Agevolazioni fiscali per gli affitti a canone concordato
Quando si prende la decisione di stipulare un contratto di locazione esistono diverse possibilità di scelta relativamente al tipo di contratto. Come ogni altro tipo di contrattazione non è detto sia sempre facile ed immediata, infatti spesso sorgono problemi poiché ambedue le parti cercano di soddisfare al meglio i propri interessi. Qualora proprietario e inquilino remino verso la stessa direzione sarà possibile firmare un contratto di affitto ordinario, con il locatore che potrà accordarsi con l’affittuario stabilendo, senza alcun vincolo, il prezzo ritenuto più congruo. In caso di esigenze diverse o volendo beneficiare di particolari agevolazioni fiscali, la legge consente di sfruttare altre opportunità come il canone concordato.
Si tratta di un particolare contratto di locazione in cui la quota d’affitto non è liberamente stabilita dal proprietario, ma bensì calmierata in base a specifici accordi territoriali intrapresi tra organizzazioni dei proprietari immobiliari da una parte e associazioni degli inquilini dall’altra, sotto l’osservanza del Comune dov’è ubicato l’appartamento. Una soluzione che prova a mettere d’accordo le esigenze di locatore ed affittuario garantendo vantaggi ad entrambe le parti: l’inquilino beneficia di un canone più basso rispetto ai prezzi correnti medi di mercato e il proprietario ottiene, in cambio della tariffa concordata, importanti sgravi fiscali quali adesione al regime della cedolare secca con aliquota al 10% oppure sconto del 30% sulla base imponibile ai fini IRPEF.
Andiamo quindi ad analizzare nel dettaglio le caratteristiche del canone concordato, i requisiti richiesti dalla legge per la sua applicazione e quali agevolazioni fiscali spettano al proprietario dell’immobile e al suo inquilino.
Indice:
- Cos’è un contratto d’affitto a canone concordato?
- Quali condizioni devono sussistere per applicare il canone concordato?
- Come viene attestata la tariffa calmierata?
- Comuni ad alta densità abitativa
- Contratto d’affitto a canone concordato: quando è possibile adottarlo?
- Contratto di locazione a canone concordato: le agevolazioni fiscali
- Agevolazioni fiscali per il proprietario
- Agevolazioni fiscali per l’inquilino
- Agevolazione IMU del 25% per gli immobili affittati con canone concordato
- Obbligatorietà dell’attestazione per canoni di locazione concordati
Cos’è un contratto d’affitto a canone concordato?
Il proprietario di un immobile che intende concedere in affitto ha sostanzialmente le seguenti possibilità: stipulare un classico contratto di locazione, oppure optare per il canone concordato. Nel primo caso il locatore gode di totale libertà e può fissare il prezzo che desidera in base alle proprie valutazioni e le quotazioni del mercato immobiliare. Il contratto avrà un vincolo temporale di 4 anni, con possibilità di rinnovo alla scadenza di ulteriori 4.
Il legislatore per cercare di incentivare il settore delle locazioni ha introdotto, a partire dal 1998, il contratto a canone concordato attraverso l’articolo 2, comma 3 della Legge n. 431/98. Spesso viene chiamato anche canone convenzionato o agevolato proprio per sottolineare, da una parte come la tariffa d’affitto non sia più libera ma debba rientrare in un determinato range prestabilito, e dall’altra l’applicazione di specifiche agevolazioni fiscali.
Il contratto con canone concordato prevede la formula 3+2, ossia durata di 3 anni con possibilità di rinnovo per altri 2. In questo caso, ricordiamo che il rinnovo avviene secondo il meccanismo del tacito assenso con applicazione delle medesime condizioni. Per la rinuncia al rinnovo da parte del proprietario o dell’inquilino è necessario inviare una lettera raccomandata alla parte interessata entro 6 mesi dalla scadenza.
Quali condizioni devono sussistere per applicare il canone concordato?
Siccome il contratto d’affitto con canone concordato offre indubbi vantaggi fiscali, per la sua sottoscrizione è necessario il rispetto di determinati requisiti. Nello specifico, sarà indispensabile la presenza delle seguenti condizioni:
- l’area urbana di ubicazione dell’immobile deve rientrare in quella prevista dall’Accordo territoriale e quindi assoggettata al calcolo e attestazione del canone agevolato stabilito dalle associazioni territoriali di proprietari immobiliari e affittuari;
- il Comune dov’è ubicato l’immobile dev’essere ad alta densità abitativa.
Come viene attestata la tariffa calmierata?
Le fasce di oscillazione del prezzo d’affitto vengono stabilite da un accordo territoriale locale, sottoscritto tra organizzazioni a rappresentanza della proprietà edilizia (Confedilizia, UPPI, ASPII, ecc.) e associazioni sindacali degli inquilini (SUNIA, SICET, UNIAT, Unione Inquilini, Ania, FederCasa, ecc.). Tali accordi sono la diretta conseguenza della convenzione nazionale disciplinata dal Decreto Ministeriale 30 dicembre 2002.
L’accordo è solitamente firmato in presenza del Sindaco o dell’Assessore comunale e stabilisce i criteri di stipula, ovvero: importo quota d’affitto, durata, rinnovo, clausole di rescissione, aggiornamenti ISTAT, oneri accessori, modalità d’uso dell’immobile e della sua consegna, nonché specifiche necessità del proprietario e dell’inquilino.
Per stabilire il range di prezzo entro cui deve rientrare la tariffa, il territorio comunale viene suddiviso in aree urbane con medesime caratteristiche per valore di mercato, qualità delle infrastrutture pubbliche e tipologia edilizia. Nello specifico i paramenti presi in considerazione riguardano:
- qualità dei servizi pubblici comunali, ovvero le infrastrutture messe a disposizione del cittadino (trasporti, scuole, servizi ospedalieri e zone verdi come parchi e giardini);
- metratura dell’immobile e livello delle sue dotazioni (ad esempio, la presenza di un balcone, dell’ascensore, ecc.).
Il passo successivo è quello di fissare un limite minimo e massimo del canone tenendo in considerazione stato manutentivo e categoria catastale dell’immobile, presenza di mobilio e qualità dei servizi tecnici. Alla termine di queste considerazioni, e sulla base di tutti i suddetti parametri, si stabilisce un valore minimo e massimo da moltiplicare per i metri quadri dell’appartamento, così da poter calcolare il canone annuo o mensile da inserire nel contratto. Spetterà poi a proprietario ed inquilino accordarsi sulla quota d’affitto, che sarà comunque compresa tra i limiti imposti dal patto locale.
Quando entrambe le parti hanno posto la firma, l’Accordo territoriale viene pubblicato e reso disponibile a tutti i soggetti interessati che desiderano stipulare contratti di affitto a canone concordato. Il documento è facilmente reperibile presso il Comune o le Associazioni di categoria.
Comuni ad alta densità abitativa
Come abbiamo indicato in precedenza, un requisito indispensabile per poter firmare un contratto d’affitto a canone concordato è la presenza di un Comune ad alta densità abitativa. Quindi è fondamentale poter capire se l’immobile è ubicato in uno di questi comuni. A tal proposito la normativa di riferimento è rappresentata dall’articolo 1 del DL n. 551/1988. Secondo la legge è possibile sottoscrivere un contratto di locazione con canone agevolato qualora l’immobile risulti in un Comune situato nei seguenti territori:
- Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia;
- comuni confinanti con le sopracitate città;
- comuni capoluogo di provincia;
- ogni comune individuato dalla delibera CIPE del 13 novembre 2003 e di conseguenza considerato ad alta densità abitativa;
- comuni appartenenti alle regioni Campania e Basilicata, colpiti dai terremoti che si sono verificati nei primi anni ottanta.
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica provvede ad aggiornare ogni due anni l’elenco dei comuni ad alta densità abitativa, rispettando le direttive impartite dall’articolo 8 della Legge n. 431/98. A tal proposito è opportuno fare un’importante precisazione: qualora a seguito dell’aggiornamento, il Comune in cui è ubicato l’immobile soggetto a contratto di affitto con canone concordato non rientrasse più nell’elenco, il proprietario perde il diritto a tutte le agevolazioni fiscali. Il locatore non potrà più applicare la riduzione della base imponibile ai fini IRPEF già a partire dall’inizio del periodo di imposta in cui ha effetto la delibera del CIPE.
Contratto d’affitto a canone concordato: quando è possibile adottarlo?
Il proprietario può sottoscrivere un contratto di locazione con canone agevolato, fermo restando il rispetto dei requisiti richiesti, nei seguenti casi:
- contratto di affitto per immobili ad uso abitativo. Come abbiamo detto la formula prevista è 3+2, con rinnovo automatico in mancanza di comunicazione della disdetta entro i termini previsti dalla legge;
- contratto di affitto di tipo transitorio con durata massima di 18 mesi;
- contratto di locazione per studenti universitari con durata compresa tra un minino di 6 mesi e un massimo di 3 anni.
Contratto di locazione a canone concordato: le agevolazioni fiscali
Siamo dunque giunti all’argomento più “succoso” e interessante di questo articolo, ovvero le agevolazioni fiscali fruibili a seguito della stipula di un contratto d’affitto a canone concordato. Innanzitutto, è importante sottolineare come i benefici fiscali possano essere goduti tanto dal proprietario, quanto dall’inquilino.
Agevolazioni fiscali per il proprietario
- riduzione base imponibile ai fini IRPEF: per il calcolo dell’imposta sui redditi persone fisiche, il proprietario può applicare una riduzione del 30% sul reddito derivante dalla locazione con canone concordato. Il reddito imponibile è determinato dal confronto tra la rendita catastale dell’immobile, con le dovute rivalutazioni, e il reddito effettivamente percepito con riduzione forfettaria del 5%. Chiaramente questo non è il caso in cui si applica il regime della cedolare secca ma solo la tassazione ordinaria;
- riduzione della base imponibile per il computo dell’imposta di registro: su ogni contratto di locazione viene applicata un’imposta nell’ordine del 2% del canone annuo. Nel caso di immobile affittato con canone concordato è possibile beneficiare di una riduzione del 30% della base imponibile per stabilire la cifra da corrispondere. In pratica, il calcolo andrà effettuato prendendo come riferimento il 70% del canone annuo di locazione;
- cedolare secca al 10%: il contratto di affitto a canone concordato consente di applicare la cedolare secca sfruttando un’aliquota impositiva del 10% anziché quella canonica del 21%, come accade per i contratti di locazione ordinari. Una soluzione decisamente vantaggiosa per il proprietario e come tale richiede il rispetto di particolari requisiti. Innanzitutto, locatore ed inquilino devono risultare entrambi persone fisiche. Inoltre, l’immobile non può essere utilizzato per esercitare attività d’impresa, arte o professione. La volontà di aderire al regime della cedolare secca va comunicata in fase di registrazione del contratto. Alla scadenza del contratto, e in caso di rinnovo con tacito assenso, è obbligatorio comunicare nuovamente la volontà di continuare ad applicare il regime di cedolare secca;
- detrazioni IMU: ogni Comune può decidere in totale autonomia di ritoccare al ribasso la percentuale per il calcolo dell’Imposta Municipale Unica riferita agli immobili affittati con canone concordato. In tali circostanze il Governo concede ai comuni di portare l’aliquota fino ad un minimo del 4 per mille. Senza alcun intervento l’imposta è invece calcolata applicando l’aliquota ordinaria per le seconde case, ovvero una percentuale compresa tra il 7,6 e il 10,6 per mille.
Agevolazioni fiscali per l’inquilino
Non solo il proprietario può beneficiare di particolari e sostanziose agevolazioni fiscali, ma anche l’inquilino potrà godere di importanti detrazioni ai fini IRPEF. L’affittuario dovrà, chiaramente, risultare il firmatario di un contratto di locazione con canone concordato secondo le direttive della Legge 431/98, articolo 2, comma 3. Inoltre l’appartamento dovrà essere adibito, esclusivamente ad uso abitativo, e risultare la dimora principale. Rispettando le suddette condizioni, l’inquilino potrà applicare, per il periodo relativo alla durata del contratto, le seguenti detrazioni IRPEF:
- 495,80 euro con reddito complessivo pari o inferiore a 15.493,71 euro;
- 247,90 euro con reddito complessivo compreso tra un minimo di 15.493,71 euro e un massimo pari o inferiore a 30.987,41 euro;
- 991,60 euro per redditi fino a 15.493,71 euro e 495,80 euro per redditi inferiori a 30.987,41 euro. Queste detrazioni sono valide per ogni lavoratore dipendente che trasferisce la propria residenza per motivi di lavoro ad almeno 100 chilometri di distanza dalla precedente, o comunque fuori dai confini della propria Regione. Inoltre le suddette agevolazioni sono applicabili anche dagli inquilini con età compresa tra i 20 e i 30 anni;
- detrazione del 19% per tutti gli studenti universitari con sede di studio distante almeno 100 chilometri dalla propria residenza. L’agevolazione riguarda i contratti a canone concordato stipulati con università, collegi universitari riconosciuti, cooperative ed enti senza finalità di lucro.
La detrazione spetta solamente per i primi tre anni dal trasferimento della residenza. L’inquilino gode dell’ulteriore vantaggio del blocco del canone d’affitto, qualora il proprietario avesse optato per il regime della cedolare secca.
Agevolazione IMU del 25% per gli immobili affittati con canone concordato
Un altro beneficio fiscale per il proprietario che concede in locazione, a canone concordato, il proprio immobile è la possibilità pagare soltanto il 75% dell’IMU sull’immobile oggetto della locazione a prescindere dall’aliquota decisa dal comune. Si tratta di un’agevolazione di carattere nazionale che consente al locatore di ottenere uno sconto del 25% sull’Imposta Municipale Unica.
Per godere della riduzione IMU è fondamentale che sia presente l’attestazione da parte di una delle organizzazioni firmatarie dell’Accordo territoriale su cui si fonda il canone concordato. Solo così è possibile accertare che il contratto sottoscritto rispetti i requisiti economici e normativi richiesti. A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate, attraverso la Risoluzione n. 31/E/2018, ha chiarito come non sia valida nessuna autocertificazione dei requisiti da parte del proprietario.
Ricordiamo altresì che l’attestazione non è necessaria nei casi in cui:
- il contratto di locazione sia stato stipulato in un Comune che non ha provveduto ad adeguare il proprio Accordo territoriale secondo le disposizioni del Decreto ministeriale 16/1/2017;
- i contratti risultino sottoscritti prima dell’adeguamento agli Accordi territoriali e nonostante siano oggetto di successiva proroga.
Infine, come abbiamo già evidenziato nello specifico paragrafo, il proprietario può godere di un’agevolazione di carattere locale, qualora il Comune avesse previsto una ulteriore riduzione dell’aliquota ordinaria IMU sugli immobili allocati con contratto a canone concordato.
Obbligatorietà dell’attestazione per canoni di locazione concordati
Arrivati a questo punto è ormai chiaro che concedere in locazione un immobile a canone concordato, per il proprietario significa poter stipulare un contratto di locazione con durata ridotta a soli 3+2 anni rispetto ai soliti 4+4 anni e, al contempo, godere di svariate agevolazioni fiscali su imposte dirette, imposta di registro e IMU.
Un aspetto significativo quando si stipula un nuovo contratto a canone concordato, è la verifica dell’obbligatorietà o meno dell’attestazione da parte delle organizzazioni di categoria dei proprietari immobiliari e dei conduttori in sostituzione dell’autocertificazione.
La formula originaria stabilita dal DM 30 dicembre 2002 concedeva l’assistenza facoltativa delle suddette organizzazioni in fase di stipula del contratto. Anche il successivo DM del 16 gennaio 2017 ha ribadito che i firmatari non sono obbligati a richiedere l’assistenza delle rispettive organizzazioni e associazioni di categoria.
Rimane il fatto che tale attestazione è il documento col quale vengono accertati i presupposti per poter accedere alle agevolazioni fiscali. Per fare chiarezza in merito è intervenuto il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti attraverso la circolare n. 1380 del 6 febbraio 2018.
In pratica, si è stabilito che in mancanza di assistenza durante la stipula del contratto di locazione, è obbligatorio presentare l’attestazione di conformità alle norme e parametri contenuti nell’Accordo territoriale. Solo così sarà possibile accertare la sussistenza delle condizioni necessarie imposte dai patti locali e i presupposti per rendere valido il contratto a canone concordato e beneficiare delle agevolazioni fiscali.
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