Cosa sono le minusvalenze da trading e come recuperarle prima della scadenza

Lo scopo di trader e investitori è realizzare guadagni dalla compravendita di strumenti finanziari. Tuttavia, anche la più attenta ed efficace gestione del portafoglio d’investimento può andare incontro a perdite. In questi casi si generano le cosiddette minusvalenze.

Sicuramente non è una situazione piacevole, comunque a  favore dell’investitore c’è almeno la possibilità di utilizzare le perdite come un credito fiscale per compensare future plusvalenze.

Indice:

 

Cosa sono le minusvalenze

La minusvalenza è una perdita realizzata dalla compravendita di prodotti finanziari come, ad esempio, azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, ecc. L’aspetto di grande importanza da non dimenticare è la funzione svolta dalle minusvalenze: rappresentano un credito fiscale.

Ciò significa che, immediatamente oppure entro i successi 4 anni, è possibile  sfruttare le perdite per compensare le successive ed eventuali plusvalenze.

 

Meccanismo per la compravendita di prodotti finanziari

Oggi giorno acquistare e vendere azioni, obbligazioni, ETF, ETC e quant’altro non è affatto complicato. Normalmente l’operazione può essere eseguita direttamente dalla piattaforma di homebanking, comunque attraverso una banca o un intermediario finanziario. In sintesi la compravendita prevede:

  • l’apertura di un dossier titoli presso banche o società di intermediazione mobiliare (SIM). Nel dossier sono registrati e gestiti acquisti e vendite di prodotti finanziari;
  • alla chiusura di un’operazione è possibile aver ottenuto un guadagno, che prende il nome di plusvalenza o capital gain. Viceversa, se il prodotto è stato venduto ad un prezzo più basso rispetto a quello di acquisto, si genera una minusvalenza;
  • banche o SIM, di solito, applicano il regime fiscale amministrato: ciò significa che assumono il ruolo di sostituto d’imposta e provvedono a tassare il capital gain;
  • le plusvalenze sono soggette a tassazione con aliquota fissa al 26%, che verrà applicata direttamente dalla banca o dalla SIM. Il capital gain su titoli di Stato è invece tassato al 12,5%;
  • le minusvalenze sono, giustamente, non tassate e si trasformano in credito fiscale da utilizzare nello stesso anno, oppure da recuperare non oltre i 4 anni dalla vendita del prodotto che ha generato la perdita;
  • essendo le plusvalenze già tassate alla fonte, l’investitore non deve inserire i guadagni nella dichiarazione dei redditi.

 

Tutti i prodotti finanziari permettono il recupero delle minusvalenze?

La risposta a tale quesito è, purtroppo, negativa. Il Fisco suddivide i prodotti finanziari a seconda del tipo di reddito che generano: reddito da capitale, oppure reddito diverso. La differenza assume una grande rilevanza ai fini del recupero delle minusvalenze. Infatti, le perdite possono essere compensate solo se generate da strumenti finanziari che producono redditi diversi.

I prodotti finanziari che danno origine a redditi da capitale sono:

  • dividendi elargiti agli azionisti;
  • cedole delle obbligazioni;
  • ETF (Exchange Traded Funds);
  • fondi comuni di investimento.

In questi casi le eventuali minusvalenze non possono essere compensate.

I prodotti finanziari che, invece, producono redditi diversi e consentono il recupero delle minusvalenze sono:

  • azioni;
  • obbligazioni;
  • ETC (Exchange Traded Commodities);
  • derivati;
  • certificati di investimento.

Facciamo un esempio per capire meglio la differenza tra strumenti finanziari che producono redditi diversi da quelli che generano redditi di capitale.

Immaginiamo di aver:

  • patito una minusvalenza pari a 2.500 euro sulla vendita di un titolo;
  • aver venduto azioni con guadagno di 3.000 euro
  • aver venduto un fondo comune di investimento con una plusvalenza di 6.000 euro.

Il guadagno di 6.000 euro rientra nella categoria dei redditi da capitale. Quindi, dobbiamo applicare la tassazione con aliquota al 26% e versare al Fisco 1.560 euro, senza poter recuperare alcuna minusvalenza.

La plusvalenza di 2.500 euro è un reddito diverso, di conseguenza sarà possibile compensare le perdite con la minusvalenza patita (3000-2500 =500) e poi pagare la tassa sul capital gain (26% di 500 = 130 euro).

Da questi esempi e facile intuire l’importanza di diversificare il portafoglio considerando le diverse tipologie di prodotti finanziari. Possedere solo fondi comuni di investimento o ETF impedisce, in ogni caso, il recupero di eventuali minusvalenze.

 

Ricostruire la propria posizione fiscale

Al fine di gestire e sfruttare in maniera efficace le minusvalenze è fondamentale conoscere la propria situazione fiscale, ovvero gli importi complessivi delle perdite e delle relative scadenze. In tal senso, la banca o la SIM elabora uno specifico documento con riportato l’elenco di tutte le operazioni effettuate, sia in caso di plusvalenze che di perdite.

Ogni qualvolta si otterrà un guadagno la banca provvederà ad applicare l’aliquota del 26% prevista dal regime di tassazione del capital gain. Al contrario, se l’operazione genera una minusvalenza, la cifra verrà accantonata nel cosiddetto zainetto fiscale. Il valore del cosiddetto zainetto fiscale rappresenta il credito che sarà possibile portare in compensazione sui futuri guadagni, fino a ridurre e azzerare lo zainetto.

 

Come sfruttare le minusvalenze in scadenza

A fine anno alcune minusvalenze potrebbero scadere infatti, come detto, possono essere compensate entro 4 anni. Una eventuale scadenza farebbe perdere la possibilità di recuperare l’importo come credito fiscale. Per evitarlo, è necessario generare plusvalenze di almeno pari valore delle perdite in scadenza prima della scadenza.

Le possibilità a disposizione degli investitori sono: la vendita prodotti in portafoglio o l’acquisto di strumenti finanziari appositamente studiati.

 

Vendita prodotti in portafoglio

Supponiamo di avere uno zainetto fiscale di 2.000 euro in scadenza al 31 dicembre 2022 e possedere azioni della società Pinco Pallino che, qualora vendute, frutterebbero un guadagno di 2.200 euro.

Procedendo alla loro vendita sarà possibile compensare completamente le minusvalenze accumulate, versando l’imposta sul capital gain del 26% solo sui 200 euro di plusvalenza imponibile (data dalla differenza tra il guadagno di 2.200 euro e le perdite accumulate nello zainetto fiscale pari a 2.000 euro).

 

Acquisto di uno strumento finanziario creato ad hoc

I prodotti più utilizzati sono i certificates e nello specifico la categoria dei Maxicoupon. Si tratta di certificati emessi negli ultimi mesi dell’anno, proprio allo scopo di consentire il recupero delle minusvalenze.

Il meccanismo prevede il versamento condizionato di coupon con importo anche superiore al 20%. Questa tipologia di certificato incorpora nella prima cedola quasi tutto il potenziale rendimento ottenibile nel corso della vita finanziaria del prodotto.

Per capire esattamente come funziona facciamo un semplice esempio: supponiamo di avere minusvalenze in scadenza al 31/12/2022 per un totale di 3.000 euro. Al contempo c’è disponibile un certificato X che prevede lo stacco di una cedola pari al 20% al 20/12/2022. Acquistando il certificato X entro la suddetta data e per un importo nominale di 30.000 euro, il 20/12 avremo la certezza di incassare 3.000 euro di plusvalenze per recuperare interamente le perdite in scadenza. Il certificato X, una volta pagata la cedola, avrà chiaramente un valore inferiore del 20% rispetto a quello nominale.

Altro particolare molto importante riguarda il diverso trattamento fiscale applicato dalle banche. Alcuni istituti permettono di effettuare la procedura appena descritta, così da recuperare immediatamente le minusvalenze in scadenza.

Altre banche, invece, utilizzano un differente meccanismo piuttosto discutibile, vale a dire riducono il valore di carico del certificato di una somma pari alla cedola incassata. Così facendo consentono comunque di compensare le perdite, però solo alla scadenza del certificato a quando questo verrà venduto.

I certificates sono prodotti finanziari alquanto efficaci ma altrettanto complessi, pertanto serve parecchia attenzione quando si decide di procedere alla loro sottoscrizione. Agendo con la dovuta cautela, i certificates sono strumenti che permettono di ottimizzare la gestione fiscale del portafoglio d’investimento.

 

Esempio su come recuperare le minusvalenze

Per ricapitolare il discorso sulla compensazione delle minusvalenze, non c’è nulla di meglio che un ultimo esempio in grado di dissipare ogni dubbio rimasto.

Supponiamo di aver acquistato, a gennaio 2022, 1.000 azioni della società Kappa ad un prezzo di 10 euro cadauna, per un importo totale di 10.000 euro. Trascorsi due mesi si è costretti a chiudere l’investimento vendendo l’intero pacchetto a 8 euro, incassando 8.000 euro e generando una minusvalenza di 2.000 euro (10.000 – 8.000). Tale importo finirà nello zainetto fiscale e potrà essere utilizzato in compensazione immediatamente, oppure entro la scadenza di gennaio 2026 (4 anni).

Dopo un mese si acquistano 5.000 azioni della società Delta a 1,5 euro, investendo 7.500 euro. Dopo una sola settimana si rivende il tutto ad un prezzo di 2 euro ad azione, incassando 10.000 euro e ottenendo quindi una plusvalenza di 2.500 euro. Se non ci fossero minusvalenze da compensare si sarebbe costretti a versare un’imposta di 650 euro (26% di 2.500 euro). Siccome, invece, nello zainetto fiscale sono presenti 2.000 euro di perdite, la base imponibile ai fini fiscali si ridurrà a 500 euro (2500 plusvalenza – 2000 minusvalenza) e la tassa sul capital gain sarà pari a soli 130 euro.

Tutti i calcoli e le operazioni di tassazione e compensazione vengono effettuati direttamente dalla banca o dalla SIM. L’unica preoccupazione dell’investitore dovrebbe essere quella di sapere a quanto ammontano le minusvalenze e le relative scadenze, così da poter elaborare una strategia di investimento e sfruttare le perdite come credito fiscale.

   

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