Cos’è e come funziona lo split payment o scissione dei pagamenti
Lo split payment, spesso anche chiamato scissione dei pagamenti, è una forma di liquidazione dell’IVA che vede coinvolte aziende private fornitrici di beni e servizi da una parte, e Pubblica Amministrazione dall’altra. E’ fondamentalmente una regola introdotta con la Legge di Stabilità del 2015 che la Commissione europea ha recentemente esteso per l’Italia almeno fino al 2023.
Un meccanismo davvero molto semplice in cui il fornitore emette una fattura al netto dell’IVA e il committente provvede a calcolare e versare all’Erario il dovuto al posto del primo. Una soluzione adottata per cercare di combattere le ricorrenti truffe e fenomeni di evasione fiscale legati al versamento dell’imposta sul valore aggiunto.
In questo articolo cercherò di far capire al lettore l’esatto funzionamento di questo strumento, non solo nei confronti della Pubblica Amministrazione ma anche per società da essa partecipate, quali regole sussistono per la liquidazione dell’IVA, come e a chi viene applicata la scissione dei pagamenti, quando scegliere il meccanismo contabile del Reverse Charge, nonché i comportamenti che le aziende private coinvolte devono adottare, e possibilità o meno di applicazione del meccanismo da parte dei liberi professionisti.
Indice:
- Cos’è e come funziona lo split payment
- A chi si applica lo split payment e modifiche introdotte con il Decreto Dignità
- Quali sono i soggetti obbligati ad applicare la scissione dei pagamenti?
- Quando non si applica lo split payment
- Abolizione split payment per i professionisti
- Dicitura da inserire in fattura elettronica
- Modalità di versamento dell’IVA con split payment
- Rimborsi IVA per chi applica lo split payment
- F24 split payment Enti Pubblici e codice tributo
- Quando applicare il Reverse Charge o lo split payment
- Sanzione per la mancata applicazione dello split payment
Cos’è e come funziona lo split payment
Il meccanismo contabile dello split payment viene introdotto per la prima dalla Legge di Stabilità del 2015. In particolare è l’articolo 1, comma 629 della Legge n. 190 del 23 dicembre 2015 a disciplinare tale sistema. La normativa ha stabilito che una Pubblica Amministrazione, nella veste di cliente e qualora non risulti un soggetto passivo di IVA, debba provvedere al versamento nelle casse dell’Erario dell’imposta sul valore aggiunto: ovvero l’importo che il venditore del bene o servizio avrebbe dovuto addebitare in fattura in presenza di normali rapporti commerciali. In altre parole, le Pubbliche Amministrazioni sono obbligate a liquidare l’IVA su ogni acquisto effettuato e prestazione richiesta, al posto delle aziende private fornitrici che hanno emesso la fattura.
Questo sistema è comunemente chiamato scissione dei pagamenti e il suo principale scopo è quello di limitare, o evitare del tutto, le innumerevoli frodi legate alla liquidazione dell’IVA e combattere il fenomeno endemico dell’evasione fiscale che contraddistingue in negativo, e da moltissimi anni, il nostro sistema fiscale.
L’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di versare l’IVA è scattato per le fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Legge n. 190 del 23 dicembre 2014. Spetta all’articolo 1, comma 629 disciplinare lo split payment e, tra le varie regole, c’è l’esclusione della scissione dei pagamenti per gli acquisti relativi a prestazioni di servizi soggette a ritenuta d’acconto.
A chi si applica lo split payment e modifiche introdotte con il Decreto Dignità
Lo split payment esteso per l’Italia fino al 2023, si applica per i rapporti commerciali intrapresi da una Pubblica Amministrazione, società controllata o partecipata dalla stessa PA, con l’impresa privata che effettua una vendita o prestazione.
Il meccanismo è estremamente semplice con il fornitore del bene o servizio che riceve quanto pattuito, al netto dell’IVA, dalla Pubblica Amministrazione, la quale poi dovrà sostenere l’onere del versamento dell’imposta sul valore aggiunto a debito sull’operazione.
Quali sono i soggetti obbligati ad applicare la scissione dei pagamenti?
In base alle novità introdotte dall’ultima manovra correttiva dell’aprile 2017, la platea dei soggetti che devono applicare lo split payment si è ulteriormente allargata rispetto a quanto sancito inizialmente dalla Legge di Stabilità del 2015. Ecco di seguito l’elenco aggiornato:
- Stato;
- Organi dello Stato ancor che dotati di personalità giuridica;
- società controllate di diritto o di fatto ed in modo diretto o indiretto dallo Stato (in particolare dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dai ministeri);
- tutte le amministrazioni centrali e locali, nonché gli enti e le società da esse controllate;
- Enti pubblici territoriali;
- società controllate di diritto ed in modo diretto da un Ente pubblico territoriale;
- Consorzi costituiti tra Enti pubblici territoriali;
- Camera di Commercio;
- Istituti universitari;
- ASL;
- Ente ospedaliero;
- Ente di previdenza;
- Consorzi costituiti tra Enti di previdenza;
- ogni Ente pubblico di assistenza e beneficenza;
- ogni Ente pubblico di ricovero e cura con carattere prevalentemente scientifico;
- Ente o soggetto che risulta incluso nel conto consolidato della Pubblica Amministrazione;
- società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa valori italiana.
Spetta al Dipartimento delle Finanze tenere aggiornato l’elenco dei soggetti obbligati ad applicare il meccanismo dello split payment. Secondo le disposizioni relative al 2018 gli ultimi elenchi aggiornati riguardano nello specifico:
- società controllate dallo Stato;
- enti e società controllate dalle amministrazioni centrali e locali;
- enti, fondazioni e società partecipate da Amministrazioni Pubbliche, nella misura non inferiore al 70% del capitale.
Il più volte citato Decreto Dignità ha introdotto alcuni importanti cambiamenti, in particolare:
- abolizione dell’applicazione dello split payment per la categoria dei liberi professionisti, possibilità concessa in precedenza dal Decreto 50/2017;
- cedente o prestatore, nonché cessionario o committente possono rilasciare un documento in cui vengono attestati i soggetti per i quali è stato applicato il meccanismo della scissione dei pagamenti;
- siccome lo split payment porta come diretta conseguenza l’accumulo di un certo credito da parte dei soggetti che applicano la scissione dei pagamenti, è stata introdotta la possibilità di richiederne un rimborso anticipato.
Quando non si applica lo split payment
Il Decreto Dignità del 2018 ha stabilito in quali casi non si può applicare la scissione dei pagamenti IVA, ovvero per ogni prestazione di servizio effettuata da un professionista soggetto a ritenute a titolo di imposta o di acconto. Di conseguenza, vengono escluse dal trattamento di split payment le seguenti categorie:
- contribuenti che adottano il regime forfettario, quindi normalmente esonerati dall’applicazione dell’IVA in fattura;
- professionisti che già applicano la ritenuta d’acconto sul compenso pattuito ed inserito in fattura;
- soggetti che sfruttano il meccanismo di inversione contabile cosiddetto di reverse charge, per cui l’imposta sul valore aggiunto risulta già a carico di chi ha richiesto la prestazione.
Abolizione split payment per i professionisti
I liberi professionisti, fino a circa due anni fa, potevano applicare il meccanismo contabile dello split payment sulle fatture emesse verso la Pubblica Amministrazione, esattamente come una qualsiasi impresa privata fornitrice di beni e servizi. La situazione è cambiata nel momento in cui sono entrate in vigore le nuove disposizioni previste dal Decreto Dignità, col quale è stata abolita la possibilità per questa categoria di beneficiare della scissione dei pagamenti IVA.
Una decisione presa per il semplice fatto che tale categoria inserisce nelle fatture la ritenuta d’acconto. Ad esempio, un avvocato, nel momento in cui emette una fattura verso una Pubblica Amministrazione, dovrà quindi applicare sul corrispettivo l’aliquota IVA prevista che dovrà versare successivamente nelle casse dell’Erario.
Dicitura da inserire in fattura elettronica
Per poter applicare lo spilt payment, ogni fattura elettronica emessa nei confronti di una Pubblica Amministrazione deve riportare un’esatta dicitura, secondo le disposizioni dell’ex art.17-ter del DPR 633/1972. Nello specifico la corretta intestazione è:
“Operazione soggetta a split payment – il cedente non incassa l’IVA ai sensi dell’ex art.17-ter del DPR 633/1972, l’acquirente è obbligato al versamento all’Agenzia delle Entrate”.
Modalità di versamento dell’IVA con split payment
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è l’organo dello Stato che ha stabilito le modalità con cui una Pubblica Amministrazione dovrà versare l’IVA per le fatture ricevute. Le PA possono scegliere una delle seguenti opzioni:
- versamento dell’imposta sul valore aggiunto per ciascuna fattura;
- versamento dell’imposta sul valore aggiunto in ciascun giorno del mese. In questo caso sarà necessario considerare ogni fattura ricevuta per la quale l’IVA è esigibile nel suddetto giorno;
- versamento totale dell’IVA non oltre il sedicesimo giorno di ogni mese. Si dovrà calcolare l’importo totale di tutte le fatture con IVA esigibile nel mese precedente.
Rimborsi IVA per chi applica lo split payment
La legge offre la possibilità al contribuente che applica lo split payment, di ottenere un rimborso IVA facilitato, per tutte le operazioni di split payment, considerando che quest’ultimi risulteranno chiaramente a credito di imposta.
Il decreto attuativo stabilisce termini e modi per effettuare il versamento, nonché quel che si deve fare per ottenere il rimborso e l’elenco dei soggetti economici che hanno diritto al rimborso dell’IVA per ogni operazione in cui è stato applicato tale metodo contabile.
F24 split payment Enti Pubblici e codice tributo
Come abbiamo visto, il meccanismo della scissione dei pagamenti impone alle Pubbliche Amministrazioni e società ad esse partecipate di versare l’imposta sul valore aggiunto al posto del fornitore. Il termine da rispettare è il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’IVA diventa esigibile. Il versamento può essere corrisposto attraverso le seguenti modalità:
- modello F24 Enti Pubblici per split payment, utilizzato dalle Pubbliche Amministrazioni e titolari di un conto corrente presso la Banca d’Italia;
- versamento unificato per le PA con conto corrente presso Poste Italiane;
- per le Pubbliche Amministrazioni che non rientrano nei due precedenti punti, il versamento avviene direttamente all’entrata del bilancio dello Stato.
Utilizzando il modello F24 Enti Pubblici, la PA deve indicare il codice tributo 621E e inserire, nella due sottosezioni della sezione Contribuente, il codice fiscale e la denominazione / ragione sociale della Pubblica Amministrazione che effettua il pagamento. Altri campi da compilare riguardano la sezione “Dettaglio Versamento” in cui inserire:
- lettera F nel campo “Sezione“;
- codice tributo nel campo “Codice tributo / Causale“;
- mese in cui viene effettuato il pagamento nel campo “Riferimento A“;
- anno in cui viene effettuato il pagamento nel campo “Riferimento B“.
Per soggetti economici diversi da quelli indicati, il pagamento dell’IVA a seguito di split payment avviene utilizzando il codice tributo 620E. Nel caso in cui venisse impiegato il modello F24 ordinario anziché il modello F24 EP, il codice tributo da inserire sarà 6041 per le PA e società partecipate e 6040 per gli altri soggetti.
Quando applicare il Reverse Charge o lo split payment
Un argomento di sicuro interesse riguarda la differente applicazione dello split payment e del reverse charge. Giusto per rinfrescare la memoria, ricordiamo che l’inversione contabile dell’IVA è quel particolare meccanismo tecnico per cui il fornitore del bene o servizio emette la fattura senza addebitare l’imposta come avviene di solito, mentre l’acquirente provvede ad integrare l’importo con l’aliquota relativa al tipo di prestazione fatturata e, nel contempo, effettua la duplice annotazione nel registro acquisti e registro vendite.
In una situazione normale, l’IVA in fattura viene versata allo Stato dal fornitore, mentre l’acquirente la potrà portare a detrazione. Applicando il reverse charge, invece, ambedue le operazioni vengono eseguite dall’acquirente.
Nel caso in cui un’impresa privata effettua lavori di pulizia, demolizione, installazione o completamento di impianti in edifici per conto di una Pubblica Amministrazione, è opportuno capire quando applicare lo split payment quando il reverse charge.
Il punto di partenza è una chiara regola stabilita dall’articolo 17, comma 6 del DPR n 663/72, secondo cui l’inversione contabile IVA si applica solo nei confronti di un soggetto passivo d’imposta. Supponiamo che la PA sia un Comune il quale, in quanto Ente Pubblico, assume il ruolo di debitore d’imposta solamente se la prestazione rientra tra le attività rilevanti ai fini IVA. Qualora i servizi sopra citati invece riguardassero attività di natura istituzionale, il Comune è considerato alla pari di un consumatore finale, quindi con obbligo di applicare lo split payment.
Per capire meglio il concetto facciamo un semplice esempio. Nel primo caso immaginiamo che il Comune sfrutti un locale di 100 metri quadri per svolgere attività commerciali. L’impresa che ha eseguito i lavori, per esempio di pulizia, emette la fattura applicando il meccanismo di reverse charge. Ciò significa che sul documento dovrà comparire la dicitura: operazione non soggetta ad addebito IVA, reverse charge ai sensi della lett. a-ter), dell’articolo 17, comma 6, del DPR. n. 633/72.
Nel secondo caso il Comune utilizza il medesimo locale, ma dei 100 metri quadri disponibili, 70 saranno utilizzati per svolgere attività istituzionale e i restanti 30 metri quadri per un attività commerciale. Supponiamo che i costi complessivi per la pulizia siano stati 1.000 euro. L’impresa dovrà emettere una fattura suddividendo così gli importi:
- 700 euro relativi alla pulizia dell’area utilizzata per attività istituzionale del Comune e, di conseguenza, applicare lo split payment. L’impresa dovrà emettere la fattura con la specifica dicitura;
- 300 euro relativi alla pulizia dell’area sfruttata per l’attività commerciale del Comune, quindi con applicazione del sistema di reverse charge con la dicitura vista in precedenza.
Sanzione per la mancata applicazione dello split payment
Se il fornitore del bene o servizio non indica, come dovrebbe, la dicitura in fattura relativa allo split payment, va incontro ad una sanzione amministrativa che parte da un minimo di 1.000 euro fino ad un massimo di 8.000 euro.
A tal proposito l’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare n. 27/2017, ha puntualizzato i comportamenti che il fornitore dovrà adottare per regolarizzare la fattura emessa non correttamente. Nello specifico è stato disposto che il soggetto dovrà:
- emettere una nota di variazione IVA, secondo le disposizioni dell’ex articolo 26, comma 3 del DPR n. 633/1972;
- emettere una nuova fattura con la specifica dicitura per l’applicazione dello split payment.
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...