Come assumere lavoratori subordinati nel regime forfettario

Scritto da Omar Cecchelani in Imprese

Avviando un’attività imprenditoriale individuale, tra gli aspetti di maggior rilevanza c’è la possibile assunzione di uno o più lavoratori dipendenti. Anche operatori economici di modeste dimensioni ad un certo punto potrebbero aver bisogno di collaboratori, il cui numero, solitamente, tende a crescere progressivamente con l’aumentare del fatturato. In tali circostanze è necessario muoversi con attenzione, ponderando la scelta più adatta alle proprie necessità e valutando diversi scenari fiscali. L’imprenditore può decidere di assumere addetti tramite contratti di lavoro a tempo determinato/indeterminato e regolare busta paga o, in alternativa, può anche avvalersi della collaborazione di personale esterno.

Svolgendo attività di impresa in forma individuale con partiva IVA  è possibile aderire al regime forfettario e godere di una tassazione con aliquota fissa agevolata (15%) e altri vantaggi di natura contabile e burocratico come l’esenzione dall’applicazione dell’IVA e della ritenuta d’acconto. In questo caso sarà però necessario non superare il fatturato annuo di 65.000 euro e il limite di 20.000 euro lordi annui per le spese relative a lavoro dipendente e lavoro occasionale accessorio.

L’attuale soglia è stata introdotta a partire da gennaio 2020 ed ha incrementato il vecchio limite fissato a 5.000 euro e, successivamente, azzerato dalla Legge di Bilancio 2019. Questo sistema ha sostituito il precedente regime dei minimi (entrato in vigore nel 2008 e poi abrogato con la Legge di Bilancio 2016), che invece imponeva la totale assenza di spese per lavoratori dipendenti, lavoratori parasubordinati (contratti co.co.co), nonché collaboratori a progetto.

Quindi se oggi un professionista, o un lavoratore autonomo, desidera assumere personale dipendente e, nello stesso tempo, mantenere l’adesione al regime forfettario, deve rispettare il limite di spesa pari a 20.000 euro annuo; altrimenti sarà obbligato a passare al regime ordinario a partire dal 1° gennaio dell’esercizio successivo.

Indice:

 

I requisiti da rispettare per avvalersi del regime forfettario

Il regime forfettario è un sistema di tassazione scelto da molti imprenditori e liberi professionisti, ovvero titolari di partita IVA, che decidono di aprire un’attività d’impresa individuale o, comunque, di modeste dimensioni. Come in ogni regime agevolato, sono presenti una serie di requisiti e obblighi che il soggetto è tenuto a rispettare per aver diritto a richiedere tale tipologia di tassazione e riuscire a mantenerla. A differenza del vecchio regime dei minimi, la normativa non prevede alcuna scadenza temporale per il regime forfettario, purché permangano le condizioni per mantenerlo. La legge di stabilità 2019 ha introdotto sostanziali modifiche, soprattutto sui requisiti presenti nella disciplina in vigore negli anni precedenti.

L’attuale normativa specifica che per beneficiare del regime forfettario il soggetto deve attenersi ai seguenti punti:

  • nell’anno precedente aver conseguito ricavi o percepito compensi per un importo pari o inferiore a 65mila euro (il vecchio limite era di 30mila euro);
  • non possedere partecipazioni in società di persone, associazioni e neppure un’impresa familiare;
  • non controllare società SRL  o associazioni in partecipazione che esercitano un’attività connessa, in modo diretto o indiretto, a quella svolta con partita IVA.

La legge aggiunge che non può richiedere il regime forfettario colui che:

  • non ha la residenza in Italia. Fanno eccezione i soggetti che risiedono in un Paese UE o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo e il cui reddito sia per il 75% prodotto in Italia;
  • nello stesso tempo partecipa a società di persone, associazioni o imprese familiari che svolgono attività riconducibili alla propria; nel caso in cui il soggetto è anche socio di una SRL può mantenere il regime forfettario solo in determinate condizioni. Nello specifico può detenere quote di controllo della società qualora la SRL svolga un’attività completamente diversa da quella esercitata con la partita IVA forfettaria. Se, al contrario, la SRL svolge un’attività simile o riconducibile a quella del soggetto, costui non potrà detenere quote di controllo della società;
  • venga esercitata un’attività in via prevalente nei confronti di collaboratori con i quali sono stati stretti rapporti di lavoro nei due periodi di imposta precedenti;
  • effettui tramite partita IVA operazioni di cessione, in via esclusiva o prevalente, di fabbricati o porzioni di esso, nonché di terreni edificabili oppure di mezzi di trasporto nuovi.

Dopo aver riassunto velocemente i requisiti necessari per aver diritto all’accesso al regime forfettario, vediamo di capire come bisogna operare per assumere lavoratori dipendenti o collaboratori esterni.

 

Assunzione di dipendenti nel regime forfettario: cosa prevede l’attuale normativa

Nello svolgimento dell’attività di impresa individuale non è affatto raro trovarsi nella condizione di dover assumere dei lavoratori subordinato per svolgere al meglio tutte le mansioni. Per sopperire all’aumento del volume d’affari, l’imprenditore individuale può sfruttare la collaborazione di operatori freelance, a loro volta titolari di partita IVA, oppure assumere uno o più lavoratori dipendenti con regolare contratto. Limiti e requisiti imposti dalla legge non fanno alcuna distinzione in base al tipo di rapporto di lavoro scelto.

Fino al 2018, chi voleva mantenere il regime forfettario era costretto a non superare il limite di 30.000 euro di compensi e ricavi totali conseguiti nel periodo di imposta, nonché il limite, sempre pari a 30.000 euro, di reddito massimo derivante da lavoro dipendente o assimilato (ad esempio la pensione) percepito nell’anno precedente. Nel caso in cui il titolare dell’attività economica avesse dovuto assumere nuovo personale aveva l’onere di rispettare due ulteriori requisiti:

  • limite massimo di 5.000 euro per le spese sostenute per assunzione di lavoratori dipendenti, lavoro accessorio, collaboratori coordinati e continuativi o collaborazione di familiari;
  • limite massimo di 20.000 euro per le spese relative all’acquisto di beni strumentali ammortizzabili.

La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto dei sostanziali cambiamenti ai suddetti limiti portandoli a:

  • 65.000 euro di fatturato massimo costituito da ricavi/compensi (sono rimasti inalterati i codici di redditività da utilizzare per il calcolo della base imponibile);
  • nessun limite di spesa per l’assunzione di lavoratori dipendenti;
  • nessun limite di spesa per acquisto di beni strumentali.

Fermo restando i limiti appena descritti, con la Legge di Bilancio 2020, a partire dal 1° gennaio è entrata in vigore un’importante e ulteriore modifica, ovvero:

  • la soglia massima per le spese da lavoro accessorio, dipendente e per gli utili erogati agli associati in partecipazione effettuate l’anno precedente è stata portata a 20.000 euro.

Rimane l’obbligo per il soggetto di non aver percepito un reddito complessivo superiore a 30.000 euro lordi, derivante da lavoro dipendente o da pensione nell’anno precedente (la verifica di tale limite non è più necessaria nel caso in cui il rapporto di lavoro risulti cessato).

La nuova disciplina, rispetto al 2019, ha abrogato l’assenza di limiti sui costi per il personale restringendo in modo sostanziale la platea di chi ha potuto accedere, o mantenere, il regime forfettario e, infatti, molti lavoratori autonomo sono stati costretti ad abbandonare la tassazione agevolata. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio dei Consulenti del Lavoro si parla di circa 10mila tra autonomi e professionisti che, dal 1° gennaio 2020, hanno dovuto dire addio al regime forfettario.

 

Differenza tra l’assunzione un lavoratore dipendente o un collaboratore esterno nel regime forfettario

Come abbiamo già sottolineato, un’opzione che si presenta al titolare di un’impresa individuale è la possibilità di avvalersi della collaborazione di un professionista esterno, o comunque di un titolare di partita IVA, oppure assumere, con regolare contratto, un lavoratore dipendente. Qualunque sia la scelta, le nuove figure entreranno a faranno parte dell’organico e svolgeranno determinate funzioni allo scopo di far prosperare gli affari, pur tuttavia presentando sostanziali differenze a livello di gestione fiscale e contrattuale.

Un collaboratore esterno può essere inquadrato come un lavoratore autonomo con partita IVA che offre la propria opera in modo occasionale, oppure come collaboratore coordinato e continuativo senza partita IVA. Tali figure professionali sono caratterizzate da una certa autonomia, senza orari fissi e hanno la possibilità di collaborare contemporaneamente anche con diversi altri committenti.

Completamente diverso il discorso di un lavoratore subordinato che firma, con il committente, un vero e proprio contratto di lavoro, restando quindi legato ad un unico datore di lavoro e percependo un compenso fisso mensile attraverso regolare busta paga.

Ricordiamo che il committente forfettario, nel caso assuma un dipendente, dovrà presentare la Certificazione Unica, onere invece evitabile con i collaboratori esterni. Per quest’ultimi non è nemmeno necessario applicare alcuna ritenuta d’acconto o inviare il Modello 770, in quanto il committente forfettario non è tenuto ad agire come sostituto d’imposta.

 

I principali quesiti a proposito dell’assunzione di lavoratori in regime forfettario

Il regime forfettario non è per nulla complicato e la disciplina in materia è sufficientemente chiara tuttavia, esistono alcune domande che sorgono spontanee nel momento di dover ampliare l’organico della propria attività. Vediamo di affrontare le questioni che fanno nascere le maggiori perplessità.

 

Quali spese si possono dedurre nel regime forfettario?

Il discorso della deducibilità delle spese è quanto mai semplice e di fatto, con il regime forfettario, è possibile dedurre solo quelle di natura previdenziale, ossia i contributi versati alla Gestione Separata INPS oppure ad una diversa cassa previdenziale. Ciò è dovuto al fatto che questo regime fiscale agevolato si basa su un calcolo forfettario delle spese, in base al tipo di attività svolta, applicando un coefficiente di redditività (diverso a seconda del codice ATECO) al totale del fatturato.

Il coefficiente di redditività. diverso per ciascuna attività svolta, secondo codice ATECO, servirà per il calcolo della base imponibile su cui poi verrà calcolata l’imposta a debito del contribuente forfettario.

Con questo principio, tutte le spese sostenute per il mantenimento del personale dipendente o di eventuali collaboratori esterni, non possono essere dedotte o scaricate nella dichiarazione dei redditi.

E’ inoltre importante specificare che il contribuente in regime forfettario potrà portare in deduzione soltanto i contributi obbligatori da versare, non quelli volontari. Così come non saranno deducibili gli oneri previdenziali sostenuti per un riscatto, una ricongiunzione o ancora per il versamento di contributi volontari.

 

E’ possibile avere un socio in un regime forfettario?

Uno dei requisiti specifici per poter beneficiare del regime forfettario è non essere in possesso di partecipazioni a società di persone, associazioni o SRL (per le società a responsabilità limitata è consentito soltanto in determinati casi specifici). Ciò implica che non è possibile avere alcun socio, altrimenti si perde il diritto all’accesso o al mantenimento del regime forfettario.

Nello specifico, il regime forfettario non può essere applicato alle società di persone, nè tantomeno ai professionisti di uno studio associato.

 

Quali adempimenti bisogna rispettare assumendo un dipendente in regime forfettario?

A differenza della collaborazione con un professionista esterno, nel caso in cui si metta sotto contratto un lavoratore dipendente ci sono alcuni obblighi di natura fiscale e burocratica da rispettare.

Il committente forfettario assume automaticamente il ruolo di sostituto d’imposta e quindi dovrà inserire nella busta paga le relative trattenute fiscali, oltre ai contributi previdenziali. Il versamento delle trattenute verrà effettuato attraverso modello F24 e, in aggiunta, il titolare dovrà rilasciare la Certificazione Unica in forma cartacea al dipendente spedendone una copia per via telematica all’Agenzia delle Entrate.

 

Quali vantaggi comporta assumere un lavoratore dipendente nel regime forfettario?

Una domanda che, prima o poi, tutti i beneficiari del regime forfettario si pongono è: conviene effettivamente assumere un lavoratore dipendente? Dando per scontato che l’ampliamento dell’organico è comunque sempre un costo, decidere di stipulare un contratto di lavoro può avere una reale convenienza solo in determinate situazioni.

Abbiamo visto come il calcolo della base imponibile sui cui applicare l’aliquota di tassazione risulti molto semplice e sia legato, esclusivamente, al tipo di attività svolta e al codice ATECO di appartenenza. Per esempio, un architetto, un ingegnere e, in generale, i liberi professionisti hanno un coefficiente di redditività del 78%; una percentuale che scende al 40% per il commercio all’ingrosso e al dettaglio o per attività di fornitura alloggi e ristorazione. È facile intuire come, a parità di fatturato, le categorie con coefficienti di redditività più bassi dovranno versare molte meno imposte: dispongono così di un margine di spesa maggiore, il che gli può consentire senza particolari patemi l’assunzione di uno o più lavoratori dipendenti.

Altro fattore da tenere in grande considerazione è il tipo di mansione che dovrà essere svolta dal nuovo assunto: sarà importante valutare se le esigenze dell’imprenditore forfettario potranno essere soddisfatte, ad esempio, da una collaborazione occasionale, o se sia proprio necessaria l’assunzione di  un dipendente fisso. Resta il fatto innegabile che scegliere un collaboratore esterno non comporta il versamento di ritenute e contributi e nemmeno dover assumere la carica di sostituto d’imposta con un notevole risparmio anche in termini di burocrazia o eventuali costi per il consulente del lavoro.

Ad ogni modo, nel caso in cui la propria attività abbia particolare successo e il costante aumento dei carichi di lavoro imponga l’assunzione di più figure dipendenti, spesso potrebbe diventare opportuno e anche conveniente, valutare la possibilità di abbandonare il regime forfettario.

Se da una parte si dovrà dire addio alla tassazione agevolata al 15%, dall’altra, il regime ordinario consentirà da deduzione degli oneri nella dichiarazione dei redditi. Un passaggio di questo genere, comunque, risulterebbe come una naturale evoluzione dell’attività economica qualora impegno e professionalità facciano crescere la ditta individuale, raggiungendo un determinato giro d’affari e dovendo, inevitabilmente, superare i limiti di ricavi che consentono di mantenere il regime forfettario.

   

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