Come ridurre il carico fiscale con le royalties registrando un marchio

Per identificare un prodotto o un servizio, i consumatori fanno quasi sempre riferimento al brand che viene spesso associato a un marchio: parole, disegni, o simboli grafici che costituiscono un vero e proprio segno distintivo per differenziarsi dalla concorrenza e che frequentemente, rappresenta il valore aggiunto che consente di aumentare le proprie vendite e, di conseguenza, i ricavi.

Per tutelare la propria identità aziendale ed evitare che altri sfruttino lo stesso marchio per avvantaggiarsi a dispetto di chi ne è il reale proprietario, è necessario procedere alla sua registrazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi in modo da proteggerlo da tentativi di copia e, soprattutto, assegnargli un valore commerciale.

Un altro importante aspetto collegato alla registrazione di un marchio sono le royalties, ossia i compensi riconosciuti al proprietario di un prodotto o di un marchio, o al titolare di un brevetto o di una opera intellettuale, come corrispettivo della concessione di utilizzare quel prodotto, marchio, brevetto o opera intellettuale per fini commerciali.

Su tali somme esiste un notevole beneficio fiscale in Italia, che consiste in una defiscalizzazione di una parte dei proventi incassati da parte del proprietario che concede il suo marchio, prodotto o brevetto, a titolo oneroso, a vantaggio di un’impresa.

Di seguito cercheremo di capire i vantaggi che comporta la registrazione di un marchio, l’esatta procedura, le spese da sostenere e analizzeremo i benefici tributari derivanti dal sistema delle royalties.

Indice:

 

I vantaggi di registrare un marchio

Il marchio, o logo, rappresenta un biglietto da visita con cui si promuove un’attività ed l’icona che per prima viene ricordata dal cliente e associata all’azienda. Appare evidente che registrare tale marchio, o logo che sia, possa portare a  numerosi vantaggi, in particolare:

  • diritto esclusivo di utilizzo del marchio registrato;
  • possibilità di concederne a terze parti l’impiego;
  • diritto di agire per vie legali contro chi ha sfruttato senza concessione il marchio o si è impossessato del logo;
  • creare un’immagine distintiva sul mercato;
  • garantire la completa sicurezza e diritti all’imprenditore;
  • assicurare all’ideatore il giusto compenso;
  • impedire che soggetti terzi si avvantaggino indebitamente sfruttando quel marchio e inducendo all’errore il compratore;
  • pagare meno tasse.

La registrazione e protezione del marchio può avvenire, sia a livello nazionale che europeo ed internazionale, in modo da avere la garanzia di tutela anche in tutto il mondo, se necessario. La registrazione ha una validità di 10 anni e allo scadere può essere rinnovata.

Oltre ai vantaggi derivanti dalla tutela legale, un ulteriore beneficio di registrare il proprio marchio riguarda il valore commerciale che può acquisire nel corso del tempo. Il logo, in moltissimi casi, diventa un vero e proprio bene aziendale con la possibilità di essere venduto o affittato.

Inoltre, la comparsa del simbolo ® accanto al marchio trasmette al consumatore maggior fiducia e un senso di affidabilità nei confronti dell’azienda. Da non sottovalutare la possibilità di effettuare operazioni commerciali sfruttando il franchising, creando una catena di punti vendita con lo stesso logo e facendo pagare una quota d’iscrizione ai commercianti che vorranno aderire a tale progetto. Per capire l’importanza di un marchio basta pensare a società come Coca-Cola, in cui è il logo stesso a rappresentare da solo un valore inestimabile per noi “comuni mortali”

In un mercato globalizzato e spietato come quello contemporaneo, registrare un marchio rappresenta l’unico modo per difendere le proprie idee, la propria identità professionale e l’attività da tutti i competitor pronti a impiegare un logo non registrato, causando un’inevitabile danno di immagine e un calo dei volumi d’affari.

Soprattutto quando un prodotto o servizio ha raggiunto una certa notorietà è fondamentale evitare che le aziende rivali sfruttino a loro vantaggio questa popolarità, utilizzando impropriamente uno slogan o un simbolo grafico impropriamente.

 

Cosa fare prima della registrazione di un marchio?

Registrare un marchio non è affatto un’operazione semplice, anzi, a dire il vero, richiede una procedura piuttosto complessa. Le difficoltà aumentano qualora si desideri tutelarlo, non solo a livello nazionale, ma anche comunitario ed internazionale.

Ad ogni modo non è un’operazione “fai da te”, ma è necessario affidarsi ad esperti del settore che si occuperanno di sbrigare tutti gli oneri amministrativi e fiscali. Prima della registrazione è indispensabile effettuare dei controlli preliminari, verificando che il marchio o logo da registrare non sia già coperto da diritto d’autore.

La ricerca deve essere molto attenta e capillare, disponendo di due strumenti: il sito ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale oppure la banca dati nazionale dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Nel caso in cui la ricerca dia esito positivo (quindi se esiste già qualche cosa di riconducibile a quello che si vuole registrare), si dovrà modificare il marchio per renderlo unico ed originale. La fase della scelta è fondamentale perché quello che andremo a registrare rispecchierà l’immagine aziendale del prodotto o servizio che si intenderà promuovere e vendere.

Il logo deve essere una perfetta sintesi del brand e può essere rappresentato attraverso un solo simbolo grafico, avere uno slogan, essere semplice o complesso, insomma, si lascia spazio alla fantasia e creatività di chi lo progetta che deve innanzitutto tenere in considerazione che la cosa fondamentale è che la sua creazione possa essere facilmente ricordata e collegata al prodotto o all’impresa che rappresenta.

Solitamente si tende a preferire la semplicità scegliendo simboli grafici accattivanti con colori vivaci in grado di attirare l’attenzione del consumatore e rimanere da subito nella memoria dell’osservatore. Ricordiamo che per legge è vietato registrare un marchio che presenti delle connotazioni negative, ossia che risulti contrario alla morale e all’ordine pubblico.

 

Registrazione di un marchio: come compilare la domanda

Abbiamo già accennato come la registrazione di un marchio non sia un’operazione tra le più semplici e richieda la compilazione di un modulo a cui allegare una completa documentazione. E’, comunque, possibile effettuare la procedura online, scaricando quanto necessario direttamente dalla sezione modulistica del sito istituzionale dell’UIBM (Ufficio Marchi e Brevetti Italiano).

Il modulo MA-RI per la domanda di registrazione del marchio d’impresa è alquanto dettagliato, con alcuni campi particolarmente difficoltosi da compilare. Prima dell’invio, è consigliabile rileggere con attenzione ciò che si è dichiarato per evitare di veder respinta la domanda e rimetterci qualche euro.

Tra le varie informazioni richieste, una di primaria importanza riguarda lo specificare che si tratti della prima domanda di registrazione per quello specifico logo o marchio. Inoltre, è fondamentale indicare se il marchio è individuale e identifica in modo esclusivo una singola azienda, altrimenti verrà considerato di tipo collettivo.

Un classico esempio è il marchio registrato per molte tipologie di vini, che non identifica un unico produttore ma un consorzio che raggruppa più aziende.

Altro punto cruciale riguarda la natura del logo, che può essere suddiviso in due categorie: denominativo o figurativo con immagine. Nel primo caso viene anche definito logo verbale e la tutela riguarda esclusivamente lo slogan e non la parte simbolica e grafica.

La tipologia figurativa, invece, rappresenta la miglior soluzione per proteggere il logo dai tentativi di clonazione o appropriazione, visto che tutela sia la parte scritta che quella grafica. Di conseguenza, avendo creato un marchio che racchiude parole e disegni, sarà opportuno specificare che si tratta di un logo identificativo con immagine.

Il modulo MA-RI contiene una sezione dedicata alla precisa descrizione del logo e all’individuazione della classe. Per quest’ultimo aspetto è necessario consultare la cosiddetta Classificazione di Nizza: un elenco di prodotti e servizi con relativa classe di appartenenza. La lista completa si può trovare sul sito dell’UIBM e comprende 45 classi in cui cercare attentamente quella corrispondente all’attività o al prodotto che si ha intenzione di registrare. Aspetto importante da evidenziare è la possibilità di inserire più classi per ogni singolo marchio.

La parte finale del modulo è la più semplice, con la richiesta dei dati del richiedente e la documentazione da allegare alla domanda. Sarà necessario fornire una copia in formato A4 del logo, in modo che siano ben visibili tutti i particolari scritti e grafici. E’ quanto mai opportuno allegare un’immagine ad altissima risoluzione e perfettamente dettagliata. Nel caso di richiesta per la registrazione di un marchio collettivo, la documentazione deve comprendere l’elenco dei soggetti abilitati allo sfruttamento del logo e le diverse modalità d’impiego.

 

Documenti da allegare alla domanda di registrazione di un marchio

Quando si presenta la domanda è necessario allegare i seguenti documenti:

  • originale del modulo MA-RI compilato in ogni sua parte e sottoscritto, unitamente ad altre due copie;
  • sul modulo originale deve essere applicata una marca da bollo da 16 euro;
  • una copia del versamento all’Agenzia delle Entrate;
  • la ricevuta per il pagamento dei diritti di segreteria presso la Camera di Commercio dov’è si desidera presentare la domanda.

La richiesta di registrazione di un logo può essere inoltrata in forma cartacea oppure direttamente online. Nel primo caso si potrà consegnare personalmente presso la Camera di Commercio oppure spedire tramite raccomandata con ricevuta di ritorno all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Scegliendo la modalità telematica si dovrà inviare la domanda accedendo al sito servizionline.uibm.gov.it.

 

Quanto costa la registrazione di un marchio?

Naturalmente, la procedura di registrazione di un logo ha una serie di costi da sostenere, composti da una quota fissa e una variabile. Le spese fisse riguardano:

  • marca da bollo da 16 euro da applicare sull’originale del modulo MA-RI;
  • il pagamento dei diritti di segreteria nel caso di deposito presso una Camera di Commercio (40 euro);
  • 40 euro per i diritti di segreteria anche nel caso in cui la domanda venga inoltrata tramite raccomandata a/r;
  • 101 euro per poter registrare il logo in una sola classe;
  • 34 euro per ogni classe aggiunta.

I costi sopra elencati fanno riferimento alla registrazione di un marchio individuale, nel caso di richiesta di registrazione di un marchio collettivo il costo di iscrizione alla classe che sale a 337 euro.

Volendo registrare il marchio a livello comunitario per un massimo di 10 anni e scegliendo fino a 10 Paesi, i costi si impennano in base al numero di classi iscritte e precisamente:

  • 850 euro per l’iscrizione di un’unica classe;
  • 50 euro per inserire una seconda classe;
  • 150 euro per ogni classe che si desidera aggiungere oltre la seconda.

Volendo fare un ulteriore passo e registrare il marchio a livello internazionale, la complessità della procedura e i costi saliranno in maniera esponenziale. Per prima cosa la domanda dovrà essere presentata in lingua inglese e inviata all’Ufficio Marchi e Brevetti di Ginevra.

Quantificare i costi con precisione è impossibile, visto che variano a seconda dei Paesi in cui si vuole tutelare il logo. Per fare un esempio: scegliendo gli Stati Uniti, il costo per l’inserimento di una sola classe è di 1.500 euro, con ulteriori 500 euro per ogni classe aggiunta.

Ricordiamo che presentando la domanda non esiste alcuna garanzia che la stessa venga accolta. Tutta la documentazione sarà analizzata per verificarne correttezza e completezza di informazioni, che non sussistano impedimenti per la registrazione e che siano rispettati i criteri formali.

Se il controllo formale fornirà esito positivo verrà effettuata la pubblicazione sul bollettino dei brevetti, modelli e marchi in modo che chiunque possa vederlo e chiederne la sospensione della registrazione se riscontra dei validi motivi per farlo (violazione del diritto di copyright, clonazione di un marchio o logo già esistente, troppe similitudini che rischiano di indurre in confusione la clientela con un marchio già registrato, marchio o logo immorali, ecc.).

Se tutto procederà senza intoppi, serviranno circa 6 mesi per l’emissione del certificato che attesti la registrazione del marchio.

 

Cosa sono le royalties legate ai Marchi e a cosa servono

Fino ad ora abbiamo parlato di logo e marchio sottolineando la fondamentale importanza della registrazione per tutelare la propria azienda, attività e prodotti realizzati. Un ulteriore aspetto di una certa rilevanza e direttamente collegato con la protezione di un marchio, sono le royalties.

Le royalties sono tutte le somme di denaro che il titolare di un brevetto, marchio, o proprietà intellettuale, riceve da coloro i quali potranno sfruttare tali beni per fini commerciali o scopi di lucro.

Si tratta dei diritti d’autore che riguardano, non solo opere di natura artistica o scientifica, ma anche brevetti, modelli, disegni, formule segrete e, naturalmente, ogni marchio e logo opportunamente registrato. È una forma di compenso per il titolare del marchio che concede la sua opera oppure a chi può avvantaggiarsi di questa per concludere accordi commerciali o incrementare il valore della propria impresa.

Per il calcolo delle royalties non ci sono formule precise in quanto si tratta di un accordo tra due parti per la concessione d’uso di un bene. Una royalty può essere versata in una quota fissa oppure calcolando una percentuale sul prezzo di vendita.

 

Trattamento fiscale delle royalties

Il trattamento fiscale delle royalties derivanti dallo sfruttamento o dalla cessione dei diritti d’autore, variano a secondo del rapporto tra le parti e precisamente:

  •  se i compensi sono percepiti direttamente dall’autore vengono qualificati come redditi da lavoro autonomo con l’applicazione delle ritenuta d’acconto del 20%. In caso di soggetti non residenti la ritenuta sale al 30%;
  • se i compensi sono percepiti da soggetti che non siano l’autore, vengono qualificati come redditi diversi con ritenuta d’acconto al 20%;
  • per compensi percepiti durante l’esercizio di impresa, la tassazione segue le medesime regole dei redditi d’impresa;
  • in caso di rapporto di collaborazione, le somme percepite sono considerate redditi assimilabili al lavoro dipendente applicando le detrazioni previste.

Questo significa che l’azienda che eroga le royalties pagherà un anticipo del 20% come ritenuta d’acconto alla fonte che costituirà un acconto su quanto il percipiente dovrà versare di imposte sul quel reddito in base al proprio scaglione IRPEF, ad esempio.

 

Come vengono tassate le royalties

Tutte le persone fisiche che percepiscono royalties devono dichiarare i compensi nel modello 730 o Redditi. La normativa prevede di poter avere una riduzione della tassazione ai fini IRPEF nei seguenti casi:

  • la base imponibile è ridotta del 25% per tutti i compensi considerati redditi diversi, ma solo con diritto acquisito a titolo oneroso, non prevedendo deduzioni per quelli ricevuti a titolo gratuito;
  • alla base imponibile, per compensi qualificati come redditi da lavoro autonomo, viene applicata una deduzione forfettaria del 25% che sale al 40% nel caso in cui il beneficiario abbia un’età inferiore a 35 anni.

In questi due casi significa che una parte di quanto percepito dall’autore per la cessione di un marchio o brevetto ad un soggetto commerciale, sia detassato di una percentuale che varia dal 24% al 40% di quanto incassato, secondo la regola sopra esposta. Se, ad esempio, un soggetto persona fisica, incassa 20.000 euro di royalties in un anno, verrà tassato solamente su 15.000 euro risparmiandosi le imposte sul 25%.

 

Come usare marchi e royalties per pagare meno tasse

Le royalties sono un ottimo mezzo per la pianificazione fiscale: la dimostrazione è che quasi tutte le aziende titolari dei più famosi marchi le utilizzino per defiscalizzare una parte del loro reddito.

A livello di grandi imprese il meccanismo sfrutta principalmente il sistema delle holding. Molti marchi prestigiosi di aziende internazionali hanno aperto numerosi punti vendita in Italia che, in realtà, sono di proprietà delle holding con sede in Paesi a tassazione agevolata come, ad esempio, Lussemburgo, Olanda, Cipro e Malta.

Alla fine dell’esercizio fiscale, ogni singola società versa, a titolo di royalties, una parte del proprio reddito nella cassa della holding come compenso per lo sfruttamento del marchio. Tali compensi sono imponibili solamente nel secondo Stato evitandosi, quindi, l’IRES al 24% su quei proventi, con il Fisco italiano che applicherà solo una ritenuta secondo la convenzione esistente con il paese in cui ha sede la holding.

Le agevolazioni fiscali per le royalties possono essere sfruttate anche da società di capitali più piccole e da tutti i titolari di reddito di impresa: la legge non vieta ad una qualsiasi SRL di cedere il suo marchio in concessione ricevendone in cambio un canone periodico, oppure all’amministratore dell’azienda di concedere la titolarità del suo marchio alla stessa società al fine di ricevere royalties in aggiunta ai compensi.

Dopo aver letto queste poche righe, chiunque potrebbe pensare che basti registrare un marchio per avere, fin da subito, un bel vantaggio fiscale.

Naturalmente, tutto questo è possibile, visto che nel nostro ordinamento giuridico è prevista una tassazione particolarmente agevolata sugli importi ricevuti a titolo di royalties su brevetti, marchi e opere di ingegno, ma sarà necessario fare le cose a regola d’arte per non finire nei guai, perchè, chi riceve royalties da una azienda che utilizza il marchio di sua proprietà, deve essere in grado di dimostrare che l’utilizzo di quel marchio porti un valore aggiunto, commisurato a quanto pagato dalla società per lo sfruttamento di quel marchio.

Solo in questo modo, chi percepisce royalties, che possono diventare una interessante alternativa agli emolumenti amministratori, se parliamo dell’amministratore di una SRL, potrà vedersi detassato completamente il 25% di quanto percepito e, oltretutto, non pagare INPS su quegli importi.

Poniamo il caso dell’amministratore di una SRL che percepisca 20.000 euro di compensi per la sua attività all’interno dell’azienda.

Su questo imposto egli sarà costretto a pagare:

  • l’IRPEF a scaglioni di reddito: (3.450 + 27% di 5.000) = 4.800 €
  • INPS: (24% di 20.000) = 4.800 €

Per un totale di 9.600 €

Se lo stesso imprenditore, dopo aver registrato un suo marchio che verrebbe sfruttato dall’impresa, ricevesse la stessa somma di 20.000 € sotto forma di Royalties per lo sfruttamento di tale proprietà intellettuale pagherebbe:

  • IRPEF a scaglioni di reddito sul 75% di quanto percepito: (23% di 15.000) = 3.450 € di cui 3.000 già pagati dall’impresa a titolo di ritenuta alla fonte;
  • Le royalties non sono assoggettate ad INPS;

Il totale sarebbe quindi di 3.450 €

E’ inutile sottolineare il risparmio incredibile che comporterebbe una soluzione di questo genere ma è importantissimo fare le cose in maniera corretta evitando di approfittare di questa normativa perchè troppo spesso si incappa in errori e forzature che possono portare a pensanti sanzioni su quanto calcolato autonomamente come imposte sfruttando il marchio.

 

Marchi e Royalties: gli errori più comuni

Come abbiamo visto i vantaggi fiscali in seno alla persona titolare dei diritti di royalties su marchi e brevetti, sono notevoli. La situazione però non è così semplice come potrebbe sembrare, altrimenti tutti potrebbero registrare un qualsiasi marchio per la propria impresa e cominciare fin da subito a prelevare royalties detassate anziché il compenso soggetto alla tassazione ordinaria.

Se teoricamente questo ragionamento non fa una grinza, a livello pratico gli errori che si possono commettere sono innumerevoli, e il Fisco è sempre in agguato per punire gli eventuali trasgressori.

L’errore più grossolano che si possa commettere  è quello di registrare un marchio già presente da molto tempo sul mercato (ma ancora non registrato) e, addirittura, in molti casi, già utilizzato da anni dall’impresa. In questa situazione, procedere alla registrazione del marchio in capo ad uno degli amministratori, ad esempio, non rappresenta di per se una violazione in termini di legge, tuttavia, non è una pratica corretta e non comporterebbe la possibilità, per chi lo registra, di incassare royalties.

Questo per il semplice motivo che, se tale marchio è sempre stato di proprietà dell’impresa, che lo utilizza da anni, è piuttosto assurdo che da un giorno all’altro l’azienda paghi a chi ha registrato quel marchio per lo sfruttamento di un qualcosa che era già di proprietà dell’impresa e, in molti casi, sviluppato addirittura con risorse aziendali, con tanto di fatture pagare, magari ad un grafico, per la realizzazione dello stesso.

Un altro aspetto molto importante riguarda il fatto di essere in grado di dimostrare che quanto pagato dall’azienda per le royalties a chi cede i diritti di utilizzo del marchio, sia commisurato ai vantaggi che l’azienda ottiene dallo sfruttamento del marchio stesso.

Più in generale, partiamo dal presupposto che il pagamento di royalties ai titolari di marchi, per il loro utilizzo da parte dell’impresa, potrà rappresentare entro una percentuale ben definita di fatturato che in Italia varia dal 3% fino al 14% del fatturato. E’ fondamentale non esagerare perchè resta a carico del titolare del marchio, che spesso è anche socio dell’impresa, dimostrare l’effettivo valore, in termini di incremento di fatturato, generato dall’utilizzo di quel determinato marchio.

Per le piccole realtà produttive, molto più che per i grandi brand, è necessario avere delle prove concrete che dimostrino che, grazie al marchio registrato, il prodotto è stato venduto, ad esempio, ad un prezzo superiore o che siano state incrementate le vendite proprio grazie allo sfruttamento del marchio.

Troppo spesso, invece, succede che, al contrario, sia proprio il marchio ad acquisire valore e forza sul mercato sfruttando la pubblicità pagata dalla società stessa e non dal soggetto che lo ha registrato e, addirittura, percepisce le royalties.

Al fisco basta poco per smontare i “castelli” costruiti ad hoc da imprese e soci per risparmiare qualcosa dalle imposte e smantellare tutto il sistema rendendo impossibile scaricare i costi delle royalties, punendo i colpevoli con sanzioni salate e riportando a tassazione ordinaria quanto risparmiato con questo sistema utilizzato indebitamente, anche e solamente una fattura pagata dall’impresa per pubblicità o per il marchio stesso.

   

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3 Comments
giacomo quagliotti

Dicembre 27, 2023 @ 11:43

Reply

buongiorno e grazie per le preziose info. ho un’azienda con due anni di attività. posso ancora depositare il marchio e percepire royalities oppure è “L’errore più grossolano che si possa commettere è quello di registrare un marchio già presente da molto tempo sul mercato (ma ancora non registrato) e, addiritt…”? grazie

RENZI SAS AGENZIA DOGANALE

Ottobre 16, 2019 @ 10:23

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INFORMAZIONI MOLTO CHIARE, COMPRENSIBILI DA MEMORIZZARE

Omar Cecchelani

Ottobre 17, 2019 @ 01:33

Reply

grazie

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