Tecniche utilizzate dagli imprenditori italiani per evadere l’IVA

Qual è l’imposta più evasa in Italia? La risposta è molto semplicea: l’IVA. Sarà perché ritenuta una delle tasse più ingiuste o per la facilità con cui cui si può eludere, fatto sta che ogni anno un fiume di miliardi di euro viene sottratto all’erario tramite questa imposta.

Certamente aliquote così alte sono, per così dire, un incentivo a cercare qualsiasi mezzo possibile per sottrarsi al versamento dell’imposta in questione. Non è solo un problema italiano, l’IVA è di gran lunga la tassa meno rispettata in qualunque paese venga applicata.

Tuttavia, l’Italia detiene il triste primato nella classifica delle nazioni con il maggior valore d’evasione. Voci che vogliono un ulteriore ritocco all’insù dell’aliquota IVA da parte del nuovo Governo, non sono certo il miglior modo per affrontare il problema, anzi rappresentano un’ulteriore spinta verso un incremento dell’evasione.

Indice:

 

Cos’è l’IVA e quali sono le sue aliquote

L’IVA è l’acronimo di imposta sul valore aggiunto e rappresenta la principale tassa indiretta presente in Italia e nel resto della Comunità Europea. Appartiene alla categoria delle imposte sui consumi e può essere considerata di tipo plurifase a valore aggiunto: colpisce solo il valore aggiunto generato in ciascun passaggio industriale e commerciale del prodotto.

Questo implica che l’IVA pesa sul consumatore finale in base al prezzo del bene, indipendentemente dal numero di passaggi subiti dal bene stesso durante i processi produttivi e distributivi. È un dazio di triplice natura: generale perché colpisce tutti i contribuenti senza fare distinzioni, proporzionale visto che il suo ammontare dipende dal rapporto tra prezzo del bene e aliquota applicata, indiretta perché colpisce, non la capacità contributiva, ma la manifestazione del contribuente nell’atto del consumare.

Attualmente in Italia le aliquote IVA sono tre e precisamente:

  • 4%: aliquota minima applicata sui generi di prima necessità;
  • 10%: aliquota ridotta applicata su servizi turistici, alimentari ed edili;
  • 22%: aliquota ordinaria applicata su prodotti e servizi che non rientrano nei due casi precedenti.

 

Il livello di evasione dell’IVA in Italia

Prima di vedere nello specifico i metodi più utilizzati per evadere l’IVA, vediamo quali sono le cifre che riguardano il nostro Paese giusto per avere una dimensione del problema. Non servono grandi studi o calcoli complicati, bastano pochi numeri che riassumono in modo inequivocabile l’incidenza dell’evasione dell’IVA sulle casse dello Stato.

Il dato fondamentale è il così detto gap di gettito: rappresenta la differenza tra quello che dovrebbe incassare il fisco e quello che effettivamente recupera dall’IVA versata. A livello europeo tale valore si attesta sui 150 miliardi di euro, in Italia è di 35 miliardi che rappresenta il 23% del totale.

Questo sta a significare che un quarto di tutta l’evasione IVA calcolata nella Comunità Europea, avviene nel nostro Paese. L’unica amara consolazione è vedere che il gap di gettito è diminuito rispetto alla punta massima di 40 miliardi di euro raggiunta nel 2011.

 

Metodi per evadere l’IVA: l’omessa dichiarazione

Il metodo più utilizzato e che sottrae la più alta cifra all’erario, è l’omessa dichiarazione al consumo. Si verifica nella fase finale della vita dell’imposta al termine della filiera, quando il negoziante, commerciate o colui che vende un bene o servizio, nasconde l’IVA.

C’è chi non la dichiara pur facendo regolare fattura per cercare di camuffare l’evasione, altri invece non applicano proprio l’imposta non emettendo, ad esempio, regolare scontrino o ricevuta fiscale.

L’omessa dichiarazione può avvenire anche nella fase intermedia. In questi casi il gettito IVA va a ridursi progressivamente tra un passaggio e l’altro. Anche in questi casi si tratta quasi sempre di false fatturazioni in cui non viene dichiarata l’IVA.

Società fantasma e prestanomi

Un altro metodo particolarmente utilizzato per l’evasione dell’IVA è la creazione di società fittizie riconducibili a prestanome. Lo scopo è quello di acquistare prodotti e rivenderli evadendo completamente l’imposta per poi, il più delle volte, scomparire.

Il danno è doppio perché da una parte non si versa il dovuto all’erario e dall’altra si fa concorrenza sleale nei confronti dei commerciati onesti. In questi casi, i prodotti vengono acquistati all’estero, rivenduti in Italia con il prestanome anch’esso normalmente di nazionalità straniera.

È esattamente quello che hanno scoperto gli agenti della Guardia di Finanza indagando su una società pugliese che commercializzava prodotti ittici provenienti dalla Grecia per poi rivenderli sul mercato italiano senza versare l’IVA. La società era intestata ad un prestanome rumeno ed ha nascosto al fisco di oltre 10 milioni di euro e con un’evasione IVA di oltre 1 milione.

Utilizzare società fittizie o fantasma è la soluzione preferita da chi vuole orchestrare un piano di evasione dell’IVA. Sono molteplici i casi scoperti dalla GdF ogni anno. Uno degli ultimi in ordine temporale, riguarda un giovane monzese di 39 anni.

L’ingegno dell’imprenditore lo aveva portato alla creazione di una rete di 10 società con il solo ruolo di Missing Traders, ovvero di società fantasma interposte tra fornitori ed acquirenti. Il paradosso è che le società rifornivano per lo più Amministrazioni Pubbliche tra cui la stessa Guardia di Finanza di Milano e l’Agenzia delle Entrate.

Le indagini hanno portato alla luce un meccanismo ormai consolidato per l’evasione dell’IVA e con l’alterazione delle regole del mercato e della libera concorrenza. La frode aveva ormai raggiunto connotazioni al di fuori dei confini italiani, coinvolgendo anche società operanti in Francia, Spagna, Belgio, Germania e Austria. Come sempre a capo di ognuna della 10 società fantasma era stato posto un prestanome, gente con la fedina penale già gravata da reati tributari.

Lo scopo era emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti di sole tre società reali e beneficiarie della frode. I danni all’erario sono stati quantificati in 14 milioni di euro per l’esercizio fiscale compreso tra il 2010 e il 2015.

 

L’evasione dell’IVA nel commercio online

Lo sviluppo dell’e-commerce negli ultimi anni ha avuto un incremento esponenziale con numeri da capogiro. Quello che tutti cercano è il prodotto a prezzi super scontati e introvabili in un qualsiasi negozio fisico.

Spesso, la ricerca porta a buoni risultati con prodotti e articoli tecnologici a prezzi davvero da saldo. Purtroppo dietro tutta questa convenienza, in molti casi, si cela la mancata dichiarazione dell’IVA. In televisione si sentono con una certa frequenza i nomi di colossi come Amazon, Google e Apple coinvolti in dispute con l’Agenzia delle Entrate che contestano mega evasioni centinaia di milioni di euro. In questi casi però, non  si tratta del mancato versamento dell’IVA ma di contenziosi sul pagamento dell’Ires.

Il meccanismo dell’evasione dell’IVA è molto semplice: il venditore acquista la merce all’estero e la rivende in Italia senza dichiarare l’imposta sul valore aggiunto. Ecco che subito un abbattimento dei costi di oltre il 20% che permette di essere concorrenziali e proporre gli articoli a prezzi super scontati.

Per far si che tutto funzioni alla perfezione è indispensabile creare una società detta cartiera (esistente solo sulla carta) che faccia da intermediario tra il venditore italiano e il fornitore estero.

Un caso abbastanza famoso è rappresentato da un noto negozio online di materiale elettronico che di punto in bianco, dall’oggi al domani ha chiuso i battenti. Molti avranno sentito parlare degli Stockisti. Un e-commerce specializzato nella vendita, sorpattutto, di smartphone e TV con prezzi insuperabili.

Sono milioni gli italiani che hanno acquistato un prodotto ricevendolo a casa in pochi giorni risparmiando anche il 30/40% rispetto alla miglior offerta presente in rete. In pratica per anni questa società (e il sito gemello Console Planet) aveva messo in atto un piano per evadere toalmente l’Iva, in modo da poter vendere i propri prodotti con sconti mediamente inferiori del 20% rispetto alla concorrenza.

Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno consentito di calcolare, in circa 50 milioni di euro, l’ammontare della cifra evasa. La società che gestiva i siti era maltese e dal 2012, ogni anno, rinominava una nuova società italiana con il solo scopo di rendere difficoltosi gli accertamenti fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 

Le soluzioni per limitare l’evasione dell’IVA

Sono diverse le soluzioni che il Governo sta studiando per cercare di arginare il problema dell’evasione dell’IVA. Un’idea è quella di utilizzare un’aliquota unica in sostituzione delle attuali tre. Fino ad ora un tentativo è stato fatto dalla Danimarca che ha applicato l’Iva al 16% per tutti i prodotti, con risultati poco incoraggianti visto una grave penalizzazione per chi godeva delle aliquote più basse.

Altra soluzione è lo scontrino telematico per mettere in comunicazione la cassa del commerciante direttamente con l’erario. Indipendentemente dal tipo di pagamento utilizzato (contante o elettronico), ogni singolo incasso verrebbe automaticamente registrato dell’Agenzia delle Entrate. Si calcola che un’emissione del 80% degli scontrini porterebbe ad un introito di 6,5 miliardi di euro in più nelle casse dello Stato.

Il pagamento obbligatorio con carta elettronica da parte dei professionisti, è un altra soluzione al vaglio del legislatori. Il consumatore non sarebbe costretto a utilizzare un bancomat o una carta di credito ma spetterebbe al  professionista munirsi di una speciale carta per simulare qualsiasi pagamento ricevuto anche in contanti o con assegno.

L’ultima soluzione è il Reverse Charge o inversione contabile dell’IVA. In pratica si cerca snellire la procedura di versamento dell’imposta eliminando tutte le fasi intermedie e lasciando solo il pagamento dell’IVA all’ultimo anello della catena, cioè al destinatario dei beni. Questo comporta che il fornitore o il prestatore non devono addebitare l’IVA in fattura. A dire il vero questo metodo si applica già in alcuni settori.

 

Conclusioni

Il ritornello che ormai si sente con ogni nuovo Governo è sempre lo stesso: il primo obiettivo è la lotta all’evasione con lo scopo di abbassare la pressione fiscale grazie alle cifre recuperate. Ormai dopo anni e anni, la solita cantilena proveniente sia da destra che da sinistra è diventata più una leggenda metropolitana che un’effettiva speranza.

L’unica certezza è il costante ed inesorabile aumento della pressione fiscale: quando va bene rimane invariata su livelli che restano, comunque, tra i più alti in Europa e nel mondo. Senza dubbio il mancato versamento dell’IVA porta un’enorme danno all’erario e molto spesso innesca meccanismi che alterano la libera concorrenza sul mercato a discapito di commerciati e lavoratori onesti.

Tuttavia, rimane il fatto che le aliquote hanno raggiunto valori ormai insostenibili per il commercio e una fragile economia già messa a dura prova dalla recente crisi finanziaria.

L’evasione fiscale è un reato e va sempre condannato. In alcuni casi è però quanto mai comprensibile l’atteggiamento soprattutto delle piccole realtà lavorative, spesso costrette ad atti poco ortodossi per poter sopravvivere.

   

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