: ci sono imprenditori che non si lasciano sfuggire l’occasione di poter dedurre dai costi della propria impresa buona parte degli acquisti personali e familiari.

Mediante accorte fatturazioni, concordate preventivamente con i fornitori, è possibile inserire tra i costi dell’impresa articoli come gioielli, pranzi al ristorante, anche relativi a cerimonie, articoli di cartoleria, orologi che possono essere fatturati come spese promozionali e pubblicitarie per i loro clienti.

Queste spese, diventano interamente deducibili in termini di IVA, Irpef e Ires se non superano il prezzo unitario di 25,82 euro e, limitatamente ad un terzo ai fini Irpef, se il prezzo supera quella cifra.

 

24) LO STRAORDINARIO FUORI BUSTA: pratica utilizzata da aziende regolarmente costituite e che utilizzano del personale assunto a norma di legge. Capita spesso che, visto la maggior trattenuta fiscale operata sugli straordinari, risulti conveniente ad entrambe le parti, impresa e dipendenti, accordarsi per dichiarare un numero di ore inferiori a quelle effettivamente lavorate e pagare la differenza tra le ore svolte e quelle dichiarate in nero e in contanti.

 

25) LE FINTE SEPARAZIONI: la fantasia degli italiani porta anche a sfruttare gli stratagemmi più bizzarri. Ed ecco servita sul piatto d’argento la possibilità di pagare meno tasse sfruttando il fatto che il coniuge che riceve il cosiddetto assegno di mantenimento, dovrà al fisco soltanto il 9% sugli importi incassati.

Facciamo l’esempio di una coppia di coniugi in cui il marito ha un’attività e guadagni una cifra piuttosto elevata grazie alla sua azienda, mentre la moglie risulti disoccupata. Sui ricavi del marito l’imposizione fiscale può arrivare fino al 45%. Con una separazione consensuale, che oggi si può fare con pochi euro grazie ad un avvocato e a un giudice, trasferendo una parte dei guadagni del marito come “alimenti” nei confronti della moglie, che pagherà su di essi soltanto il 9%, è possibile ottenere un risparmio fiscale, sulle cifre destinate al “mantenimento”, del 36%.  Non male direi, e infatti si calcola che in Italia, almeno il 4% delle separazioni consensuali abbia questa finalità.

 

26) LA RESIDENZA FITTIZIA A LONDRA: il fenomeno del trasferimento fittizio di residenza all’estero è stato un espediente molto sfruttato in questi ultimi anni, anche se dal 2010 il fisco si è mosso in maniera molto attiva per scovare i furbetti che vivevano in Italia pur avendo la residenza fuori, proprio per evitare che redditi imponibili venissero sottratti all’imposizione dello Stato italiano.

Il fisco, non appena intercetta trasferimenti sospetti, si muove per ricercare elementi giuridici e di fatto per ricondurre la residenza fiscale del soggetto in Italia, in modo tale da riportare le sue imposte qui.

Per considerare un cittadino effettivamente residente all’estero si devono rispettare questi 3 parametri:

  1. Iscrizione anagrafica all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti all’estero)
  2. Domicilio e quindi sede principale degli affari all’estero
  3. Dimora abituale all’estero

Se anche uno solo di questi parametri non viene soddisfatto, allora il fisco italiano può venire a battere cassa. Tipici sono stati i casi di molti vips che, pur avendo la residenza a Londra, trascorrevano la maggior parte della loro vita in Italia, frequentando le palestre italiane, avendo utenze attive in Italia e molti dei loro interessi nel “bel paese”, sfruttando soltanto la residenza a Londra per garantirsi un miglior trattamento fiscale.

Per poter essere considerato un effettivo residente a Londra, e non avere problemi col fisco italiano, dovrai risiedere effettivamente nella città britannica per almeno 183 giorni l’anno (6 mesi), avere la sede della tua attività a Londra, e dimostrare con utenze, iscrizione a palestre e corsi scolastici, che risiedi effettivamente lì per la maggior parte dell’anno.

Per trasferire la residenza a Londra è necessario, in primo luogo, richiedere la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente al proprio comune, trasferendo la residenza nell’anagrafe dell’AIRE, ovvero l’anagrafe dei residenti all’estero entro tre mesi dal trasferimento nel “nuovo” paese.

Quello che è fondamentale sapere è, che pur essendo residente a Londra, il trasferito sarà comunque tassato in Italia per tutti i redditi prodotti nel nostro paese (principio di territorialità). Ecco dove sono “caduti” molti furbetti che hanno trascurato il fatto che pur essendo andati via, si sono comunque rivolti al mercato italiano per le loro attività di business.

L’iscrizione all’Aire non è quindi sufficiente per essere considerato a tutti gli effetti un cittadino residente all’estero, infatti, è necessario anche un requisito sostanziale, ovvero l’effettivo trasferimento della sede principale di affari, interessi e dimora abituale nello stato estero. Sarebbe addirittura consigliabile che tutta la famiglia si trasferisse nello stato estero per fugare tutti i dubbi che potrebbero sorgere a tal proposito.

In caso di controlli da parte del fisco italiano, il residente all’estero avrà l’onere di provare, attraverso documenti, la veridicità del suo trasferimento come ad esempio:

  • la locazione di un appartamento all’estero con regolare contratto di affitto e utenze intestate;
  • il trasferimento degli interessi e della propria vita all’estero;
  • sarebbe opportuno che anche la famiglia vivesse con il contribuente espatriato, all’estero;
  • l’accreditamento dei proventi nello stato estero di residenza del contribuente;
  • la partecipazione a riunioni di lavoro nello stato estero;
  • fatture e ricevute che dimostrino che per almeno 186 giorni l’annoo si sia effettivamente vissuto nello stato estero;

Perchè sia così conveniente, da un punto di vista fiscale per un italiano, trasferire la propria residenza a Londra è spiegabile in poche righe che danno però l’idea di quanto si possa risparmiare in termini di imposte:

  1. La tassazione di un’azienda a Londra è più semplice e conveniente rispetto all’Italia. L’aliquota che un’impresa londinese deve pagare è del 20% al raggiungimento di 340 mila euro calcolata secondo il sistema della Corporation Tax. Le aziende che non raggiungono questa cifra pagano ancora meno grazie ai numerosi sgravi fiscali presenti.
  2. La differenza sostanziale tra la tassazione del Regno Unito e quella italiana è che le imprese italiane subiscono una pressione fiscale complessiva del 65%, mentre quella inglese è solo del 33%.
  3. Nel Regno Unito la burocrazia quasi non esiste, specie se paragonata a quella italiana. Aprire una società e gestire i rapporti col fisco è decisamente più semplice e conveniente.

 

27) SOCIETA’ OFFSHORE:  le società offshore sono aziende costituite in uno stato estero, spesso in paesi molto lontani dal nostro e solitamente in centri finanziari con regimi fiscali particolarmente vantaggiosi, procedure burocratiche semplificate e dove esiste ancora il segreto bancario.

Creare un società offshore in un paese estero rispetto a quello di residenza della sua proprietà, spesso attraverso società fiduciarie, nasce dall’esigenza di ricercare condizioni fiscali più agevoli rispetto a quelli del paese di residenza.  Ecco perchè spesso si sceglie come sede uno dei cosiddetti “Paradisi fiscali”.

Costituire una società offshore in un paradiso fiscale è più semplice di quello che ci si possa aspettare, essendo quei paesi, orientati proprio ad accogliere nuove imprese ed imprenditori che incrementino il loro sviluppo economico. Procedure semplici, tempi di costituzione ridotti, e costi contenuti e la possibilità di fare tutto “per corrispondenza”.

Gli italiani sfruttano questo tipo di società, non solo per evadere il fisco, ma soprattutto per occultare le proprietà e in qualche modo proteggerle, sia dall’attacco del fisco stesso ma anche per preservarle da eventuali creditori o procedure fallimentari che possono colpire il contribuente in patria.

A Panama, per esempio, non si pagano le tasse quando il reddito viene prodotto fuori dal suo territorio nazionale. Non a caso è uno dei paradisi fiscali più gettonati dagli imprenditori. E non parlo solo di grandi finanzieri, politici e manager ultra-miliardari, perchè è davvero semplice, anche per i piccoli imprenditori, aprire una società a Panama servendosi di intermediari specializzati proprio in queste soluzioni. E’ fuori da ogni dubbio che, qualsiasi imprenditore con un reddito di 40-50 mila euro l’anno, possa ottenere dei grandi vantaggi sfruttando i paradisi fiscali.

Però, non è tutto oro quel che luccica, nel senso che anche riguardo a queste realtà, il fisco si sta muovendo per scovare gli imprenditori offshore, rendendo sempre più complesso il rimpatrio dei capitali dall’estero, ma soprattutto, per essere coperto, chi fa le cose per bene, deve mettere in piedi degli schemi di aziende, quasi inattaccabili dal fisco, perchè protetti da decine di altre società estere, succursali che spesso sono in perdita o intestate a prestanomi. Un procedimento quindi piuttosto complesso che protegge in qualche modo i capitali ma è pur sempre attaccabile se non viene fatto nel migliore dei modi. Esistono agenzie in Italia che forniscono questi servizi a dei costi relativamente contenuti, quindi sarebbe opportuno non improvvisare.

Ricapitolando vediamo quali sono vantaggi delle società offshore:

  • un regime di imposizione fiscale basso;
  • salvaguardia di immobili e risparmi;
  • ridotte formalità contabili e societarie;
  • il segreto bancario;
  • la possibilità di emettere azioni anonime al portatore;
  • bassi costi di costituzione e gestione della società;
  • capitale iniziale di costituzione irrisorio o comunque molto basso.

Gli svantaggi sono invece:

  • impossibilità di costituzione e gestione autonoma senza intermediari;
  • alcuni paesi richiedono agli investitori di avere una proprietà nel loro territorio;
  • difficoltà nel far rientrare i capitali dall’estero;
  • è un’attività che, come dimostra lo scaldalo Panama papers, può essere in qualche modo scovata dal fisco ed esiste il rischio di subire denunce per riciclaggio di denaro o evasione fiscale.

Vale anche la pena ricordare che l’utilizzo delle società offshore viene sfruttato nella maggior parte dei casi per la tutela patrimoniale e non per la produzione di beni o servizi. La maggior parte degli usi legittimi delle società offshore sono:

  • la protezione di beni e la tutela patrimoniale;
  • il commercio internazionale;
  • la registrazione di navi e yacht;
  • tutela della proprietà intellettuale;
  • pianificazione e tutela dei rapporti ereditari.

In conclusione è fondamentale informarsi in maniera approfondita caso per caso, o tramite persone fidate che risiedono dove si vuole aprire la società offshore, oppure puntando sulle numerose agenzie specializzate in questo genere di servizi ed in grado di offrire anche un’assistenza personalizzata a 360°. Non improvvisare!

Questi sono i 27 metodi più utilizzati dagli italiani per evadere o in qualche modo raggirare il fisco. Ricordo ancora che sfruttare questi stratagemmi per pagare meno tasse potrebbe diventare un’arma a doppio taglio, perchè, venir scoperti dalla Guardia di Finanza o dall’Agenzia delle Entrate potrebbe causare parecchi problemi e costi stratosferici tra sanzioni e interessi vari, nonchè comportare anche condanne penali.

Spesso sono proprio i consulenti fiscali e gli “esperti” che foraggiano  questi, e altri metodi illeciti per evadere il fisco, illudendo i loro clienti che attraverso qualche piccolo trucchetto esista la possibilità di risparmiare parecchi euro, ingrassando le loro parcelle per le consulenze prestate e mettendo il cliente in una posizione piuttosto rischiosa, considerando anche il fatto che i metodi anti-evasione utilizzati dalla polizia tributaria sono diventati davvero potenti e difficilmente consentono ai furbetti di agire indisturbati.

Evadere il fisco è illegale ed è un reato che spesso può sfociare nel penale e, infatti, ho voluto fortemente scrivere questo capitolo con l’intento di metterti in guardia da quali stratagemmi possono consigliarti i cosiddetti “sapientoni del fisco” per aggirare il problema tasse.

In Italia esistono molti strumenti legali che possono essere utilizzati per pagare meno tasse senza ricorrere a “magheggi”, con un’amministrazione oculata e soprattutto conoscendo tutte le regole e normative che permettono di agire nella legalità ed avere dei benefici maggiori rispetto a quelli derivanti dall’evasione fiscale.

   

Pagare Meno Tasse

Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...

 

                       
1 Comment
Francesco

Febbraio 12, 2019 @ 18:37

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Interessantissimo ed anch’io voglio fare tantissimi soldi!!!

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