Autofattura elettronica per le operazioni di acquisto da fornitore estero

Scritto da Omar Cecchelani in Imprese

Le operazioni estere territorialmente rilevanti nel nostro Paese per i committenti significano l’applicazione del Reverse Charge. L’applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) si manifesta tramite l’integrazione delle fatture ricevute da fornitori dell’Unione Europea, oppure attraverso l’autofattura nel caso in cui i fornitori siano soggetti extra UE.

La regolamentazione IVA rispetto alle operazioni con l’estero, svolte con soggetti passivi IVA, è una materia molto delicata e va analizzata con estrema cura. Le attenzioni in questo caso vanno moltiplicate in maniera opportuna per risalire ai corretti adempimenti che i committenti, o concessionari nazionali, sono tenuti a seguire al momento delle operazioni estere.

Il fine è quello di assoggettare ad IVA le prestazioni di servizi o gli acquisti di beni che i fornitori non residenti hanno contratto con soggetti nazionali passivi. Il fatto che, gli acquisti di beni, o le prestazioni di servizi da parte dei committenti o cessionari nazionali, siano effettuati nei riguardi di altri soggetti passivi residenti in Paesi UE o extra UE, fa scaturire delle importanti differenze. Il diretto riferimento è agli adempimenti da porre in essere per rilevare correttamente le operazioni contabili e rispettare la regolamentazione IVA in fatto di Reverse Charge.

Dopo le dovute premesse, ora scendiamo nei dettagli per analizzare come emettere le fatture per l’integrazione dell’IVA (operazioni passive ricevute da soggetti con residenza in Stati extra UE) e l’integrazione delle fatture (per integrare l’Imposta sul Valore Aggiunto su prestazioni passive ricevute da soggetti con residenza in Paesi UE). Di seguito una panoramica su come comportarsi in situazioni simili.

Indice:

 

IVA nelle operazioni estere: regole di territorialità

Nel caso in cui soggetti passivi IVA residenti effettuino delle operazioni con soggetti passivi esteri (residenti in Paesi UE o extra UE), questi hanno il compito di attenersi scrupolosamente alle regole di territorialità. Tale criterio permette di controllare l’eventuale rilevanza territoriale nel nostro Paese, ai fini IVA, delle operazioni economiche svolte. La ratio per la quale è importante il riepilogo delle regole di territorialità IVA delle operazioni estere riconducibili all’acquisto di beni e/o servizi:

  • per gli acquisti di beni, in base all’art.7 del DPR 633/72, le operazioni sono ritenute svolte nel nostro Paese nelle ipotesi in cui si manifestano le seguenti condizioni:
      • quando il bene è in Italia all’atto dello svolgimento dell’operazione (art. 6 DPR 633/72);
      • se trattasi di beni nazionali, nazionalizzati, comunitari o vincolati al regime dell’importazione temporanea;
  • le prestazioni di servizi, in base all’art. 7-ter del DPR 633/72, sono ritenute svolte nel nostro Paese se sono rese nei riguardi di soggetti passivi stabiliti nel territorio nazionale. In buona sostanza, le prestazioni generiche di servizi, che non rientrano nelle deroghe previste dagli artt. da 7-quater a 7-septies, sono da considerare imponibili nel nostro Paese. Requisito per la rilevanza dell’imponibilità è che la prestazione sia resa da soggetti passivi non residenti a soggetti passivi IVA residenti.

 

Territorialità IVA Nazionale: obblighi dei cessionari italiani

I soggetti passivi IVA nazionali, all’atto del ricevimento di fatture estere territorialmente rilevanti in Italia, hanno il dovere di sapere perfettamente le pratiche da intraprendere per delle pratiche corrette. In primo luogo, è necessario conoscere i corretti adempimenti che i cessionari o committenti nazionali devono attuare per assoggettare ad IVA l’acquisto di beni e/o servizi ricevuti da soggetti esteri. Trattasi delle operazioni ricevute da controparti UE o extra Unione Europea, per le quali è stata constatata la rilevanza nel nostro Paese.

Alla luce del fatto che i soggetti che pongono in essere tali operazioni non sono soggetti passivi IVA in Italia, sorge il problema di come fare per applicare i relativi tributi. L’articolo di riferimento è il 17, comma 2, del DPR 633/72, modificato dall’art. 1, comma 325, lett. b) della Legge 288/2012. Tale norma ha cambiato gli adempimenti obbligatori in merito all’assolvimento dell’IVA, in capo ai cessionari o committenti nazionali.

 

Fatture ricevute da fornitori UE: modalità adempimenti IVA

La modalità principale per assolvere agli adempimenti IVA nelle operazioni estere tramite il Reverse Charge è l’integrazione delle fatture. Un meccanismo applicabile alle fattispecie seguenti:

  • acquisti di beni intracomunitari: le fatture vanno integrate con IVA con l’applicazione del Reverse Charge in base all’art. 46 del Decreto Legge 331/93. Praticamente, alle fatture dei fornitori esteri si applica l’IVA se le operazioni sono imponibili in Italia;
  • acquisto beni da fornitori UE identificati in Italia: in questi casi le fatture da integrare con IVA italiana non sono tanto quelle emesse dalle Partite IVA italiane, nei confronti dei clienti italiani dei beni, ma le fatture emesse dalle sedi comunitarie nei riguardi dei propri rappresentanti fiscali italiani;
  • acquisto di servizi da fornitori UE: questa casistica richiede sempre l’integrazione solamente però quando i prestatori siano stabiliti in altro Paese UE (art. 17, comma 2, del DPR 633/72).

Nelle altre ipotesi, quando cioè i fornitori non sono situati in Paesi UE, la tecnica da impiegare è quella dell’autofattura (art. 17, comma 2, DPR 633/72). Si tratta del solo modo previsto per l’integrazione dell’IVA quando le operazioni sono rilevanti IVA nel nostro Paese.

 

Operazioni estere: integrazione delle fatture

L’integrazione delle fatture rilevanti territorialmente nel nostro Paese è regolamentata dall’art. 46 del Decreto Legge 331/93. A tale scopo bisogna numerare in maniera progressiva le fatture dei cedenti comunitari con il protocollo acquisti e vendite ed integrarle con le indicazioni dell’IVA dovuta e dell’aliquota. Dal punto di vista strettamente finanziario, le operazioni di integrazioni sono neutre.

Questo perché l’Imposta sul Valore Aggiunto confluirà nel registro acquisto e in quello vendite, non comportando così nessuna uscita finanziaria. L’IVA a credito da annotare nel registro acquisto va riportata solo nell’ipotesi in cui le operazioni effettuate rientrino tra quelle imponibili IVA in Italia.

Viceversa, quando le operazioni da fatturare non rientrano tra quelle imponibili la modalità di integrazione resta uguale ma, in luogo dell’imposta, andrà riportata la dicitura “non imponibile” o “esente“. I soggetti cessionari o committenti verseranno l’IVA a debito originata dalle operazioni all’Erario.

 

Operazioni estere: autofattura

Dopo aver analizzato l’integrazione delle fatture, passiamo a un’altra importante procedura fiscale. L’autofattura è rappresentata dalle fatture che i cessionari e i committenti italiani sono obbligati a emettere nei riguardi di loro stessi. Questi documenti vanno datati e protocollati ai fini dell’annotazione nei registri IVA acquisti e vendite e, per la corretta validità, devono necessariamente avere i seguenti requisiti:

  • dicitura “autofatturazione”;
  • dati dei fornitori residenti in Paesi extra UE;
  • quantità e qualità dei beni comprati;
  • ammontare delle operazioni non imponibili, esenti, e imponibili con la segnalazione dell’imposta relativa.

Riportare dettagliatamente tali annotazioni nei documenti è dunque fondamentale per garantire la validità all’autofattura, che altrimenti sarebbe incompleta e non a norma.

 

Emissione in modalità elettronica

Dal 1° luglio 2022 le registrazioni della documentazione di integrazione e autofattura devono transitare necessariamente tramite le emissioni di documenti elettronici XML. I codici di riferimento di tali documenti sono i seguenti:

  • TD17, per le prestazioni di servizi rese da controparti di Paesi UE ed extra UE;
  • TD18, per gli acquisti di beni intracomunitari;
  • TD19, per gli acquisti di beni interni da fornitori stranieri.

 

Integrazione e autofattura: termini di registrazione

I soggetti cessionari o committenti residenti in Italia per l’integrazione e l’annotazione delle fatture hanno tempo fino al 15 del mese seguente al mese di ricezione delle fatture stesse. Quando le fatture non arrivano entro il 2° mese seguente a quello in cui sono state effettuate le operazioni, scatta invece l’obbligo dell’emissione delle autofatture entro il giorno 15 del mese seguente (3° mese dallo svolgimento delle operazioni).

Per l’autofattura, le emissioni dei documenti beneficiano, per i servizi di carattere generale, delle medesime scadenze previste per l’integrazione. Tali documenti dunque vanno emessi entro il 15 del mese seguente a quelle in cui vengono effettuate le operazioni. Le emissioni differite sono regolari anche per ciò che interessa gli acquisti di beni, quando si tratta di beni accompagnati da DDT ( art. 2, comma 4, DPR 633/72).

Questi sono termini di registrazione da rispettare nella maniera più assoluta e secondo le tempistiche indicate dagli articoli di legge per una corretta e fattiva tenuta contabile delle operazioni.

 

Reverse Charge: regime sanzionatorio

Nel trattare la materia delle operazioni estere nei casi Reverse Charge è fondamentale conoscere anche il regime sanzionatorio stabilito per il mancato adempimento dell’integrazione delle fatture di acquisto intracomunitarie, oppure per la mancata autofatturazione di fatture extra UE. Sanzioni pesanti che possono arrivare fino a 20mila euro per le omesse esecuzioni degli adempimenti a carico dei cessionari o committenti (art. 6, comma 9-bis, D.Lgs. n. 471/97).

Un regime sanzionatorio che prevede multe altrettanto salate anche nei casi in cui venga applicato il regime ordinario al posto del Reverse Charge e viceversa. Le sanzioni previste, in questi ultimi casi, possono arrivare fino a 10mila euro (art. 6, comma 9-bis.1, D.Lgs. n. 471/97 e art. 6, comma 9-bis.2, D.Lgs. n. 471/97).

Un regime sanzionatorio sul quale riflettere e informarsi per conoscere bene le sanzioni previste in caso di mancati adempimenti o di procedure non conformi alla normativa fiscale vigente.

 

Conclusioni

Con la globalizzazione i rapporti commerciali con l’estero sono diventati delle prassi pressoché comuni, perciò conoscere bene la normativa di riferimento è un punto di partenza essenziale per un’esatta fatturazione e per non dover intervenire successivamente con degli adempimenti correttivi per sanare la situazione. Le controparti delle operazioni di acquisto di beni e/o servizi con soggetti passivi esteri non possono ignorare la disciplina che regolamenta l’emissione dell’autofattura o l’integrazione della fattura.

Trattasi di adempimenti importanti e differenti da applicare a seconda dei casi e dei luoghi dove si trovano i fornitori. Non è facile quindi muoversi in questo campo, per questo motivo un’ottima soluzione è quella affidarsi alla sapienza e alla preparazione di un esperto commercialista. Un modo per allacciare rapporti commerciali con soggetti esteri di Paesi UE e di Stati extra UE, con alle spalle un professionista qualificato e con le conoscenze normative fiscali adeguate per gestire al meglio la fatturazione con l’estero.

Le regole di territorialità, gli obblighi dei cessionari italiani, l’integrazione delle fatture, l’autofattura, le modalità di emissione dei documenti e i termini di registrazione sono tutti concetti che presuppongono una certa conoscenza del campo fiscale.

   

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