Come difendersi dalle società di recupero crediti aggressive

Non riuscire ad onorare un debito non è mai una situazione particolarmente piacevole, ma può trasformarsi in un vero e proprio incubo se abbiamo a che fare con società di recupero crediti che utilizzano politiche troppo aggressive. Tale aggettivo sottolinea l’adozione di pratiche scorrette e comportamenti che vanno ben oltre il lecito e si trasformano, molto spesso, in atti vessatori. Non si tratta di sporadici episodi, bensì di atteggiamenti piuttosto ricorrenti, come evidenziano le molteplici segnalazioni ricevute dalle associazioni in difesa dei consumatori.

La crisi economica a seguito della pandemia da Covid-19 ha accentuato questi problemi, tanto che l’Autorità Antitrust e il Garante della Privacy sono dovuti intervenire a più riprese, indicando le misure necessarie affinché il rapporto tra debitore e società di recupero crediti possa svolgersi nel rispetto dei principi di base della correttezza.

Purtroppo il recupero crediti, negli ultimi anni, è diventato un business con numeri in continua crescita. Di fronte al profitto si mettono da parte le buone maniere e si sfrutta ogni mezzo per raggiungere lo scopo. All’ordine del giorno ci sono ripetuti contatti telefonici a qualsiasi ora all’utenza fissa e a quella mobile del debitore o dei suoi familiari, nonché comportamenti che, a volte, prefigurano, addirittura, il reato di stalking.

In taluni casi, addirittura, i funzionari si presentano direttamente a casa o sul luogo di lavoro del debitore, lasciano messaggi minacciosi  registrati in segreteria o comunicazioni affisse sulla porta violando le norme sul rispetto della privacy.

In queste circostanze come fare a difendersi da una strategia di recupero crediti troppo aggressiva?

Uno degli aspetti più importanti sarebbe quello di mantenere la calma e verificare con attenzione la reale situazione, ovvero l’effettiva esistenza del debito e di ciò che viene contestato. In secondo lungo, non bisognerebbe mai dimenticare che ogni comportamento lesivo della riservatezza e dignità della persona rappresenta un’azione illegittima. Quindi è opportuno non prendere alla lettera il contenuto della comunicazione ricevuta, tenendo ben presente che il mancato pagamento di un debito non costituisce reato penale, non porta ad alcuna dichiarazione di fallimento né, tantomeno, al pignoramento automatico dei beni: è sempre richiesto il provvedimento di un giudice attraverso un decreto ingiuntivo o una specifica sentenza di un tribunale.

Per farla breve, un’agenzia di recupero crediti può solo “minacciarvi”, in estrema ratio, di portarvi in tribunale, ma a quel punto ci rimetterebbe il proprio mandato per il recupero del credito.

Indice:

 

Perché difendersi dalle società di recupero crediti

I debiti devono essere sempre onorati, tuttavia rimane un diritto di chi li ha contratti potersi difendere di fronte a comportamenti persecutori e scorretti tenuti troppo spesso da alcune società di recupero crediti. Non è tollerabile ricevere decine di chiamate telefoniche al giorno e affrontare discussioni con operatori che utilizzano toni aggressivi e minacciosi per intimare il pagamento al debitore. Del resto, i dipendenti del call center percepiscono compensi calcolati sulla percentuale di quanto la società riscuote, quindi è facile intuire come per loro il fine ne giustifichi i mezzi.

Purtroppo il debitore si trova in una posizione di netto svantaggio poiché deve combattere contro tre avversari: il creditore, la società di recupero crediti e i loro dipendenti sempre più agguerriti: ognuno dei soggetti citati ha come unico interesse quello ottenere il pagamento del debito.

Di conseguenza, diventa di vitale importanza conoscere tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione del debitore per tutelarsi e far valere i propri diritti.

 

Come dovrebbe comportarsi la società di recupero crediti

È doveroso premettere che le attività di recupero crediti nei confronti di un cittadino che ha contratto un debito con una società privata creditrice, sono del tutto lecite. Tuttavia, è altresì importante sottolineare l’obbligo di svolgere ogni azione secondo il rispetto delle norme di legge evitando comportamenti vessatori e persecutori nei confronti del debitore.

In realtà, sono innumerevoli le segnalazioni ricevute da agenzie e associazioni a tutela dei diritti dei consumatori, le quali mettono in evidenza azioni al limite dello stalking da parte di operatori telefonici. Si tratta di veri e propri esperti in terrorismo creditizio che non si limitano a sfiancare di chiamate il debitore, ma contattano anche figli, parenti e persino i vicini di casa. A tutto questo si aggiungono le lettere minatorie e le visite sgradite direttamente presso il domicilio o il posto di lavoro.

Le società di recupero crediti operano su una linea di confine molto sottile che separa legalità e illegalità e ciò rende difficile determinare e dimostrare quando un comportamento non rispetti la legge e i diritti del cittadino.

Una cosa certa è la grande fantasia con cui gli operatori danno vita alle frottole più colossali al solo fine di terrorizzare il debitore. Le minacce più comuni sono ad esempio:

  • se non paga il suo debito commette un reato penale;
  • se non vuole vedere pignorata la sua casa è meglio pagare subito;
  • non ci rimane che procedere con il pignoramento dello stipendio;
  • siamo costretti a richiedere il fermo amministrativo della sua auto;
  • ultimo avviso per pagare, altrimenti la pratica passa nelle mani di Equitalia e dovrà vedersela con l’esattore;
  • il mancato pagamento comporta l’iscrizione nella lista dei cattivi pagatori, per cui non sarà più possibile ottenere un finanziamento.

La maggior parte di queste affermazioni implica un procedimento giuridico e la sentenza del tribunale, perciò sono prive di qualsiasi fondamento. Una società di recupero crediti ha il solo fine, appunto, di recuperare la somma dovuta dal debitore; quindi l’incarico ricevuto dal committente è di natura stragiudiziale, ovvero non ha alcun titolo di promuovere in maniera autonoma azioni legali.

L’operatore telefonico fa leva sulla mancanza di informazioni e competenze in ambito di diritto tributario della maggior parte degli interlocutori. Il debitore appena sente il termine pignoramento si fa prendere dal panico e la paura viene immediatamente avvertita e sfruttata dall’addetto per aumentare la pressione e indurre il soggetto a pagare. Del resto, non dobbiamo dimenticare che il dipendente della società di recupero crediti non è un sadico che gode nel far soffrire chi sta all’altro capo del telefono, bensì un lavoratore che cerca di guadagnarsi la pagnotta: non è una giustificazione a tali comportamenti scorretti e al limite della legalità, ma il dato di fatto è che il compenso in busta paga dipende dall’ottenimento o meno del pagamento del debito.

Allora quale dovrebbe essere il corretto comportamento di una società di recupero crediti?

Innanzitutto il suo ruolo dovrebbe limitarsi all’intermediazione tra debitore e creditore, attuando comportamenti responsabili e professionali. Ciò significa spiegare al debitore tutti i rischi reali derivanti dall’eventuale mancato pagamento, cercando di trovare una soluzione bonaria per soddisfare entrambe le parti.

Inoltre, dovrebbe accertare che non vi siano in atto contestazioni relative al credito stesso, oppure una procedura di conciliazione. In tali circostanze c’è l’obbligo di sospendere le operazioni di recupero crediti e controllare che le contestazioni avanzate dal debitore abbiano un reale fondamento.

Gli operatori telefonici sono tenuti a determinati comportamenti per rispettare la privacy e la dignità della persona. Di conseguenza, non possono chiamare il debitore 20 volte al giorno e disturbarlo in orari inappropriati come a tarda sera. L’addetto deve sempre identificarsi dichiarando per quale società di recupero crediti opera e, cosa molto importante, accertare l’identità dell’interlocutore. Troppo spesso, infatti, gli operatori finiscono col parlare con la moglie, i figli o chiunque altro risponda al telefono, rilasciando informazioni personali e commettendo una chiara violazione della privacy del debitore. Tali raccomandazioni sono valide, a maggior ragione, per i funzionari che si presentano presso il domicilio del debitore, il quale ha tutto il diritto di non aprire la porta di casa e rifiutarsi di accogliere  “l’ospite” indesiderato. Entrando senza permesso, il funzionario commette il reato di violazione di domicilio.

Per quando riguarda le missive, ogni lettera dev’essere consegnata in busta chiusa e non può presentare alcun timbro o altro sigillo che possa farne intuire il contenuto.

Quindi, in definitiva, le società di recupero crediti, nonché i suoi dipendenti, dovrebbero operare improntando il rapporto col debitore sulla buona educazione e il rispetto reciproco. Solo in questo modo si può arrivare ad una soluzione amichevole salvaguardando privacy e dignità del debitore, evitando illeciti comportamenti vessatori e minacciosi.

 

Come ci si deve comportare quando si riceve una lettera di recupero crediti?

Arrivati a questo punto, sembra piuttosto chiaro quali dovrebbero essere i comportamenti che dovrebbe tenere una società di recupero crediti seria e quelli invece da condannare, ma che spesso sono all’ordine del giorno.

Il consumatore ha il sacrosanto diritto di far valere i propri diritti e difendersi da pratiche scorrette e minacce nemmeno troppo velate. A tal proposito vediamo qualche utile consiglio qualora ci si trovasse aggrediti da una società di recupero crediti:

  • controllare con attenzione la missiva ricevuta: quando si tratta di un avviso di pagamento, o una lettera di costituzione in mora, la forma prevista è sempre la Raccomandata con ricevuta di ritorno. Che si tratti del Fisco, una società privata o la richiesta di bollette telefoniche arretrate, il creditore invia sempre e solo una raccomandata. Questo per avere la certezza che la comunicazione venga effettivamente ricevuta, ma anche per godere della presunzione del contenuto e procedere per vie legali anche qualora il destinatario dovesse rifiutare la missiva. Quindi, se nella buca delle lettere trovassimo, ad esempio, una normale busta con all’interno intimazioni di pagamento o messa in mora, possiamo tranquillamente buttarla nel cestino. La cosa importante è evitare di rispondere alla comunicazione, anche solo per via telefonica. Per meglio chiarire questo punto è utile sottolineare che una lettere inviata con posta ordinaria non costituisce alcun titolo di credito o fa scattare qualche termine entro cui il mittente potrà prendere ulteriori provvedimenti come, ad esempio, far partire un’azione giudiziaria: ecco perchè, da un punto di vista legale la lettera spedita per “posta ordinaria” non vale nulla. E’ chiaro comunque che ricevere una missiva del genere significa che qualche creditore si sta muovendo per far valere un proprio diritto e, pertanto, molto probabilmente si farà nuovamente vivo, magari con metodi più validi;
  • dinnanzi alle ripetute chiamate di un funzionario della società di recupero crediti, abbiamo il diritto di non rispondere, oppure sbattere gentilmente il telefono in faccia: Non vige alcun obbligo di ascoltare la solita cantilena e le consuete minacce di fantomatici pignoramenti o presunte azioni legali prive di fondamento;
  • un classico comportamento delle società di recupero crediti è quello tempestare di telefonate il destinatario di una lettera di avviso di pagamento inviata tramite posta ordinaria. Lo scopo è quello di ottenere la conferma del ricevimento della comunicazione, cosa che non si dovrebbe mai fare. Anzi, in questi casi possiamo passare al contrattacco minacciando azioni legali a causa delle reiterate molestie;
  • in presenza di una richiesta di pagamento di bollette telefoniche arretrate, ricordiamo che la legge prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione. Dinnanzi a ripetute minacce di azioni forzate, è bene sapere che, prima di intraprendere la via legale, le parti devono aver cercato una soluzione bonaria.

 

In quali orari le società di recupero crediti dovrebbero telefonare

Siccome il mezzo principale sfruttato dalle società di recupero crediti è la chiamata tramite operatore telefonico, vediamo di chiarire qualche aspetto.

Innanzitutto il numero di telefono del call center non può essere oscurato, e deve sempre comparire per intero. L’operatore ha l’obbligo di identificarsi comunicando all’interlocutore il proprio nome e cognome, nonché il nominativo della società di recupero crediti per cui lavora. L’operatore non può millantare titoli che non gli appartengono e presentarsi con falsa identità. Purtroppo prassi comune è identificarsi con il committente creditore, quindi affermare di essere il rappresentante di una determinata banca o finanziaria, anziché della specifica società di recupero crediti. Ricordiamo che un diritto del debitore è conoscere la corretta identità del funzionario e della società che gli richiede il pagamento.

Altra strategia adottata dagli operatori è far precedere il nome da un titolo non spettante quale avvocato o dottore in legge, giusto per mettere in una posizione di soggezione la persona e incutere fin da subito maggior timore. In questi casi basta ricordare, in primis, che tale comportamento di accaparramento indebito di un titolo è illecito e, in secondo luogo, un avvocato o un commercialista sono liberi professionisti, difficilmente si presterebbero a fare gli operatori in un call center (detto questo, tutto è comunque possibile).

Per quanto concerne orari e numero delle telefonate, non esiste una specifica disciplina. Ciononostante il Garante della privacy e la giurisprudenza sono intervenuti più volte per rimarcare il divieto di perseguitare un cittadino con chiamate in orari irragionevoli ed eccessiva frequenza. Ciò fa presumere che un call center dovrebbe contattare il soggetto solo in orari di lavoro e non certo a tarda sera e, al contempo, non telefonare più volte nell’arco della stessa giornata, o anche il giorno successivo. Le uniche eccezioni sono dovute alla presenza di situazioni di impellente necessità come, ad esempio, l’imminente scadenza per l’invio di un avviso di pagamento.

Altro comportamento illecito spesso adottato, è la ricerca del numero di telefono del debitore attraverso familiari, parenti, colleghi di lavoro e persino vicini di casa. Dobbiamo però evidenziare come tale prassi potrebbe risultare corretta qualora il funzionario, prima di richiedere il numero, spiegasse con chiarezza la motivazione della richiesta e accettasse di buon grado un eventuale rifiuto.

Infine, è utile sapere che la legge vieta di contattare il debitore in luoghi diversi dalla sua residenza. Perciò, l’operatore telefonico non può cercare il soggetto presso il posto di lavoro né tantomeno a casa di familiari, amici e conviventi. La chiamata ad un numero diverso da quello del debitore è possibile solo se sia stato lo stesso ad aver fornito dei contatti telefonici alternativi al momento della stipula del contratto con il creditore.

 

La società di recupero crediti può registrare la telefonata?

La legge impedisce all’operatore telefonico del call-center di registrare la telefonata intercorsa con il debitore senza il suo consenso. Viceversa, quest’ultimo ha il diritto di registrare la conversazione se contattato presso la propria utenza telefonica. Una pratica che sarebbe sempre buona norma adottare, così da disporre di prove per, eventualmente, difendersi in sede di giudizio.

 

Rispetto del domicilio e della privacy del debitore

La società di recupero crediti deve rispettare precise norme per il trattamento dei dati personali del debitore. Non può farlo indistintamente ma solo per le generalità anagrafiche, codice fiscale o partita IVA, ammontare del debito maturato, nonché indirizzo e numeri di telefono che il soggetto ha fornito al momento della firma del contratto con il creditore, o comunque reperibili da elenchi o registri pubblici. Dopo l’estinzione del dovuto, il debitore ha facoltà di richiedere la cancellazione dei dati.

Per il rispetto delle norme sulla privacy, e in presenza di una visita domiciliare, il funzionario della società di recupero crediti rappresenta un semplice dipendente e non certo un pubblico ufficiale. Di conseguenza, non può in alcun modo pretendere di entrare nell’abitazione di fronte al rifiuto del debitore e nemmeno lasciare avvisi attaccati in bella vista sulla bacheca condominiale o la porta di casa.

 

Cosa “raccontano” le società di recupero crediti?

Alla base dei comportamenti minacciosi e persecutori delle società di recupero crediti, ci sono una serie di false informazioni che vanno dall’alterazione della realtà, a vere e proprie panzane. Si tratta di sottili tecniche di convincimento che abili e addestrati operatori sfruttano per far sprofondare in una condizione di totale incertezza, per non dire terrore, il malcapitato debitore. Ecco alcune delle frottole più utilizzate:

  • mandiamo l’ufficiale giudiziario a casa: si tratta di una minaccia che trova ben poco fondamento nella realtà. Prima che al campanello suoni un ufficiale giudiziario è necessaria la presenza di un atto esecutivo richiesto dal creditore, ovvero un decreto ingiuntivo, oppure una sentenza emessa dal giudice. Tali procedure potrebbero non essere richieste, passando direttamente al pignoramento, solo se il creditore risulta già in possesso di un assegno o di una cambiale oppure, nel caso di una banca, presentando un contratto di mutuo firmato dinnanzi al notaio. Ciononostante, anche nelle suddette ipotesi, è sempre indispensabile notificare, tramite precetto, l’intenzione di procedere, dando 10 giorni di tempo al debitore per effettuare il pagamento. Se l’opposizione non viene regolarizzata allora si può attivare l’espropriazione forzata. Pertanto, nella maggior parte dei casi, prima di arrivare al pignoramento deve passarne di acqua sotto i ponti: il creditore inizialmente comunica il decreto ingiuntivo, attende 40 giorni per la possibile opposizione del debitore, dopodiché notifica il precetto, e trascorsi 10 giorni manda l’ufficiale giudiziario. Tra l’altro tutte operazioni che esulano completamente dalla società di recupero crediti;
  • il mancato pagamento comporta l’immediata ipoteca della casa e successiva vendita all’asta: una minaccia che fa tremare i polsi a chiunque, tuttavia non è un’affermazione corrispondente al vero. Anche in questo caso valgono tutte le considerazioni del precedente punto;
  • se continui a non pagare non c’è altra alternativa che mandare un esattore: la figura dell’esattore è legata, esclusivamente, a debiti col Fisco, attività gestite prima da Equitalia e dal 1° luglio 2017 dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Il dipendente di una società di recupero crediti è un soggetto privato che non possiede nessuna qualifica di pubblico ufficiale. Oltretutto, quando un funzionario suona al campanello è nostro pieno diritto rifiutarci di aprire;
  • se non estingui il tuo debito finirai nella lista dei cattivi pagatori: questa è forse l’unica affermazione vera, ma comunque solo in parte. Infatti, l’iscrizione nel database della centrale rischi della Banca d’Italia avviene unicamente in presenza di debiti con banche ed intermediari finanziari. Inoltre, l’ammontare deve risultare di almeno due rate o mensilità. Ad ogni buon conto, l’iscrizione alla Crif non è per sempre, ma si estingue in automatico dopo un periodo prefissato.

 

Quando il recupero crediti diventa stalking

In un quadro di normalità e di assoluto rispetto, l’attività di recupero crediti rappresenta un servizio che offre vantaggi sia a debitore che creditore. Sono molte le persone che ricorrono all’indebitamento per disporre della liquidità necessaria, e le società di recupero crediti dovrebbero essere gli intermediari che cercano di trovare la soluzione migliore per ambedue le parti.

Come abbiamo visto, la realtà si discosta parecchio da questa atmosfera di gioviale collaborazione, tanto che il reato di stalking non è affatto una rarità. Ciò si verifica nel momento in cui vengono adottati comportamenti ritenuti persecutori che arrivano fino al ledere la dignità della persona. Una serie di pratiche illecite e molestie al solo fine di mettere con le spalle al muro il debitore e costringerlo a pagare.

Vengono ravvisati gli estremi delle molestie telefoniche in presenza di frequenti e reiterate chiamate. In tali azioni rientrano anche l’invio di fax e mail per sollecitare l’estinzione del debito attraverso frasi minacciose ed esponendo scenari catastrofici, ben al di là di ciò che prevede la legge anche nel peggiore dei casi.

L’operatore telefonico dovrebbe sempre tenere un comportamento professionale e rispettoso delle normative in materia di incoercibilità psichica e fisico-personale.

La frequenza con cui si verificano atti persecutori da parte delle società di recupero crediti ha costretto il legislatore a introdurre un nuovo tipo di reato: lo stalking bancario. In realtà, non esiste ancora una normativa ad hoc visto che il disegno di legge non è stato completamente approvato.

Quindi una società di recupero crediti, una banca e qualsiasi altro intermediario finanziario possono rispondere di atti persecutori secondo quanto stabilito dall’attuale codice penale. Non sono ammesse violazioni della privacy come il dipendente della società di recupero crediti che si presenta presso il posto di lavoro del debitore, oppure reiterate sollecitazioni telefoniche di pagamento.

In base a quanto sancito dalla terza sezione penale della Suprema Corte, i creditori rispondono di atti persecutori con sanzioni e pena detentiva fino a 5 anni in presenza di comportamenti aggravanti che ledono la serenità e l’equilibrio psico-fisico del debitore.

   

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