Come pagare meno tasse nel 2024
Abbassare il carico fiscale e preservare il proprio patrimonio sono traguardi comuni per chiunque voglia ridurre l’importo delle tasse nel 2024. Questo’anno, ci sono varie strategie che consentono di raggiungere tale obbiettivo senza ricorrere a pratiche illegali. Esaminiamo le alternative disponibili per ridurre l’incidenza fiscale nell’attuale contesto.
Ogni contribuente, che sia imprenditore, lavoratore autonomo, pensionato o dipendente, è tenuto per legge a versare le tasse. Si tratta di un obbligo fiscale inderogabile, ignorarlo comporterebbe il rischio di diventare un evasore fiscale. Tuttavia, esistono approcci legali che permetono di ridurre l’ammontare delle tasse, alleggerendone l’onere, senza incorrere in reati fiscali, evasioni o elusioni.
La tassazione e i regimi fiscali variano in base alla giurisdizione di ogni Stato, con diverse nazioni che adottano sistemi diversificati. Negli Stati Uniti, ad esempio, si applica l’Income tax, una tassa sul reddito composta da sette scaglioni di reddito, con aliquote che variano dal 10% al 37%.
In altri Paesi, viene adottata la flat tax, nota anche come aliquota unica o tassa piatta. Questo sistema si basa sul principio che le imposte non vengono calcolate in modo progressivo in base al reddito imponibile, come avviene nel sistema a scaglioni Irpef in Italia, ma vengono applicate in modo fisso.
Nonostante le differenze nei regimi fiscali, è fondamentale comprendere che il pagamento delle tasse è un obbligo costante. Questo sostiene il funzionamento dello Stato e la fornitura dei servizi ai cittadini. Tuttavia, nel rispetto della legge, è possibile adottare strategie per ridurre la propria imposta fiscale. Esploriamo insieme come ottenere questo risultato.
Indice:
Il concetto di inerenza, una strategia per ridurre l’imposta nel 2024
Molte partite IVA nel regime ordinario spesso non prestano una cura dettagliata ai costi collegati alla loro attività. Il principio di inerenza rappresenta una clausula generale nell’ambito tributario, derivante dall’articolo 109, comma 5, del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi).
Le partite IVA affrontano spese (come biglieti del treno, aggiornamenti professionali, pranzi al ristorante, rifornimenti di carburante, solo per citarne alcuni) che potrebbero sembrare di entità limitata, ma alla fine dell’anno possono accumularsi in un importo significativo.
Per poter dedurre queste spese dal reddito come oneri deducibili, è essenziale che il lavoratore autonomo titolare di partita IVA abbia effettivamente sostenuto il costo, documentandolo con una fattura o con il cosiddetto “documento commerciale”, come uno scontrino contenente la partita IVA del professionista.
I professionisti possono detrare dal reddito imponibile tutte le spese sostenute nell’esercizio della loro attività e correlate ad essa, come ad esempio:
- l’acquisto di libri e riviste professionali;
- corsi di aggiornamento professionale;
- acquisto di materiale di cancelleria e valori bollati;
- costi per lavoro dipendente e prestazioni di lavoro autonomo occasionale;
- acquisto di beni strumentali per l’esercizio dell’attività professionale.
Tuttavia, è importante notare che questa possibilità non si applica al libero professionista o al lavoratore autonomo che ha adottato il regime forfettario.
Buoni pasto: strumenti di pianificazione fiscale
Ora esamineremo alcuni strumenti di pianificazione fiscale, ma il focus lo puntiamo innanzitutto sui Buoni Pasto. Non si tratta soltanto dei buoni per i dipendenti, ma anche per gli imprenditori. La possibilità di utilizzare buoni pasto dipenderà dalla forma giuridica scelta e potrà arrivare fino al 2% del fatturato.
Perché utilizzare i buoni pasto?
Questi garantiscono un miglior potere d’acquisto, consentendo di impiegarli non solo in ristoranti o bar, ma anche per la spesa quotidiana. Cerchiamo quindi di capirne il funzionamento anche per attuare una strategia di risparmio fiscale per te e per la tua azienda. Il retaggio comune è che questo sia uno strumento appannaggio solo delle grandi imprese, ma in realtà non è così.
Partiamo spiegando che cos’è un buono pasto e quali sono le sue caratteristiche. Il buono pasto è uno strumento che può essere fornito dal datore di lavoro ai collaboratori come servizio sostitutivo di mensa, valido per acquistare prodotti o generi alimentari. Possono essere in formato cartaceo o elettronico, e il loro valore, oltre che il numero di buoni emessi, è personalizzabile in base alle specifiche esigenze.
I buoni pasto vengono poi utilizzati dai dipendenti negli esercizi pubblici come bar, ristoranti e supermercati convenzionati con le società emittenti. Il concetto di buono pasto si è evoluto da mera pausa pranzo a strumento di integrazione del reddito. Non solo viene accettato dai supermercati o dagli alimentari, ma si può utilizzare anche per il food delivery e il take away.
Anche se i dipendenti fanno smart working e non fanno la pausa pranzo in un locale, il buono pasto può essere utilizzato per fare la spesa o per ordinare a domicilio. Quindi, si tratta di uno strumento di supporto e integrazione al reddito del dipendente. Dipendenti che ottengono un contributo extra giornaliero possono farci la spesa anche online e utilizzarlo per il delivery e il take away, completamente esentasse.
Perché può essere una soluzione semplice e vantaggiosa?
Deducibilità al 100% per le aziende e al 75% per i professionisti, detrazione totale dell’IVA, utilizzabilità nei punti della grande distribuzione, mercati e ristoranti convenzionati. Uno strumento non solo appannaggio delle grandi aziende, ma anche uno strumento di integrazione del reddito. Non dovrai più chiedere l’emissione della fattura ogni volta ai bar e ristoranti, riducendo gli oneri amministrativi e contabili. Infine, una fatturazione unica mensile.
I buoni acquisto
Il secondo strumento da considerare sono i buoni acquisto. Questi possono svolgere diverse funzioni, ma la prima è quella di fungere da Fringe Benefit per i dipendenti. Naturalmente, ci sono limiti da considerare, e nel 2022 il massimo era addirittura di 3000 euro, applicabile anche agli amministratori di SRL. Nel 2023, questo limite è rimasto a 3000 euro per i lavoratori con figli; vedremo se nel corso dell’anno migliorerà anche per gli altri.
I buoni acquisto possono essere utilizzati come omaggi per i clienti o per incentivare la rete vendita. Tuttavia, è importante notare che ci sono condizioni particolari e un limite del 1,5% del fatturato totale. Anche questo contribuisce al potere d’acquisto che si genera nelle tasche dell’imprenditore. Dovete sempre considerare, che il potere d’acquisto, se addebitato alla società, vi consente di avere una maggiore possibilità di spesa a livello personale. Inoltre, è un costo deducibile per l’azienda, alla stregua dei buoni pasto.
Il rimborso chilometrico
Il rimborso chilometrico è uno degli argomenti più trattati nei post di risparmio fiscale. Si applica quando utilizzi l’auto di proprietà per scopi aziendali, e consiste nel rimborso del costo sostenuto per il consumo di carburante e altri oneri correlati.
Ogni veicolo ha il suo importo specifico, consultabile nelle tabelle online sul sito dell’ACI. Per ogni chilometro percorso a fini aziendali, si deve tener traccia in un registro, e questo costo è deducibile per l’azienda, rappresentando un rimborso per le spese sostenute per l’auto.
Rimborso forfettario
Questa opzione è disponibile solo per le società e si applica quando ci si sposta dal luogo di lavoro abituale. Anche se ci si sposta solo fuori dal comune, per esigenze di lavoro, si ha diritto a un rimborso forfettario di 46,48 euro. Questa cifra rappresenta un importo netto, non soggetto a tassazione.
Questi fondi sono completamente deducibili per l’azienda, che si tratti di una società di persone (SNC), società per azioni (SAS) o società a responsabilità limitata (SRL). Tuttavia, va notato che questa opzione non è disponibile per gli imprenditori individuali e che tali importi non concorrono a formare reddito per chi li riceve.
In pratica, se ad esempio si effettuano 10 trasferte al mese, si possono ottenere 6.000 euro all’anno deducibili fiscalmente.
Il trattamento di fine mandato (TFM)
Il trattamento di fine mandato (TFM) è un aspetto cruciale che bisognerebbe considerare, e se non l’hai ancora fatto, è il momento giusto per farlo. Il funzionamento del trattamento di fine mandato, consente di creare un accantonamento di denaro all’interno di una società.
Questi fondi non sono soggetti a tassazione immediata sui redditi aziendali, consentendo una maggiore capacità di investimento. Anche se saranno tassati in un secondo momento e in determinate condizioni, questo approccio offre un vantaggio significativo.
Il TFM, acronimo di Trattamento di Fine Mandato, rientra nella categoria dei compensi di fine rapporto ed è un tema spesso discusso. Ma cosa rappresenta esattamente il TFM e perché non va confuso con il TFR?
Entrambi sono compensi di fine rapporto, ma mentre il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) ha un calcolo preciso e si applica ai dipendenti, il TFM è riservato agli amministratori. È essenziale distinguere se gli amministratori sono soci o non soci quando cessano la carica.
Il trattamento di fine mandato, se correttamente strutturato, può fungere da accantonamento deducibile. Questo significa che è possibile accantonare una quota ogni anno, anche se non esiste una regola precisa. Tuttavia, questa quota deve essere congrua alla società, proporzionale al compenso dell’amministratore o al suo contributo all’azienda. La determinazione del TFM può avvenire attraverso diverse formule.
L’accantonamento è un elemento cruciale in quanto consente di trattenere fondi all’interno dell’azienda, godendo di deducibilità fiscale. In pratica, ciò significa che non si devono pagare imposte sul reddito della società per l’importo accantonato. Tuttavia, è importante valutare attentamente le ipotesi, poiché ci sono situazioni in cui il TFM potrebbe non essere conveniente.
Come abbassare le tasse in busta paga nel 2024
Ogni mese, una parte della busta paga viene destinata al pagamento delle tasse, gestito dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta. Le principali detrazioni fisiche sull’Irpef rappresentano un modo essenziale per ridurre l’onere fisciale per i dipendenti. La presentazione di una dichiarazione dei redditi, che includono tutti i guadagni dell’anno precedente è obbligatoria per i lavoratori dipendenti.
Le detrazioni fiscali offrono la possibilità di ottenere sconti o crediti aggiuntivi direttamente sulla busta paga. Esse riguardano diversi ambiti, come spese sanitarie, istruzione, interessi per mutui, spese veterinarie, e molte altre. Ad esempio, le spese mediche sostenute per i minori o i maggiorenni con disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) posso essere detratte.
La strategia principale per ridurre le tasse per i lavoratori dipendenti consiste nell’approfittare di queste detrazioni fiscali, che offrono sconti su una vasta gamma di spese. Accedendo a queste detrazioni è possibile godere di un notevole risparmio fisciale, contribuendo così a ottimizzare la propria situazione finanziaria.
Le agevolazioni fiscali consentono l’accesso a una vasta gamma di sconti, specialmente per:
- Spese mediche;
- Spese sanitarie sostenute per familiari non a carico, affetti da patologie esenti;
- Spese sanitarie sostenute per persone con disabilità;
- Spese per l’acquisto e la riparazione di veicoli per persone con disabilità;
- Spese per l’acquisto di cani guida;
- Interessi per mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale;
- Interessi per mutui ipotecari per la costruzione dell’abitazione principale;
- Interessi per prestiti o mutui agrari;
- Spese di istruzione;
- Spese di istruzione universitaria;
- Spese funebri;
- Spese per addetti all’assistenza personale;
- Spese per intermediazione immobiliare;
- Spese per canoni di locazione sostenute da studenti universitari fuori sede;
- Erogazioni liberali a favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche o eventi straordinari;
- Erogazioni liberali alle società ed associazioni sportive dilettantistiche;
- Erogazioni liberali alle società di mutuo soccorso;
- Erogazioni liberali a favore delle associazioni di promozione sociale;
- Spese relative ai beni soggetti a regime vincolistico;
- Erogazioni liberali per attività culturali ed artistiche;
- Erogazioni liberali a favore di enti operanti nello spettacolo;
- Erogazioni liberali a favore di fondazioni operanti nel settore musicale;
- Spese veterinarie;
- Spese sostenute per servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordi;
- Erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado;
- Spese per i contributi versati per i familiari a carico relativi al riscatto degli anni di laurea;
- Spese sostenute dai genitori per pagare le rette per la frequenza di asili nido;
- Erogazioni liberali in denaro al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato;
- Premi relativi alle assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni;
- Premi relativi alle assicurazioni finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave;
- Premi relativi alle assicurazioni per il rischio di non autosufficienza;
- Spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico;
- Premi relativi alle assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo;
- Spese mediche sostenute in favore dei minori o di maggiorenni con disturbo specifico dell’apprendimento (DSA);
- Erogazioni liberali in denaro per un importo non superiore a 30.000 euro annui a favore delle ONLUS;
- Erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti politici;
- Spese per canoni di leasing di immobile da adibire ad abitazione principale;
- Spese relative ai diversi bonus per la casa: superbonus 110%, bonus facciate, ecc.;
- Spese per erogazioni liberali.
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