Evitare il pignoramento della prima casa attraverso il “diritto di abitazione”

Scritto da Omar Cecchelani in Immobili

Un creditore, solitamente, cerca di far valere le proprie pretese aggredendo il patrimonio del debitore e sfruttando tutti i mezzi resi disponibili dal nostro ordinamento. Uno di questi è il pignoramento, ovvero uno strumento con cui è possibile richiedere l’espropriazione forzata, sia di beni mobili che immobili del debitore. Quando ad essere aggredita è l’abitazione di residenza, oppure una seconda casa, si parla di pignoramento immobiliare: rischio che qualsiasi persona vorrebbe a tutti i costi evitare.

A tal proposito, c’è chi pensa di ricorrere alla vendita, oppure alla donazione dell’immobile a rischio. In realtà, sarebbero soluzioni non praticabili e, nella migliore delle ipotesi, inutili visto che i creditori hanno facoltà di richiedere un’azione revocatoria entro 5 anni, al fine di rendere inefficaci gli effetti dell’alienazione o della donazione. Altri credono di aver trovato il rimedio al pignoramento ricorrendo all’usufrutto, ma anche tale mezzo non impedisce ai creditori di intentare azioni legali.

A questo punto sorge spontanea una domanda: esiste un modo per sfuggire al pignoramento immobiliare?

La legge consente sempre al creditore di agire in giudizio tuttavia, in alcune circostanze, esiste la possibilità per il debitore di attuare un minimo di protezione. Infatti, tra i diritti su immobili di altrui proprietà, vi è anche il cosiddetto diritto di abitazione. Una definizione molto poco utilizzata e sconosciuta ai più, in quanto viene spesso, erroneamente, indicata con altre terminologie. Il vantaggio di tale fattispecie è la sua non pignorabilità: aspetto che non cancella il rischio di veder espropriata l’abitazione ma, a seconda dei casi, permette al beneficiario di continuare ad occupare la casa.

Il diritto di abitazione si applica con una certa frequenza e consente al titolare di utilizzare una casa come domicilio anche se non di sua proprietà. Un classico esempio è il diritto di abitazione spettante al coniuge superstite. In tutti i casi in cui viene a mancare un coniuge, l’altro acquisisce il diritto di continuare a vivere nell’abitazione fino alla sua morte. Tutto ciò ha validità anche qualora l’immobile fosse passato di proprietà ad altri soggetti come, ad esempio, i figli legittimi eredi.

Un altro tipico esempio si manifesta quando il giudice pronuncia una sentenza di divorzio o di separazione. In presenza di una coppia con figli minorenni, il tribunale stabilisce quale genitore acquisisce il diritto di abitazione andando così a vivere con la prole nell’immobile coniugale. Molto spesso, nonostante la casa risulti di proprietà del marito, il giudice attribuisce il diritto di abitazione alla ex moglie.

In situazioni molto meno frequenti il diritto di abitazione può scaturire da un contratto, anche se solitamente si preferisce optare per la locazione, oppure per il comodato d’uso.

A prescindere dalla specifica circostanza, l’aspetto di grande rilevanza di questo strumento giuridico è la sua “non pignorabilità”. Ciò non è stabilito da un’apposita legge ma si desume dalla mancanza di tale fattispecie dalla lista dei diritti reali suscettibili di ipoteca, prevista dal codice civile.

  • Quanto appena affermato come influisce su eventuali debiti che il titolare (colui che vive nell’abitazione) non è in grado di pagare?
  • Ritornando all’esempio del coniuge superstite, eventuali creditori possono in qualche modo richiedere il pignoramento del diritto di abitazione e sfrattare il beneficiario?
  • Cosa accade a chi alloggia se il proprietario dell’immobile, su cui viene applicato il diritto di abitazione, è sottoposto a pignoramento?

Scopo di questa guida è cercare di dare una risposta esaudiente a tutti gli interrogativi, analizzando nel dettaglio cos’è il diritto di abitazione e i motivi che spingono a sceglierlo come metodo per tentare di meglio proteggersi dal rischio di un pignoramento immobiliare.

Indice:

 

Cos’è il diritto di abitazione e come si costituisce?

La definizione “diritto di abitazione” è alquanto esplicativa e fa subito intuire il suo reale significato. Infatti, rappresenta quel diritto costituito per contratto, testamento o previsione di legge, che concede al beneficiario l’impiego di una casa come suo personale alloggio, nonostante la stessa risulti di proprietà altrui. La finalità del diritto di abitazione è assicurare il mantenimento del beneficiario, fermo restando il rispetto dei limiti personali del titolare e della sua famiglia.

Quindi si desumono immediatamente due aspetti: in primis che il diritto di abitazione non si può applicare su immobili ad uso commerciale e, in secondo luogo, che il titolare ha facoltà di concedere l’alloggio nella casa o nell’appartamento, oltre che al coniuge e ai figli, anche a qualsiasi altro stabile convivente.

Ricordiamo inoltre che il titolare del diritto di abitazione, quindi colui che materialmente potrà sfruttare l’immobile, non ha però la possibilità di concedere l’alloggio, nemmeno ai familiari, qualora egli abitasse altrove. Inoltre, il diritto di abitazione non può essere ceduto, trasferito né tantomeno dato in locazione, proprio per il suo carattere personalissimo. La legge vieta anche tutti quegli atti con i quali il beneficiario intende alienare, donare oppure attribuire a terzi il godimento del diritto stesso conservandone comunque la titolarità.

Il limite del titolare non è da intendersi in senso quantitativo ma qualitativo, vale a dire che vige il divieto di utilizzare la casa al di fuori dell’uso previsto come dimora abituale. Di conseguenza, il beneficiario non può, ad esempio, decidere di modificare la destinazione e sfruttare l’immobile per organizzare cerimonie, eventi o qualsiasi altra attività compreso gli affitti brevi per locazione turistica.

Come detto all’inizio, il diritto di abitazione è normalmente costituito a favore di persone fisiche e i motivi possono essere molteplici. Tra i più frequenti ricordiamo:

  • decesso del coniuge: il superstite acquisisce in automatico il diritto di abitare nella casa coniugale. In questo caso la moglie o il marito possono alloggiare nell’abitazione fino alla loro morte, mentre i legittimi eredi, o il nuovo proprietario, non hanno alcuna possibilità di richiederne lo sfratto;
  • testamento: il proprietario può decidere di cedere il diritto di abitazione tramite specifica disposizione testamentaria;
  • sentenza del giudice: riguarda per lo più casi di separazione o divorzio in cui il tribunale decide a quale coniuge affidare i figli, concedendo il diritto di abitazione nella casa coniugale ad uno dei genitori anche se non è il proprietario;
  • contratto tra proprietario dell’immobile e utilizzatore: in questi frangenti è necessario rivolgersi ad un notaio per redarre l’atto in forma scritta (atto pubblico oppure scrittura privata autenticata);
  • particolari situazioni in cui il diritto di abitazione deriva da disposizioni di legge;
  •  usucapione: anche da questa fattispecie (prevede il possesso continuativo del bene immobile e il suo utilizzo per almeno vent’anni) può derivare il diritto di abitazione.

È bene evidenziare come il diritto di abitazione non abbia una natura perpetua ma un carattere di temporaneità. Infatti si estingue nei seguenti casi:

  • morte del titolare;
  • prescrizione;
  • consolidazione, quando un unico soggetto diventa titolare sia del diritto di abitazione che della piena proprietà dell’immobile;
  • rinuncia al diritto di abitazione da parte del beneficiario;
  • scadenza dei termini previsti nell’atto costitutivo;
  • perimento del bene.

 

Perché è consigliabile il diritto di abitazione

Il motivo che porta a suggerire l’applicazione del diritto di abitazione rispetto ad altre soluzioni come, ad esempio, l’usufrutto è molto semplice: la legge prevede la non pignorabilità dello stesso. La disciplina in materia infatti proibisce al titolare, come abbiamo visto, di vendere, affittare, cedere o donare il diritto di abitazione acquisito, tuttavia lo mette al riparo dall’azione di espropriazione forzata da parte dei creditori.

Quest’ultimi, in buona sostanza, potranno chiedere al giudice il pignoramento dell’immobile e la sua vendita all’asta, tuttavia la casa resterebbe vincolata al diritto di abitazione impedendo così lo sfratto del titolare. In realtà, come vedremo più avanti, ciò è vero solo in determinate circostanze.

 

Azione revocatoria sul diritto di abitazione

Un aspetto da mettere bene in chiaro e che approfondiremo nei prossimi paragrafi, è come il diritto di abitazione non metta al riparo da azioni revocatorie da parte dei creditori. Infatti, a tali soggetti spetta il diritto, entro 5 anni dal trasferimento dell’immobile, o la concessione di  un diritto di godimento su di esso, di richiederne la revocatoria se si riuscirà a dimostrare come il debitore abbia cercato di alienare i beni (ad esempio trasferendoli ad un familiare) con la finalità ultima di frodare i creditori.

Nel caso in cui vengano appurati comportamenti impropri del titolare del diritto di abitazione, l’azione revocatoria produce i suoi effetti per garantire la conservazione del patrimonio del debitore. Di conseguenza, l’azione revocatoria non dichiara nullo l’atto di trasferimento, ma bensì lo rende inefficace.

 

Perché l’usufrutto non è consigliato

Chi pensa di trovare nell’usufrutto una valida soluzione nei confronti di un eventuale pignoramento, e uno strumento migliore rispetto al diritto di abitazione, commette un grave errore.

L’usufrutto è un diritto reale minore e offre al beneficiario (usufruttuario) la possibilità di godere di un bene, mobile o immobile, appartenente ad un altro soggetto (nudo proprietario) e, al contempo, anche di beneficiare dei frutti che ne derivano.

A prima vista, diritto di abitazione e usufrutto possono sembrare molto simili, del resto, in entrambi i casi, il titolare sfrutta un bene non di sua proprietà. Una sostanziale differenza è la possibilità dell’usufruttuario di cedere a terzi il proprio diritto, oppure decidere di concedere in locazione l’immobile.

Ma la più importante differenza che rende l’usufrutto meno sicuro come strumento per mettersi al riparo da azioni di espropriazione forzata messe in atto da eventuali creditori, riguarda la sua pignorabilità. Infatti, la legge concede ai creditori dell’usufruttuario la facoltà di far valere le proprie pretese proprio sul diritto di usufrutto, nonostante la nuda proprietà del bene risulti in carico ad un soggetto completamente estraneo al debito.

Questo significa che il creditore, non del proprietario dell’immobile, bensì dell’usufruttuario, potrà rivolgersi al giudice e richiedere il pignoramento del diritto di godimento su tale immobile, fino alla scadenza del diritto stesso che spesso coincide con la morte dell’usufruttuario.

Da quanto appena detto è opportuno sottolineare anche un altro particolare, ovvero l’attenzione che deve riporre il nudo proprietario nel momento in cui decide di concedere in usufrutto un immobile di sua proprietà. È quanto mai opportuno verificare con estrema attenzione che il beneficiario non abbia già una posizione debitoria a suo carico, e che non sia un soggetto a rischio perché l’ipotesi che la propria unità immobiliare possa finire per molti anni in godimento ai creditori del beneficiario è quanto mai reale e concreta.

 

È possibile evitare il pignoramento con il diritto di abitazione?

La risposta a questa domanda che, purtroppo, è affermativa. Anche il diritto di abitazione non evita il rischio di veder applicata l’espropriazione forzata dell’immobile. Tuttavia, la natura impignorabile del diritto di abitazione, rende la situazione decisamente più complicata ed è necessario fare un po’ di chiarezza.

Abbiamo appurato come il diritto di abitazione concede lo sfruttamento personale al titolare e alla sua famiglia di un immobile in possesso di un altro soggetto, ovvero il nudo proprietario. Abbiamo altresì stabilito la non pignorabilità del diritto di abitazione a differenza, ad esempio, dell’usufrutto.

Quindi non può essere soggetto a pignoramento il diritto di abitazione, ma l’immobile invece si.

Da tutto questo ne consegue che: nel caso in cui i creditori del nudo proprietario dovessero rivolgersi al giudice per sottoporre l’immobile a pignoramento, il titolare del diritto di abitazione non perderà automaticamente la possibilità di soggiornare con la famiglia o altri conviventi presso l’immobile stesso. Tale diritto conserva la sua validità anche qualora la casa venisse venduta all’asta, quindi passando in mano ad un nuovo nudo proprietario.

Il motivo di questa situazione piuttosto ingarbugliata è dovuto al fatto che il diritto di abitazione in taluni frangenti risulta opponibile, mentre in altri assolutamente no. Il termine opponibile sta a significare la facoltà del titolare di tale diritto di farlo valere seppure l’immobile sia venduto all’asta, infatti il diritto di abitazione continuerà a gravare sull’immobile anche dopo il passaggio di proprietà.

In buona sostanza, se il diritto di abitazione è opponibile il titolare, la sua famiglia e ogni convivente potranno dormire sonni abbastanza tranquilli perché potranno continuare ad abitare nella casa anche a seguito di pignoramento, espropriazione forzata, nonché vendita all’asta ad un nuovo proprietario.

Dopo questa serie di osservazioni risulta anche evidente un ulteriore aspetto, ovvero come potrebbe essere particolarmente complicato riuscire vendere all’asta una casa su cui grava un diritto di abitazione opponibile. È facile intuire come un possibile interessato sia poco attratto dall’opportunità di acquistare un immobile senza averne l’effettiva disponibilità. Infatti, il nuovo proprietario non avrebbe alcun diritto di abitare la casa, né tantomeno affittarla o rivenderla per far fruttare l’investimento appena effettuato, dovendo aspettare l’estinzione del diritto di abitazione. Ciò significa, nella maggior parte dei casi, attendere la morte del beneficiario.

In definitiva, il diritto di abitazione non mette al riparo dal pignoramento ma, qualora opponibile, permette al titolare e conviventi di continuare a vivere nella casa. Di sicuro può rendere l’immobile davvero poco appetibile ad un’eventuale asta nonostante, molto spesso, si tratti di vere e proprie svendite. I prezzi subiscono notevoli ribassi per l’effettiva impossibilità di stimare, con una certa precisione, per quanto tempo ancora il titolare potrà godere del bene,. Pensiamo poi se il diritto di abitazione fosse concesso ad una persona di 30 anni, ad esempio: questo significherebbe, per l’eventuale nudo proprietario non avere alcuna certezza di poter mai entrare in possesso dell’immobile.

Come detto in precedenza però, anche il diritto di abitazione, in alcuni casi, risulta non opponibile e quindi perde di valore in presenza di un eventuale pignoramento. Vediamo cosa accade in queste particolari situazioni al titolare del diritto di abitazione.

 

Diritto di abitazione non opponibile: cosa accade in presenza di pignoramento?

Stabilire quando un diritto di abitazione è opponibile, oppure non lo è, risulta di grande rilevanza: a seguito del pignoramento dell’immobile si producono effetti molto diversi. Esistono situazioni in cui una casa sottoposta a diritto di abitazione può essere alienata attraverso un’asta, risultando libera da qualsiasi vincolo. Ci riferiamo a due specifici casi:

  • trascrizione del diritto di abitazione successiva al pignoramento;
  • trascrizione del diritto di abitazione precedente al pignoramento, ma successiva all’iscrizione ipotecaria da parte del creditore.

In entrambe le circostanze i creditori hanno facoltà di procedere all’espropriazione della proprietà immobiliare, la quale non risulterà vincolata dal diritto di abitazione e potrà essere liberamente venduta.

Quanto appena detto rende vano qualsiasi tentativo di mettersi al riparo dalla perdita di un immobile attraverso lo sfruttamento del diritto di abitazione, anche se trascritto prima del pignoramento: è infatti sufficiente l’iscrizione di un’ipoteca per annullare il vincolo derivante dal diritto di abitazione.

E’ molto interessante analizzare quello che accadrebbe al titolare del diritto di abitazione, qualora il proprio diritto risultasse non opponibile e la casa in cui dimora sottoposta a pignoramento e conseguente vendita all’asta. Quest’ultimo, se è vero che perderebbe il diritto di abitare nell’unità immobiliare oggetto di espropriazione, acquisirebbe però un diritto di credito nei confronti del vecchio proprietario, ovvero colui che gli aveva concesso a suo tempo il diritto di abitazione secondo questa semplicissima equazione:

  • tu mi avevi concesso un benefit (il diritto di abitazione);
  • ora questo diritto mi è stato revocato per una tua responsabilità;
  • pertanto pretendo da te un diritto equivalente a quello che mi è stato revocato…

Questo per mettere in guarda coloro i quali sono in procinto di perdere un’immobile e per salvarlo decidono di trasferire il diritto di abitazione ad una terza persona: non solo probabilmente, mettere in piedi questa operazione servirà a poco o niente, ma addirittura c’è il rischio di ritrovarsi con un creditore in più da soddisfare.

In conclusione, la normativa vigente non offre molte alternative per proteggere un immobile dal rischio pignoramento. Senza dubbio, il diritto di abitazione sembra lo strumento più efficace poiché, se risulta opponibile, quantomeno consente al titolare di avere ancora un tetto sulla testa nonostante la casa possa essere espropriata e venduta. C’è da dire però che una nuda proprietà su cui grava un diritto cosi importante, e potenzialmente senza una scadenza, possa far risultare poco appetibile un’immobile di questo genere ad una eventuale vendita all’asta. E’ quindi possibile che i creditori del nudo proprietario si orientino verso altri beni (quando possibile), per recuperare quanto loro dovuto.

Al contrario se il diritto di abitazione non è opponibile non serve a nulla, anzi potrebbe anche peggiorare la situazione del nudo proprietario aumentando il numero di creditori da dover soddisfare, se il soggetto che verrà privato del suo diritto di abitazione concessogli dal vecchio proprietario, vorrà rivalersi proprio su quest’ultimo.

La regola di base è quindi molto semplice: è sempre possibile ipotecare e pignorare un’ immobile anche se vincolato dal diritto di abitazione. Tale vincolo però, se opponibile, diventa una garanzia per il beneficiario e un deterrente per i creditori del nudo proprietario che potrebbero virare su altri beni per soddisfare le loro pretese piuttosto che su una nuda proprietà con tempi potenzialmente indefiniti, se il titolare del diritto “non ha già un piede nella fossa”.

 

Alcuni esempi per capire gli effetti del diritto di abitazione

Per comprendere con maggior chiarezza ciò che può accadere in caso di pignoramento a chi vive in un immobile godendo del diritto di abitazione facciamo, come nostra consuetudine, alcuni semplici esempi:

 

  • Coniuge superstite

Partiamo da uno dei casi più emblematici ovvero il coniuge superstite. Supponiamo che Daniela e Francesco sono felicemente sposati e vivano in una casa di proprietà di Francesco. In caso di morte del marito, Daniela godrebbe del diritto di abitazione, vale a dire che potrà continuare a vivere nella dimora coniugale lasciata in eredità dal defunto.

Questa appena descritta è una situazione molto frequente e senza nessuna complicazione. Cosa accadrebbe invece in presenza di debiti? Daniela rischierebbe di perdere la casa? Il suo diritto di abitazione è impignorabile quindi potrà continuare a vivere nella dimora coniugale. I creditori possono comunque procedere ad azioni atte ad espropriare l’immobile e procedere alla sua vendita all’asta, tuttavia rimane il vincolo del diritto di abitazione che impedirebbe al nuovo proprietario di sfrattare Daniela.

Se la suddetta coppia avesse dei figli i quali risultano i legittimi eredi, la madre conserverebbe comunque il diritto di abitazione che non potrà essere revocato in alcun modo, neanche attraverso azioni legali con la finalità di farle lasciare la casa.

 

  • Divorzio con affidamento figli

Nel secondo esempio immaginiamo Daniela e Francesco (proprietario dell’immobile) genitori di due bambini piccoli e alle prese con la decisione di porre fine al loro matrimonio. Spetterà al giudice emanare una sentenza e stabilire l’ammontare dell’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei genitori.

Se il tribunale deliberasse a favore di Daniela, questo significherebbe concedere alla madre il diritto di abitazione e, di conseguenza, la possibilità di poter vivere nella dimora coniugale con i figli. Francesco risulterà quindi il nudo proprietario dell’immobile ma non potrà usufruirne finché non viene a decadere il diritto di abitazione attribuito all’ex moglie, verosimilmente una volta raggiunta la maggiore età del figlio o, quando il figlio, sarà in grado di mantenersi da solo.

 

  • Casa con diritto di abitazione sottoposta a ipoteca e pignoramento

Come ultimo esempio vogliamo analizzare la particolare situazione in cui sulla casa, soggetta a diritto di abitazione, viene iscritta un’ipoteca e pignorata da un creditore del proprietario. Immaginiamo che Mario abbia deciso di concedere il diritto di abitazione alla sorella Monica e quest’ultima abbia effettuato la trascrizione nel mese di gennaio.

Purtroppo però, il fratello presenta una situazione debitoria con il Fisco piuttosto allarmante e deve saldare all’Agenzia delle Entrate cartelle esattoriali per un ammontare complessivo di 250 mila euro. L’Agente per la riscossione ha quindi provveduto ad iscrivere il pignoramento dell’immobile a marzo dello stesso anno (quindi due mesi dopo).

Giustamente Monica ha la grande preoccupazione che l’Amministrazione Finanziaria possa far valere le proprie pretese, mettendo all’asta la casa, con la conseguenza di un suo inevitabile sfratto. In tale situazione, il fattore discriminante è la tempistica dell’iscrizione del diritto di abitazione che, fortunatamente per Monica, è avvenuta prima della trascrizione del pignoramento.

Anche in caso di acquisto all’asta dell’immobile, il nuovo proprietario si troverà vincolato dal vigente diritto di abitazione e non potrà sfrattare la sorella di Mario fino alla sua morte. Al contrario, se Monica avesse trascritto il diritto di abitazione dopo il pignoramento da parte dell’Agente per la riscossione, il nuovo proprietario avrebbe avuto titolo per procedere allo sfratto.

   

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