Convenzioni per evitare la doppia imposizione fiscale internazionale

Ogni cittadino italiano sa bene quanto sia oneroso pagare le tasse, addirittura doverlo fare in due diversi paesi potrebbe essere veramente eccessivo. Ci sono però molte situazioni che generano problemi di carattere fiscale, costringendo a pagare le tasse sia in Italia che nel paese estero dove si è prodotto un reddito.

A causa dell’alto livello di disoccupazione, complice anche la recente crisi finanziaria, sono sempre più numerosi i lavoratori che fuggono all’estero in cerca di lavoro. A questo si deve aggiungere anche un crescente aumento del commercio e delle relazioni economiche tra Stati diversi, che spesso generano conflitti a livello di autorità fiscale.

In tutti questi i casi in cui un soggetto, o una società, generano dei redditi al di fuori del proprio Stato di residenza, si parla di doppia imposizione fiscale. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e come evitare di dover pagare imposte contemporaneamente in due diverse Nazioni.

Indice:

 

Cos’è la doppia imposizione fiscale

Lo dice la parola stessa, riguarda tutti i casi in cui un contribuente è costretto a versare le imposte in due diversi paesi. Generalmente una doppia imposizione fiscale si verifica ogni qual volta lo Stato di residenza di un soggetto applica un criterio personale di tassazione, mentre il paese (Stato della fonte) dove l’individuo svolge l’attività lavorativa, applica un credito per così dire reale. Questo significa che, per esempio, il lavoratore dipendente con residenza in Italia che si trasferisce per un determinato periodo all’estero, genera un reddito che sarà sottoposto a doppia tassazione.

Normalmente la doppia imposizione fiscale si divide tra giuridica ed economica:

  • Imposizione giuridica: si verifica quando un reddito, a capo allo stesso contribuente, subisce il prelievo fiscale dallo Stato di residenza e dallo Stato fonte.
  • Imposizione economica: si verifica quando più di un soggetto viene tassato relativamente allo stesso reddito. È il caso dell’imposta sui redditi delle società quando i profitti vendono distribuiti sotto forma di dividendi. Tali proventi vengono inclusi nel reddito del socio che sarà soggetto a doppia imposizione fiscale.

 

Convenzioni contro la doppia imposizione fiscale

Ad oggi non esiste una legge internazionale che regolarizzi o proibisca la doppia imposizione fiscale. Per questo motivo molti Paesi della Comunità Europea e Stati extra-Ue, hanno intrapreso una fitta collaborazione per cercare di limitare o risolvere il problema. Sono stati sottoscritti una serie di accordi e convenzioni bilaterali per sgravare il contribuente dalla doppia imposizione fiscale e regolarizzare la potestà tributaria tra gli stessi Stati.

Naturalmente anche l’Italia ha stipulato una serie di accordi con numerosi Paesi per stabilire come ripartire il potere di tassazione tra due Stati contraenti. In base alla tipologia del reddito, tali convenzioni stabiliscono quando i due Paesi possono prelevare entrambi un’imposta (tassazione concorrente) oppure quando l’imposizione fiscale è esclusiva di un solo Stato. In linea di massima si può stabilire che la tassazione avvenga nel Paese di residenza della persona che beneficia del reddito estero.

 

Residenza fiscale e Aire

Come fare a capire se un soggetto è tenuto a versare le imposte in due Paesi diversi? Convenzioni a parte, il concetto di base è rappresentato dalla residenza fiscale. Spesso di fa confusione tra la residenza in un paese e quella fiscale, che sono due cose completamente diverse.

A livello tributario quello che fa testo è la residenza fiscale. Anche la legge italiana applica il così detto principio della tassazione mondiale (World Wide Taxation Principle). In pratica, un cittadino italiano è tenuto a pagare in Italia le imposte sui redditi generati all’estero. Le tasse versate nel paese dove vengono generati i redditi, possono poi essere detratte da quelle pagate in Italia. Questa è una regola diciamo generale che si applica a tutti i cittadini con residenza in Italia che lavorano all’estero e non sono iscritti all’Aire.

Un soggetto è ritenuto fiscalmente residente in Italia se:

  • ha effettivamente un domicilio nel nostro Paese;
  • si è trasferito all’estero in Paesi con fiscalità agevolata;
  • è iscritto all’Anagrafe comunale e risiede in Italia per almeno 183 giorni all’anno.

Qualora un cittadino decida di trasferirsi all’estero per un periodo superiore ai 12 mesi ha l’obbligo di inscriversi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire). Tale richiesta può essere fatta in un ufficio consolare presente sul territorio e deve avvenire entro 90 giorni dal trasferimento.

È bene chiarire che essere iscritti all’Aire è una condizione necessaria ma non è l’unica per poter avere la residenza fiscale all’estero. Spesso si commette il grave errore di pensare che, avere la residenza al di fuori dall’Italia, sia sufficiente per non avere più nessun obbligo nei confronti del sistema tributario italiano.

 

Lavoratori italiani all’estero: come evitare la doppia tassazione

Vediamo grazie alle convenzioni tra Stati come può il lavoratore evitare la doppia imposizione fiscale. I metodi da poter applicare si dividono sostanzialmente in due tipologie:

  • unilaterali: si applicano le normative interne di ogni singolo Stato;
  • bilaterali: si applicano le convenzioni stipulate tra i vari Stati coinvolti.

Scendendo più nel dettaglio i migliori strumenti per evitare la doppia imposizione sono:

  • esenzione;
  • credito d’imposta;
  • deduzione;
  • riduzione.

 

Metodo dell’esenzione

In questi casi lo Stato di residenza del soggetto che ha percepito il reddito, in base alla convezione stabilita, decide di non applicare nessuna imposta. Tale procedura viene utilizzata su determinate tipologie di redditi e a patto che vengano rispettate alcune condizioni. Una di queste è l’obbligo di assoggettare il reddito alla tassazione prevista dallo Stato fonte dove viene generato.

Tale metodo può essere impiegato con due forme diverse:

  • esenzione piena: nello Stato di residenza del soggetto non viene applicata nessun tipo di tassazione sul reddito prodotto all’estero.
  • esenzione con progressività: in questi casi lo Stato di residenza può aggiungere i redditi prodotti all’estero con quelli complessivi del soggetto residente, ma con il solo scopo di determinare l’aliquota progressiva da applicare. Tale aliquota sarà poi applicata ma escludendo i redditi esteri, esentati per via della Convenzione.

In pratica con il metodo dell’esenzione la podestà impositiva spetta al solo Stato fonte. Un tipico esempio sono i redditi di natura immobiliare che sono tassati solo nello Paese in cui si trovano.

 

Metodo del credito

È il così detto metodo del credito d’imposta e permette al soggetto che ha generato redditi all’estero, di essere assoggettato alle imposte previste dallo Stato fonte che saranno poi detratte dalle tasse dovute allo Stato di residenza.

Per evitare oneri troppo gravosi per lo Stato di residenza, sono stati posti dei limiti di deducibilità per il credito d’imposta. È l’articolo 165 del DPR n.917/86 che stabilisce tali limiti. In pratica il soggetto può dedurre un valore di imposta estera pagata pari a quelle che avrebbe corrisposto se il reddito fosse stato prodotto nello Stato di residenza e assoggettato alle regole fiscali domestiche.

 

Metodo della deduzione

Anche in questo caso si tratta di un accordo unilaterale tra Stati. Questo metodo permette di dedurre le tasse pagate nello Stato della fonte sui redditi esteri imponibili nello Stato di residenza.

La possibilità di deduzione nella realtà non elimina completamente la doppia imposizione fiscale ma ne limita gli effetti. Il contribuente non ha la garanzia di una totale cancellazione della doppia imposizione, come avviene per gli altri metodi sopra citati, ma vede limitata la podestà impositiva dei due Stati.

 

Metodo della riduzione

Ultimo metodo unilaterale è la riduzione delle imposte. Si tratta di uno strumento applicabile sulle tasse dovute dalle persone fisiche per tutti i redditi derivanti da immobili detenuti all’estero e per i redditi da lavoro dipendente già sottoposti a tassazione nello Stato fonte.

Tale deduzione ha un valore pari al 50% delle imposte dovute e non viene riconosciuta per i redditi di natura finanziaria o derivanti da beni mobili. Il metodo della deduzione in realtà non trova molte applicazioni nella pratica.

 

Come mettersi in regola

Per un cittadino italiano che decide di lavorare e trasferirsi all’estero, se il periodo di tempo sarà superiore ai 12 mesi vige l’obbligo di iscriversi all’Aire. Se oltre a tale iscrizione sussistono le condizioni che abbiamo visto in precedenza, il soggetto sarà fiscalmente a tutti gli effetti sottoposto alla tassazione del paese in cui si è trasferito.

Chi invece, pur rimanendo un cittadino con residenza fiscale in Italia genera dei redditi all’esterno, deve per forza di cose dichiararli all’erario italiano e pagare le tasse al nostro paese con le aliquote italiane.

Come abbiamo visto, esistono però alcuni casi in cui ci si può avvalere di specifiche convenzioni stipulate dal nostro Paese con altri Stati.

Ultimamente è stato introdotta una procedura di collaborazione volontaria che permette, a chi avesse commesso delle violazioni, di mettersi in regola. In pratica tutti coloro che hanno presentato delle dichiarazioni irregolari, potranno usufruire di sconti sulle sanzioni applicate.

Nel caso in cui un contribuente abbia completamente omesso dalla propria dichiarazione dei redditi gli eventuali guadagni generati all’estero, ha la possibilità di presentare un’ulteriore dichiarazione aggiuntiva.

 

Pensionati all’estero: come evitare la doppia imposizione fiscale

Il fenomeno dei pensionati che si trasferiscono all’esterno in cerca, più che altro, di regimi fiscali particolarmente favorevoli, è in continua ascesa. Come abbiamo visto il problema sostanziale è l’essere o meno residenti fiscalmente in Italia.

Per il pensionato che decide di abbandonare il nostro Paese, il discorso è esattamente il medesimo. Se vuole godere del nuovo regime fiscale dello Stato ospitante dovrà, per forza di cose, non risultare più fiscalmente residente in Italia, rispettando le seguenti condizioni:

  • inscrizione all’Aire con conseguente cancellazione dall’Anagrafe italiana;
  • non avere il domicilio in Italia per più di metà anno;
  • non avere dimora abituale in Italia per più di metà anno.

Nel caso non venga rispettata una di queste condizioni, il soggetto viene considerato fiscalmente residente in Italia. Inoltre un pensionato che ha trasferito la propria residenza all’estero, deve mostrare alle autorità competenti italiane delle prove concrete: inscrizione all’Aire, documento d’identità dello Stato estero, la nuova dichiarazione dei redditi, il pagamento delle tasse locali, ecc.

A livello tributario un pensionato residente all’estero potrebbe essere sottoposto a doppia tassazione. In realtà con le convenzioni intraprese dal Ministero dell’Economia a partire dal 2014, si è stabilito che un soggetto, non più residente in Italia, è tenuto a versare imposte allo Stato italiano solo nel caso di possesso di beni che hanno prodotto redditi nel nostro Paese. Quindi il soggetto che vive del solo reddito derivante dalla pensione con residenza all’estero, sarà assoggettato alle sole imposizioni fiscali dello Stato ospitante.

 

Conclusioni

Alla fine la morale è sempre la solita: i redditi, sia che vengano generati in Italia o all’estero, devono comunque essere dichiarati. Il problema sta nell’evitare di pagare due volte le tasse sullo stesso imponibile.

Nel corso degli ultimi anni i vari Stati si sono resi conto di come fosse, quanto mai, opportuno introdurre delle convenzioni per favorire lo sgravio tributario. Questo, anche per far fronte ad un numero sempre crescente di casi di evasione fiscale. Sono numerosi i soggetti che cercano di godere di tassazione agevolate all’estero, non dichiarando parte dei propri guadagni nello Stato di residenza.

Non mancano di certo gli esempi di personaggi famosi, dello spettacolo e dello sport, che hanno provato a ridurre il loro carico fiscale spostando a Londra la propria residenza: uno su tutti il pilota di motociclismo Valentino Rossi che aveva, a suo tempo, provato a sfruttare la tassazione agevolata prevista dal sistema tributario inglese, mantenendo la residenza fiscale in Italia.

Un altro caso più recente è quello del collega e nemico sportivo Max Biagi, finito sotto la scure dell’Agenzia delle Entrate. Anche in questo caso il soggetto ha sempre professato la sua innocenza alla luce della sua residenza a Montecarlo, ma alcune prove hanno indicato come avesse ancora attività finanziarie aperte in Italia.

Per evitare di incorrere in sanzioni è bene, ogni qual volta si ottengono redditi da un’attività all’estero, informarsi su come procedere a livello fiscale in modo da poter sfruttare anche eventuali convezioni stipulate tra gli Stati coinvolti. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è possibile trovare un elenco completo di tutte le convezioni sottoscritte dal nostro Paese.

   

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