Cosa sono le Frodi Carosello?
Se si pensa al carosello viene in mente la tradizionale giostra che gira in tondo ripetutamente. Questo è in parte ciò che accade con il meccanismo della frode carosello. Si tratta di comportamenti fraudolenti che hanno quale scopo l’evasione dell’IVA.
Le frodi carosello sono comportamenti preordinati all’evasione delle tasse (IVA). Il meccanismo di evasione viene attivato mediante una serie di passaggi di merci tra società diverse appartenenti a stati differenti. Come è noto, una frode si configura in un comportamento illecito allo scopo di eludere determinate disposizioni di legge.
Negli ultimi anni, tra i metodi più diffusi per evadere le tasse ci sono proprio le cosiddette frodi carosello. Questi meccanismi sono finalizzati ad aggirare le norme sull’IVA. Le frodi carosello costituiscono una particolare categoria di reato tributario. Quando si parla di reato afferente al settore tributario ci si riferisce ad una particolare violazione del diritto penale realizzato nel campo dei tributi che ha come effetto ultimo l’evasione fiscale
Il meccanismo, apprezzabile in taluni campi più che in altri (auto, carni, ecc…) permette ai soggetti “truffaldini” di vendere i beni sul mercato a prezzi più che concorrenziali perché riescono ad eliminare l’IVA. La funziona dell’imposta sul valore aggiunto non è altro che quella di tassare il consumo dei beni gravando per intero sul consumatore finale.
Quando però si fa riferimento ai passaggi intermedi l’IVA viene neutralizzata in quanto il venditore la addebbita all’acquirente. Chi acquista la detrae (cioè prima la paga e poi ne ottiene una neutralizzazione rispetto al totale dell’ammontare di imposte che deve pagare).
Indice:
Il meccanismo fraudolento
Il meccanismo fraudolento si avvale dello sfruttamento delle società cosiddette cartiere. Le società cartiere vengono interposte alle transazioni commerciali, nello specifico a transazioni che avvengono tra un’impresa italiana ed un’impresa residente all’interno di un paese dell’unione europea.
Nel caso degli acquisti che avvengono all’interno dell’Europa questo tipo di frodi permettono la realizzazione di un guadagno sulla base di un diritto -fittizio- a detrarre l’IVA su ciò che viene acquistato.
Infatti, sulla base della normativa vigente è prevista l’applicazione dell’IVA quando si acquistano beni nel territorio dello stato “nell’esercizio di imprese, arti o professioni effettuati da soggetti passivi di imposta, nel Paese di destinazione del bene“.
Per l’applicazione del principio di reverse charge (inversione contabile dell’IVA) il soggetto debitore dell’imposta è l’acquirente o il committente. Sulla base del funzionamento di questa pratica l’acquirente del bene deve registrare la fattura che ha ricevuto dal venditore UE.
Questa fattura va integrata con l’ammontare di imposta IVA (tanto nel registro delle fatture emesse, quanto nel registro degli acquisti). A questo punto lo stesso soggetto potrà detrarre l’IVA sulla base di quanto disposto dal DPR numero 633 del 1972, articolo 19. Se quest’ultimo decide di rivendere il bene nel territorio statale dovrà applicare l’IVA e il cessionario, che diventa soggetto passivo di imposta, acquisisce il diritto alla detrazione della stessa. Si dice che il meccanismo fraudolento proposto dalle frodi carosello si basi su operazioni triangolari.
Schematizziamo a fini esplicativi l’attuazione pratica di queste frodi:
Il fornitore comunitario vende e fattura la merce alla società italiana (cartiera) nel regime di IVA non imponibile (decreto legge numero 331 del 1993). Il fornitore deve appartenere ad un paese dell’unione europea, ma diverso da quello in cui avviene la frode, quindi diverso da quello della cartiera.
La cartiera interposta acquista il bene per rivenderlo nell’immediato. Alla vendita applica la vendita con l’aliquota ordinaria pari al 22% e, ovviamente, non versa né la relativa IVA che è presente sulla fattura e nemmeno presenta la dichiarazione dei redditi sul guadagno maturato.
Lo scopo di questo passaggio della frode è quello di creare fatture per operazioni inesistenti. Queste società vengono affidate solitamente a soggetti nullatenenti che fanno da prestanome.
Il cessionario nazionale, che sarebbe il reale acquirente della merce, potrà pertanto detrarre l’iva “pagata” alla cartiera e andrà quindi a crearsi un credito IVA indebito. Di norma, inoltre, acquista il bene ad un prezzo vantaggioso rispetto al costo effettivo.
Esempi di frodi carosello
Individuati soggetti e meccanismo delle frodi carosello si può fare un esempio numerico per spiegare meglio il concetto. Pensiamo ad un fornitore comunitario che vende un bene alla società cartiera, ma fittiziamente, al prezzo di 100 euro.
La società cartiera, con sede in Italia, rivende il medesimo bene, fittiziamente, al soggetto cessionario nazionale allo stesso prezzo di 100 euro. Su questo importo però applica l’IVA al 22% perché la compravendita di beni è passata in territorio italiano. L’esborso totale per il cessionario nazionale è di 122 euro. Ma solo apparentemente.
L’operazione viene conclusa quando la società beneficiaria rivende alla società estera cedente gli stessi beni (al prezzo di 100 euro senza pagare l’IVA) applicando il sistema di vendita intracomunitario. Con questa pratica ciascun soggetto paga ed incassa i 100 euro. La società nazionale invece ha pagato (solo apparentemente) 22 euro alla società cartiera.
La somma di 22 euro non viene però versata all’erario perché la cartiera, ovviamente nè incassa il corrispettivo fatturato, nè tantomento paga l’Iva o la dichiara.
Questo il vero scopo dell’operazione: permettere alla società beneficiaria di ottenere un credito Iva di 22 euro da questa operazione triangolare. Tale credito potrà essere compensato all’IVA che la società beneficiaria incassa dai propri clienti oppure essere richiesto sotto forma di rimborso dallo Stato.
Sostanzialmente le ingenti quantità di denaro spese (in apparenza) per il pagamento dell’IVA a favore della società cartiera, consentiranno alla beneficiaria di realizzare quelli che vengono definiti fondi neri. Va tra l’altro tenuto presente che non sempre, realmente, i beni transitano tra tutti i soggetti coinvolti (anzi a onor del vero quasi mai).
Infatti, molto spesso, quando si innesca il meccanismo fraudolento ad interagire sono soltanto due i soggetti: il venditore (soggetto iniziale) non italiano e l’ultimo anello della catena cioè colui che immette il prodotto sul mercato, il resto sono solo “giri di carta”.
La società cartiera
Questa società detta anche, nel lessico economico-giuridico internazionale, missing trader rappresenta il primo anello della collana evasiva. La società cartiera infatti integra la fattura ricevuta dal fornitore estero per poi rivendere le merci. Solitamente la vendita secondaria avviene sottocosto al cessionario nazionale italiano (il reale acquirente e destinatario della merce).
La vendita avviene applicando l’Iva per consentire la detrazione indebita. La società cartiera si contraddistingue per una serie di elementi che la caratterizzano:
- è amministrata da un soggetto prestanome;
- non compie le scritture contabili obbligatorie:
- non presenta le dichiarazioni fiscali obbligatorie come ad esempio quella dei redditi o dell’IVA;
- solitamente non possiede locali commerciali;
- viene generalmente liquidata dopo pochi mesi dalla sua costituzione.
Alla società cartiera, si accompagnano delle società filtro (buffer). Queste vengono utilizzate per la realizzazione di meccanismi di frode più complessi e ricevono la fattura da parte della società cartiera.
A loro volta le buffer fatturano all’anello della catena successivo con un lieve ricarico del prezzo. La società filtro si usa nei meccanismi di frode più articolati con lo scopo di creare una sorta di schermo giuridico tra società cartiera e quella che effettivamente acquista la merce. Questa società, differentemente da quelle cartiera compie e conserva le scritture contabili, registra le fatture emesse per le vendite e presenta la dichiarazione dei redditi. Versa l’IVA, pratica le liquidazioni e possiede una struttura materiale minima di mezzi e uomini ai fini dell’esercizio dell’attività.
Solidarietà nel pagamento di imposta
Il legislatore in materia di finanza e fisco ha previsto, con l’introduzione del comma 386 del primo articolo della legge numero 311 del 2004, la solidarietà per quanto riguarda il pagamento dell’imposta. Il senso di questa norma è rintracciabile proprio nella volontà di arginare il fenomeno delle frodi carosello.
Infatti con questa norma si prevede che il cessionario, in quanto operatore professionale soggetto ad Iva (non consumatore finale), sia solidalmente responsabile del pagamento dell’IVA finale che è dovuta dalla società cartiera, nei casi in cui questa non venga regolarmente versata.
Questo accade, nei casi in cui il prezzo della cessione sia inferiore al normale valore dei beni che sono stati venduti quando si tratta di beni contemplati all’interno di appositi decreti ministeriali utili ad individuare le diverse categorie merceologiche che sono ritenute maggiormente soggette al rischio di frode.
I settori maggiormente interessati dalle frodi carosello sono infatti quelli tecnologici. Basti pensare alla vendita di pc, smartphone e prodotti informatici in genere. Nonché i prodotti alimentari (come ad esempio le carni fresche) e le compravendite di animali vivi.
Secondo le statistiche, inoltre, sono oggetto di tali frodi anche le automobili nuove. Secondo la legge (art. 60 bis del DPR numero 633 del 1972) non si applica la responsabilità solidale (c.d. esclusione di responsabilità solidale) quando l’acquirente può dimostrare che è stato praticato un prezzo inferiore in ragione di eventi o di altre situazioni oggettivamente rilevabili e dimostrabili, oppure quando la legge stessa ammette la possibilità di applicare un minor prezzo, o quando l’Iva viene regolarmente versata da tutti i soggetti.
Per semplificare, nell’ipotesi delle frodi carosello l’erario potrà rivalersi sul cessionario, qualora la cartiera non abbia pagato l’IVA. Va comunque tenuto presente che il contenuto del 60 bis è applicabile soltanto a quei beni che sono trattati nei determinati decreti ministeriali.
La responsabilità della società
La problematica delle frodi carosello, ed in generale degli illeciti societari, affligge il sistema in maniera sempre più incisiva costringendo il legislatore ad adeguarsi e a proporre nuove normativa al fine di limitare i fenomeni e punire tali comportamenti.
Questo il senso di una legge come la numero 231 del 2001 che ha introdotto nel nostro ordinamento, per la prima volta, la responsabilità societaria amministrativa. La norma di carattere tributario serve per prevenire ed al contempo contrastare le frodi. Questa forma di responsabilità amministrativa è pensata per punire i rappresentanti delle società che compiono reati a vantaggio delle stesse.
La norma citata si applica a tutti gli enti dotati di personalità giuridica nonché alle associazioni ed alle società che ne sono prive. Non possono, invece, essere applicate allo Stato, agli enti pubblici non economici e a quegli enti che sono deputati allo svolgimento delle funzioni di rilievo costituzionale.
A livello europeo per far fronte al fenomeno, invece si è ricorso ad un progressivo inasprimento di strumenti di prevenzione e di sorveglianza e sono stati ampliati i poteri del VIES (“vat information exchange system“).
Questo è un network di informazioni fornisce alle autorità un numero maggiore di dettagli circa operazioni che possono essere considerate sospette riguardo l’evasione dell’Iva. Secondo le stime, infatti, in Europa la frode Iva è stimata intorno ai 200 miliardi di euro. Per questo è fondamentale il ruolo che svolgono le norme e le attività materiali svolte per reprimere le frodi societarie.
Attività e sentenze in contrasto all’evasione dell’Iva
In tema di evasione dell’Iva in operazioni triangolari con soggetti esteri, le leggi a contrasto di queste pratiche largamente sfruttare dalle aziende per evadere l’Iva e avere vantaggi indebiti, hanno portato il legislatore e la Cassazione da deliberare che, nei casi di frodi carosello:
- L’Iva sugli acquisti che deriva da fatture fasulle resta indetraibile;
- Anche il costo relativo ad un’acquisto inesistente non è deducibile;
- Prima di giudicare un costo non deducibile perchè frutto di un reato occorre individuare in che percentuale questo sia reale e quanto sia stato “gonfiato”.
In definitiva, le operazioni inesistenti che danno però luogo a crediti Iva e/o costi “fittizi” da inserire a bilancio, una volta individuati danno luogo, oltre alle sanzioni penali per chi li mette in pratica, comportano il totale annullamento di tali operazioni ai fini fiscali e di detrazione dell’Iva.
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