Bancarotta semplice: cos’è e come viene punita

Il concetto di bancarotta potrebbe sembrare molto complesso, in realtà è meno complicato di quanto si possa pensare. A tutti gli effetti la bancarotta è un reato della crisi d’impresa che si manifesta attraverso attività di dissimulazione delle proprie reali disponibilità finanziarie dirette a realizzare delle insolvenze nei riguardi dei creditori.

Un reato grave che comporta l’applicazione di pene molto severe nei confronti dei soggetti responsabili. Di seguito la spiegazione di alcuni concetti chiave sull’argomento: cos’è e quali sanzioni comporta la bancarotta semplice, differenze con la bancarotta fraudolenta e quali azioni compiere e non, per evitare questi reati.

Indice:

 

Bancarotta semplice: cos’è e sanzioni previste

Disciplinata dall’articolo 323, comma 1, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la bancarotta patrimoniale è la prima forma di bancarotta semplice. In base all’articolo 323 il reato di bancarotta patrimoniale prevede per gli imprenditori dichiarati in liquidazione giudiziale che, al di fuori dei casi riportati nell’articolo 322, abbiano sostenuto delle spese personali o familiari eccessive rispetto alle loro condizioni finanziarie, abbiano sperperato gran parte del patrimonio in operazioni di pura sorte, abbiano fatto delle operazioni di imprudenza grave per posticipare la liquidazione giudiziale, o astenendosi dal richiedere la liquidazione giudiziale abbiano compromesso ancora di più il dissesto, una pena con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

I concetti di spesa eccessiva e dissipazione vanno tenuti distinti e separati, in quanto il primo presuppone una causa razionale. La spesa eccessiva comporta infatti la violazione dell’obbligo di continenza oltre il normale, la dissipazione invece spesso è ingiustificata. Dal canto suo, l’operazione di pura sorte non va ricondotta alla partecipazione ai giochi d’azzardo, ma a comportamenti che mettono a serio rischio parte del patrimonio per fini che hanno le loro fondamenta nella vita economica aziendale. L’aggravamento del dissesto può invece manifestarsi con la ritardata richiesta delle dichiarazioni di liquidazione giudiziale, attraverso operazioni di grave imprudenza o riconducibili ad altre gravi colpe, come nell’ipotesi di assunzioni di grandi impegni economici.

L’articolo 323 del nuovo Codice della crisi d’impresa disciplina anche un’altra fattispecie: la bancarotta semplice documentale. Questo reato si configura nel momento in cui le obbligazioni assunte in un concordato precedente non vengano soddisfatte. La pena per la bancarotta semplice documentale è prevista dal secondo comma dell’articolo 323 ed è la stessa prevista per la bancarotta semplice patrimoniale. Il reato è imputabile agli imprenditori che, nel corso dei 3 anni precedenti alla dichiarazione di liquidazione, o dall’avvio dell’attività imprenditoriale, se di durata inferiore, non abbiano tenuto le scritture contabili e i libri prescritti dalla normativa in vigore o li abbiano tenuti, ma in modo incompleto o irregolare.

Sotto questo profilo il legislatore, visto che trattasi di scritture contabili stabilite dalla normativa, ha dato importanza solamente ai documenti ritenuti obbligatori per legge, escludendo le scritture previste per fini meramente di natura fiscale. La tenuta dei libri e delle scritture contabili è ritenuta irregolare nell’ipotesi in cui questi documenti non siano formalmente e sostanzialmente rispettosi dei principi previsti dalla legge, mentre sono incompleti nel caso in cui vengano riscontrate lacune dovute a mancate registrazioni di qualche operazione.

L’orientamento legislativo predominante considera il reato di bancarotta semplice documentale un reato di rischio presunto, che si manifesta per l’eventualità che l’omissione, l’incompletezza o l’irregolarità dei libri e delle scritture possa compromettere gli interessi dei creditori ad un’immediata e corretta ricostruzione dei patrimoni degli imprenditori soggetti a liquidazione giudiziale.

 

Differenze con la bancarotta fraudolenta

Il nuovo Codice all’articolo 330 prevede l’estensione delle pene disciplinate dall’articolo 323 agli amministratori, ai sindaci, ai direttori generali e ai liquidatori delle imprese dichiarate in liquidazione giudiziale, responsabili dei fatti riportati nell’articolo 330, lettera a, oppure ritenuti colpevoli di aver concorso ad aggravare il dissesto societario per inosservanza dei doveri obbligatori per legge (articolo 330, lettera b).

Tale fattispecie non interessa le condotte contemplate dall’articolo 323 relativamente ai costi di carattere personale o familiare ritenuti eccessivi rispetto alle possibilità finanziarie dei soggetti agenti. Sono invece applicabili i provvedimenti riguardo le operazioni chiaramente imprudenti che portano al consumo di gran parte del patrimonio, le operazioni gravemente imprudenti per posticipare la dichiarazione giudiziale e le disposizioni in merito all’appesantimento del dissesto dovuto all’astensione dal richiedere la dichiarazione giudiziale. Quest’ultima casistica interessa però esclusivamente i liquidatori e gli amministratori, le sole figure competenti a richiedere le dichiarazioni giudiziali. Applicabile alla fattispecie in questione pure la disposizione riconducibile alla stipula di un preventivo concordato, senza naturalmente l’adempimento delle connesse obbligazioni.

Per gli imprenditori falliti i reati di bancarotta fraudolenta si manifestano dunque nelle ipotesi in cui aggravino con volontarietà e dolo lo stato di insolvenza delle loro aziende per vantaggi personali.

La bancarotta fraudolenta si distingue nelle seguenti forme:

  • per distrazione: quando gli imprenditori o gli amministratori nascondono, distruggono o sottraggono i beni societari per non soddisfare i creditori e, contemporaneamente, per l’arricchimento di loro stessi;
  • preferenziale: quando i soggetti falliti soddisfano soltanto parte dei creditori, ma non tutti. Tale condotta non è ritenuta congrua perché uno dei punti cardini della gestione dei patrimoni fallimentari stabilisce che tutti i creditori hanno il diritto di vedersi soddisfare i propri crediti in paritarie condizioni;
  • documentale: una forma di bancarotta che si configura nel momento in cui i soggetti falliti falsificano, nascondono o distruggono i libri e le altre scritture contabili con il chiaro ed evidente fine di arricchirsi ai danni dei creditori. Un reato che si manifesta anche quando i documenti contabili vengono tenuti in maniera tale da rendere impossibile una qualsiasi ricostruzione patrimoniale. Tuttavia, se la tenuta non conforme delle scritture contabili si manifesta senza la consapevolezza dei danni che si andranno a causare, il reato imputabile ai soggetti falliti è quello di bancarotta documentale semplice e non di bancarotta documentale fraudolenta.

Come stabilito dal nuovo Codice, anche se quelli relativi alla bancarotta fraudolenta sono reati propri, le pene prescritte per gli imprenditori sono dunque valide anche per gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori delle società. Il fattore accomunante le figure responsabili di un’eventuale bancarotta fraudolenta è la volontà di acquisire dal reato dei vantaggi personali ai danni dei creditori.

La netta distinzione fra la bancarotta fraudolenta e la bancarotta semplice è evidentemente da ricercare nella volontà e la consapevolezza di ridimensionare il patrimonio della società ai danni dei creditori, volontà e consapevolezza imputabili appunto alla bancarotta fraudolenta.

Con la bancarotta semplice, invece, anche se i soggetti falliti agiscono in maniera avventata, imprudente e negligente, lo fanno senza dolo e senza la volontà di causare dei danni ai loro creditori. La ratio per cui in questa circostanza di reato le pene sono sensibilmente inferiori: dai 6 mesi a 2 anni.

Diversamente, le pene sanzionatorie stabilite per i reati di bancarotta fraudolenta sono maggiori e precisamente sono le seguenti:

  • la reclusione da 3 anni a 10 anni per coloro ritenuti colpevoli di bancarotta fraudolenta documentale o patrimoniale;
  • la reclusione da un anno a 5 anni per coloro che si macchiano dei reati di bancarotta fraudolenta preferenziale.

Alle pene sopra riportate possono anche essere sommate delle aggravanti se i reati commessi comportano dei danni eccessivamente gravi, quando gli imprenditori non potevano esercitare l’attività, o se gli stessi commettono più reati.

 

I comportamenti da adottare per evitare la bancarotta

Le disposizioni di legge in materia prevedono che gli imprenditori siano tenuti a fare ricorso a una delle procedure concorsuali nel momento in cui prendono coscienza dell’irreversibilità della crisi dell’azienda. A partire dalla presentazione della richiesta di fallimento, gli imprenditori infatti hanno il doveroso compito di non aggravare ulteriormente il dissesto finanziario per non provocare danni ai creditori. In queste circostanze è essenziale che i soggetti che dichiarano il fallimento intraprendano specifiche misure per allontanare il rischio di bancarotta.

Per non essere attaccabili sotto il profilo legale, i diretti interessati hanno il dovere e il compito di mantenere le scritture contabili in ordine e continuamente aggiornate per permettere la ricostruzione del patrimonio dell’azienda e dei suoi movimenti. I bilanci poi vanno redatti in base alle indicazioni date dalle disposizioni di legge, senza fare ricorso a crediti difficilmente esigibili con il fine di influenzare banche, soci o fornitori.

Per incrementare la liquidità aziendale è buona regola tutelare il patrimonio della società attraverso la realizzazione di valori, azione da fare nel periodo prefallimentare con qualunque cosa andrebbe persa nell’ipotesi di cessazione dell’operatività dopo la dichiarazione di fallimento. Una maniera opportuna non soltanto per non arrecare danni ai creditori, ma anche per aumentare la liquidità disponibile per soddisfarli pienamente secondo i principi di legge.

Inoltre, è importante non cadere nei reati di bancarotta fraudolenta di tipo preferenziale, illeciti non sempre riconoscibili dagli imprenditori. Questo perché per incorrere in un reato di questo genere non è necessario che un pagamento preferenziale venga corrisposto in stato di crisi, ma occorre pure che gli imprenditori siano coscienti della irreversibilità della crisi e consapevoli che la sola strada per uscirne sia la dichiarazione del fallimento dell’azienda. Sino a quando un imprenditore non capisce realmente di non avere un’alternativa al fallimento può avere ogni lecito comportamento per evitarlo.

Dunque, soltanto quando un imprenditore è certo di non riuscire a corrispondere ogni debito avrà il dovere di rispettare rigorosamente l’ordine dei debiti contrattualizzati per mettere ciascun creditore nella medesima condizione di essere soddisfatto. In altri termini, nell’istante in cui l’imprenditore comprende che anche il piano per risanare la situazione di crisi è destinato a non produrre alcun effetto, avrà il sacrosanto dovere di tenere i comportamenti previsti dai dettati legislativi. In definitiva, a partire da quel momento, per i pagamenti dovrà rispettare l’ordine dei privilegi previsto dal Codice Civile.

   

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