Sei un contribuente a rischio di controllo fiscale?

E’ più esposto al rischio di un accertamento fiscale il libero professionista o il lavoratore dipendente?

Anni fa, la risposta era abbastanza scontata visto che le categorie con più possibilità di evadere le tasse erano considerate proprio quelle con redditi non fissi e difficilmente tracciabili.

Oggi la situazione è ben diversa, con il Fisco sempre più scrupoloso e dotato di strumenti avanzati e banche dati sempre più aggiornate per controllare anche quei soggetti che, un tempo, non avevano quasi  nulla da temere. Grazie al redditometro, risparmiometro, software sofisticati e banche dati telematiche, l’Agenzia delle Entrate dispone di una vastissima quantità di dati da incrociare e analizzare per evidenziare eventuali anomalie fiscali.

Per rispondere alla domanda iniziale possiamo dire che, in generale, ogni contribuente è a rischio accertamenti. Ci sono, comunque, soggetti che sono più esposti ai controlli rispetto ad altri, ma anche chi riceve uno stipendio fisso, o una pensione, non si deve sentire troppo al sicuro. Grazie al redditometro viene verificata la compatibilità tra il reddito dichiarato e le spese di maggior rilievo come l’acquisto di immobili, auto, viaggi, beni di lusso e così via.

Non registrare un affitto, effettuare compravendite sottobanco e lavorare in nero sono tutte opzioni di evasione fiscale che può mettere in pratica anche chi ha solamente un reddito da lavoro dipendente e che potrebbero far scattare un accertamento fiscale. I controlli, così come sono concepiti attualmente, sono quindi rivolti a qualsiasi contribuente, proprio perché non si basano sul tipo di reddito ma sul tenore di vita tenuto dal contribuente.

Partendo dal presupposto che, oggi, nessuno sfugge all’occhio vigile del Fisco, rimane il fatto che ancora determinati soggetti sono più a rischio di altri. Infatti, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza ogni anno dettano le linee guide per ottimizzare le verifiche e stabiliscono quali categorie di contribuenti sottoporre ai controlli stilando le cosiddette liste selettive.

In queste righe cercheremo di far chiarezza su quali siano i contribuenti, in assoluto, più a rischio, partendo dall’analisi di tutti gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per scovare i furbetti.

Indice:

 

Gli strumenti di controllo dell’Agenzia delle Entrate

Il merito, se così vogliamo chiamarlo, di aver reso tutti i contribuenti uguali difronte al Fisco spetta a strumenti informatici sempre più avanzati e selettivi messi a disposizione delle autorità di controllo.

  • Il più famoso è senza dubbio il Redditometro: un metodo di vecchia concezione il cui progenitore vede la luce nel lontano 1993 con potenzialità nemmeno paragonabili alla versione attuale. In realtà, è uno strumento di accertamento sintetico del reddito tutt’altro che corretto, visto che si basa sulla capacità di spesa del contribuente per determinare in maniera indiretta il suo reddito complessivo. In pratica, il software, che sarebbe meglio chiamare Spesometro, raccoglie i dati necessari per calcolare le spese sostenute e le confronta con il reddito: se il risultato evidenzia spese superiore di oltre il 20% a quanto dichiarato scattano gli  accertamenti. Il contribuente chiamato in causa dovrà presentarsi e dimostrare all’Agenzia delle Entrate la provenienza del denaro che gli ha consentito di mantenere quel determinato tenore di vita, teoricamente incompatibile, con quanto dichiarato. Le giustificazioni devono essere accompagnate da prove tangibili come, ad esempio, bonifici o assegni ricevuti a titolo di donazione oppure risarcimento, o ancora, entrate derivanti da vincite al gioco, etc.  Nel caso in cui le risposte risultino esaurienti la procedura viene cancellata, altrimenti verrà notificato l’accertamento con il conseguente recupero delle imposte evase.
  • Altro strumento di recente introduzione è il Risparmiometro: si tratta di un software particolarmente sofisticato che ha lo scopo di verificare i movimenti di entrata e uscita sui conti correnti bancari, ma anche di controllare carte di credito e prepagate. Il ragionamento che sta alla base del Risparmiometro è molto semplice: se nei conti correnti non si verificano uscite di denaro e, nel contempo, il contribuente non dichiara alcun tipo di reddito, è verosimile che il titolare abbia altre fonti di introito provenienti da canali non ufficiali. La sperimentazione è partita dal 2018 solo sulle società, poi da agosto 2019 ha riguardato anche le persone fisiche. La diretta conseguenza è che ogni conto corrente è, praticamente, messo sotto controllo, alla faccia della sbandierata tutela dei dati personali da parte banche ed intermediari finanziari, ma tant’è che il Garante della Privacy ha dato il suo ok. Lo scopo di questo strumento è quello combattere il lavoro in nero e far emergere il contante sommerso. Anche in questo caso, i controlli dell’Agenzia delle Entrate scattano nel momento in cui l’algoritmo accerta uno scostamento di oltre il 20% tra l’aumento della giacenza sul conto corrente e quanto effettivamente dichiarato.

Alla base dell’efficacia dei metodi per accertare eventuali evasioni fiscali ci sono le banche dati, costituite dalle informazioni provenienti da amministrazioni e istituti di credito. Stiamo parlando dell’Anagrafe tributaria e dell’Anagrafe dei conti correnti anche definita “dei rapporti finanziari”.

Il Fisco è così in grado di venire a conoscenza di ogni conto corrente intestato al contribuente, confrontare il saldo di inizio e fine anno e la lista dei movimenti in entrata e uscita. Per accertare le anomalie si applica la, cosiddetta, presunzione di reddito così come descritta nel T.U.I.R. In sostanza, ogni accredito sul conto corrente che non trova corrispondenza in dichiarazione dei redditi, viene considerato frutto di compensi e, pertanto, soggetto a tassazione. Il contribuente ha la facoltà, tuttavia, di dimostrare che le entrate incriminate provengano da fonti esenti da imposizione fiscale oppure già tassate.

Fino a poco tempo fa l’Agenzia delle Entrate sfruttava anche gli studi di settore che sono stati sostituiti con il sistema delle pagelle fiscali, comunemente chiamato ISA. Riguardano, esclusivamente, professionisti e imprese, con lo scopo di valutare l’affidabilità del contribuente ed evidenziare situazioni sospette e soggette ad un maggior rischio di evasione.

Dulcis in fundo rimangono:

  • i controlli automatizzati che accertano errori sostanziali o formali nella dichiarazione dei redditi;
  • i controlli incrociati;
  • le segnalazioni non anonime per denunciare casi di evasione fiscale e violazione delle norme tributaria che, il più delle volte, riguardano la mancata emissione di fatture, ricevute e scontrini fiscali;
  • le  segnalazioni anonime, ma in questo caso l’autorità non è tenuta a dare seguito alla richiesta ed avviare le indagini.

 

Contribuenti con priorità

Se l’intenzione dell’Agenzia delle Entrate è quella mettere tutti i contribuenti sullo stesso piano, rimane il fatto, indiscutibile, che ci sono dei soggetti che “godono” di una certa priorità nei controlli. Ci riferiamo ai grandi contribuenti, ovvero società che generano volumi di affari e fatturati superiori a 150 milioni di euro. In queste situazioni è previsto il cosiddetto “Tutoraggio” che, altro non è che uno specifico monitoraggio dei comportamenti adottati dall’azienda, con la conseguente creazione di una scheda di analisi del rischio.

Ci sono altri fattori che portano l’autorità di controllo a dare ulteriore priorità all’accertamento verso i grandi contribuenti, in particolare quando:

  • sono ipotizzabili imponibili non dichiarati superiori ai 50 milioni di euro;
  • è necessario un supplemento di attività istruttoria;
  • vi è presenza di particolari situazioni di rischio che riguardano la tutela del credito erariale.

 

Imprese minori e lavoratori autonomi

Per l’analisi del rischio di piccole e medie imprese vengono presi come riferimento una serie di parametri quali:

  • ammontare dei redditi dichiarati troppo basso a fronte di una crescita dei ricavi;
  • presenza di perdite fiscali per più anni che evidenziano un’anomala situazione antieconomica;
  • crediti IVA costanti nel tempo o sospetto aumento dei crediti in compensazione o richiesti per il rimborso;
  • operazioni IVA non dichiarate;
  • indicatori gestionali dell’attività lavorativa non coerenti con la realtà.

Come abbiamo già spiegato, il Fisco dispone degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per controllare i comportamenti di piccole imprese e professionisti. Vengono redatte delle vere e proprie pagelle fiscali attribuendo voti da 1 a 10 in base al grado si affidabilità del contribuente: più alto sarà il voto e minori saranno i rischi di essere sottoposti ad accertamenti.

Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, si applicano le medesime regole applicate alle imprese minori. Le indagini finanziarie sui conti correnti per ricostruire presunti compensi non dichiarati rappresentano, ad oggi, la tecnica di accertamento più sfruttata.

 

Le liste selettive

Per rendere i controlli più mirati ed efficaci, ogni anno, Agenzia delle Entrare e Guardia di Finanza stabiliscono delle liste selettive, ovvero le categorie di contribuenti da sottoporre a controllo. Esistono una serie di macro categorie e precisamente:

  • grandi contribuenti;
  • medie imprese;
  • imprese minori e lavoratori autonomi;
  • enti non commerciali;
  • persone fisiche.

Il tipo di controllo varia in base alla categoria e la programmazione rappresenta una delle attività più importanti che svolge il Fisco. Visto l’elevato numero dei contribuenti risulta impossibile verificare ogni soggetto, perciò, è quanto mai necessaria una selezione che renda gli accertamenti molto precisi.

Spetterà l’analisi dei dati, ad opera di operatori preposti all’intelligence e al controllo economico del territorio con lo scopo di stilare delle liste che mettano in evidenza i casi a più alto rischio evasione, elusione, frode fiscale e lavoro sommerso.

 

Anagrafe tributaria e dei conti correnti

Per effettuare accertamenti sulle persone fisiche, l’Amministrazione Finanziaria dispone, come abbiamo già accennato, di due importanti strumenti:

  • Anagrafe Tributaria: ovvero, l’insieme dei dati raccolti direttamente dalle pubbliche amministrazioni e datori di lavoro;
  • Anagrafe dei conti correnti (anche definita dei rapporti finanziari): che raccoglie informazioni provenienti dagli istituti di credito per verificare i saldi dei conti correnti e tutti i movimenti in entrata e uscita.

Proprio grazie all’elaborazione di tali dati, e all’analisi dei relativi risultati, si potranno individuare eventuali anomalie che potrebbero far desumere ad un comportamento fiscale illecito dei contribuenti segnalati.

Il classico esempio sono versamenti ingenti, o frequenti, di somme di denaro contante oppure bonifici che non trovano riscontro nella dichiarazione dei redditi. Allo stesso modo, ogni operazione che non risulta coerente con il profilo economico-finanziario del correntista verrà segnalata. Gli stessi dati vengono anche utilizzati per creare le liste selettive.

 

Quali contribuenti sono a maggior rischio di accertamento fiscale?

Alla luce della dettagliata analisi degli strumenti utilizzati dall’Agenzia delle Entrate, e in base a quanto detto fin’ora, è possibile individuare una serie di categorie di contribuenti che possiamo ritenere a più alto rischio di accertamento fiscale e, nello specifico:

  • professionisti e imprenditori con una valutazione inferiore al 6 rilevata dagli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), che hanno sostituito gli studi di settore;
  • disoccupati con intestati beni di lusso: in caso di accertamento dovranno dimostrare, non solo la provenienza dei redditi utilizzati per l’acquisto di tali beni, ma anche come fare a mantenerli. Si pensi, per esempio, a chi possiede un’auto sportiva di grossa cilindrata con conseguenti spese di bollo, assicurazione, manutenzione e carburante da sostenere, oppure, al proprietario di un immobile di lusso e alle tasse, spese condominiali e quant’altro da pagare;
  • lavoratori dipendenti, autonomi  e pensionati che abbiano effettuato versamenti in contanti sul conto corrente o ricevuto bonifici da terzi. In caso di accertamento dovranno essere in grado di dimostrarne la lecita provenienza ma, soprattutto, che siano redditi già tassati o esenti da imposte;
  • titolari di un mutuo o di polizze vita con rate molto elevate e coperte utilizzando gran parte del reddito percepito;
  • proprietari di auto di lusso o macchine d’epoca;
  • titolari di imprese con evidenti incongruenze nella comunicazione dei dati di fatturazione;
  • intestatari di conti correnti per interposta persona. Il più classico esempio è il coniuge di un imprenditore che risulta il titolare di un conto con cospicue giacenze, e con il marito che detiene la delega per effettuare qualsiasi tipo di operazione sul cc stesso;
  • firmatari di atti notarili per somme ingenti e, soprattutto, incongruenti con il reddito dichiarato;
  • personaggi famosi: in questo caso le autorità accertano la possibilità di occultamento di ingenti ricavi all’estero sfruttando residenze di favore e altri meccanismi elusivi;
  • società e aziende di grandi dimensioni con fatturati superiori ai 10 milioni di euro all’anno.

 

Quando scattano gli accertamenti fiscali?

Nel momento in cui il sistema di controllo del Fisco avverte delle anomalie, queste vengono prontamente segnalate per dare il via al processo che porta all’accertamento fiscale. Dall’incrocio e analisi dei dati, scaturiscono una serie di situazioni poco chiare che fanno presumere dichiarazioni infedeli o comportamenti illeciti e la conseguente verifica da parte delle autorità.

L’Agenzia delle Entrare si è trasformata, nel corso degli anni, in una vera e propria struttura di intelligence, in grado di raccogliere milioni di informazioni provenienti da numerosi fonti e incrociarle in tempo reale. A parte le dichiarazioni dei redditi, i dati provengono direttamente dai conti correnti italiani ed esteri (con i Paesi che hanno aderito alle disposizioni comunitarie in merito), certificazioni fiscali, scontrini parlanti, studi di settore e persino dai social media. In pratica, gli sviluppatori di software hanno avuto il via libera per raccogliere i dati utili da qualsiasi fonte.

L’Amministrazione Finanziaria parte da una posizione di indubbio vantaggio rispetto al contribuente, costretto a costatare la notifica e presentarsi, faccia a faccia, alle autorità. L’accertamento si base su una presunzione di colpevolezza e, infatti, il soggetto colpito dovrà essere in grado dimostrare la sua innocenza per evitare le sanzioni,  partendo però da una posizione di presunta colpevolezza.

Detto questo, il contribuente è considerato dal Fisco, più che un accertato, un vero e proprio inquisito. Il nuovo sistema e le attuali norme, se da una parte sono utili a combattere il fenomeno dell’evasione fiscale, dall’altra possono colpire in modo indistinto chiunque.

Il rischio più tangibile è quello veder abbattersi la scure del Fisco su piccoli contribuenti innocenti che, oltre a non aver commesso alcuna infrazione, non posseggono nemmeno gli strumenti per dimostrare la propria estraneità ai fatti o, comunque, buona fede: sono colpevoli a prescindere, fino a prova contraria!

 

Sei a rischio di un accertamento fiscale?

È una domanda che molti si pongono, soprattutto imprenditori e liberi professionisti: categorie con redditi variabili e con maggiori possibilità di essere sospettati di evasione, o elusione, fiscale rispetto ad un lavoratore dipendente o a un pensionato.

Ecco che diventa molto importante capire come l’Amministrazione Finanziaria compili le liste selettive di contribuenti da mettere sotto osservazione. C’è ancora chi crede che il metodo si basi sui famosi studi di settore ma, in realtà, non sono più utilizzati da anni e, oltretutto, sono stati definitivamente soppressi con la Legge di Stabilità del 2017.

A farla da padrone sono gli avanzati software a disposizione dell’Agenzia delle Entrate che impiegano un certo numero di parametri per creare le liste delle categorie da sottoporre ad accertamento. Cosa effettivamente venga utilizzato non è dato saperlo, ma rimane il fatto che ci sono 3 fattori che vanno ad incidere, in maniera significativa, sulla probabilità di subire un controllo. Ci riferiamo in particolare a:

  • movimenti anomali sul conto corrente e in netto contrasto con quanto dichiarato dal titolare;
  • probabilità statistiche in base al settore merceologico e all’attività svolta;
  • probabilità statistiche in base alla zona di residenza fiscale.

Gli strumenti informatici hanno lo scopo di indirizzare al meglio  i controlli e renderli sempre più chirurgici: in pratica, gli agenti della Guardia di Finanza, quando si muovono, sanno di andare, quasi sicuramente, a colpo sicuro.

Tutto ciò consente all’Erario di raggiungere e incassare i budget di recupero previsti. Quest’ultima affermazione non deve stupire più di tanto, visto che Governo e Agenzia delle Entrate ogni anno stabiliscono a tavolino il target delle risorse da recuperare dalla lotta all’evasione fiscale.

Questo per dire che, se ti trovi in una provincia con un numero elevato di imprese, vedi ad esempio Roma e Milano, la probabilità di subire un accertamento fiscale di routine è molto meno probabile che in province con una densità di imprese minori, proprio solo per un discorso numerico e di tempi.

Se poi, tendi ad evitare che le spie che segnalano le anomalie, sopra elencate, indichino proprio il tuo nome, ecco che hai, in qualche modo, allontanato la probabilità di subire un controllo fiscale e dico allontanato, non eliminato perchè siamo tutti soggetti all’eventualità di una sgradita visita della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate.

   

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