Come si configura la cessione di un ramo d’azienda: regole e adempimenti

Scritto da Omar Cecchelani in Imprese

Un’azienda, o un ramo di essa, può essere trasferita attraverso un contratto di affitto o usufrutto, in cui il proprietario concede, ad un altro soggetto, l’utilizzo dell’azienda stessa, oppure tramite cessione.

La definizione di trasferimento d’azienda è indicata molto chiaramente nell’art. 2112 del codice civile: “qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda”.

Di seguito ci occuperemo della cessione, ovvero quel procedimento attraverso il quale le parti interessate effettuano una vera e propria compravendita. Naturalmente l’operazione prevede una serie di disposizioni legislative da rispettare e obblighi spettanti, sia al cedente che all’acquirente, nello specifico, di un ramo d’azienda.

Indice:

 

Definizione di azienda e ramo d’azienda

Prima di analizzare nel dettaglio come avviene una cessione e quali conseguenze comporta per entrambe le parti, è opportuno chiarire l’esatta definizione di azienda e cosa si intende quando invece parliamo di ramo d’azienda.

  • Secondo quanto stabilito dall’articolo 2555 del codice civile, un’azienda rappresenta l’insieme di beni organizzati dall’imprenditore per poter esercitare l’attività economica. Spesso si utilizzano impropriamente i termini azienda ed impresa come fossero dei sinonimi, ma in realtà c’è un netta differenza. Infatti, un’impresa costituisce la sola attività economica, mentre l’azienda è il complesso di beni di natura materiale ed immateriale che l’imprenditore sfrutta all’interno del processo produttivo. In parole molto semplici l’azienda è lo strumento per fare impresa;
  • La definizione di ramo d’azienda è invece contenuta nel quinto comma dell’articolo 2112 del codice civile, in cui viene descritto come un’articolazione dell’azienda, ovvero un reparto autonomo e organizzato in maniera indipendente all’interno di una società e con la finalità di perseguire un determinato obiettivo. Costituisce un’entità economica che mantiene una propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati aventi lo scopo di svolgere un’attività di tipo essenziale o accessoria.

All’interno di un’attività d’impresa, per poterne qualificare una parte come ramo d’azienda è necessario che siano presenti tre elementi imprescindibili:

  • il reparto deve svolgere un’attività di natura economica;
  • l’attività deve avere un minimo di organizzazione;
  • considerando l’impresa nella sua interezza, l’attività del reparto deve mantenere una propria autonomia.

 

Cessione ramo d’azienda: le caratteristiche

Il sopra citato articolo 2112 del codice civile disciplina la cessione d’azienda la cui procedura, gli obblighi e gli effetti sono i medesimi anche nel caso di vendita di un solo reparto. Si parla di trasferimento di un’azienda qualora avvenga una cessione contrattuale oppure una fusione, con conseguente modifica della titolarità dell’attività economica (anche senza scopo di lucro) svolta prima del trasferimento. Tale attività manterrà la propria identità, a prescindere che il trasferimento sia di tipo negoziabile oppure riguardi un usufrutto o un affitto.

La cessione è un contratto con cui, il proprietario -cedente- si impegna a trasferire al cessionario -il soggetto interessato all’acquisto- l’intera azienda, oppure solo una parte di essa, a fronte del pagamento di un determinato corrispettivo pattuito in precedenza tra le parti.

Di conseguenza, anche un ramo d’azienda può essere tranquillamente ceduto stipulando un regolare contratto, fermo restando il mantenimento dell’autonomia organizzativa dopo il trasferimento. Quest’aspetto è di fondamentale importanza ed è sottolineato dal legislatore proprio per tutelare i contratti ceduti. La vendita di un ramo d’azienda modifica chi sta a capo dell’attività, tuttavia mantiene i rapporti che esistevano tra il vecchio titolare e soggetti terzi, finendo però a carico del nuovo imprenditore subentrato.

In parole più semplici e all’atto pratico, a seguito di un trasferimento d’azienda, i rapporti con i dipendenti e tutti i creditori sociali rimangono inalterati, cambia solo la figura del titolare a cui fare riferimento. Ogni lavoratore conserverà immutati i propri diritti riguardanti compenso salariale, ferie, permessi, anzianità lavorativa, trattamento di fine rapporto e via discorrendo.

Altro aspetto da evidenziare riguarda le aziende che hanno l’obbligo di iscrizione presso il Registro delle Imprese. L’articolo 2556 c.c. stabilisce che in caso di trasferimento d’azienda, o parte di essa, il contratto di cessione deve essere stipulato in forma di atto pubblico oppure per scrittura privata, nonché essere provato per iscritto. È chiaro come debba essere necessario richiedere l’intervento di un notaio che, oltre a redarre e presentare l’atto presso il Registro delle Imprese, sarà utile per evidenziare tutti gli elementi legislativi da rispettare per la validità del contratto e aiutare le parti ad inserire eventuali clausole più adatte a tale situazione.

Ricapitolando, possiamo dire che i soggetti che stipulano un contratto di cessione d’azienda sono liberi di regolare gli aspetti principali, ma devono tenere presenti le seguenti disposizione di legge:

  • la cessione di un’azienda, o di un ramo di essa, avviene tramite stipula di regolare contratto (in forma di atto pubblico o scrittura privata per le società iscritte nel Registro delle Imprese);
  • è necessario mantenere la tipologia di attività e l’autonomia organizzativa dopo il trasferimento;
  • il cessionario che acquista il ramo d’azienda subentra nei contratti aziendali di natura non personale (ad esempio quelli con i fornitori) e sottoscritti per l’esercizio dell’attività produttiva (la legge concede deroghe per comune volontà delle parti);
  • l’ex titolare non è completamente svincolato dai debiti relativi all’azienda e conseguiti precedentemente il trasferimento. Per i debiti di natura commerciale regolarmente registrati nelle scritture contabili, risponde in maniera solidale anche l’acquirente;
  • i rapporti di lavoro con i dipendenti non subiscono alcuna modifica. Cedente e cessionario rispondono di tutti i crediti spettanti ai lavoratori al momento della cessione;
  • l’imprenditore può cedere il contratto di locazione dell’immobile dove viene svolta l’attività senza il consenso del locatore. Dovrà solo darne notizia all’interessato con opportuna lettera raccomandata;
  • per sanzioni amministrative inerenti violazioni fiscali avvenute durante l’anno del trasferimento, o già contestate e relative a periodi precedenti, rispondono in modo solidale sia cedente che cessionario.

 

Gli effetti della cessione di un ramo d’azienda

Come detto, la stipula di un contratto di cessione comporta una serie di effetti che hanno il medesimo significato, sia nel caso di trasferimento di un’intera azienda che di un suo ramo. In particolare riguardano:

  • divieto di concorrenza;
  • successione nei contratti;
  •  crediti;
  • debiti.

Esaminiamo di seguito ogni singolo aspetto entrando maggiormente nel dettaglio.

 

Divieto di concorrenza

Il divieto di concorrenza è disciplinato dall’articolo 2257 c.c. e dev’essere rispettato dal cedente per i successivi 5 anni a partire dal momento del trasferimento. Pertanto, l’ex titolare non può avviare una nuova impresa che si occupi della medesima attività, ancor peggio se ubicata nelle vicinanze dell’azienda trasferita, o iniziare altre attività che possano, in qualche modo, sviare la clientela di riferimento dall’azienda ceduta.

Si tratta di un divieto del tutto logico e stabilito dal legislatore onde evitare che l’alienante decida di intraprendere, fin da subito, un’attività in aperta concorrenza, con lo scopo di togliere al cessionario parte della stessa, o potenziale, clientela acquisita al momento della firma del contratto di cessione. C’è da dire che le parti hanno, per legge, la possibilità di ampliare il contenuto del divieto alla concorrenza.

Il nuovo accordo non deve, comunque, eccedere il limite temporale dei 5 anni e non può impedire al cedente di svolgere altre attività professionali. La norma in questione si applica, non solo in caso di trasferimento per cessione, ma anche in tutte le situazioni in cui cambia la titolarità dell’azienda ovvero locazione, usufrutto, donazione, etc.. Qualora le autorità competenti rilevino la violazione del divieto di concorrenza, chi ha subito il danno può richiedere e ottenere la risoluzione del contratto di trasferimento.

 

Successione nei contratti

In questo caso è l’articolo 2258 del c.c ad indicare ciò che accade ai rapporti contrattuali in essere, al momento del trasferimento. L’effetto è un passaggio naturale ed automatico al cessionario (sempre che non siano stati presi accordi diversi tra le parti) di tutti i contratti di carattere non personale, ancora in fase di esecuzione, e inerenti la gestione aziendale. La finalità di questa norma è garantire all’imprenditore che subentra di poter usufruire delle funzionalità aziendali nella loro interezza.

La cessione dei contratti, nel diritto comune, richiede il consenso della controparte, fatto non necessario per i rapporti contrattuali in caso di trasferimento d’azienda: sta a significare che il passaggio avviene a prescindere del consenso da parte del contraente ceduto. Le sole eccezioni che non prevedono la successione automatica dei contratti al cessionario riguardano:

  • i contratti di carattere personale che necessitano di un patto tra cedente, acquirente e il consenso da parte del terzo;
  • contratti in cui è stata prevista l’esclusione dell’effetto successorio, anche in questo caso le parti possono scendere a patti e stabilire che determinati contratti siano esclusi, purché non snaturino l’oggetto del trasferimento e non risultino di natura essenziale per l’esercizio dell’attività aziendale.

Il terzo contraente può beneficiare, a sua parziale tutela, del diritto di recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento. Ciò avviene solo in presenza di una giusta causa, ossia quando si verificano dei mutamenti rilevanti che compromettono la convenienza del contratto, come ad esempio:

  • cambiamento dell’organizzazione aziendale;
  • variazione della capacità organizzativa, puntualità e precisione nelle prestazioni;
  • mutamento dell’affidabilità economia e patrimoniale;
  • cambiamento delle garanzie per il regolare adempimento delle obbligazioni sottoscritte.

Una disciplina speciale del codice civile (articolo 2112) si occupa invece dei contratti di lavoro dipendente per assicurare un’adeguata tutela. In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua inalterato con il cessionario, così come il riconoscimento dei diritti e del trattamento economico maturato con il precedente proprietario. Per cessione di aziende, o rami d’azienda, con più di 15 dipendenti, è onere del cedente e dell’acquirente fornire opportuna comunicazione alle rappresentanze sindacali e organizzazioni di categoria con un preavviso di almeno 25 giorni. Si dovrà indicare i motivi del trasferimento, tutte le conseguenze di natura giuridica, economica e sociale per i lavoratori, nonché eventuali misure prese nei loro confronti.

I contratti di agenzia non rientrano nella disciplina dell’articolo 2112 del c.c in quanto sono rapporti di lavoro autonomo e non subordinato. Il cessionario subentra al posto del cedente, sempre che tali contratti di agenzia non siano stati esclusi in modo esplicito e non vadano a snaturare l’attività del ramo d’azienda.

 

Crediti

È sempre il codice civile, nello specifico l’articolo 2559, a stabilire che tutti i crediti aziendali, non di natura personale, vengono trasferiti al cessionario senza necessità del consenso da parte del debitore. Naturalmente, è necessario che il contratto sia stato completamente eseguito dal titolare al momento del trasferimento e che quindi, abbia generato un credito aziendale a favore dell’imprenditore. Per esempio, se l’ex-titolare ha consegnato della merce senza aver ricevuto ancora il corrispettivo pattuito, questo spetterà al cessionario subentrante che lo ha acquistato (tranne se le parti si sono accordate diversamente).

Ci sono poi particolari situazioni che potrebbero innescare dei conflitti, come nel caso in cui l’alienante abbia venduto dei crediti a più soggetti diversi dall’acquirente dell’azienda.

Un aspetto da non dimenticare è come la disciplina generale preveda che l’acquirente del credito debba inviare una notifica al debitore, in modo che quest’ultimo possa prenderne conoscenza e accettare l’avvenuta cessione. Siccome durante l’operazione di trasferimento di un’azienda ci sono, quasi sempre, un numero molto alto di crediti, per facilitare gli adempimenti del nuovo proprietario il legislatore ha stabilito come la cessione dei crediti abbia effetto sui terzi dal momento dell’iscrizione del trasferimento presso il Registro delle Imprese.

Altra particolarità riguarda il debitore che risulterà completamente libero da ogni onere dal momento in cui si troverà a pagare il dovuto anche all’ex proprietario, in buona fede, e nonostante l’iscrizione del trasferimento. Anche in questo caso il legislatore intende snellire la procedura: un debitore che deve pagare “n” imprese diverse non può, per ognuna, andare presso il Registro delle Imprese e verificare se è avvenuta o meno la cessione dell’azienda. Ecco perchè è fondamentale che ci sia una corretta corrispondenza tra il creditore e i debitori.

 

Debiti

Un aspetto molto importante riguarda gli effetti su eventuali debiti dell’azienda o del ramo di azienda acquisito. La legge stabilisce come, in generale, l’alienante non sia liberato dai propri oneri debitori generati nel periodo antecedente il trasferimento, senza che i creditori non abbiano dato il loro consenso.

L’acquirente, dal canto suo, diventa invece responsabile di tutti i debiti commerciali dell’azienda che risultano dai libri contabili obbligatori (la responsabilità solidale diventa pertanto, condivisa con l’alienante).

Per quanto concerne i cosiddetti debiti di lavoro, cedente e cessionario sono entrambi responsabili in solido anche se tali debiti non risultino nelle scritture contabili. Affinchè l’acquirente risulti responsabile dei debiti da lavoro è però necessario che il rapporto di lavoro risulti ancora valido, infatti, tale prescrizione, non viene applicata per debiti riguardanti rapporti di lavoro terminati o esauriti prima del trasferimento dell’azienda. Stesso discorso per i debiti spettanti a soggetti diversi dai lavoratori come, per esempio, gli enti previdenziali e assistenziali (INPS e INAIL).

 

Aspetti fiscali della cessione di azienda

Il trasferimento di un’azienda con la firma di un contratto di cessione, comporta anche alcuni effetti dal punto di vista fiscale, sia per il cedente che per il cessionario.

Nel momento in cui un imprenditore decide di vendere la propria azienda o, anche un solo reparto produttivo, è probabile che l’operazione generi una plusvalenza. Si tratta di una somma di denaro che costituisce una componente attiva del reddito che, quindi, dovrà essere dichiarata e subire la relativa tassazione. Ricordiamo che la plusvalenza è rappresentata dalla differenza tra il prezzo netto realizzato (ottenuto una volta sottratti tutti gli oneri accessori) e il valore delle attività/passività opportunamente rettificati.

Tra gli oneri accessori rientrano le spese notarili e l’imposta di registro calcolata sul valore complessivo e in misura proporzionale al valore trasferito. L’aliquota dipende dalla natura dei beni che costituiscono l’azienda ceduta: per esempio sui fabbricati e le relative pertinenze si applica il 7%, mentre per il trasferimento a titolo oneroso di beni mobili, il dovuto è pari al 3%.

L’acquirente del ramo d’azienda, a fronte della spesa sostenuta per l’acquisto del ramo d’azienda, si vedrà riconosciuto il valore fiscale dei beni e l’eventuale differenza sarà attribuita ad avviamento deducibile dall’IRES ai sensi dell’art. 103 TUIR.  La cessione d’azienda è un’operazione che non rientra tra quelle soggette ad applicazione IVA.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito un aspetto riguardante la responsabilità nei confronti di sanzioni amministrative a seguito di violazioni delle norme tributarie. Cessionario e alienante rispondono in maniera solidale, sia nei riguardi di imposte e sanzioni che fanno riferimento a irregolarità commesse durante l’anno della cessione, nonché per tutte le inadempienze contestate e già irrogate nel medesimo periodo ma relative ad inadempienze avvenute prima del trasferimento del ramo d’azienda.

   

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