Come pagare meno tasse per avvocati e studi legali
Ogni mattina, un avvocato che si sveglia, fa colazione e va nel suo studio, sa che dovrà combattere una serie di battaglie legali per difendere i suoi assistiti… Battaglie sempre diverse, contro avversari spesso sconosciuti e, molte volte, anche contro i clienti stessi che non la raccontano sempre giusta.
Ma c’è una guerra quotidiana che ogni professionista sa di dover combattere per poter sopravvivere, ovvero, il difficile, spesso impari, confronto contro il Fisco!
Alla luce di un dato allarmante che ho appreso leggendo il “Sole 24 Ore” e anche parlando con molti esponenti dell’ordine, ovvero, che oltre l’80% degli avvocati non conosce le regole minime e basilari che consentirebbero loro di limare di almeno un 20% il carico fiscale e vivere più serenamente, ho deciso di scrivere questo articolo.
Un dato su tutti: la pressione fiscale in Italia, altro dato del Sole 24 Ore, è del 64,8% contro il 48,8% della Germania, il 37,9% della Finlandia, il 32% del Regno Unito, ecc. La stessa Francia, altro Paese particolarmente tartassato, può contare su 2,1 punti percentuali in meno, rispetto al nostro Paese, di pressione tributaria.
Se poi consideriamo che il nostro 68,4% va a scontarsi con un 40,6% che rappresenta la media del carico tributario di tutte le altre nazioni Europee (Fonte: Banca mondiale), possiamo renderci conto che la battaglia per restare a galla in questo marasma di tasse e imposte, è particolarmente ardua e andrebbe combattuta ogni giorno senza esclusioni di colpi.
Questo per dire che la situazione fiscale odierna, per tutti i professionisti, non solo per gli avvocati, è tremenda e non capita di rado che avvocati e titolari di imprese associate non riescano ad onorare i propri impegni col Fisco per mancanza di liquidità e per le continue ed esose richieste: dall’IRPEF, ai contributi previdenziali, agli anticipi, l’IVA e le addizionali, nonché le tasse locali, specie se si è proprietari di un’immobile.
Quello che però accade frequentemente è che avvocati e titolari di studi legali associati non conoscano, e non considerino minimamente, alcuni strumenti che lo Stato italiano mette loro a disposizione per poter ridurre il carico fiscale e pagare la giusta percentuale di imposte.
All’interno di questo articolo cercherò di fare chiarezza su quali siano questi strumenti e su come poterli utilizzare al meglio per non ridursi a dover gettare la spugna e “chiudere bottega”…
Indice:
Perchè l’avvocato paga troppe tasse?
Dopo aver letto l’introduzione, ahimè piuttosto catastrofica, chiunque penserebbe che il motivo fondamentale per cui un avvocato, come qualsiasi altro professionista, paghi troppe tasse e si trovi, spesso, in crisi di liquidità o, addirittura, anche costretto a chiudere, sia perchè la pressione fiscale italiana non lascia spazio ad imprenditori e liberi professionisti…
I malpensanti penseranno che solo evadendo le tasse sia possibile stare a galla e, soprattutto, che non ci sia altra soluzione. Quel che però è certo, è che ci sono avvocati e studi associati che continuano a lamentarsi e faticano ad arrivare a fine mese, mentre ce ne sono altri che vivono bene e continuano a prosperare.
- Perchè questa disparità?
- Da cosa dipende?
- E’ possibile che chi è in difficoltà è paga troppe tasse possa, un giorno, invertire la rotta?
Se il problema stesse a monte, ovvero, dipendesse soltanto dallo Stato e dalla pressione fiscale troppo elevata, allora non ci sarebbero soluzioni per nessuno e, prima o poi, tutti sarebbero costretti a gettar la spugna ed alzare bandiera bianca contro un Fisco troppo avido.
Ma la buona notizie è che, come si può vedere, esiste anche chi, in un periodo di “vacche magre” riesce a prosperare: sono sostanzialmente quelli che studiano, si informano e conoscono bene le regole del gioco. Il peggior nemico di ogni professionista è l’ignoranza fiscale, il non sapere che esistono molte soluzioni perfettamente legali per ridurre, al minimo, il peso delle tasse senza travalicare negli illeciti e nell’evasione fiscale.
Spesso, gli avvocati si fidano troppo del loro commercialista e lasciano che sia lui, senza alcun tipo di supporto, a dettar le linee guida fiscali del loro studio. Nulla di più sbagliato perchè, seppur bravo, un commercialista ha un sacco di clienti a cui pensare e non può seguire in modo dettagliato chiunque… Non può impostare fiscalmente tutte le aziende degli imprenditori che segue, non può conoscere a fondo le situazioni di ogni suo assistito e, alla fine, è umano anche lui, più che tanto non è in grado di fare… Non perchè non ne sia capace, non perchè non sappia le cose ma, solamente, per questioni di tempo che gli manca…
Diversa sarebbe la situazione in cui, l’imprenditore, il libero professionista, nel nostro caso, l’avvocato, si presentasse a lui con delle idee, delle possibili soluzioni, o prospettive da analizzare insieme. In questo caso, sono sicuro, che qualunque commercialista avrà il piacere di riceverlo e discutere con lui le strategie che gli andrà ad esporre.
E’ necessario cambiare, addirittura invertire, il rapporto tra imprenditore e consulente; è fondamentale che imprenditori e liberi professionisti che conoscono, ovviamente, meglio la propria posizione, la loro propensione al rischio e le necessità, ad esempio, di fare, o non fare, determinati investimenti, si informino, in prima persona, su come muoversi fiscalmente per far rendere al massimo i loro costi e ne parlino, successivamente, con il proprio consulente.
Non è più il tempo in cui i lavoratori autonomi, per abbattere il proprio carico fiscale compravano l’auto di lusso a fine anno (tanto si “scaricava” tutta) e, oltre a pagare poche tasse potevano anche togliersi lo sfizio di “fare i fighi” con la macchina nuova di pacca…
E’ fondamentale leggere, documentarsi, acquistare prodotti fiscali come libri, corsi e video corsi per capire meglio quale strategia sia meglio adottare, per sapere quali costi siano effettivamente deducibili e/o detraibili e poterli sfruttare al meglio.
E’ necessario capire che un immobile di proprietà non è necessariamente un raccoglitore di tasse da pagare ma, se gestito nel modo corretto, può diventare una fonte di costi deducibili per ridurre di gran lunga le imposte a debito.
O, ancora, che se non si hanno i denari per poter pagare le tasse a tempo e ora, è possibile, attraverso il ravvedimento operoso, pagarle quando si vuole senza interessi e sanzioni da capogiro: e questo è concesso sia per i saldi che per gli acconti di ogni imposta esclusi i contributi previdenziali.
Una corretta pianificazione fiscale della propria attività di avvocato, parte, in primo luogo, dalla scelta della forma giuridica adeguata alle prospettive di crescita che si hanno… Una scelta iniziale sbagliata può essere un salasso per tutta la carriera professionale da un punto di vista delle tasse da pagare e, in altri casi, limitare troppo le prospettive di crescita.
Ti faccio un esempio per schiarirti subito le idee: se la tua prospettiva è quella di aprire uno studio legale ma di restare entro i 65.000 euro di ricavi annuali, tanto vale optare per il regime forfettario che ti consentirà di pagare un’imposta sostitutiva del 15% su una parte dei tuoi ricavi, andando a sostituire altre imposte quali IRPEF, addizionali e IRAP.
Per gli studi legali è previsto un codice di redditività del 78%: questo significa che, indipendentemente dai costi sostenuti nel corso del periodo di imposta, sarà applicabile l’aliquota fissa del 15% sul 78% dei ricavi conseguiti. Se un avvocato ha conseguito 60.000 euro di ricavi nell’anno 2019, al netto della deduzione dei contributi previdenziali, le uniche spese che possono essere dedotte dal proprio reddito, a giugno 2020 pagherà le imposte secondo il seguente calcolo:
- Reddito forfettario (78% di 60.000 €) = € 46.800
- Imposta sostitutiva (15% di 46.800 €) = € 7.020
Una tassazione piuttosto favorevole, unità al fatto che non sia necessario tenere una contabilità analitica con tutti gli adempimenti IVA richiesti in un regime ordinario, che comporta quindi, oltre ad un corposo sconto fiscale, ulteriori risparmi anche in termini di gestione e di burocrazia.
Per correttezza, sembra che il regime forfettario venga confermato anche per il 2020, ma sarà necessario valutare quali novità ma, soprattutto, restrizioni decideranno di applicare, a tale istituto, i nostri cari politici.
Per adesso, è utile sottolineare che non possono aderire a tale regime gli avvocati che detengono delle quote in associazioni professionali, e ancora, coloro i quali detengono partecipazioni in società di persone, imprese familiari o controllano, direttamente o indirettamente, SRL o associazioni in partecipazione.
Se, invece, la tua prospettiva è quella di guadagnare di più, e hai optato per un regime fiscale analitico e ordinario, le opzioni sono innumerevoli e andrebbero viste ed analizzate per ogni singola situazione: non esiste un sistema che vada bene per tutti!
Ad influenzare le scelte possono essere parametri importantissimi come: il volume d’affari previsto, la propensione al rischio, la volontà di esercitare la professione da soli e con altri colleghi, la possibilità di servirsi di lavoratori subordinati, la tipologia dell’attività svolta, ecc.
Dopo questa doverosa premessa, torno all’argomento già affrontato in precedenza: il mio consiglio è quello di ponderare attentamente la scelta del consulente fiscale, seguendo anche alcuni passaggi della mia guida “come scegliere il miglior commercialista per la tua impresa“, ma soprattutto, di non lasciarlo solo e quindi studiare, informarsi e scegliere con lui la strada fiscale da percorre.
E’ importante sapere quali costi possono dar luogo a detrazioni o deduzioni, quali, invece, sono soltanto parzialmente deducibili o detraibili e quali non lo sono.
Per impostare una corretta strategia fiscale è fondamentale un controllo capillare dei numeri, anche in uno studio legale, saper leggere e interpretare un bilancio e, soprattutto, un minimo di conoscenza della legislazione fiscale.
Non voglio fare la romanzina nessuno ma, nella maggior parte dei casi, anche gli avvocati vanno avanti coi paraocchi e, specie quando si parla di fisco, non sanno che pesci pigliare: pagare meno tasse a fine anno dipende anche dalla conoscenza dell’argomento e in questo non c’è consulente o specialista che tenga.
Dopo avervi annoiato sufficientemente con le mie raccomandazioni, passo a darvi alcuni consigli pratici su quali costi possano essere dedotti integralmente dal vostro reddito, quali parzialmente e quali invece risultano indeducibili.
Deduzioni e detrazioni fiscali per avvocati e studi legali
Partendo dal presupposto fondamentale della deducibilità fiscale mi preme sottolineare, per cominciare, che sono considerati deducibili tutti quei costi che rispettano il cosiddetto principio di inerenza con l’attività svolta o, per spiegarla ancora meglio, è possibile dedurre fiscalmente, ovvero decurtare dai ricavi, e quindi dalla base imposnibile di IRPEF e IRAP, o IRES, tutti i costi per l’acquisto di beni e servizi strumentali al lavoro svolto.
Uniti a questi, vi sono poi altri costi che godono di una deducibilità dal reddito e una detraibilità dell’IVA soltanto parziale, a seconda delle varie casistiche. Quel che accomuna tutti questi costi è il fatto che per poter essere utilizzati a decurtazione del reddito e per abbassare l’IVA a debito, dovranno, SEMPRE, essere documentati da un giustificativo di spesa: scontrino, fattura o ricevuta fiscale.
Fatta questa premessa, proviamo a fare un elenco dei costi integralmente deducibili dai ricavi di uno studio legale:
- materiale di cancelleria;
- utenze (luce, acqua, riscaldamento, connessione internet, telefono, ecc.);
- l’arredamento dello studio professionale;
- costi sostenuti per corsi di formazione ed aggiornamento professionale;
- costi sostenuti per convegni e master;
- costi sostenuti per la partecipazione agli aggiornamenti professionali obbligatori previsti dall’ordine;
- interessi passivi su finanziamenti di beni mobili ed immobili utilizzati esclusivamente per l’attività professionale;
- tassa iscrizione all’ordine degli avvocati;
- vidimazioni libri contabili;
- libri e video-corsi strumentali all’attività;
- banche dati, riviste di settore (quotidiani e periodici);
- spese per l’acquisto di sistemi informatici, pc e software;
- spese per manutenzione e aggiornamenti sistemi informatici e software;
- interessi passivi e spese bancarie;
- spese postali;
- la toga usata nelle udienze;
- il costo del commercialista;
- i costi di eventuali lavoratori subordinati e collaboratori;
- le prestazioni di lavoro autonomo occasionale;
Costi parzialmente deducibili dal reddito imponibile
Per l’attività forense, i costi inerenti l’attività professionale e quelli che non sono completamente relativi al lavoro svolto, spesso, si confondono, e questa confusione può generare errori e dar luogo a sanzioni in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi.
Un esempio su tutti è quello dell’abito da lavoro, infatti, è ovvio che l’abbigliamento di un avvocato debba rispettare determinati canoni di decoro e presenza e, quindi, solitamente, ci si trova di fronte una persona che indossa: giacca e cravatta nel caso di un avvocato uomo, e un tailleur o un vestito elegante nel caso di una donna.
Perchè il costo di questi abiti non dovrebbe essere deducibile dal reddito al pari della tuta da officina per il meccanico?
Per dare una risposta comprensibile a tutti senza finire nei tecnicismi della norma, diciamo che la tuta da officina per un operaio, normalmente, viene utilizzata soltanto per questioni lavorative inerenti l’attività svolta ed è, addirittura, obbligatoria per questioni antinfortunistiche.
Discorso diverso per l’abito elegante dell’avvocato che può essere utilizzato anche la domenica per andare a messa o per il matrimonio dell’amico, nonchè per una serata galante e, soprattutto, non è reso obbligatorio da nessuna norma espressamente emanata al riguardo.
La sola esigenza di presenziare in modo decoroso non basta a giustificare la deducibilità del costo dell’abito dell’avvocato che, potenzialmente, potrebbe anche andare in ufficio in pantaloncini e t-shirt (vi prego, non arrabbiatevi, il mio è solo un esempio per farvi capire il senso della normativa).
Parlando dei costi parzialmente deducibili dal reddito di un avvocato è possibile iniziare una discussione infinita, infatti, si potrebbe parlare per ore di quelli che esercitano la professione in una stanza del loro appartamento di residenza e cercare di capire in che percentuale possano dedurre i costi delle utenze, ad esempio.
Oppure, per chi ha l’auto intestata, stabilire in che percentuale si possano scaricare i costi di acquisto della stessa, le manutenzioni, il bollo, l’assicurazione, le spese di autostrade, parcheggi, ecc.
Visto che non è mia intenzione dilungarmi su questi aspetti, fornirò solamente un elenco dettagliato di costi parzialmente deducibili dal reddito con la percentuale di deducibilità definita dall’Agenzia delle Entrate:
- Spese per la telefonia mobile: deducibilità all’80% del costo sostenuto e IVA detraibile al 50%;
- Spese per la telefonia fissa: 100% se relativa allo studio legale; 50% se l’attività viene svolta presso la propria abitazione;
- Costi per acquisto e manutenzione di smartphone e tablet: deducibilità dell’80% dei costi sostenuti;
- Utenze dell’abitazione utilizzata in modo promiscuo (casa / studio legale): se intestate al professionista con partita IVA possono essere dedotte al 50% anche se, specie per riscaldamento ed energia elettrica, sarebbe opportuno utilizzare la regola del buon senso in quanto, se si è proprietario di una villa di 200 mq e lo studio è ubicato, solamente, in una stanza di 20 mq all’interno dell’abitazione allora sarebbe più opportuna una deduzione proporzionale ai mq occupati;
- Costi per l’acquisto dell’abitazione utilizzata in modo promiscuo (casa / studio legale): deducibilità del 50% in linea generale ma sarebbe buona norma, anche in questo caso, utilizzare la regola del buon senso sopra esposta, a patto che l’intestatario sia il professionista con partita IVA. L’IVA, invece, non è detraibile;
- Costo per l’acquisto di un’autovettura: il costo che si porterà in ammortamento sarà pari al 20% del valore della vettura nel limite di costo di € 18.075,99;
- Canoni leasing per l’acquisto di una autovettura: in caso di leasing, i canoni saranno deducibili, solo se la durata del finanziamento è superiore al periodo di ammortamento della vettura (4 anni);
- Costo per il noleggio di una autovettura: i canoni saranno deducibili al 20% fino a 3.615,20 euro l’anno;
- Manutenzione vettura: spese deducibili al 20%;
- Bollo, assicurazione e carburanti: spese deducibili al 20%;
- Spese di rappresentanza: integralmente deducibili, se inerenti l’attività, ma nella misura dell’1% dei compensi percepiti;
- Spese per alberghi e ristoranti: deducibili nella misura del 75% del costo sostenuto a patto che il totale non superi il 2% dei compensi percepiti nel periodo di imposta e che siano sempre certificate da una fattura.
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...
Andrea Petacchi
Novembre 12, 2019 @ 21:33
Non dovrei neanche perdere tempo a commentare il tuo articolo, hai dimenticato che prima di arrivare all’imposta sostitutiva da versare devi dedurre la cassa di previdenza di appartenenza e quindi versare ancora meno rispetto al esempio che hai portato in esempio
Omar Cecchelani
Novembre 13, 2019 @ 12:01
Hai ragione, il mio era un esempio molto generico per far capire la differenza tra la tassazione ordinaria e quella forfettaria, non ho specificato questo punto, che in effetti è molto importante e colgo l’occasione di specificarlo, giustamente… Aspetto che rende ancor più vantaggiosa questa ipotesi… Grazie per la segnalazione