Abolizione degli Studi di Settore. Arrivano gli ISA: indici di affidabilità fiscale.
E’ tempo di novità per il fisco italiano che manda, finalmente, in pensione i tanto odiati e iniqui “Studi di Settore” ed il relativo software Gerico, che tanto hanno fatto penare i contribuenti italiani per passare al cosiddetto “indice di affidabilità“.
L’abbandono degli studi di settore sembra essere un’ottima notizia per gli imprenditori che hanno vissuto per troppi anni questo sistema, come persecutorio, ma soprattutto “distante” dalla realtà. Un software, seppur impostato e gestito con svariati parametri, non può tener conto di periodi di crisi, situazioni congiunturali esterne, periodi di carenze di lavoro, ecc.
Con gli studi di settore è evidente la pretesa di stabilire, attraverso calcoli matematici, quanto debba fatturare un’impresa, a quanto debba ammontare l’utile di esercizio e, di conseguenza, quanto pagare di tasse.
Una vera e propria “ghigliottina” che spesso taglia le flebili speranze di aziende già in crisi, che ovviamente, non possono essere nè congrue, nè coerenti, e che, con il “ricatto” dell’Agenzia delle Entrate, devono soggiacere ai calcoli di Gerico, per risparmiarsi i controlli per la verifica della mancata congruità.
Controlli che il più delle volte significano sanzioni, ma soprattutto gran perdite di tempo che, specie per le piccole realtà in cui il titolare è costretto a gestire anche la contabilità, rappresentano un fardello pesantissimo da sostenere.
Senza contare il tempo che si perde per la compilazione annuale dei questionari. Ore di lavoro perse dall’imprenditore, per la parte relativa alla sua attività, e altro tempo che viene pagato a caro prezzo al commercialista per la compilazione della parte relativa ai dati contabili.
Ma, nonostante l’iniquità di questo sistema per troppi anni utilizzato dall’amministrazione finanziaria, il fisco ha deciso di cambiare strategia, soprattutto perchè gli studi di settore, introdotti nel 1993, e diventati man mano sempre meno efficienti, meno precisi, e meno capaci di fotografare correttamente le dinamiche economiche delle aziende tenute alla loro compilazione, non hanno mai ottenuto i risultati auspicati.
Basti sottolineare come siano soltanto 206 gli studi di settore che si applicano ad oltre 5 milioni di imprese diverse, con problemi diversi, strategie di vendita differenti, modalità produttive diverse, spesso analizzate ed obbligate a pagare le tasse calcolate dallo stesso studio di settore senza che vi siano particolari analogie tra le une e le altre.
Ma soprattutto, nonostante il fisco riceva più di 5 milioni di modelli compilati ogni anno, vera e propria manna per i commercialisti, e salasso per i contribuenti, soltanto poco più di 10 mila contribuenti hanno subito un accertamento a fronte di 600 mila soggetti risultati non congrui.
Dal prossimo anno il fisco sembra orientato a voltar pagina, infatti, una commissione di esperti degli studi di settore del ministero dell’economia e delle finanze, ha testato un nuovo sistema basato su una forma di collaborazione con i contribuenti, con la finalità di arrivare ad una sorta di adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, privilegiando la prevenzione, la collaborazione e il dialogo con il contribuente.
Scomparirà il ricavo di congruità a cui si è tenuti ad uniformarsi per evitare “rogne”, perchè la tendenza sarà quella di ragionare sui ricavi dichiarati. Verrà istituito un indicatore, su scala da 1 a 10, che stabilirà il grado di affidabilità dell’imprenditore su base statistico-economica, prendendo in considerazione molteplici elementi contabili e strutturali dell’azienda.
Verranno considerati una serie di “indicatori di normalità economica” come ad esempio il valore aggiunto, i ricavi e il reddito per addetto, il numero di ore retribuite, la durata delle scorte, i ricarichi sulle vendite e il costo della produzione e dei beni strumentali.
Su scala da 1 a 10, se il contribuente raggiungerà un grado di affidabilità elevato (superiore a 8 e 9), diventerà un contribuente premium e come tale sarà avvantaggiato riguardo ai rimborsi fiscali e, ovviamente, escluso da alcuni tipi di accertamento.
Un sistema che, tra le altre cose, prevede una riduzione sostanziale delle variabili rispetto agli studi di settore, e del numero degli stessi raggruppamenti di attività a cui si verrà assegnati, così come accade negli studi di settore.
Cambia il metodo per stimare l’affidabilità del contribuente, così come verrà modificato il processo che dovrebbe essere in grado di cogliere, in tempo reale, l’andamento dell’economia anche in tempi di crisi senza particolari correzioni.
L’Agenzia delle Entrate comunicherà al contribuente il risultato finale e il grado di affidabilità raggiunto, con le sue diverse componenti, in particolare verranno sottolineate quelle che risulteranno incoerenti, nella speranza che questo possa servire come stimolo a migliorare la propria posizione per evitare futuri controlli ed eventualmente sanzioni.
Un sistema che predilige, dunque, il dialogo tra l’erario e i contribuenti, superando un metodo repressivo e ormai retrò, basato sulla presunzione di reddito unilaterale fatta proprio da chi deve incassare i denari delle tasse che l’imprenditore è costretto a versare, per cui non imparziale e spesso scorretto e vessatorio nei confronti del contribuente stesso…
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