Fringe benefit e rimborsi chilometrici
Quando un’impresa concede in uso autoveicoli ai propri dipendenti, ai soci o agli amministratori non fa altro che riconoscere loro un beneficio in natura. Chi si vede assegnato il godimento di un veicolo aziendale, infatti, usufruisce a tutti gli effetti di un fringe benefit che dovrà essere imputato, in sede di dichiarazione, e concorrerà alla formazione del reddito IRPEF del beneficiario.
Il fringe benefit, altro non è che un beneficio accessorio che si traduce, non tanto in una somma di denaro, bensì in un servizio di cui se ne trae vantaggio gratuitamente o a condizioni convenienti. Trattandosi quindi di un compenso in natura, deve essere, in qualche modo, valorizzato per consentire il calcolo del reddito imponibile e procedere con la tassazione.
Tale beneficio può essere riservato a particolari categorie di dipendenti (si pensi a coloro che lavorano in trasferta), ai soci di una società nonché agli amministratori.
Nel caso in cui l’azienda non ritenesse opportuno assegnare l’auto aziendale ai propri dipendenti, in caso di utilizzo dell’auto propria da parte del dipendente stesso o dell’amministratore, si troverà costretta a sfruttare il cosiddetto “rimborso chilometrico” per indennizzare chi mette a disposizione la propria autovettura per gli interessi aziendali.
Il rimborso chilometrico, più che in un beneficio, si traduce nella restituzione di quanto pagato per aver utilizzato un’auto non aziendale per le trasferte di lavoro.
Indice:
Fringe benefit e auto ad uso promiscuo assegnate ai dipendenti
Un dipendente (vuoi per merito, vuoi per la particolare mansione svolta all’interno dell’azienda) può usufruire di un’auto aziendale sia per motivi lavorativi che personali. La legge, a tal proposito, assoggetta questo tipo di beneficio ai fini IRPEF (art. 51 co. 4 TUIR) nel momento in cui l’auto aziendale viene utilizzata ad uso promiscuo.
Con tale locuzione il legislatore ha voluto intendere l’utilizzo di una vettura sia per scopi aziendali che personali: poter beneficiare di un veicolo appartenente ad altri è molto vantaggioso e, questo vantaggio viene quantificato, ovvero calcolato:
- in modo forfettario, cioè a prescindere dalle spese sostenute dall’imprenditore e da quelle incluse nei costi ACI (si pensi alla sostituzione degli pneumatici o al rifornimento di carburante) eventualmente riaddebitate al dipendente;
- su base annua, in caso di assegnazione per un periodo inferiore all’anno, è necessario pertanto effettuare il ragguaglio.
Per la concessione dell’auto ai dipendenti la norma prevede una tassazione in capo al dipendente con una quantificazione forfettaria calcolata come il 30% della percorrenza convenzionale annua di 15 mila chilometri stabilita dall’ACI per quel tipo di auto.
Pertanto, la retribuzione annua del dipendente aumenterà del valore del reddito in natura corrispondente al 30% delle tariffe stabilite annualmente dall’ACI
In altri termini, un dipendente autorizzato ad usare l’auto aziendale anche per scopi personali è obbligato a pagare le tasse su questo tipo di beneficio che andrà a sommarsi agli altri redditi.
Definita anche la base imponibile, saranno applicate le aliquote a seconda degli scaglioni reddituali previsti dalla legge.
Il fringe benefit per assegnazione di un’auto al dipendente non deve essere calcolato qualora l’auto sia utilizzata esclusivamente per scopi aziendali. È l’esempio classico delle imprese che si occupano del noleggio dei veicoli, dei servizi di trasporto persone e di attività imprenditoriali in cui l’auto viene considerata come bene strumentale.
In tale ambito il beneficio accessorio viene meno (il dipendente non usa per scopi personali il veicolo, ma esclusivamente per svolgere l’attività lavorativa), mentre ai fini fiscali verranno applicate altre regole.
Situazione opposta quando l’auto viene attribuita al dipendente esclusivamente per l’uso personale: si tratta di una situazione più unica che rara, la cui eventualità comporterà l’applicazione di criteri nominali per il calcolo del benefit.
Fringe benefit auto assegnata all’amministratore
L’amministratore è una particolare figura presente all’interno di un’azienda spesso titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Per il calcolo del fringe benefit si applicano le medesime regole di determinazione previste per il lavoratori subordinati.
Come per il dipendente quindi, anche per l’amministratore, il compenso soggetto a tassazione è il 30% del valore individuato dalle tabelle ACI, inteso come differenza tra una percorrenza convenzionale di 15 mila km al netto dei corrispettivi imputati all’amministratore.
L’impresa, però, non potrà applicare le stesse regole previste per il benefit ai dipendenti e potrà dedurre le spese sostenute solo fino a concorrenza del fringe benefit, mentre le spese eccedenti saranno deducibili per un importo pari al 20% nei limiti di costo di acquisizione fiscalmente riconosciuto.
Fringe benefit auto assegnata ai soci
Per ovviare pratiche di elusione fiscale (si pensi all’acquisto di un’auto di lusso, intestata all’impresa, ma utilizzata esclusivamente dai soci per scopi personali), la disciplina del fringe benefit per le auto assegnate ai soci è diversa da quelle precedenti.
In particolare, non si applica più il limite del 30% soggetto a tassazione, ma l’assegnazione del bene aziendale al socio, o a un suo familiare, determina in capo a quest’ultimo un reddito diverso da indicare nella dichiarazione dei redditi e assogettare a tassazione.
Nello specifico il godimento di un’auto aziendale riconosciuto al socio viene quantificato attribuendogli uno specifico valore dato dalla differenza fra valore di mercato riconosciuto per il diritto al godimento del bene e il corrispettivo pattuito o pagato dal socio: il risultato sarà soggetto a tassazione.
Il valore di mercato segue le regole tradizionali stabilite dall’art. 9 co. 3 del TUIR, ragion per cui vengono presi come riferimento i prezzi praticati in condizione di libero mercato. In caso di particolari categorie di veicoli (quali potrebbero essere gli autocaravan o i ciclomotori) la determinazione del valore potrebbe avvenire utilizzando come parametro il 30% dell’importo calcolato come percorrenza convenzionale (15 mila km) sulla base dei costi chilometrici forniti annualmente dall’ACI.
Fino al 2016 era obbligatorio comunicare all’Agenzia delle Entrate l’assegnazione dell’auto al socio. Era necessario compilare un modulo contenente i dati principali del socio percipiente, dell’imprenditore assegnatario e del veicolo. Con il decreto Milleproroghe del 2016 tale obbligo è venuto meno, con la conseguente soppressione dell’attività di controllo (sulla veridicità dei dati) svolta dall’Agenzia delle Entrate.
I rimborsi chilometrici
Può succedere che il dipendente, anziché utilizzare una vettura aziendale, utilizzi la propria auto per svolgere l’attività lavorativa in trasferta. La trasferta può essere circoscritta all’interno del Comune ove è ubicata la sede dell’azienda, o fuori dallo stesso territorio obbligando il dipendente a spostarsi anche per parecchi chilometri.
In tale contesto vige un’ulteriore beneficio, il cosiddetto “rimborso chilometrico” che consiste nel riconoscere al lavoratore un indennizzo calcolato sulla base di diversi parametri. I parametri sono rideterminati dall’ACI due volte l’anno e prendono come riferimento due tipologie di costi:
- i costi fissi, calcolati sulla base di elementi come l’assicurazione del veicolo, il bollo auto e la quota interessi;
- i costi variabili, proporzionati ai chilometri effettuati dal dipendente. Nei costi variabili rientrano la manutenzione e la riparazione del veicolo, l’uso di lubrificanti per garantire le giuste prestazioni della vettura, il carburante utilizzato nonché una quota capitale.
Il rimborso può essere soggetto a tassazione proprio perché costituisce un valore monetario che va ad incrementare il reddito del lavoratore e, dal punto di vista della sua imponibilità è necessario distinguere:
- se la trasferta si concretizza all’interno del comune in cui ha sede l’azienda di lavoro: il rimborso chilomentrico diventa pienamente imponibile in quanto non assimilabile ad altri rimborsi per le spese di trasporto comprovati da biglietti per i mezzi pubblici o ricevute dei taxi;
- se la trasferta si concretizza al di fuori del comune in cui ha sede l’azienda: il rimborso non è da considerarsi imponibile e quindi non viene tassato purchè sia regolarmente documentato.
Per ottenere il rimborso generalmente il dipendente deve compilare un modulo giustificativo all’interno del quale indicherà:
- data della trasferta;
- località di destinazione;
- motivazione della trasferta;
- chilometri percorsi;
- modello di autovettura.
Proprio in riferimento ai chilometri percorsi vige una disciplina, individuata dalla risoluzione n. 92/2015 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui: qualora la trasferta avvenga fuori Comune è necessario prendere in considerazione il limite massimo estendibile che rappresenta il limite massimo di km per cui il rimborso chilometrico non costituirà un reddito per chi lo percepisce.
Tale limite è rappresentato dalla distanza “sede di lavoro-località di trasferta” che è il massimo entro cui il rimborso chilometrico concesso al dipendente resta non imponibile ai fini IRPEF per il dipendente..
Nello specifico, supponendo che il dipendente, con la propria auto, raggiunga direttamente il luogo di trasferta senza passare prima in sede:
- se la distanza “abitazione del dipendente-località di trasferta” è inferiore alla distanza “sede di lavoro-sede di trasferta” il rimborso non è soggetto a tassazione;
- se invece, la distanza “abitazione del dipendente-località di trasferta” fosse maggiore rispetto a quella tra “sede di lavoro-sede di trasferta“si ha un’eccedenza del limite massimo estendibile. In questo caso bisognerà assoggettare a tassazione quel rimborso chilometrico che ricopre l’eccedenza, escludendo dall’imposizione il rimborso che ricopre il limite massimo estendibile.
La disciplina risulta complicata, ma la motivazione è semplice da intuire. All’imprenditore risulterebbe conveniente rimborsare i soli chilometri che intercorrono fra la sede di lavoro e la trasferta (distanza minore), mentre il dipendente trae vantaggio dal rimborso dei chilometri che calcolati tra la propria abitazione e la località di trasferta (distanza maggiore).
Di tale vantaggio ne prende nota anche il Fisco che sottopone a tassazione quella parte di rimborso, in più, di cui può beneficiare il dipendente.
Se da un lato non esistono limiti per quanto riguarda il rimborso pagato dall’impresa al dipendente, l’imprenditore può invece dedurre al massimo il costo chilometrico relativo ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli per i motori a benzina, 20 cavalli per i motori diesel.
Questi due parametri sono da considerarsi validi sia nel caso in cui l’auto utilizzata sia di proprietà del dipendente, ma anche nel caso in cui il lavoratore abbia preso a noleggio il veicolo. Unica differenza sono le tariffe su cui viene applicata la deduzione, che prendono come riferimento i costi di autonoleggio.
Infine la disciplina appena descritta può essere applicata anche qualora percipiente del beneficio fosse l’amministratore che svolge per l’impresa attività di collaborazione coordinata e continuativa.
Nel caso in cui l’amministratore svolgesse per l’impresa attività professionale con contratto diverso dalla collaborazione coordinata e continuativa, i rimborsi chilometrici dovranno essere addebitati all’impresta tramite fattura, che potrà essere dedotta interamente a prescindere dai limiti previsti per motore a benzina o diesel.
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Flavio
Maggio 11, 2019 @ 11:34
Complimenti Omar, sei veramente “in gamba” e grazie per queste tue mega pillole; ci sono di grande aiuto.
Permettimi una domanda. Io sono un amministratore di srl…, part time; nel senso che ho anche un’attività in proprio. Nello svolgimento delle mansioni come amministratore, uso la mia macchina ed ho un regolare rimborso chilometrico come da tabelle Aci, ma i costi autostradali? Posso inserirli nella nota spese visto che non sono compresi nelle tabelle di cui sopra?
Inoltre, uso quotidianamente il mio cellulare personale, il mio portatile personale (entrambi con costi internet e voce a mio carico), che sono indispensabili all’attività di amministratore.
Come posso inserire questi “costi digitali” nella nota spese che presento mensilmente?
Grazie per il tempo che mi vorrai dedicare e grazie per l’ottimo lavoro che stai facendo.
Omar Cecchelani
Marzo 12, 2021 @ 16:45
Per i pedaggi autostradali se accompagnati dalla effettiva giustificazione di una trasferta lavorativa si possono rimborsare a “Piè Lista”… Riguardo i costi digitali sarebbe opportuno utilizzare sim e contratti aziendali per avere una percentuale di deducibilità