Impresa familiare: cos’è e perché può farti pagare meno tasse
Tra le diverse forme societarie previste dall’ordinamento giuridico italiano è doveroso parlare anche della cosiddetta impresa familiare. Si tratta di una valida soluzione che un imprenditore può adottare per trasformare la ditta individuale in una “specie di società“, coinvolgendo, nella gestione dell’attività, i membri della propria famiglia anziché assumere personale esterno.
Un’operazione che avviene con estrema facilità, evitando complessi e costosi passaggi burocratici e mantenendo invariato il numero di partita IVA, conto corrente, carta intestata e via discorrendo.
Cerchiamo di scoprire quali sono le caratteristiche di un’impresa familiare, i diritti che acquisiscono i collaboratori e gli eventuali vantaggi e svantaggi di questa particolare forma giuridica di impresa.
Indice:
- Cos’è un’impresa familiare e come funziona
- Quali sono i soggetti dell’impresa familiare
- I diritti economici dei familiari che partecipano all’impresa
- Il diritto a partecipare alle decisioni
- Trasferimento del diritto di partecipazione
- Il diritto di prelazione nell’impresa familiare
- La titolarità dell’impresa
- Aspetti fiscali di un impresa familiare
- Aspetti previdenziali
- Vantaggi e svantaggi di un’impresa familiare
- Come pagare meno tasse con una impresa familiare
Cos’è un’impresa familiare e come funziona
L’impresa familiare nasce grazie alla legge n.151 del 19 maggio 1975, inserita in una più ampia riforma della famiglia; è disciplinata dall’articolo 230 bis del Codice Civile e può essere considerata a tutti gli effetti una ditta individuale, con la particolarità che possono prendere parte alle varie attività, i familiari del titolare.
Quindi, in veste di collaboratori, l’imprenditore potrà avvalersi del coniuge, dei parenti fino al terzo grado (figli, nipoti e zii) e degli affini fino al secondo grado (suoceri e cognati). Nel caso in cui venga assunto il solo consorte si parlerà di impresa coniugale ed è obbligatorio, per legge, che fra i due coniugi ci sia la comunione dei beni. Altro importante elemento da sottolineare riguarda la natura della collaborazione dei familiari: devono svolgere, per conto dell’imprenditore, attività continuative e non di carattere occasionale.
Un punto fondamentale sono i diritti che, automaticamente, vengono acquisiti dai familiari una volta inseriti nell’impresa, in particolare:
- diritto al mantenimento tenendo in considerazione le condizioni patrimoniali della famiglia;
- hanno voce in capitolo riguardo le decisioni circa l’aumento del patrimonio aziendale e l’utilizzo degli eventuali utili;
- possono intervenire per qualsiasi tipo di decisione relativa all’attività di impresa, sia di carattere ordinario che straordinario;
- partecipazione alla spartizione degli utili e sfruttamento di beni acquisiti con gli utili stessi. Allo stesso modo devono partecipare agli incrementi patrimoniali in misura proporzionale alla qualità e quantità del lavoro prestato. Non hanno invece alcun obbligo verso le perdite conseguite dall’impresa, che saranno sostenute, esclusivamente, dall’imprenditore attraverso il suo patrimonio personale;
- nel caso in cui il titolare manifesti la volontà di cedere a terzi l’attività d’impresa, oppure, per trasferimento o divisione ereditaria, i familiari collaboratori possono esprimere la loro opinione e far valere il diritto di prelazione: ovvero godere della priorità di acquisto dell’azienda rispetto ad altri soggetti interessati;
- in caso di cessione dell’impresa da parte dell’imprenditore a capo dell’impresa familiare, i proventi della cessione d’azienda saranno tutti attribuiti all’imprenditore stesso e non ai familiari.
Per quanto concerne l’aspetto fiscale, un’impresa familiare si comporta esattamente come una ditta individuale: è soggetta al versamento dell’IRPEF secondo quanto stabilito dall’articolo 5 comma 4 e 5 del Testo Unico sull’Imposta dei Redditi e al titolare spetta un minimo del 51% dei redditi.
La responsabilità dell’impresa familiare ricade esclusivamente sulle spalle dell’imprenditore, che risponde in solido e illimitatamente per tutte le obbligazioni dell’impresa con il proprio patrimonio personale ed è anche l’unico soggetto che può andare incontro al fallimento.
Ci sono due modi per costituire un’impresa familiare: ex novo, oppure partendo da una ditta individuale già esistente. Un tipico esempio è quello di un bar gestito dal solo titolare che, ad un certo punto, decide di avvalersi della collaborazione di uno o più familiari.
Per creare un’impresa familiare basta recarsi da un notaio e redigere l’atto costitutivo sotto forma di scrittura privata autenticata oppure atto pubblico. Sarà necessario indicare il tipo di attività svolta, i dati anagrafici dei familiari che intendono collaborare, il loro grado di parentela col titolare e il valore della quota di partecipazione agli utili.
Successivamente, si avranno 30 giorni di tempo per presentare una richiesta all’Ufficio Unico delle Entrate, indispensabile per l’iscrizione presso il Registro Imprese della provincia in cui si trova la sede aziendale. In caso di una nuova impresa familiare si dovrà richiedere la partita IVA, aprire una posizione INPS e un’eventuale posizione INAIL.
Ricordiamo che esiste la possibilità di costituire un’impresa familiare senza l’ausilio di un notaio, con la sola consulenza di un commercialista. Si procede creando una classica ditta individuale dopodiché saranno i cosiddetti facto concludentia (ossia fatti dimostrativi e comportamenti concludenti che manifesteranno tacitamente una volontà) a decretare la nascita dell’impresa.
Quali sono i soggetti dell’impresa familiare
Spesso si fa riferimento ai familiari assunti dall’impresa come a semplici collaboratori, in realtà si tratta, a tutti gli effetti, di lavoratori che partecipano attivamente alla vita aziendale e alla spartizione degli utili.
I soggetti in questione sono: il coniuge del titolare, i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo grado di parentela.
Oltre ai figli naturali, possono partecipare all’attività della ditta anche quelli adottivi. Una condizione essenziale perché si possa far parte dell’impresa familiare è che il rapporto con il titolare sia mantenuto per tutta l’esistenza dell’azienda. Ad esempio, in caso di divorzio, il coniuge non potrà più prestare la propria opera, e ciò vale solo a seguito di divorzio e non per la sola separazione.
I diritti economici dei familiari che partecipano all’impresa
Abbiamo già elencato, nel primo paragrafo, quali sono i diritti che scattano, automaticamente, per un familiare che entra a far parte dell’impresa. Tra i più importanti rientrano quelli di carattere economico ed, in particolare, il mantenimento che deve essere riferito alle condizioni patrimoniali della famiglia e persiste nonostante venga a mancarne il titolo. Quindi, godono del mantenimento anche i collaboratori figli maggiorenni, parenti ed affini.
Altro diritto riguarda la partecipazione agli utili che avviene secondo un criterio di proporzionalità sulla base della qualità e quantità del lavoro svolto dal collaboratore. In caso sopraggiungessero dei disaccordi tra il titolare e suoi familiari, spetterà ad un giudice stabilire la quota di partecipazione ai guadagni. Questo diritto vale anche per i beni acquistati reinvestendo gli utili, anziché distribuirli.
Infine, tra i diritti economici rientrano gli incrementi aziendali: il meccanismo prevede un calcolo proporzionale sulla base della quantità e qualità dell’opera prestata.
Il diritto a partecipare alle decisioni
Tutti i collaboratori dell’impresa familiare acquisiscono un determinato potere decisionale riguardante le più importanti scelte gestionali. Ciò significa che, anche per aspetti di carattere straordinario ,come l’utilizzo degli utili, il reinvestimento dei guadagni, gli indirizzi produttivi e l’eventuale cessazione dell’attività, l’ultima parola non spetta solo al titolare ma la decisione sarà presa a maggioranza.
È bene precisare che per il calcolo di tale maggioranza, ogni soggetto che partecipa all’impresa familiare gode di un voto di medesimo valore. Nel caso in cui il collaboratore non disponga della piena capacità di agire, il voto verrà espresso da chi sia stato incaricato di esercitarne la sua potestà.
Trasferimento del diritto di partecipazione
Il diritto di partecipazione racchiude tutti i diritti spettanti ai soggetti che fanno parte dell’impresa familiare e riguardano, sia quelli di carattere economico che amministrativo.
La legge offre la possibilità di trasferirlo solo ad un familiare, e con il consenso unanime di tutti gli altri partecipanti. In caso di cessazione della collaborazione lavorativa, o in seguito ad alienazione dell’azienda, il diritto di partecipazione può essere liquidato anche in denaro.
Il diritto di prelazione nell’impresa familiare
Un ulteriore diritto, molto importante, che spetta ai familiari partecipanti all’impresa è quello di prelazione. Il comma 5 dell’articolo 230-bis del Codice Civile disciplina questa materia, sia in caso di trasferimento dell’azienda che per divisione ereditaria.
La prelazione è un diritto che offre l’opportunità ai soggetti che già ne fanno parte di poter decidere l’acquisizione delle quote prima che l’azienda venga trasferita ad altri soggetti terzi. Secondo la normativa, il titolare deve provvedere a notificare la sua volontà di alienazione della ditta ai familiari collaboratori, in modo tale che questi possano esercitare il diritto di prelazione entro 2 mesi dalla data della notificazione.
Si tratta, comunque, di una materia molto spinosa che porta a numerose diatribe che riguardano, principalmente, la natura reale oppure obbligatoria della prelazione. Non è una questione da poco, poiché stabilisce se chi gode di tale diritto sia più o meno in grado di riscattare l’azienda rispetto ai soggetti terzi che intendono acquistarla.
Anche in caso di divisione ereditaria le problematiche che possono scaturire sono molteplici e si verificano, soprattutto, in presenza di soggetti collaboratori ma non coeredi, qualora il titolare lasci particolari disposizioni testamentarie, oppure, se l’imprenditore defunto risulta coniugato in comunione dei beni.
La titolarità dell’impresa
Come abbiamo già sottolineato, il titolare dell’impresa è colui su cui grava, per intero ed in modo esclusivo, la responsabilità patrimoniale. Ciò significa che nel caso in cui l’azienda patisca delle perdite, i creditori avranno diritto di aggredire, solamente, il patrimonio personale dell’imprenditore, mentre non potranno, in alcun modo, rivalersi sui familiari che collaborano nell’impresa.
Quindi, sebbene gli utili vengano distribuiti tra tutti i partecipanti l’attività, e gli oneri fiscali ripartiti tra gli stessi soggetti, non avviene lo stesso per i rischi derivanti dall’esercizio d’impresa e da un possibile fallimento che sono tutti sulle spalle del titolare.
Aspetti fiscali di un impresa familiare
La regola di base prevede che la quota di utili spettante ai familiari non possa superare il 49% del totale. E’ una norma stabilita dall’articolo 5 quarto comma del TUIR e si applica se vengono rispettate le seguenti condizioni:
- i dati anagrafici relativi ai familiari partecipanti, e il grado di parentela o affinità che li lega al titolare, devono essere indicati nell’atto costitutivo redatto in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, precedentemente all’inizio del periodo di imposta. Tale atto deve essere sottoscritto dal titolare dell’impresa e da tutti i familiari che intendono parteciparvi.
- la dichiarazione dei redditi presentata dal titolare deve recare l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili che spettano ai familiari collaboratori. Inoltre, è richiesta l’attestazione che tali quote siano proporzionali alla quantità e qualità dell’opera di collaborazione effettivamente prestata nell’impresa. Il lavoro dei familiari svolto durante il periodo d’imposta deve avere una natura di tipo continuativo e non occasionale.
- il familiare lavoratore nell’impresa deve attestare, all’interno della propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro in maniera prevalente e continuativa nell’impresa familiare.
Aspetti previdenziali
Dal punto di vista previdenziale la situazione è molto semplice ed è regolamentata dalla legge 335/95 che obbliga, titolare e familiari collaboratori, all’iscrizione presso la gestione lavoratori autonomi INPS.
Spetterà al titolare dell’impresa familiare corrispondere i dovuti contributi.
Da un punto di vista previdenziale, è utile sottolineare che le prestazioni effettuate dai familiari all’interno dell’azienda, in genere, sono prestazioni occasionali, come tali, effettuate a titolo gratuito e, pertanto, non comporterebbero l’iscrizione all’INPS. Solo in presenza dei “requisiti di abitualità e di prevalenza” è necessaria l’iscrizione IVS.
In caso di ispezione degli organi preposti, non esiste la presunzione di prestazione d’opera abituale e continuativa che dovrà, perciò essere dimostrata dagli ispettori con documenti e prove tangibili.
La prestazione dei familiari è, comunque, da considerarsi sempre “occasionale” in presenza delle seguenti situazioni, indipendentemente dal fatto che la stessa venga svolta all’interno dei locali dell’azienda, o in presenza o meno del titolare:
- prestazioni rese da familiare pensionato;
- prestazioni rese da familiare assunto a tempo pieno presso altro datore di lavoro;
- prestazioni rese per un quantitativo di soli 90 giorni annuali.
Vantaggi e svantaggi di un’impresa familiare
Passiamo ora ad analizzare quali sono i pro e contro di un’impresa familiare. Oltre alla possibilità di svolgere un’attività lavorativa a stretto contatto, per esempio, coi propri figli ed unire gli sforzi per conseguire determinati obbiettivi, il primo vantaggio tangibile è rappresentato dalla semplicità della procedura per la sua costituzione e dall’assenza di lunghi e complicati iter burocratici da doversi sobbarcare.
Nella maggior parte dei casi, l’impresa familiare viene costituita attraverso un atto pubblico o scrittura privata autenticata; procedura che comporta il ricorso ad un notaio ed una conseguente parcella nell’ordine dei 1000 / 1500 euro.
E’ anche possibile aprire l’impresa familiare senza l’ausilio di un notaio, anche se è una scelta che sconsigliamo vista la mancanza di rilevanza fiscale. In tal caso, i costi risultano molto bassi e rappresentati, sostanzialmente, dall’imposta di registro (168 euro) e dalla consulenza di un commercialista (150 / 300 euro).
Altro aspetto molto positivo è l’opportunità di godere del regime fiscale agevolato per trasparenza. Così facendo è possibile ripartire il reddito tra l’imprenditore e i suoi familiari collaboratori ed evitare la tassazione IRPEF solo in capo al titolare.
Quest’ultimo, infatti, non sarà più costretto a pagare l’IRPEF sulla totalità dei redditi di impresa, con conseguente applicazione di aliquote più elevate, ma potrà frazionare il reddito coi suoi familiari, limitandosi a versare le imposte sul 51% degli utili aziendali, vedendo cosi dimezzata la base imponibile su cui calcolare le sue imposte, non raggiungendo le aliquote più elevate della tassazione progressiva IRPEF.
I contro di un’impresa familiare sono la conseguenza della sua forma giuridica del tutto paragonabile ad una ditta individuale.
Il titolare è l’unico responsabile in caso di debiti contratti dall’azienda, mentre i familiari collaboratori sono completamente al riparo da qualunque rischio di veder intaccato il proprio patrimonio personale.
Quindi è solo l’imprenditore a rispondere di tasca propria ed eventualmente a dover dichiarare il fallimento in caso di insolvenza.
Se però, da questo lato esiste una certa percentuale di rischio per l’imprenditore che risulta il titolare dell’impresa familiare, dall’altro esiste un enorme vantaggio in termini di rapporto coi familiari collaboratori che protegge il patrimonio aziendale del titolare più se fosse socio di una SNC o di una SAS.
Come scritto più volte, la posizione del titolare di un’impresa familiare è paragonabile a quella dell’imprenditore individuale e questo significa che, oltre ad essere responsabile in solido ed illimitatamente dei debiti conseguiti dall’impresa, è anche il solo proprietario al 100% del business e dell’attività. Questo significa che qualora egli decidesse vendere l’impresa, sarebbe l’unico ad intascarsi i soldi derivanti dalla vendita stessa senza dover spartire la torta con i familiari che non sono, quindi, da considerarsi alla stregua dei soci di una società di persone.
Come pagare meno tasse con una impresa familiare
Come accennato tra i vantaggi dell’impresa familiare, la particolarità di tale tipologia di azienda è il fatto che la stessa può essere considerata una sorta di impresa individuale atipica, all’interno della quale è presente l’imprenditore che risulta essere l’unico responsabile delle obbligazioni dell’impresa ma, la presenza dei collaboratori di famiglia, fanno si che lo stesso possa non doversi sobbarcare da solo la totalità degli utili annuali.
La possibilità di frazionare su più persone il 49% degli utili di una impresa familiare può consentire un corposo risparmio in termini di imposte a debito, specie perchè le aliquote progressive dell’IRPEF sarebbero un salasso per l’imprenditore individuale che dovrebbe attribuirsi la totalità degli utili.
Un discorso analogo potrebbe essere valido per i contributi previdenziali quando gli utili di impresa superano i 46.000 e l’aliquota di riferimento aumenta di 1 punto percentuale. Il frazionamento impedirebbe anche questo aumento dell’aliquota INPS.
Facciamo un esempio numerico per comprendere meglio questo passaggio e supponiamo che un imprenditore individuale chiuda con 100.000 euro di utile netto il suo bilancio annuale. Vediamo quanto pagherà tra imposte e contributi previdenziali.
Le imposte a debito saranno:
- INPS sul reddito massimale di € 78.000 (24% su 46.000 € + 25% su 32.000)= € 19.040
- IRPEF su 100.000 – INPS ( 25.420 + 43% di 5.960) = € 27.982
TOTALE IMPOSTE A DEBITO: 47.022
Partendo dallo stesso esempio, supponiamo invece che il nostro imprenditore abbia regolarmente costituito un’impresa familiare, mantenendo quindi il 51% delle quote societarie, con la moglie (quote al 30%) e un fratello (quote al 19%). Con 100.000 € di utili annuali la tassazione sarà così ripartita:
Imprenditore individuale (51% quota utile)
- INPS su quota reddito di € 51.000 (24% su 46.000 € + 25% su 5.000)= € 12.290
- IRPEF su 51.000 – INPS (6.960+ 38% di 10.710) = € 11.029
Moglie (30% quota utile)
- INPS su quota reddito di € 30.000 (24% su 30.000 €)= € 7.200
- IRPEF su 30.000 – INPS (3.450 + 27% di 7.800) = € 5.556
Fratello (19% quota utile)
- INPS su quota reddito di € 19.000 (24% su 19.000 €)= € 4.560
- IRPEF su 19.000 – INPS (23% di 14.440) = € 3.321
TOTALE IMPOSTE A DEBITO: 43.956
Come è possibile constatare, in una situazione teorica come quella sopra esposta il risparmio di imposta è di circa 3.000 euro, ma i conteggi sono chiaramente indicativi, in quanto sarebbe il caso di considerare gli oneri deducibili e, soprattutto, sarebbe necessaria una ulteriore precisazione circa i contributi previdenziali.
Infatti, i contributi IVS della sezione artigiani e commercianti vengono calcolati al 24% prendendo come base imponibile l’utile di impresa attribuito all’imprenditore e ai collaboratori familiari pro-quota, tuttavia, se il discorso è conveniente per i redditi medio alti, per redditi più bassi, anche i contribuenti che non raggiungerebbero il minimale di reddito INPS sarebbero costretti a versare i contributi fissi (quelli sul minimale), andando ad annullare, in questo modo, il risparmio ottenuto in termini di riduzione delle aliquote IRPEF dovute al frazionamento dell’utile su più soggetti.
E’ facilmente intuibile, inoltre, che, anche in termini di IRPEF, la convenienza dell’impresa familiare diventa minore con l’abbassarsi del reddito.
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BUSIN VITTORIO
Giugno 9, 2021 @ 22:31
IMPRESA FAMIGLIARE CON MIA MOGLIE, ORA LEI IN PENSIONE E VORREI SOSTITUIRLA CON ATTO NOTARILE NELLO STESSO GIORNO (METTIAMO 30 GIUGNO 2021) MANTENENDO SEMPRE LA QUOTA DEL 51 E 49 SOSTITUZIONE CON FIGLIO, NELLA DICHIARAZIONE REDDITI 2022 RIF A 2021 AVRO’ SEMPRE IL PIENO BENEFICIO DI RIPARTIZIONE UTILI? O SARO’ PENALIZZATO FISCALMENTE?
Omar Cecchelani
Giugno 10, 2021 @ 12:16
Si… diciamo che nei primi 6 mesi di attività li divide con la moglie e nei restanti col figlio.
I redditi delle imprese familiari fino al 49%, sono da imputare a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività lavorativa all’interno dell’impresa in proporzione alla quota di partecipazione agli utili a lui attribuita, rispettando le
seguenti condizioni:
a) che i familiari che partecipino all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela con l’imprenditore, da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
Benuel
Febbraio 6, 2021 @ 14:00
Salve!
Siamo una copia di conviventi.
Abbiamo 3 bambini insieme e risultiamo nello stesso stato di famiglia e nello stesso nucleo familiare.
Possiamo aprire una impresa familiare nell’ambito del commercio?
Ci sono delle agevolazioni a riguardo?
In attesa di un vostro gentile riscontro porgo i miei più cordiali saluti!
Luigi
Dicembre 13, 2020 @ 23:58
Buongiorno,
Con un utile ipotizzato di 45/50 mila euro è conveniente costituire impresa familiare con genitori? Padre pensionato, madre no.
Quote 65% titolare impresa
Padre 20 %
Madre 15 %
Restando sotto gli 8000 euro esenti tasse sono costretto a pagare contributi minimi di 4000 euro? Opp posso sempre dare quote con clausola di collaboratore occasionale non continuativo?
Grazie per il suo articolo e disponibilità.
sergio
Agosto 11, 2020 @ 18:28
Buonasera,
volevo chiedere se mia figlia mi aiutasse nella impresa familiare in modo non continuativo, ad esempio sotto i 90gg stabiliti, potrei riconoscerle un compenso? Se si, ci sono dei limiti? Nel caso mia figlia ricevesse un compenso sono obbligato ad aprire una posizione INPS/INAIL a suo nome?
Grazie infinite
Omar Cecchelani
Agosto 26, 2020 @ 22:47
Potrebbe diventare un collaboratore occasionale… Ne ho parlato in questo articolo:
https://www.pagaremenotasse.com/contratto-di-prestazione-occasionale-lavoratori-senza-partita-iva/
Ketty
Giugno 4, 2020 @ 07:47
Buongiorno io voglio aprire un’impresa famigliare ma non sono sposata convivo la posso costituire oppure no!?
Omar Cecchelani
Giugno 7, 2020 @ 21:33
Purtroppo no