Cessione del credito ristrutturazioni edilizie
Grazie alle nuove disposizioni previste dal Decreto Rilancio 2020 e alle proroghe introdotte con la Legge di Bilancio 2022, il contribuente ha l’opportunità di avvalersi della cessione del credito di imposta su tutti i bonus casa con percentuale di detrazione inferiore al 110%.
Questo significa che il beneficiario può trasferire il credito fiscale ad un intermediario finanziario in cambio di denaro. La normativa concede anche la possibilità di richiedere all’impresa uno sconto immediato in fattura. E’ comunque possibile sfruttare la detrazione IRPEF in modo canonico, ovvero utilizzarla completamente, o solo in parte, in compensazione per abbassare le tasse sul reddito da versare al Fisco.
In quest’articolo concentreremo la nostra attenzione sulla cessione del credito d’imposta per capire cos’è, come funziona, su quali interventi si può applicare e le possibili alternative.
Indice:
- I cambiamenti introdotti dal Decreto Rilancio
- Cos’è la cessione del credito
- Alternative alla detrazione fiscale previste dalla legge
- Differenze tra cessione del credito e sconto in fattura
- Per quali lavori è prevista la cessione del credito d’imposta?
- Restrizioni sulla cessione del credito
- Quando la cessione del credito è l’unica opzione possibile
- Obbligo di visto di conformità e asseverazione congruità delle spese
- Procedura per la cessione del credito
- Controlli sulla comunicazione per la cessione del credito
I cambiamenti introdotti dal Decreto Rilancio
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica di edifici residenziali, lo Stato prevede l’applicazione di numerose agevolazioni. Al proprietario dell’immobile (o comunque colui che paga le prestazioni) viene concessa una detrazione fiscale pari al totale, o ad una percentuale delle spese sostenute a seconda del tipo di bonus. Ciò significa poter recuperare la somma spettante sotto forma di riduzione IRPEF da applicare in dichiarazione dei redditi negli anni a venire. Nello specifico, il Fisco ripartisce il credito in quote di pari importo da restituire nell’arco di 10 anni.
Quella appena descritta era l’unica procedura che, fino a qualche anno fa, il contribuente aveva a disposizione per usufruire della detrazione. Con l’introduzione del Superbonus 110%, il legislatore ha deciso di ampliare le opzioni per beneficiare dell’agevolazione, offrendo come alternative la cessione del credito d’imposta o lo sconto in fattura.
Nel primo caso il beneficiario può decidere di trasferire il credito accumulato nei confronti del Fisco ad un soggetto privato (banca, intermediario finanziario, ecc.), ottenendo in cambio liquidità. Nel secondo caso, l’impresa che ha eseguito i lavori sottrae la percentuale detraibile dal totale del corrispettivo, emettendo una fattura con importo decurtato (che potrebbe risultare addirittura pari a 0 nel caso di Superbonus 110%).
Se si decidesse invece di sfruttare la detrazione fiscale in modo canonico, con il Superbonus la restituzione avverrà in 5 anni anziché in 10.
Il Decreto Rilancio 34/2020 è intervenuto per apportare importanti modifiche in materia di bonus ristrutturazione, riqualificazione energetica, efficientamento energetico e miglioramento delle caratteristiche antisismiche degli edifici ad uso residenziale. In aggiunta all’innalzamento delle aliquote di detrazione, è stata concessa la possibilità di utilizzare la cessione del credito e sconto in fattura anche per tutti i bonus casa con percentuale inferiore al 110%.
Tale iniziativa è stata prorogata dalla Legge di Bilancio 2022 fino al 2024 (2025 per il solo Superbonus) e sarà possibile sfruttare, oltre alla detrazione IRPEF, la cessione del credito e lo sconto in fattura anche per Bonus ristrutturazione 50%, Ecobonus, Sismabonus e Bonus facciate.
Cos’è la cessione del credito
Il nostro ordinamento definisce, in generale, la cessione del credito come un accordo attraverso cui viene trasferito il diritto di credito da un soggetto ad un altro. Quest’ultimo, definito cessionario, potrà provvedere a riscuotere il credito dal debitore.
In ambito fiscale, la cessione del credito d’imposta è una concessione statale offerta al contribuente, il quale rinuncia alla detrazione in dichiarazione dei redditi per trasferire il credito accumulato (di pari importo) ad un soggetto terzo (banca o altro intermediario finanziario). Il cedente riceverà dal cessionario una somma di denaro decurtata di una percentuale per le commissioni e la copertura delle spese di gestione della pratica.
Il funzionamento è piuttosto semplice e per meglio comprenderlo facciamo un esempio: supponiamo di aver effettuato interventi di riqualificazione energetica dell’abitazione soggetti a Ecobonus e poter recuperare 20.000 euro dall’intera spesa sostenuta. In pratica, abbiamo accumulato un credito nei confronti del Fisco da utilizzare in detrazione dell’IRPEF con rimborso in 5/10 anni, oppure da cedere ad una banca ottenendo liquidità.
Il vantaggio della cessione del credito, rispetto alla detrazione diretta dalle imposte sul reddito, è poter usufruire dell’agevolazione immediatamente anziché dover attendere fino a 10 anni. In quest’ultimo caso, c’è anche il rischio di perdere il diritto alla detrazione qualora il contribuente diventasse incapiente, ovvero senza reddito imponibile o esente da versamento IRPEF.
Alternative alla detrazione fiscale previste dalla legge
La normativa vigente (articolo 121, comma 1 del Decreto Rilancio) permette al contribuente di scegliere tre diverse opzioni per sfruttare come meglio si crede la percentuale detraibile delle spese sostenute per gli interventi soggetti ad agevolazioni. Nello specifico le alternative sono:
- detrazione IRPEF in fase di presentazione della dichiarazione dei redditi: in questo caso la somma complessiva verrà ripartita in quote di pari importo spalmante in 5 o 10 anni a seconda del tipo di bonus;
- cessione del credito a soggetto terzo: quest’ultimo può essere una banca, una compagnia assicurativa, Poste Italiane o altri intermediari finanziari;
- sconto in fattura applicato dalla ditta che esegue i lavori e di importo pari alla percentuale di detrazione prevista dal bonus;
Differenze tra cessione del credito e sconto in fattura
L’alternativa alla cessione del credito, per poter fruire immediatamente dell’agevolazione, è lo sconto in fattura applicato direttamente dall’impresa. Per capire le differenze tra questi due strumenti supponiamo di dover effettuare la ristrutturazione di un appartamento, con importo dei lavori pari a 60.000 euro.
Avendo diritto, ad esempio, alla detrazione del 50% e richiedendo lo sconto in fattura, il corrispettivo da versare al fornitore risulterà di soli 30.000 euro. Se, invece, l’intervento è soggetto a Superbonus, verrebbe decurtato l’intero importo. In questo caso, però, si perderebbe il 10% aggiuntivo che sarebbe invece utilizzabile optando per la detrazione IRPEF in 5 anni.
La ditta che applica lo sconto, nel primo caso disporrà di 30.000 euro mentre nel secondo di 66.000 euro (60.000 + il 10%) sotto forma di credito d’imposta. Ciò significa che potrà utilizzare tali somme negli anni a venire per abbattere il proprio carico fiscale, oppure cedere il credito a banche, società di assicurazione o intermediari finanziari.
Se si vuole invece utilizzare la cessione diretta del credito, sarà necessario comunicarlo all’Agenzia delle Entrate e scegliere un soggetto a cui trasferire i 30.000 € o i 66.000 €, del nostro esempio, in caso di Superbonus. Chiaramente cedere il credito a banche o intermediari finanziari è un’operazione non a costo zero, ma con commissioni più o meno alte applicate dal cessionario. Di conseguenza, è sempre consigliabile valutare con molta attenzione le diverse offerte prima di accettare una proposta.
Per quanto riguarda la cessione del credito per interventi soggetti a Superbonus, c’è un ulteriore aspetto da considerare: come viene liquidato l’importo dal cessionario. Le possibilità sono l’erogazione dell’intera somma al termine delle opere, oppure in base allo stato di avanzamento dei lavori. I SAL possono essere al massimo due e scattano al raggiungimento del 30% e 60% dell’intervento principale.
Per quali lavori è prevista la cessione del credito d’imposta?
Se la spesa è stata sostenuta a partire dal primo gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2024 (2025 per il Superbonus), è possibile accumulare un credito d’imposta e cederlo a terzi per interventi di:
- ristrutturazione di edifici residenziali (condomini o singole unità immobiliari). Fanno parte di questa categoria tutti i lavori che danno diritto a detrazione del 50% da spalmare in 10 anni;
- riqualificazione energetica o antisismica dell’edificio (unità immobiliari o parti condominiali), quindi lavori soggetti a Ecobonus e Sismabonus con detrazione dal 50% fino all’85%, ripartita in 10 anni;
- installazione impianti a pannelli solari;
- installazione colonnine nell’edificio per la ricarica di veicoli elettrici;
- interventi per la costruzione di un box o posto auto pertinenziale, a patto che il lavoro abbia la finalità di recuperare il patrimonio edilizio;
- recupero e restauro di facciate di edifici esistenti per uso residenziale, ovvero lavori previsti dal Bonus facciate (ivi compresi interventi di pulizia e tinteggiatura esterna). In questi casi la detrazione va dal 60% (per spesa sostenuta nel 2022) fino al 90% (per spesa sostenuta nel 2020 e 2021), con ripartizione in 10 anni;
Alla lista si aggiungono anche tutti gli interventi previsti dal Superbonus 110%, purché la spesa sia stata sostenuta a partire dal primo luglio 2020. La legge di Bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione fino al 2025. Ricordiamo che possono rientrare nel Superbonus anche i lavori cosiddetti trainati, ovvero effettuati insieme all’intervento principale che dà diritto alla detrazione del 110%.
In presenza di una delle suddette opere abbiamo facoltà di cedere il credito fiscale a un soggetto privato che può essere una banca, un intermediario finanziario, una società, un professionista ma anche la stessa impresa che esegue i lavori.
Restrizioni sulla cessione del credito
Da quando il Governo ha ampliato a tutti i bonus casa l’opzione della cessione del credito, si sono moltiplicati i tentativi di frode ai danni dello Stato e casi di uso improprio. Di conseguenza, il legislatore ha deciso di inasprire le regole che disciplinano sia la cessione che lo sconto in fattura. In tal senso, come vedremo più nel dettaglio in seguito, per trasferire il credito fiscale a un terzo è sempre necessario presentare il visto di conformità da allegare alla documentazione tecnica richiesta.
La legge stabilisce che il cessionario (colui che riceve il credito) può a sua volta cedere la somma, ma esclusivamente a banche, società di assicurazione o intermediari finanziari. Quest’obbligo non comporta alcun cambiamento per il contribuente che mantiene la possibilità di scegliere tra la cessione del credito o lo sconto immediato in fattura. Gli effetti della misura ricadono sul privato o sull’impresa che ha ricevuto il credito e può trasferirlo solo ai soggetti appena citati. Di conseguenza, i crediti d’imposta non possono più essere utilizzati tra imprese operanti nel settore edile, come avveniva con grande frequenza nel recente passato.
Al fine di meglio controllare la cessione del credito, a partire dal primo maggio 2022 l’Agenzia delle Entrate ha deciso di assegnare un codice univoco alla somma trasferita. Ciò avviene in automatico quando l’Amministrazione finanziaria, dopo aver ricevuto dal contribuente la comunicazione, accetta la cessione del credito d’imposta. Da questo momento in poi l’importo diventa indivisibile, vale a dire è vietato effettuare ulteriori trasferimenti parziali. Oltretutto, la somma potrà essere ceduta solo altre due volte ed esclusivamente a istituti di credito, società assicuratrici e intermediari finanziari.
Supponiamo di aver eseguito il restauro della facciata e optato per uno sconto in fattura di 8.000 euro. In questo caso l’impresa potrà utilizzare tale somma come credito d’imposta per pagare meno tasse, oppure cederla ad un soggetto terzo, ad esempio ad una banca. L’istituto di credito ricevente, a sua volta, ha il diritto di trasferire il credito ma solo ad un’altra banca, un’assicurazione o un intermediario finanziario. Inoltre, il cessionario deve impiegare il credito d’imposta entro il tempo concesso dalla detrazione che lo ha generato.
Quando la cessione del credito è l’unica opzione possibile
Ci sono situazioni in cui il beneficiario non può applicare la detrazione IRPEF nel modo canonico, ma solo optare per la cessione del credito. In particolare ciò avviene quando il contribuente:
- percepisce unicamente redditi assoggettati a tassazione separata;
- percepisce solo redditi assoggettati a imposta sostitutiva (ad esempio il regime forfettario, o cedolare secca sugli affitti);
- risulta incapiente, ovvero rientra nella no-tax area. In questi casi l’imposta lorda sul reddito è insufficiente per essere ridotta tramite la detrazione.
Qualora non venga prodotto alcun reddito imponibile, decade anche la possibilità di esercitare l’opzione della cessione del credito. Questo perché, in tale frangente, il soggetto perde il diritto alla detrazione prevista dal bonus e, di conseguenza, all’eventuale credito di imposta cedibile.
Obbligo di visto di conformità e asseverazione congruità delle spese
Come abbiamo già accennato, tra gli interventi legislativi atti a limitare frodi e abusi riguardanti la cessione del credito c’è l’obbligo di presentare visto di conformità e asseverazione della congruità della spesa. A seguito di interventi di ristrutturazione e riqualificazione soggetti ad agevolazione è necessario rivolgersi al CAF, oppure delegare un professionista abilitato per ottenere il visto di conformità da apporre sulla documentazione richiesta.
L’incaricato dovrà anche produrre l’asseverazione per la congruità delle spese, ovvero indicare l’importo dei costi previsti per i lavori rispettando i limiti massimi imposti dai prezzari stabiliti dal MISE in base alla tipologia dell’intervento. Qualora i costi dovessero superare le soglie fissate dal Ministero, l’agevolazione potrà essere applicata solo per l’importo entro il tetto massimo, mentre la parte eccedente verrebbe esclusa dal bonus.
Ci sono comunque alcune eccezioni all’obbligo del visto di conformità e asseverazione che si manifestano quando:
- il beneficiario decide di conservare e applicare la detrazione in 10 anni presentando autonomamente la dichiarazione dei redditi, oppure tramite sostituto d’imposta (ad esempio il datore di lavoro). Nel caso fosse stato comunque necessario produrre il visto di conformità e asseverazione tecnica, le relative spese possono essere portate in detrazione con la medesima percentuale prevista dal bonus;
- per interventi di importo inferiore a 10.000 euro effettuati su singole unità immobiliari o condomini, con la sola esclusione delle opere rientranti nel bonus facciate;
- per interventi classificati come edilizia libera.
Procedura per la cessione del credito
Per cedere la detrazione fiscale il beneficiario deve inviare un’apposita comunicazione tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate, rivolgendosi al CAF, oppure delegando un professionista abilitato. In mancanza della comunicazione non è possibile effettuare la cessione del credito d’imposta.
L’incombenza spetta all’amministratore nel caso di interventi in edifici condominiali quando tutti i residenti hanno scelto la cessione del credito. Qualora un solo condomino o piabbia optato per questa soluzione dovrà comunicare la decisione all’amministratore e poi procedere autonomamente all’invio della comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Scegliendo la procedura telematica sul sito dell’Amministrazione finanziaria, serve lo SPID o carta di identità elettronica per l’accesso all’area personale. A questo punto, una volta nella homepage, è sufficiente selezionare dal menu di sinistra – servizi per – e poi – comunicare – . Il passo successivo è cliccare dall’elenco la voce – comunicazione opzione cessione/sconto –, così da accedere al modulo e procedere alla compilazione.
Il termine ultimo per inviare la comunicazione è il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono stati effettuati i pagamenti dei lavori soggetti a detrazione. Una volta inviata la comunicazione, entro 5 giorni l’Agenzia delle Entrate notifica al richiedente l’accettazione o il rifiuto della domanda di cessione del credito.
Controlli sulla comunicazione per la cessione del credito
Quando l’Agenzia delle Entrate riceve una comunicazione di cessione del credito procede alla valutazione di un eventuale profilo di rischio e, nel caso lo ritenga necessario, sospende, per 30 giorni, la pratica.
Il profilo di rischio viene individuato facendo riferimento ai seguenti criteri:
- coerenza e regolarità delle informazioni indicate nella comunicazione con quelle presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Agenzia delle Entrate;
- attendibilità dei dati riguardanti il credito e i soggetti che partecipano all’operazione, in base alle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Agenzia delle Entrate;
- ulteriori cessioni della stessa natura effettuate in periodi precedenti dai medesimi soggetti indicati nella comunicazione.
Se dopo i controlli il rischio viene confermato, l’Amministrazione finanziaria notifica al richiedente lo non validità della cessione. Al contrario, se dalla verifica non viene rilevato alcun rischio, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo regolare iter.
Se nel corso dei controlli Agenzia delle Entrate o ENEA accertano la mancanza del diritto, anche parziale, alla detrazione da parte del beneficiario, quest’ultimo sarà soggetto a sanzione e dovrà restituire l’importo maggiorato di interessi. Tuttavia, il cessionario che ha ricevuto il credito d’imposta senza commettere alcun illecito può continuare ad utilizzarlo. Ricordiamo che l’Amministrazione finanziaria ha facoltà di comunicare al contribuente l’irregolarità entro 5 anni dalla data in cui si è verificata la violazione.
A seguito dell’accertamento di un concorso in violazione, entrambi i soggetti coinvolti saranno ritenuti responsabili in solido nei confronti del Fisco. Se, invece, l’Agenzia delle Entrate accerta un’indebita fruizione del credito fiscale da parte del cessionario, costui dovrà restituire l’intero importo maggiorato di sanzione e interessi.
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