Cos’è e come si calcola il trattamento di fine servizio

Scritto da Omar Cecchelani in Famiglia

Ogni lavoratore dipendente ha diritto a ricevere un’indennità nel momento in cui cessa il suo rapporto di collaborazione con un’azienda o con un qualsiasi altro ente pubblico o privato. Il termine TFR è ben noto a tutti, mentre è decisamente meno conosciuta la sigla TFS: indica il trattamento di fine servizio, ovvero la liquidazione spettante ai soli impiegati statali.

  • Esistono differenze tra le due tipologie di erogazione?
  • Cosa spetta esattamente al dipendente pubblico al termine del suo rapporto di lavoro?
  • Quanto tempo bisogna attendere per ricevere l’intero importo?

A tutte queste domande e a molte altre, cercheremo di dare esaurienti risposte in quest’articolo per fare luce su un argomento che, spesso, è poco chiaro e genera confusione.

Indice:

 

Cos’è il TFS?

TFS è l’acronimo che sta ad indicare l’indennità di fine servizio ed è concettualmente simile al TFR, tuttavia presenta qualche sostanziale differenza che vedremo in modo più specifico a breve. Si tratta di un compenso corrisposto ad un lavoratore dipendente nel momento in cui conclude il suo rapporto di lavoro, con la principale delle caratteristiche che rappresentata dal fatto che si riferisca, esclusivamente, a lavoratori del settore pubblico assunti prima del 1° gennaio 2001.

Viene escluso il cosiddetto personale non contrattualizzato come, ad esempio, magistrati e procuratori di Stato che non sono regolarizzati con un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Ai dipendenti che entrano in servizio dopo il 31 dicembre 2000 si applica, invece, la disciplina del TFR.

 

Caratteristiche generali

Ciò che contraddistingue il TFS, e lo differenzia in modo sostanziale dal TFR, è la sua doppia natura retributiva e contributiva. Mentre il trattamento di fine rapporto è un accantonamento che spetta completamente al datore di lavoro, nel TFS sono previsti contributi previdenziali per l’iscrizione al GDP (INPS Gestione Dipendenti Pubblici) a carico, sia del dipendente nella misura del 2,50%, che del datore di lavoro per un importo nell’ordine del 7,10 %. La base imponibile su cui vengono calcolati i prelievi è pari all’80% della retribuzione lorda annuale.

Altro aspetto da sottolineare è come il TFS venga determinato basandosi sulle ultime voci stipendiali utili percepite, mentre il TFR non ha alcun collegamento con la retribuzione ricevuta al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

 

Destinatari della prestazione

Ci sono tre tipologie di erogazioni che fanno parte del TFS con diversi destinatari e precisamente:

  • buonuscita per dipendenti dello Stato (IBU), riferita sia al settore civile che militare e riguardante personale assunto con contratto a tempo indeterminato prima del 1° gennaio 2001. La data di assunzione non ha alcuna importanza per i dipendenti rimasti in regime di diritto pubblico che hanno cessato il rapporto di lavoro e previdenziale con almeno un anno di iscrizione. Esempi di lavoratori che maturano l’indennità di buonuscita sono i dipendenti dei Ministeri e Amministrazioni Finanziarie, scuole, università e dell’AFAM (alta formazione artistica, musicale e coreutica);
  • indennità per premio di servizio (IPS) assegnata ai lavoratori degli Enti locali, Regioni, Servizio Sanitario Nazionale e tutti gli enti iscritti al fondo di previdenza ex Inadel (Istituto Nazionale Assistenza Dipendenti Enti Locali);
  • indennità di anzianità (IA) rivolta ai soli dipendenti di Enti Pubblici non economici e lavoratori che hanno prestato servizio alla Camera di Commercio.

In caso di decesso del lavoratore, il TFS spetta di diritto ai superstiti nell’ordine e nella misura stabilita dalla legge, ovvero: coniuge, orfani, genitori, fratelli e sorelle se a carico del defunto. Ogni categoria esclude quella successiva e in assenza di un beneficiario iure proprio, l’indennità sarà assegnata agli eredi testamentari o legittimi.

 

Come si calcola il TFS

Il calcolo della buonuscita per i dipendenti pubblici è molto semplice ed è sufficiente considerare l’80% della retribuzione contributiva lorda annuale (compresa di tredicesima) e conseguita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, dividerla per 12 e moltiplicarla per gli anni utili in cui si è prestato servizio. Ai fini del calcolo, un anni di lavoro è considerato valido se il dipendente ha prestato servizio per almeno 6 mesi, mentre i periodi pari o inferiori a tale soglia non possono essere inseriti nel conteggio.

A partire dal 1° maggio 2014 la retribuzione annua lorda per il calcolo del TFS non può superare il limite di 240.000 euro.

 

Modalità di pagamento

Il dipendente statale che matura un’indennità di buonuscita, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, riceverà il dovuto con diverse modalità di pagamento. Secondo quanto stabilito dalla normativa vigente le possibilità sono:

  • pagamento in un’unica soluzione: qualora la somma totale lorda sia pari o inferiore a 50.000 euro;
  • pagamento suddiviso in due rate se l’ammontare complessivo è compreso tra 50.000 euro e 100.000 euro: in questi casi la prima rata versata ha un importo di 50.000 euro, mentre la seconda corrisponde alla somma residua. Inoltre, la seconda tranche verrà versata ad un anno di distanza dal decorrere del diritto al pagamento della prima rata;
  • pagamento in tre rate nel caso l’importo complessivo risulti superiore a 100.000 euro: in tali situazioni, i primi due versamenti avranno il medesimo valore di 50.000 euro, con il terzo pagamento che provvederà al saldo di quanto dovuto. Per il ricevimento della seconda e terza rata si dovrà attendere rispettivamente, 1 e 2 anni dalla decorrenza del diritto al pagamento della prima rata.

 

Come si ottiene

Una frequente domanda riguardante l’indennità di fine servizio è quella riguardante l’eventuale necessità di fare una specifica richiesta per ottenere quanto spetta. In realtà, quando il rapporto di lavoro viene a terminare e, indipendentemente dalla causa, la buonuscita è corrisposta in modo automatico secondo criteri e disposizioni stabiliti dalla legge.

L’ammontare sarà accreditato in un’unica soluzione, o tramite pagamento rateale, sul conto corrente dell’interessato, oppure con altre forme di pagamento elettronico che siano munite dotate di codice IBAN (carte di debito oppure prepagate come ad esempio la PostePay) a scelta del lavoratore.

È importante sottolineare come le tempistiche per l’erogazione possano variare in base alla causa che ha portato alle cessazione del rapporto di lavoro ed in particolare:

  • nel caso di inabilità o decesso del beneficiario, l’indennità di buonuscita viene corrisposta entro 105 giorni dalla data di fine rapporto;
  • per raggiunti limiti di età o di servizio (ad esempio il termine di un contratto a tempo determinato), l’importo spettante verrà versato non prima di 12 mesi;
  • per tutti gli altri casi che possono comprendere le dimissioni volontarie o un licenziamento per giusta causa, il pagamento sarà effettuato, non prima di 24 mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

 

Passaggio al TFR

Tutti i dipendenti pubblici che hanno maturato il diritto a ricevere l’indennità di buonuscita, nel momento in cui aderiscono ad un fondo di previdenza complementare passano automaticamente dal regime del TFS a quello del TFR.

Alla somma accumulata al momento del passaggio si andranno, progressivamente, ad aggiungere gli accantonamenti previsti dal trattamento di fine rapporto, comprese le rivalutazioni annuali fissate dalla legislatura in materia.

 

Contribuzione

Il TFS, avendo anche carattere previdenziale, obbliga ad una contribuzione che varia a seconda del tipo di indennità e, nello specifico, avremo:

  • indennità di buonuscita: all’INPS spetta un contributo totale del 9,60% calcolato sull’80% della retribuzione annuale lorda. L’importo è suddiviso tra dipendente e datore di lavoro che dovranno versare rispettivamente il 2,50% e il 7,10%;
  • indennità per premio di servizio: in questo caso, la quota da versare all’INPS a carico del datore di lavoro è del 3,60%, mentre al lavoratore rimane da versare al 2,50%. Il calcolo viene sempre effettuato sull’80% della retribuzione annuale lorda;
  • indennità di anzianità: è totalmente a carico del datore di lavoro e viene calcolata dividendo per 12 il 100% della retribuzione annuale lorda e moltiplicando il risultato per il numero degli anni di servizio.

Il TFR è di natura completamente diversa e corrisponde, solamente, ad un accantonamento nell’ordine del 6,91% del 100% della retribuzione lorda utile. L’importo ottenuto è rivalutato ogni anno nella misura del 75% del tasso di inflazione, più un fisso pari al 1,50%, questo per cercare di seguire l’aumento del costo della vita.

Quindi, accantonamenti e rivalutazioni vengono capitalizzati anno dopo anno e il risultato finale sarà il TFR lordo da erogare al beneficiario. Quest’ultimo, ovviamente, troverà in busta paga un importo notevolmente inferiore al TFR loro, infatti, tale trattamento economico è soggetto tassazione separata calcolata secondo l’aliquota media degli ultimi cinque anni di imposta ed in base allo scaglione IRPEF di appartenenza.

 

TFR e TFS, le differenze di calcolo

I due trattamenti non differiscono solo per il tipo di lavoratore a cui sono destinati, ma anche per la modalità di calcolo. Come abbiamo già sottolineato, il TFS si contraddistingue per avere, sia carattere retributivo che previdenziale. Il calcolo del trattamento di fine servizio è decisamente più semplice rispetto al TFR, visto che fa riferimento all’ultimo stipendio conseguito dal lavoratore.

Il dato di partenza è la retribuzione annua lorda che deve comprendere anche la tredicesima mensilità. L’80% di tale valore viene diviso per 12 e successivamente moltiplicato per il numero di anni di lavoro. Per rendere tutto molto più chiaro facciamo un semplice esempio:

consideriamo che un dipendente pubblico abbia conseguito un stipendio lordo annuo di 30mila euro e che il suo rapporto di lavoro cessi dopo 25 anni. Il calcolo sarà il seguente:

  • 80% di 30.000 = 24.000 €;
  • 24.000 diviso 12 = 2.000 €;
  • 2.000 x per 25 anni di lavoro= 50.000 €.

Il lavoratore del nostro esempio ha diritto a ricevere una liquidazione lorda di 50mila euro che, in questo caso, visto l’importo, potrà essere elargita in un’unica soluzione.

Giusto per comprendere esattamente la differenza, vediamo velocemente come si calcola, invece, il TFR. Il dato di partenza è sempre la retribuzione annua lorda comprensiva di tredicesima ed eventuale quattordicesima mensilità.

In questo caso, però, non si prende come riferimento l’ultimo stipendio ma è necessario calcolare l’importo per ogni singolo anno di lavoro. Non è nulla di complicato e basta conoscere la retribuzione lorda annua dividerla per un coefficiente fisso pari a 13,5 e dal risultato ottenuto sottrarre lo 0,5% ai fini della contribuzione per il Fondo Adeguamento Pensione a carico del lavoratore e da versare all’INPS.

Al termine delle varie operazioni matematiche, e sommando gli importi annuali, si ottiene il TFR totale lordo. Per sapere ciò che esattamente finisce nelle tasche del lavoratore sarà sufficiente dividere tale cifra per gli anni di lavoro, moltiplicarla per 12 e applicare le trattenute secondo il regime di tassazione separata con aliquote IRPEF.

 

È meglio il TFR o il TFS?

La matematica non è un’opinione e conti alla mano se analizziamo le statistiche degli ultimi 20 anni, il risultato parla chiaro: un lavoratore dipendente del settore privato, a parità di retribuzione e anni di lavoro, ha conseguito un TFR nettamente inferiore rispetto al TFS ricevuto da un suo collega assunto nel settore pubblico.

Ma per un lavoratore statale è conveniente passare dal trattamento di fine servizio a quello di fine rapporto?

Per rispondere a tale quesito basta analizzare i motivi che rendono il TFS più conveniente, ovvero il calcolo effettuato sullo stipendio ricevuto nell’ultimo periodo di lavoro prima della cessazione del rapporto di lavoro (il TFR è invece accantonato anno dopo anno).

L’unico svantaggio di un dipendente pubblico sono le tempistiche per ricevere l’indennità per cessazione del rapporto di lavoro: nella più malaugurata delle ipotesi possono volerci fino a 27 mesi. Un aspetto che da molti è ritenuto incostituzionale e che potrebbe essere preso in visione dalla Corte Costituzionale per eventuali interventi.

A parte quest’ultimo particolare, è facile capire come per un lavoratore statale assunto prima del 1°gennaio 2001 non sia stato affatto conveniente il passaggio da TFS a TFR, anche perchè, per i dipendenti assunti dopo tale data non c’è possibilità di scelta.

   

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2 Comments
enrico

Luglio 28, 2022 @ 11:40

Reply

credo che qualcuno sbagli i calcoli o voi o l’inps visto che mi sono stati liquidati € 47950.00 lordi.
cedolino 2019 € 27600.00 lordi (CU)*8O% /12 *37=68080.00 lordi.
come mai questa differenza?

Omar Cecchelani

Luglio 28, 2022 @ 15:01

Reply

qui si parla di un’altra cosa, non del TFR

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